Come insultavano gli antichi romani

Il nuovo Melangolo, 2019

L’idea su cui si basa questa raccolta di brevissimi testi è intelligente e utile. Per certi versi, è un modo diverso di fare ricerca storica di tipo sociale o di lunga durata. In questo senso, il modo di insultarsi, che è una particolare sfaccettatura della lingua, ha a che fare con quelle ricerche che intendono ricostruire la vita quotidiana nelle varie epoche storiche, in questo caso nell’antichità romana. 

L’idea dunque è valida ed è ricca di spunti di riflessione. Il primo, la maggior parte degli autori sono di età repubblicana, vale a dire un periodo della storia romana dove gli aspetti religiosi sono quasi del tutto immanenti. Le divinità presiedono alla abbondanza dei raccolti, alla salute della casa, alla prosperità della discendenza, e non hanno il compito di infliggere pene o premi dopo la morte, come sarà con l’avvento del cristianesimo. Sono divinità, sia concessa l’espressione, laiche e per questo non rientrano nel catalogo degli insulti, che invece hanno a che fare con cose del tutto umane, mondane, secolari: deformità, particolari gusti sessuali, l’allergia all’acqua e quant’altro. Sono insulti, per certi versi innocenti, che noi moderni inseriremmo nella categoria dei frizzi e lazzi.

Diverso è invece quando in ballo ci sono questioni politiche. Gli attacchi di Cicerone a Catilina sono cosa del tutto diversa rispetto a quelli di Catullo nei confronti dei suoi compagni feste e delle sue amanti. E qui si cela il punto debole di questo progetto editoriale.

L’idea è, come si diceva, valida e originale, serve a restituire vita e vitalità al mondo antico che, per quanto riguarda la Roma repubblicana, il secondo esempio di società aperta dell’antichità insieme ad Atene, è vicinissimo alla nostra esperienza di società aperte moderne. L’esecuzione tuttavia lascia a desiderare. In molti casi gli insulti non sono insulti, ma solo frasi scurrili e, quando ne compare qualcuno un po’ particolare (“abitatore di mulini”), resta senza spiegazione.

Il testo manca di una apparto critico che guidi il lettore nella comprensione dei brani riportati, di cui non si riesce a capire, tranne che in pochi casi, da quali opere siano tratti. Quei testi, inoltre, non sono collocati nella loro dimensione storica: senza alcun riferimento alla vita politica della città (riferimenti senza i quali diventa impossibile capire Sallustio e Cicerone) e senza alcuna distinzione tra la Roma repubblicana e la Roma imperiale, un passaggio che cambia totalmente il clima politico e culturale della città.

In sintesi, l’idea è bella, ma avrebbe potuto essere eseguita meglio. Se ne consiglia la lettura (per chi voglia iniziare a farsi una prima, anzi una primissima idea) ma accompagnandola con un buon manuale di letteratura latina.

Curatore: Neleo Di Scepsi
Editore: Il Nuovo Melangolo
Collana: Nugae
Anno edizione: 2019
In commercio dal: 28 novembre 2019
Pagine: 128 p., Brossura
EAN: 9788869832222

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