Il mondo che verrà: il futuro del trasporto aereo

di Raffaele Bruni

Forse, almeno per l’Europa, inizia a intravedersi la possibilità di affrontare la fase di allentamento delle misure di contenimento sociale. Ad oggi nessuno può, però, dire se al termine dell’epidemia tutto ritornerà a muoversi come prima. La grande incognita e se e quanto la esperienza vissuta in questi mesi avrà inciso nel profondo al punto di modificare i comportamenti di consumo della grande maggioranza delle persone.
Questa discussione è decisiva soprattutto in un’ottica finanziaria perché aiuta e orienta nella comprensione di quali possono essere i segmenti che più soffriranno nei prossimi mesi, ovvero addirittura quali e quanti ne usciranno trasformati al punto da cancellare o ridimensionare alcuni degli attori che hanno dominato la scena fino ad oggi
Ovviamente questa riflessione non costituisce un’indicazione operativa di alcun tipo, quanto piuttosto un modo per iniziare a immaginare come sarà dal punto di vista delle economie reali e finanziarie, il mondo che verrà, uguale o in parte o molto diverso.

Partiamo dal settore delle linee aeree. Oggi è sicuramente uno dei settori più colpiti, con la gran parte dei paesi che hanno introdotto limitazioni agli spostamenti, costringendo a terra intere flotte. Ma anche quando si tornerà a regime quali saranno le ripercussioni per il settore? Ad esempio, che fine farà il settore del cosiddetto low cost e il suo modello di business? E se gli aerei potranno nel prossimo periodo viaggiare solo applicando misure di distanziamento, quali saranno i prezzi che potranno essere praticati e quali saranno conseguentemente i numeri dei viaggiatori?

Partiamo come sempre dai numeri.
IATA, l’associazione che rappresenta 290 compagnie aeree che coprono l’82% del traffico aereo mondiale aveva indicato già il 20 febbraio i rischi che incombevano sul comparto indicando una potenziale perdita annuale pari a 29 miliardi di dollari. La cifra era stata rivista una prima volta il 9 marzo quando era stato stimato un impatto negativo pari di 113 miliardi di dollari.
Il 7 aprile un nuovo aggiornamento ha posto l’attenzione anche sui posti di lavoro. Complessivamente il settore del trasporto aereo in tutte le sue articolazioni genera a livello mondiale 65,5 milioni di posti di lavoro di cui 2,7 milioni sono quelli che si riferiscono direttamente alle compagnie aeree. Secondo la IATA sono a rischio 25 milioni di posti di lavoro, di cui 5,6 milioni in Europa.
L’ultima previsione del 14 aprile rilasciata da IATA prevede una riduzione media annua del 44% dei passeggeri con una caduta quasi dell’80% nella prima metà dell’anno. Le previsioni per la seconda parte dell’anno vedono una chiusura del 2020 che si attesterà nel mese finale a circa meno 33%. Conseguentemente le perdite attese sono pari a 314 miliardi di dollari.

I numeri sono giganteschi e a questi devono aggiungersi quelli dell’intero comparto aeroportuale. Le prospettive per il futuro sono abbastanza pesanti. Nella mia modesta opinione personale, anche se non sono un esperto del settore, posso immaginare come altamente plausibile una certa lentezza da parte dei consumatori a recuperare la confidenza su questi vettori rispetto al passato.
Di fronte a questa “catastrofe” sono indispensabili interventi di emergenza da parte dei governi per assicurare una continuità alle imprese del settore. Come sempre gli Stati Uniti sono stati i primi a intervenire e dopo aver previsto un contributo di 25 miliardi di dollari all’interno del gigantesco piano di stimoli da 2.200 miliardi di dollari, è stato definito un accordo per la ripartizione di questa cifra che sarà utilizzata per il pagamento degli stipendi degli addetti. L’amministrazione delegato di Delta Airlines Ed Bastian ha comunque spiegato che questo non può che essere il primo di una serie di interventi di sostegno all’industria; la Delta, ad esempio, ha visto diminuire del 95% il traffico i propri passeggeri

Le perdite delle società quotate del settore fotografano esattamente la riduzione del fatturato delle diverse compagnie.
In testa a questa classifica negativa vi è Norwegian Airlines che da inizio anno alla chiusura di venerdì scorso ha perso l’85,6%. La compagnia è la terza low cost europea con più di 36 milioni di passeggeri trasportati all’anno. A seguire in questa classifica vi sono due compagnie brasiliane, AZUL che offre collegamenti con tutto il Sud e Nord America con 21 milioni di passeggeri l’anno e GOL la low cost che ha incorporato la ex compagnia di bandiera VARIG con perdite del 72,2% e 67,4%.
Le principali compagnie statunitensi registrano, malgrado gli interventi di sostegno perdite importanti, United Airlines (-67%), American Airlines (-59,7%) e Delta (-58,5%). Tra le compagnie europee ICA le perdite sono altrettante elevate che controlla Iberia e British Airways (-62,7%) EasyJet (-52,2%, Air France – KLM (-51,1%), Lufthansa (-49,1%)
Delle 73 compagnie aeree quotate nei vari listini mondiali di cui sono riuscito a ricostruire la serie storica delle quotazioni 28 hanno perso più del 50% del proprio valore.

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