
Quello di David Epstein è uno dei libri più importanti pubblicati nel corso dell’anno. E le ragioni sono molteplici. Perché può essere la pietra d’angolo su cui costruire una nuova narrazione, funzionale alla edificazione dell’era digitale nella quale stiamo entrando. Perchè rompe una serie di luoghi comuni in auge da decenni: il mito della iper specializzazione, la teoria delle 10 mila ora (affrontare i problemi con la forza bruta della volontà, finchè la realtà non cede alla perseveranza), e anche l’orrore con il quale si è guardato a chi vagave per settori disciplinari diversi, assaggiando e anche cambiando gusti. Perchè apre una nuova prospettiva (insieme ad altri autori, tra cui Garry Kasparov) sul modo in cui potranno impostarsi le relazioni tra gli esseri umani e le macchine.
L’importanza di questo libro, la si coglie se si considera che siamo infatti in una fase di passaggio da un paradigma fordista a un paradigma digitale.
Il primo aveva come principi cardine: in primo luogo la riduzione dei costi di trasporto e di comunicazione, ammassando i produttori all’interno delle grandi fabbriche e i consumatori all’interno delle grandi metropoli; il secondo luogo la divisione…