Quello che “The social dilemma” non dice (parte prima)

Devo dire che il successo di “The social Dilemma”, il grossolano e per certi versi comico docufilm sulla nuova tirannide del capitalismo digitale, mi ha stupito sotto certi aspetti e sotto altri no. 

Non mi ha stupito perché quel documentario non è altro che un aggiornamento di un evergreen e cioè la denuncia delle cattiverie dei padroni del vapore che vessano e affamano poveri innocenti. È il vecchio spirito dell’anticapitalismo, solo che qui invece che di vapore si parla di dati digitali.

Questa volta, invece di prendersela con la Monsanto o le sette sorelle del petrolio, se la prendono con le imprese digitali (The Four, più qualche altro, per citare Scott Galloway). A dire il vero un elemento che è proprio dell’anticapitalismo classico qui manca, almeno per il momento. Mi riferisco alla connessione capitalismo digitale e apparati statali. L’idea, cioè, dello Stato come comitato d’affari della borghesia, insomma il vecchio concetto dello Stato Imperialista delle Multinazionali…

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