
Una delle cose più sconcertanti dell’amministrazione Trump è stata la totale incuria, se non a volte il deliberato sabotaggio, dell’ordine internazionale liberale che gli Stati Uniti avevano creato dopo la seconda guerra mondiale. Eppure il veloce invecchiamento di quel sistema internazionale non era dovuta solo al neo isolazionismo americano e al fatto che sembrava che la Casa Bianca avesse affidato la gestione di un ordine (non liberale) ad alcune potenze regionali nelle rispettive aree di influenza. C’è qualcosa di più preoccupante e cioè che le forze politiche che spingono verso la frammentazione si intrecciavano ad una serie di trend economici e tecnologici che spingevano nella stessa direzione. E se Trump non è più al potere quelle forze restano.
A livello politico, con l’arrivo di Biden alla Casa Bianca l’elemento politico sembra aver cambiato decisamente rotta: Gli Stati Uniti sono ritornati a prendersi cura dell’ordine che essi stessi hanno creato. È emblematico in questo senso il ritorno nell’Organizzazione Mondiale della Sanità e la volontà di rafforzare il WTO, che in questi mesi di fortissime tensioni commerciali dovute alla pandemia si è contraddistinto per il totale silenzio.
Ma le forze politiche, come si diceva, sono solo uno dei fattori che hanno spinto verso la frammentazione del sistema internazionale. Restano le forze economiche e tecnologiche che, se nella seconda metà del secolo scorso, hanno spinto per l’apertura dei commerci internazionali oggi potrebbero spingere per la chiusura. E le conseguenze potrebbero essere molto gravi. Ecco il perché.
Il collasso della Pax Britannica, conduce alla creazione di blocchi economici, politici e militari chiusi: il blocco dello yen, del dollaro, della sterlina, del marco. Dall’attrito tra questi blocchi nasce la seconda guerra mondiale.

La ricostruzione dell’ordine economico post-bellico americano è stata fatta per frantumare questi blocchi e creare (tra le altre cose) un ordine globale interrelato da mutue interdipendenze, evitando che i vecchi spettri del nazionalismo politico e del protezionismo economico gettassero di nuovo il mondo in un’altra guerra.
Ora quei vecchi spettri stanno tornando, non solo perché i demagoghi cavalcano le paure di chi è rimasto indietro, ma anche perché le caratteristiche stesse della tecnologia e della nuova economia stanno rompendo quelle interrelazioni create dal commercio internazionale.
Per dirla con una battuta, se prima aveva un senso delocalizzare in Cina le attività manifatturiere a più alto contenuto di manodopera (perché là il costo del lavoro era basso), ora quelle attività possono essere riportate in patria e a farle possono essere i robot che non hanno nemmeno bisogno della luce che illumini il capannone. Il che modificherà dalle fondamenta la divisione internazionale del lavoro a livello globale.
Ora, mi pare che il Coronavirus non solo potrebbe accelerare il passaggio dalla società fordista a quella digitale (fine del lavoro fordista, fine della città fordista, fine della scuola fordista etc) ma potrebbe accelerare questo processo di regionalizzazione dell’economia globale. Per dire, ha senso che tutto il mondo concentri la produzione manifatturiera in un solo paese, con il rischio che, in caso di difficoltà per quel paese, la filiera produttiva di un intero settore collassi da un giorno all’altro?
Dunque, il vecchio mondo interrelato voluto dalla Pax Americana e favorito dalla globalizzazione fordista (esplosione della catena di montaggio a livello globale e il disseminarsi delle varie fasi della produzione secondo i diversi vantaggi comparati dei diversi paesi e delle loro legislazioni nazionali), che ha garantito la pace tra le grandi potenze per oltre 70 anni si sta indebolendo (si noti il grande silenzio delle organizzazioni internazionali costruite dopo la seconda guerra mondiale), si sta lesionando.
Indebolendosi quell’ordine sta emergendo nuovamente quel vecchio ordine diviso per blocchi regionali e il motivo è semplice: ci sono forze politiche, emotive, economiche e tecnologiche che spingono tutte insieme in quella direzione e quelle forze continueranno a spingere nella stessa direzione anche senza Trump.
Il punto è che nulla esclude che questo processo di regionalizzazione possa significare il ritorno di quei vecchi blocchi economici e politici che per ben due volte gettarono il mondo nella fornace della guerra.
La sfida dunque per evitare un ritorno degli spettri del passato e per poter dare avvia ad una nuova fare si internazionalismo politico e un sistema economico globale, multilaterale e non dominato dalla logica del gioco a somma zero è colossale. Si tratta in primo luogo di immaginare un nuovo ordine internazionale che combinandosi con i nuovi criteri che regolano l’economia digitale possa garantire la pace globale senza scatenare guerre economiche nel cyberspazio (e non solo)
Questo significa che prima di trovare la volontà politica per costruire quest’ordine (Stati Uniti ed Europa insieme sarebbe un bell’inizio) serve un grande sforzo di elaborazione teorica per immaginare il nuovo mondo da costruire, tenendo presente anche che devi esserci una corrispondenza tra ordine intero e ordine internazionale.
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