Etica, comunicazione scientifica e salutismo alimentare

di Sergio Davinelli

Da qualunque prospettiva lo si guardi l’approvvigionamento alimentare è alla base di ogni società. Ma in epoche recenti i comportamenti alimentari sembrano dipendere più da atti legati a libere scelte piuttosto che dalla necessità di soddisfare la fame. Il cibo sembra aver perso la sua funzione di mezzo di sostentamento per l’organismo assumendo connotazioni di status symbol in cui le preferenze alimentari diventano autentici strumenti di espressione del sé. Questo implica riflessioni su diffuse pratiche dietetiche ormai trasformate in tangibili fenomeni sociali che definiscono vere e proprie identità culturali. 

Ciò è senz’altro legato a una eccessiva spettacolarizzazione del cibo che persuade gli individui verso fiere rivendicazioni di appartenenza a tribù alimentari. L’odierna esperienza del mangiare pare essere divenuta vittima di un universo di processi mediatici in cui la corretta comunicazione scientifica su queste tematiche è frequentemente tradita. Nel contesto distintivo di ciascuna epoca gli argomenti del salutismo alimentare hanno mantenuto una notevole continuità nel corso della storia. Valga su tutti l’esempio di Alvise Cornaro, mecenate cinquecentesco, che con il suo Trattato della vita sobria ebbe considerevole fortuna. Tuttavia, in questa età di conclamata disinformazione, il cibo ha acquisito un tale complesso di nomi, modi di dire e varianti verbali tanto da affermare un vasto sistema di pensiero che altera le evidenze prodotte dall’attuale scienza della nutrizione. 

Oggi la questione della preservazione della salute e dell’ottimizzazione del benessere attraverso il cibo è una preoccupazione costante tra gli individui. Non a caso assistiamo a un’elevata offerta di contenuti relativi al salutismo alimentare, spesso prodotti da figure di dubbia competenza e con la tendenza a divulgare mezze verità. Ne risulta la creazione di un’immagine distorta dell’evidenza scientifica a cui certamente contribuiscono le diffuse operazioni editoriali di prestigiose case editrici troppo attente ai trend di mercato e alle scelte di consumo. 

Quindi, di fianco agli specifici risultati della ricerca scientifica si sviluppa un indistinto rumore di fondo in cui risulta difficile comprendere cosa sia effettivamente utile, affidabile e corretto. Su un tema di così vitale importanza per la salute pubblica è essenziale la costruzione di un quadro informativo che sia conforme il più possibile alla scienza e alle conoscenze del momento. La divulgazione del binomio cibo-salute è spesso caratterizzata da una eccessiva libertà di speculazione che pone problemi di evidente rilevanza etica nonché di competenza comunicativa. Se riconosciamo il progressivo calo di fiducia di una parte consistente della popolazione nei confronti degli esperti nonché la scarsa alfabetizzazione scientifica come uno dei mali radicali della società attuale, è necessario produrre contenuti capaci di attrarre, colmare il deficit conoscitivo del non esperto ma soprattutto allenare al pensiero critico. Per esempio, comunicare in modo eticamente scorretto può voler dire divulgare ed enfatizzare risultati scientificamente acerbi che non andrebbero diffusi o, semmai, resi noti solo informando del loro grado di maturazione. 

Il sensazionalismo su dati preliminari non confermati è una pratica ricorrente quando vengono divulgati gli effetti benefici di qualche componente alimentare o modello dietetico. La ricerca sulle proprietà salutistiche dei cibi catalizza enorme attenzione mediatica perché carica l’alimentazione di elementi simbolici legati alla longevità. Questo può avere complesse e profonde ripercussioni sulla percezione degli alimenti, spesso erroneamente riconosciuti anche come strumenti terapeutici per molte malattie invalidanti. Per evitare la fabbricazione di artefatti, a un’etica della comunicazione deve accompagnarsi la correttezza interpretativa del dato prodotto dalla comunità scientifica. Sebbene la letteratura specialistica sulle valenze benefiche degli alimenti sia cresciuta con un andamento senza precedenti, le loro indicazioni salutistiche prevedono un’articolata stratificazione di conferme che includono indagini di natura sperimentale, clinica ed epidemiologica e a cui deve far seguito un riconoscimento formale da parte degli organi competenti. 

La scienza della nutrizione impegnata ad indagare la riduzione del rischio di malattia attraverso gli alimenti fornisce spesso risultati contrastanti ma che arricchiscono il dibattito sulla qualità delle evidenze. Questo stride con il sistema attuale della comunicazione di massa che è troppo funzionale a interessi che non sono quelli del progresso scientifico e sanitario di una società. Come per altri importanti questioni di igiene pubblica, l’eccessiva semplificazione comunicativa di questioni scientifiche complesse non favorirà l’adozione di efficaci politiche sanitarie volte alla promozione della salute. 

A fronte delle attuali evidenze, è bene però ricordare che un invecchiamento di successo passa anche attraverso scelte alimentari più salubri che aiutano a preservare l’organismo dagli effetti deleteri del tempo e dell’ambiente. Possedere siffatta consapevolezza è senz’altro di supporto all’alleggerimento del carico di disturbi cronici legati all’aumento dell’età media e che grava sui sistemi sanitari nazionali, già a rischio di sostenibilità. C’è però la necessità di costruire processi mediatici che utilizzino il sapere scientifico in modo trasparente e affidabile con il fine di accorciare la diseguaglianza epistemica tra i cittadini.

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