di Paolo Marizza
Commentando un recente contributo di Analisi e ricerche, “E’ sempre una questione di futuro”, mi ero riallacciato al messaggio conclusivo - “(…) se è sempre questione di futuro, allora si può dire, e la cosa vale per tutti, che le società entrano in crisi quando perdono la sensazione di controllare il futuro, e si trovano smarrite di fronte a un futuro che non è più quello di una volta” - per proporre alcune riflessioni legate alla sociologia dei “futuri immaginati”.
Tale tematica si ritrova anche nei due successivi contributi, “Le tre classi” e “Le tre illusioni”. Che siano tre o 5 o 50 poco rileva e anche che le categorizzazioni siano a volte un po' tagliate a fette. Ciò che mi sembra interessante è che tali contributi abbiano ben evidenziato che la “(…) divergenza di prospettive e di aspettative delle tre classi rivela un aspetto per certi versi drammatico”.
Nel XX secolo il tema dei futuri immaginati, pur essendo presente nelle teorie sociologiche fondamentali, era stato scarsamente sviluppato. Solo recentemente la rilevanza delle percezioni, delle aspirazioni e delle aspettative sul futuro per l'azione sociale è stata rivalutata. Un campo di ricerca diversificato, ma tuttavia ancora frammentato. Studiosi come Abbott sostengono che il futuro gioca ancora un ruolo trascurato nel comprendere la realtà sociale rispetto a fattori modellati e radicati nel passato e nel presente, come le istituzioni, le cornici culturali, le reti e le relazioni di potere. È un campo di ricerca emergente.
Avendo chi scrive un background economico-aziendalistico, formatosi in una disciplina orientata al futuro e interessata ai risultati prospettici che informano i processi decisionali, la “questione del futuro” mi ha sempre coinvolto, nel pensiero e nell’azione. La prospettiva futura è legata alla percezione del tempo, al modo in cui gli individui e organizzazioni proiettano sogni e obiettivi nel futuro, alla misura in cui si collegano ad un futuro immaginato, proiettando i loro pensieri, visioni ed aspirazioni nello spazio-tempo nel prendere decisioni sulla loro realizzazione futura.
Studi sociologici recenti sottolineano come la prospettiva del futuro immaginato e di un futuro “fuori controllo” sia correlata a un'ampia gamma di problematiche e consenta punti di vista innovativi su questioni come la disuguaglianza, le identità sociali, la capacità (agency) degli individui di realizzare il proprio potenziale, di prendere decisioni consapevoli, di comprendere l’innovazione e vivere il cambiamento. La prospettiva dei futuri immaginati, cioè le percezioni e le rappresentazioni di un futuro che deve ancora venire, può aprire nuove prospettive per la comprensione delle società del presente e per esplorare le molteplici ramificazioni sociali di aspettative e aspirazioni, ma anche di sogni e speranze, dubbi e paure, proiezioni e previsioni.
La prospettiva del futuro immaginato è stata applicata secondo diversi approcci. Da un lato le prospettive funzionaliste, fenomenologiche e strutturaliste che rimangono prevalentemente orientate al passato o comunque mettono in relazione la percezione del futuro con il passato. Il futuro è visto come modellato da strutture, norme stabilite, stock di conoscenze o pre-disposizioni.
D’altro canto nella prospettiva del pragmatismo, il presente appare come l'orizzonte temporale principale. Si assume quindi che sia l'esperienza della situazione presente a condizionare gli obiettivi e le aspettative degli attori. Georg Herbert Mead sostiene che le anticipazioni del futuro si basano su interpretazioni del presente che cambiano con ogni nuova esperienza. Pertanto, gli attori non possono aspirare a utopie future stabili o a fini ultimi, ma solo a quelli che Dewey chiama "fini visibili". Le aspirazioni sono costantemente riviste e possono diventare i mezzi per raggiungere nuovi fini. È nel processo di prova ed errore di vari corsi d'azione in cui gli attori danno senso e immaginano il futuro. Per i pragmatisti questo processo non è una mera reiterazione di cornici preesistenti. Percepire il futuro implica un elemento di creatività perché i futuri sociali rimangono aperti al cambiamento.
Il futuro nella sua indeterminatezza viene considerato ancora più centrale dai teorici della tarda modernità, come Anthony Giddens, Ulrich Beck o Zygmunt Bauman. Modernità che però non viene concettualizzata come una condizione sociale generale, ma piuttosto come una caratteristica problematica delle società attuali. Con l'affermarsi della de-tradizionalizzazione, ovvero della fase di transizione verso nuovi paradigmi di cui parliamo nelle discussioni su Stroncature, il futuro non appare più condizionato dal passato, ma diventa un regno di pluralità, complessità e alternative infinite. Gli attori devono costantemente prendere decisioni e riflettere sulle loro potenziali conseguenze. Vivere la modernità significa vivere in modo più riflessivo, affrontando un futuro più aperto e problematico. Come sostiene Giddens, "il futuro diventa sempre più coinvolgente, ma allo stesso tempo opaco. Ci sono poche linee dirette verso di esso, solo una pluralità di 'scenari futuri’”.
Il pragmatismo e la tarda modernità hanno preso in considerazione le percezioni del futuro come elemento importante del sociale: come fattore di perpetuazione delle disuguaglianze; come elemento che dà forma alle identità di specifiche epoche sociali e come elemento plasmato dalle norme sociali e dalle relazioni di potere; come aspetto cruciale dell'azione sociale e dell'agency; come elemento socialmente costruito e come facilitatore del coordinamento; come motore sia della riproduzione sociale sia dell'innovazione.
Sebbene queste prospettive inizino a fornire indicazioni preziose su come, ad esempio, la disuguaglianza sociale sia rafforzata o possa essere superata attraverso le aspirazioni, le ricerche empiriche sono ancora limitate ad ambiti verticali. Indagini empiriche orientate alla stratificazione dei futuri immaginati nell'intera popolazione potrebbero consentire di comprendere in modo più ampio come le percezioni del futuro interagiscano con la riproduzione e il cambiamento delle strutture sociali.
E’ ancora necessaria un'adozione più sistematica di prospettive orientate al futuro. Gli sviluppi dei futuri immaginati possono offrire prospettive innovative su temi di ricerca fondamentali, in particolare, dell'analisi del potere e degli assetti istituzionali più ampi. Come sostengono Cantò-Milà e Seebach, per molti aspetti sembra che il futuro sia "un'apriori per la società possibile".