Barbam vellere mortuo leoni

Strappare la barba al leone morto. L’espressione deriva da Marziale (10,90,10): essa mette a frutto l’idiomatico Vellere barbam, che indica il mancare di rispetto (si vedano ad es. Orazio, Sat. 1,3,133, Persio, 1,133; 2,28, Livio, 5,41,9), per esprimere felicemente il contrasto fra la grande potenza dell’animale vivo e la sua assoluta vulnerabilità dopo la morte.

Significa quindi che quando un grande è caduto, chi prima non avrebbe mai osato attaccarlo ne approfitta per sfogare tutta la propria bile: va tra l’altro ricordato che già nella letteratura greca esiste il topos dell’uccidere un uomo morto come azione vile (cfr. ad es. Sofocle, Antigone, 1030; 1288, Filottete, 946, Moschione, fr. 7,1 Sn.-K.), per noi esemplificato dalle famose parole rivolte da Francesco Ferrucci morente a Maramaldo, che stava per dargli il colpo di grazia, nella battaglia di Gavinana del 1530 (da cui anche il nostro verbo maramaldeggiare, detto del vile che si finge coraggioso quando in realtà non ci sono pericoli o di chi esercita prepotenza sugli indifesi).

L’immagine del leone morto che viene sbeffeggiato si ha anche nell’Antologia planudea(4), dove a compiere tale prodezza sono delle lepri, come anche nello Pseudo-Publilio Siro (401 R.2), nelle sentenze medievali (Walther 13667; 1708), e nelle varie lingue moderne (fra i vari autori spicca Montaigne, Essais, 3,5, ma ritorna anche in minori del Cinquecento e Seicento, come in Constantijn Huygens, Ad poeticos lusus intempestive provocanti, 25 e in un epitaffio del medico Ernst Soner, opera di Martin Ruar [18]); barbam vellere mortuo leoni è inoltre il titolo di uno degli Adagia di Erasmo (2,4,69). In italiano esiste Morto il leone, fino le lepri gli fanno il salto, che deriva direttamente dal titolo di un altro degli Adagia erasmiani (4,7,82: mortuo leoni et lepores insultant), ancora noto e citato anche nella forma latina (così, ad es., Stanley Dance intitolò il 27 dicembre 1974 un articolo su Duke Ellington [«Jazz Journal» 12 s.]); non mancano, però, varianti sul tema in cui gli animali sono diversi, come il medievale Leonem mortuum et catuli mordent, «il leone morto lo mordono anche i cagnolini» (Walther 13668, in 9823,2, sono le mosche a tormentarlo), il brasiliano Depois da onça morta, até cachorro mija nela(cioè: «quando la pantera è morta il cagnolino ci piscia sopra»), il bergamasco Al gat mor ga salt adoss i sorech, il russo Podstrelennogo sokola i vorona nosom dolbit (cioè: «un falco già colpito anche una cornacchia lo becca»; tra i proverbi russi ce n’è anche uno secondo cui quando una nave è in avaria tutti le sono contro) e il francese Quand le loup est pris, tous les chiens lui mordent les fesses); ulteriori varianti sono registrate da Lacerda-Abreu 199 s. Il calcio dell’asino al leone morto è attestato in V. Hugo, Notre-Dame de Paris, 3,1; per Melior canis vivus leone mortuo cfr. n. 1307.

(Tratto da Dizionario delle sentenze latine e greche)

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