di Giovanni Chiacchio
Durante la trasmissione “Cartabianca”, il professore di Sociologia del Terrorismo, Alessandro Orsini, già noto per aver sbagliato ogni previsione militare sul conflitto ucraino, ha espresso la sua posizione circa la recente fronda operata dal capo della Compagnia Militare Privata (in inglese PMC) Wagner.
Il professor Orsini ha, infatti, asserito come il Presidente russo Vladimir Putin sia uscito rafforzato dall’evento, in quanto le forze armate e la società civile russa si sarebbero compattate attorno al Presidente, il quale avrebbe quindi superato un “test per la fiducia”. In particolare, Orsini ritiene che nessun attore razionale abbandonerebbe il proprio posto nell’esercito russo, da lui definito “invincibile”, in virtù delle testate nucleari in proprio possesso. L’affermazione circa il presunto “rafforzamento” di Putin come conseguenza della crisi risulta però profondamente errata tanto sotto il profilo dell’immagine del dittatore russo, quanto sotto il mero profilo materiale.
Anzitutto la fronda della Wagner ha costituito la più grave ribellione interna al territorio russo dai tempi della Crisi Costituzionale del 1993 e in generale la più significativa minaccia al regime di Putin in 23 anni di potere quasi incontrastato. L’immagine del Presidente russo è uscita pesantemente lesa dall’evento, il quale rappresenterà certamente un pericoloso precedente. Al contempo, se da un lato le forze armate non sono interamente passate dalla parte di Prigozhin, la conquista senza colpo ferire da parte della Wagner dei centri nevralgici di Rostov e Voronezh testimonia un certo sostegno per la PMC all’interno delle forze armate russe. Inoltre il breve conflitto non ha visto manifestazioni su vasta scala in sostegno di Putin, viceversa la popolazione di Rostov ha lodato i mercenari della Wagner, non apprezzando il ritorno della polizia russa. Ciò testimonia la crescente impopolarità del regime di Putin, sempre meno apprezzato dalla popolazione russa.
A tutto questo va aggiunto il fatto che Prigozhin non abbia posto fine alla propria rivolta perché “sconfitto”, ma semplicemente poiché tramite il negoziato ha ottenuto il proprio obbiettivo. La causa scatenante della rivolta dell’ex chef pare infatti essere stata motivata dall’ordine rivolto a tutte le “formazioni volontarie” di firmare contratti con il Ministero della Difesa (con il quale il capo della Wagner risultava in faida da mesi). Prigozhin aveva già dichiarato di non aver intenzione di firmare tale contratto, il quale lo avrebbe privato del controllo della Wagner e probabilmente esposto alle ritorsioni del Ministero della Difesa. L’ex chef ha quindi ottenuto ciò che voleva, ossia essere amnistiato e mantenere il controllo di almeno una parte della PMC dalla Bielorussia, nuova base operativa da cui gestire il suo vasto impero criminale in Africa, abbandonando il conflitto ucraino che è costato alla PMC migliaia e migliaia di morti.
In ultima analisi, la presunta invincibilità dell’esercito russo risulta essere null’altro che una dichiarazione completamente avulsa dalla realtà, poiché l’Unione Sovietica disponeva di un arsenale nucleare ben più consistente rispetto a quello della Federazione Russa, ciò non le ha impedito di perdere il conflitto in Afghanistan.
Nella seconda parte del suo intervento, Orsini passa a descrivere l’impatto di questa crisi sul conflitto. L’autoproclamatosi calcolatore umano, ritiene che tale azione abbia dimostrato come la NATO rappresenti una minaccia esistenziale per la Federazione Russa, asserendo come la guerra tra Ucraina e Russia sia finita dopo tre settimane in virtù della distruzione dell’arsenale di Kyiv e da allora sia iniziata una guerra con la NATO. Guerra che la Russia non può permettersi di perdere e che comporterà necessariamente l’occupazione delle Oblast di Sumy e Kharkhiv, necessarie per proteggere Mosca dal “pericolo” NATO, conquista che sarà resa possibile dal fatto che Putin adesso stia impiegando una “parte minima” delle sue risorse.
Anzitutto, il termine minaccia esistenziale attiene ad una minaccia in grado di rappresentare un pericolo per l’esistenza stessa di una formazione statale, proprio come la Russia per l’Ucraina. Tuttavia la NATO non può rappresentare una minaccia esistenziale per nessuno stato in virtù degli articoli 1 e 7 del Trattato Nord Atlantico, i quali statuiscono rispettivamente: “Le parti si impegnano, come stabilito nello Statuto delle Nazioni Unite, a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale in cui potrebbero essere coinvolte, in modo che la pace e la sicurezza internazionali e la giustizia non vengano messe in pericolo, e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all’uso della forza assolutamente incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite” e “II presente Trattato non pregiudica e non dovrà essere considerato in alcun modo lesivo dei diritti e degli obblighi derivanti dallo Statuto alle parti che sono membri delle Nazioni Unite o la responsabilità primaria del Consiglio di Sicurezza per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali”.
In secondo luogo, nella terza settimana di conflitto, corrispondente alla metà del mese di marzo 2022, non risulta alcuna sistematica distruzione dell’arsenale ucraino, né tantomeno l’arrivo delle prime armi pesanti occidentali, le quali sarebbero arrivate nel paese solo nel mese di aprile. Viceversa, proprio in quel periodo la Russia subì devastanti sconfitte militari che obbligarono l’invincibile esercito russo ad abbandonare metà dei territori conquistati. Tutt’ora l’armamento ex sovietico, o di produzione ucraina rappresenta oltre il 50% dell’arsenale di Kyiv e la produzione di armi ucraine non solo è in aumento, ma sta anche andando incontro ad una crescente diversificazione e modernizzazione, specie alla luce della recente riforma dell’industria della difesa.
In terzo luogo, le regioni di Kharkhiv e Sumy ritenute da Orsini fondamentali per la sicurezza russa, erano già state parzialmente occupate nel 2022, ma prima i russi si sono ritirati da Sumy nell’aprile 2022, poi da Kharkhiv nel settembre dello stesso anno. Viene quindi da chiedersi perché la Russia abbia permesso la liberazione di due regioni così essenziali per la propria da parte dell’Ucraina se sta usando una parte limitata delle sue risorse. Così come verrebbe da chiedersi come sia possibile che Prigozhin abbia occupato senza colpo ferire due città come Voronezh e Rostov, fondamentali per il rifornimento delle truppe russe in Ucraina se Putin sta usando una parte così limitata delle proprie risorse per combattere Kyiv.
In ultima analisi Alessandro Orsini ritiene che per porre fine al conflitto sia necessario cedere alla Russia la porzione di Ucraina che “non possiamo toglierle”, il che ovviamente determinerebbe la prosecuzione dei crimini di guerra commessi dai russi contro la popolazione locale, quali torture, massacri e stupri, ma anche un pericoloso precedente che spingerebbe altre potenze revisioniste a porre in essere operazioni aggressive, con conseguenze devastanti per la pace mondiale.