Donald Trump ha recentemente difeso con forza il ruolo del dollaro come valuta di riserva mondiale, minacciando di imporre dazi del 100% sui paesi BRICS se creassero un'alternativa alla moneta americana. Questa posizione riflette una nuova visione del potere economico americano: Trump ritiene che l'uso eccessivo delle sanzioni finanziarie abbia spinto altri paesi a evitare il dollaro, e sostiene che i dazi siano uno strumento più flessibile e meno dannoso per raggiungere gli obiettivi di politica estera. Il dollaro mantiene ancora una posizione dominante, rappresentando il 58% delle riserve valutarie globali, il 54% della fatturazione delle esportazioni e l'88% delle transazioni in valuta estera, secondo l'Atlantic Council.
Tuttavia, i dazi presentano anche degli svantaggi: se utilizzati in modo eccessivo, possono ridurre il commercio al punto da eliminare qualsiasi leva negoziale, danneggiare gli Stati Uniti aumentando i prezzi, interrompere la produzione e provocare ritorsioni. Inoltre, mantenere lo status del dollaro come valuta di riserva richiede che gli Stati Uniti forniscano al resto del mondo attività in dollari come i bond, il che implica essere un debitore netto e quindi avere un deficit delle partite correnti. Questo crea una tensione con l'obiettivo di Trump di ridurre il deficit commerciale, che egli attribuisce alla manipolazione valutaria di altri paesi, suggerendo che finché il dollaro rimarrà la valuta di riserva mondiale, un certo deficit commerciale potrebbe essere il compromesso inevitabile.