Come distinguere scienza e pseudoscienza?
Nel mare di informazioni scientifiche – o presunte tali – disponibili al pubblico, diventa essenziale saper distinguere tra scienza vera e pseudoscienza. La pseudoscienza include teorie e pratiche che si presentano come scientifiche, ma che non ne rispettano i metodi e i criteri di validazione. Qui proveremo ad analizzare i criteri di demarcazione che separano scienza e pseudoscienza, questione dibattuta anche in filosofia. Pur riconoscendo che il confine può essere talora sfumato, esistono criteri chiave che aiutano a individuare conoscenze realmente affidabili e a smascherare quelle infondate.
Uno dei criteri classici di demarcazione, proposto dal filosofo Karl Popper, è la falsificabilità. In termini semplici, una teoria scientifica dev’essere formulata in modo da poter essere messa alla prova e potenzialmente smentita dai fatti. Se una teoria “spiega tutto” e non permette in alcun caso un esito contrario alle sue previsioni, allora non è scientifica ma dogmatica. Ad esempio, la meccanica newtoniana prevede con precisione traiettorie e risultati che possiamo testare sperimentalmente; se i test falliscono, la teoria è falsificata. Al contrario, molte pseudoscienze costruiscono enunciati vaghi o elastici, tali che qualunque dato può essere reinterpretato per adattarsi alla teoria. Un caso emblematico è l’astrologia: fa affermazioni generiche (es. “avrai un cambiamento importante nella tua vita”) che risultano sempre vere ex post per via della loro indeterminatezza, oppure se fornisce dettagli e questi si rivelano sbagliati, i suoi sostenitori li giustificano posticipando gli effetti o trovando scuse (“l’influsso è stato mitigato da altri fattori”). In questo modo l’astrologia non espone mai sé stessa al rischio di essere confutata, e ciò la colloca al di fuori della scienza. La scienza autentica, invece, progredisce proprio grazie alla possibilità di smentire ipotesi: una teoria scientifica valida accetta l’esito dell’esperimento anche se è sfavorevole e, se necessario, viene modificata o abbandonata.
Un secondo criterio distintivo riguarda il metodo e l’approccio alle evidenze. La scienza segue un metodo rigoroso: osservazione, formulazione di ipotesi, sperimentazione controllata, raccolta di dati, analisi statistica, peer review (revisione tra pari) e replicabilità. La pseudoscienza di solito imita superficialmente alcuni aspetti di questo metodo (magari usa un gergo tecnico, mostra qualche dato isolato), ma in realtà non li applica in modo genuino. Ad esempio, in ambito medico, terapie pseudoscientifiche come l’omeopatia rivestono di linguaggio scientifico principi privi di plausibilità (memoria dell’acqua, diluizioni infinitesimali) e si sottraggono alla verifica sperimentale seria. Quando studi clinici rigorosi mostrano che l’omeopatia non ha effetti superiori al placebo, i sostenitori rifiutano il verdetto e non cambiano teoria – segno di un rifiuto della metodologia scientifica. Un sano programma scientifico, al contrario, richiede evidenze solide e ripetibili. Un ricercatore vero pubblicherà i suoi risultati su riviste con revisione paritaria, permettendo alla comunità di controllare metodi e dati; lo pseudoscienziato preferisce auto-pubblicarsi in libri o siti propri, evitando il confronto con esperti indipendenti. Inoltre, la scienza è cumulativa e autocorrettiva: ogni scoperta si collega alla letteratura esistente e, se un risultato si rivela errato, viene corretto da studi successivi. La pseudoscienza spesso ignora volutamente il corpo di conoscenze consolidate (ad esempio i negazionisti dell’HIV ignorano decenni di virologia) e non accetta correzioni: rimane statica, riproponendo le stesse idee anche di fronte a confutazioni ripetute. Questo rifiuto di revisionare le proprie posizioni alla luce di nuovi dati è un forte segnale di pseudoscienza.
Un altro elemento rivelatore è l’uso di fallacie logiche e argomentazioni non scientifiche per sostenere una tesi. La pseudoscienza spesso ricorre a aneddoti al posto di dati sistematici: “Conosco una persona che è guarita facendo X, quindi X funziona”. La scienza, invece, si basa su campioni rappresentativi e analisi statistiche, sapendo che i casi individuali possono ingannare. La pseudoscienza indulge in correlazioni spurie e similitudini superficiali (quello che un autore definì “somiglianze spurie”), ad esempio “questo rimedio naturale assomiglia a un organo umano, quindi per la legge dei simili lo cura” – ragionamento senza base causale. Un’altra fallacia comune è spostare l’onere della prova: lo pseudoscienziato afferma “La mia teoria è vera finché non viene provato il contrario”, quando invece in scienza è chi propone un’ipotesi straordinaria che deve fornirne evidenze a favore. Oppure ancora, il cherry picking: selezionare solo le evidenze che convengono e ignorare tutte le altre. Un esempio sono i complottisti climatici che mostrano il freddo di un singolo inverno per negare il riscaldamento globale, trascurando la tendenza globale su decenni. La scienza autentica, al contrario, considera tutti i dati disponibili e costruisce teorie che spieghino l’insieme delle evidenze, non solo un sottoinsieme scelto. Quando si notano argomentazioni retoriche (appelli all’antichità: “questa pratica esiste da millenni, quindi funziona”, appelli al complotto: “la scienza ufficiale ci nasconde questa cura perché minaccia i loro interessi”), è probabile di trovarsi fuori dal perimetro scientifico. Il discorso scientifico fa appello a prove verificabili e ragionamenti logici controllabili, non a cospirazioni o tradizioni indimostrabili.
Un importante criterio è anche l’apertura al dibattito e alla critica. La scienza fiorisce attraverso la comunità: gli scienziati discutono, si criticano a vicenda, replicano gli esperimenti altrui. La pseudoscienza spesso invece si chiude in circoli autoreferenziali. I suoi promotori raramente presentano le proprie idee a conferenze scientifiche mainstream o sottopongono articoli a riviste indicizzate, perché sanno che verrebbero rigettati; preferiscono creare convegni o pubblicazioni parallele, senza contraddittorio qualificato. Inoltre, tendono ad accusare la comunità scientifica di chiusura mentale o addirittura di complotto per zittirli, piuttosto che considerare la possibilità che le loro idee siano semplicemente errate o infondate. Questo sentimento di persecuzione (“il mondo accademico rifiuta le nostre scoperte perché minano l’ortodossia”) è quasi un marchio di fabbrica di molte pseudoscienze. La scienza genuina, pur avendo anch’essa dinamiche sociali e resistenze talvolta verso idee nuove, si fonda però su un principio di apertura: se un’ipotesi eterodossa porta prove convincenti, finisce per essere accettata (si pensi alla teoria dell’Helicobacter pylori come causa dell’ulcera gastrica, inizialmente osteggiata ma poi confermata da esperimenti e oggi parte della medicina ufficiale). La pseudoscienza, non avendo quelle prove, deve ricorrere alla narrazione della “verità ostracizzata” per giustificare la propria mancata accettazione.
Ci sono anche criteri quantitativi e di comportamento tipico. Massimo Pigliucci, filosofo della scienza, propose un elenco di segnali indicativi. Tra questi: il pensiero anacronistico (richiamarsi a “antiche saggezze” ignorando scoperte più recenti – come fa ad esempio l’astrologia rifacendosi a concezioni tolemaiche dell’universo); la ricerca del mistero (pseudoscienze che enfatizzano l’idea che esistono segreti insondabili e celebrano il mistero invece di cercare soluzioni – esoterismi vari); l’approccio casuale alle evidenze (presentare teorie senza portare evidenze solide, confidando più sul fascino dell’idea che su dati concreti). Inoltre la pseudoscienza tende a non progredire: dopo decenni, i suoi sostenitori ripetono gli stessi concetti, senza aver ampliato la conoscenza o risolto problemi aperti, mentre la scienza in anni o decenni produce nuovi risultati, nuovi campi di applicazione, correzioni di errori precedenti. Ad esempio, l’alchimia medievale rimase sostanzialmente invariata per secoli senza mai arrivare alla pietra filosofale; la chimica, che ne è succeduta come scienza vera, ha fatto progressi immensi in pochi secoli producendo farmaci, materiali e teorie coerenti.
In conclusione, esistono indicatori affidabili per distinguere la scienza dalla pseudoscienza. La scienza autentica è aperta, testabile, basata su prove rigorose e pronta a correggersi; la pseudoscienza, al contrario, è dogmatica, elusiva rispetto alle verifiche e refrattaria alla revisione. Un pubblico attento e critico può affinare la propria capacità di discernimento esaminando questi aspetti in ogni teoria: chiedendosi se essa genera previsioni falsificabili, se è supportata da evidenze solide pubblicate e replicate, se accetta la critica e il dubbio, oppure se ricorre a giustificazioni ad hoc e pretende un’accettazione fideistica. Sviluppare tale sensibilità significa dotarsi di un antidoto intellettuale contro le seduzioni delle pseudoscienze, a vantaggio di un dibattito fondato sul sapere affidabile.
Fonti
Hansson S.O. (2017). Science and Pseudo-Science – Stanford Encyclopedia of Philosophy.
Pigliucci M. (2010). Nonsense on Stilts: How to Tell Science from Bunk – University of Chicago Press.
Dutch S. (2010). Pseudoscience Defined – University of Wisconsin Essay.
Garrett B. (2012). Pseudoscience and Critique – Skeptical Inquirer.
Popper K. (1963). Conjectures and Refutations – Routledge Classics.