All’inizio del secondo mandato dell’amministrazione Trump, la politica economica americana torna a fondarsi sull’idea che il potere negoziale degli Stati Uniti derivi dalla loro capacità di attrarre il resto del mondo verso il proprio mercato interno. Tale impostazione attribuisce alla domanda delle famiglie americane un ruolo determinante nei rapporti commerciali internazionali, trattandola come un punto fermo attorno al quale costruire accordi e riequilibrare scambi. Questa visione, però, trascura la natura condizionata di tale domanda. I consumi statunitensi non dipendono soltanto da fattori interni, ma riflettono l’inserimento dell’economia americana in una rete di relazioni finanziarie globali che ne determinano la capacità di indebitamento. In assenza di flussi esterni di capitale, l’accesso al credito diventerebbe più costoso e la spesa delle famiglie risulterebbe immediatamente compressa. Il presente rapporto analizza quindi i limiti strutturali di un modello che considera il mercato dei consumatori statunitensi come risorsa strategica, senza tener conto dei vincoli finanziari su cui esso si regge.
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