Il 2024 è un anno dei grandi appuntamenti elettorali e forse mai come ora le questioni ambientali stanno entrando con forza all’interno del dibattito politico, il che non è un male. Il guaio è che la questioni ambientale e la transizione energetica sono vittime della stessa polarizzazione che ha inquinato il dibattito pubblico in Europa e negli Stati Uniti negli ultimi decenni. Così anche le questioni climatiche diventano questioni partitiche e vengono prese in ostaggio dai movimenti populisti che ne fanno una preoccupazione di elites politiche che non sanno hanno alcuna consapevolezza delle esigenza popolari. In questo modo, aizzano le folle su questioni che meriterebbero consapevolezza, pacatezza e lungimiranza.
La crescente politicizzazione delle questioni relative ai cambiamenti climatici a livello globale è ormai evidente. I piani per la decarbonizzazione e le misure ambientali stanno diventando un punto focale nelle democrazie occidentali, specialmente in vista delle elezioni imminenti. Per esempio, il Primo Ministro britannico Rishi Sunak ha recentemente mitigato gli impegni del Regno Unito per raggiungere l'obiettivo di zero emissioni nette, sottolineando che la quota del Regno Unito delle emissioni globali è inferiore all'1%. Sunak ha candidamente dichiarato che gli obiettivi ambientali, la cui attuazione è stata da lui posticipata, "non sono necessari" per rispettare gli obblighi del Regno Unito in materia di emissioniAnche in altri paesi come Germania e Stati Uniti, i politici stanno promettendo di ritirare o ridurre le misure ambientali che ritengono impopolari tra i loro elettori.
Il cambiamento climatico, una volta considerato un problema marginale nelle campagne elettorali, è ora al centro dell'attenzione pubblica. La situazione è alimentata sia da eventi climatici estremi che da una crescente consapevolezza dell'urgenza di agire prima del 2030, data entro la quale gli scienziati affermano che le emissioni di gas serra devono essere quasi dimezzate. Tuttavia, c'è una crescente consapevolezza tra i politici che raggiungere questi obiettivi richiederà sforzi significativi. Paesi come il Regno Unito e la Germania hanno recentemente posticipato o mitigato alcune misure previste, come lo stop alla vendita di auto a benzina e l'obbligo di sostituire i sistemi di riscaldamento a gas. Anche in Francia e nei Paesi Bassi, dove il consenso pubblico alle iniziative contro il cambiamento climatico sembra elevato, si sono registrate proteste e resistenze contro specifiche misure governative, evidenziando una diffusa preoccupazione per i compromessi economici che tali politiche implicano.
Allo stesso tempo, in molti paesi europei, partiti e movimenti politici che si sono opposti alle misure ambientaliste stanno guadagnando terreno, alimentati dall'insoddisfazione per politiche percepite come intrusive o irrealistiche. In Germania, la Alternative for Germany sperimenta un aumento dei consensi, esprimendo scetticismo verso l'agenda verde. Nel Regno Unito, le critiche verso l'espansione delle zone a basse emissioni a Londra e la posticipazione del bando sulle auto a benzina hanno acceso il dibattito politico: il Partito Laburista sta mettendo in evidenza le sue credenziali verdi, mentre Sunak sta scommettendo che può vincere il sostegno pubblico ritardando le misure verdi. Nel contesto dell'Unione Europea, i politici di centrodestra lamentano l'onere burocratico della legislazione sul clima per le imprese, chiedendo una "pausa normativa" come ha fatto il presidente francese Emmanuel Macron. Negli Stati Uniti, mentre i Democratici sottolineano i sussidi verdi offerti dalla legislazione sul clima, repubblicani come Donald Trump e Vivek Ramaswamy hanno minimizzato o negato l'esistenza dei cambiamenti climatici.
Infine, sebbene i sondaggi indichino che l'opinione pubblica è generalmente a favore di un'azione più decisa sul cambiamento climatico, queste opinioni possono cambiare quando le persone si trovano di fronte a politiche che potrebbero avere un impatto diretto sulla loro vita quotidiana e sulle loro finanze. In altri termini, nonostante l'apparente sostegno pubblico a queste politiche verdi, emerge una realtà complessa: man mano che si avvicina il momento di implementare azioni concrete e i costi della transizione diventano più evidenti, cresce un certo malcontento tra la cittadinanza e alcuni politici.
Quali potranno essere le evoluzioni di queste diverse, e per certi versi opposte, forza in movimento (dalla consapevolezza del cambiamento climatico, al timore per i costi sociali delle misure di mitigazione) è difficile dirlo. La prospettive peggiore tuttavia appare quella di un nuovo manicheismo, con il dibattito che si trincera in opposti schieramenti che ci urlano l’un contro l’altro armati, quando invece ci sarebbe bisogno di una convergenza delle volontà e delle intelligenze per risolvere l’equazione di garantire a tutti una maggiore crescita economica, una maggiore giustizia sociale e migliore politica ambientale.