Martin Goodman, Herod the Great. Jewish King in a Roman World, Yale University Press, 2024, presenta una biografia interpretativa costruita sulle narrazioni di Giuseppe Flavio e sulla mediazione di Nicolao di Damasco, con un controllo critico costante di motivazioni, scopi e limiti delle fonti.
Il volume appartiene alla serie Jewish Lives e adotta una struttura lineare che apre con il viaggio a Roma del 40 a.C., quando il Senato proclama Erode re, per poi seguire contesto, ascesa, pratiche di governo e fortuna postuma.
L’obiettivo dichiarato è spiegare come un sovrano nato dall’investitura romana abbia governato comunità ebraiche senza rinunciare alla lealtà verso il potere imperiale, tenendo insieme tradizioni locali e linguaggi politici e architettonici greco-romani.
Il libro non propone una tesi univoca sulla “identità” di Erode, ma mostra in concreto come scelte amministrative, rituali e simboliche rispondano a vincoli multipli, dal controllo del sommo sacerdozio alle emissioni monetali.
L’andamento del racconto segue cinque nuclei tematici che corrispondono ad altrettanti problemi storici: mondo in crisi, acquisizione del potere, regno “romano”, governo “da ebreo”, tragedia dinastica e metamorfosi storiografica.
La narrazione poggia su una bibliografia aggiornata e su mappe, cronologia e genealogie, utili per visualizzare luoghi, confini e reti di città dal Mediterraneo all’altopiano giudaico.
L’uso alternato delle due opere di Giuseppe, Antichità giudaiche e Guerra giudaica, consente di segnalare divergenze e di ricostruire le scelte di Erode entro scenari imperiali in rapida trasformazione.
La prospettiva è storica e istituzionale, con attenzione a pratiche materiali come cantieri, porti, approvvigionamenti e fiscalità, e a rituali pubblici che rendono visibile l’obbedienza a Roma senza violare il monoteismo.
L’introduzione metodologica insiste sulla necessità di leggere Giuseppe come autore con finalità differenziate e con possibili rielaborazioni legate al clima politico tra 70 e 100 d.C.
L’apertura con la scena del Senato non è un artificio narrativo, ma un punto di metodo: quel giorno decide natura e basi del trono, prima ancora di qualsiasi legittimazione dinastica asmonea.
La scelta di ancorare la storia di Erode a quella di Roma non riduce il ruolo delle istituzioni giudaiche, ma spiega perché compromessi, opere monumentali e controllo del culto siano problemi centrali di governo.
Il risultato è una ricostruzione che fa lavorare insieme politica estera e amministrazione interna, mostrando come la posizione di frontiera generi soluzioni originali.
In questo quadro, la domanda “una vita ebraica?” diventa un filo che attraversa scelte edilizie, gestione del Tempio, politica monetale e rapporti con la diaspora.
Il libro offre così una guida compatta per interpretare un regno nato in Senato, praticato tra Gerusalemme e Cesarea, e giudicato da memorie spesso confliggenti.