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I nuovi gatekeeper: come la moderazione automatica riscrive lo spazio pubblico

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lug 13, 2025
∙ A pagamento

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Nel dibattito pubblico contemporaneo si tende ancora a considerare i social media come spazi di comunicazione liberi e orizzontali, in cui ogni utente può esprimersi, condividere contenuti e raggiungere un pubblico potenzialmente globale. Ma questa rappresentazione è ormai fuorviante. I social non sono infrastrutture neutre: sono architetture computazionali progettate per selezionare, ordinare e mostrare i contenuti in base a logiche interne, spesso opache, determinate da algoritmi proprietari. L’utente non comunica liberamente: l’algoritmo decide in ogni istante chi vedrà cosa, in base a criteri di engagement, profilazione, previsione comportamentale e massimizzazione del tempo di permanenza. In questo quadro, anche la semplice visibilità di un contenuto dipende da una selezione automatica e poco chiare. Post non conformi ai modelli dominanti, oppure ritenuti poco coinvolgenti, sono declassati, resi invisibili, o rimossi in modo definitivo. Il risultato è che la comunicazione non segue più il principio della rilevanza o della qualità, ma quello dell’aderenza ai criteri funzionali della piattaforma stessa.

Per chi produce contenuti scientifici, culturali o analitici, questa dinamica genera una duplice illusione. Da un lato si crede di poter usare i social per promuovere sapere rigoroso e discussione pubblica fondata. Dall’altro, però, la logica degli algoritmi privilegia sistematicamente la polarizzazione, l’emotività e l’intrattenimento, penalizzando tutto ciò che è argomentato, complesso o non immediatamente reattivo. I contenuti che si propongono di generare riflessione o approfondimento tendono così a essere silenziati dagli stessi meccanismi che dovrebbero renderli visibili. La censura non avviene per intervento umano, ma attraverso un’architettura automatizzata che marginalizza ciò che non garantisce ritorno commerciale o tensione virale. Di fatto, chi pubblica su una piattaforma sociale non controlla né il pubblico, né la portata, né la permanenza del proprio messaggio. L’illusione è quella di comunicare; la realtà è che si opera all’interno di un sistema che filtra e decide in modo inappellabile, sulla base di logiche inaccessibili e insindacabili. Ma andiamo nel dettaglio della moderazione automatica dei contenuti che le piattaforme fanno.


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