I tre pilastri di una società aperta
L’idea che liberalismo e democrazia non siano automaticamente compatibili è stata al centro di un lungo dibattito teorico e politico sin dall’Ottocento. Il liberalismo nasce come dottrina del limite al potere, fondata sull’individuo, sulla proprietà privata e sull’autonomia della società civile, mentre la democrazia implica la sovranità del popolo, cioè l’esercizio collettivo del potere, potenzialmente illimitato. Nella storia moderna, la tensione tra i due principi è emersa ogniqualvolta si è affermato il suffragio universale: da un lato, l’estensione del diritto di voto ha permesso alle masse di accedere alla rappresentanza, ma dall’altro ha generato il timore, tra le élite liberali, che le masse potessero esercitare il potere in maniera distruttiva verso l’ordine liberale stesso. Per questo motivo, nei regimi liberali classici il voto era spesso limitato da criteri censitari o culturali. Il liberalismo teme la democrazia quando si trasforma in governo delle masse, considerate facilmente manipolabili, inclini al populismo e all’irrazionalità. D’altra parte, una democrazia senza liberalismo, cioè senza garanzie e diritti fondamentali, tende a degenerare in tirannia della maggioranza o in autoritarismo elettivo.