di Roberto Menotti e Nunziante Mastrolia in collaborazione con IASEM
Negli anni dopo la fine della Guerra Fredda, la frontiera orientale della NATO, che era stata a lungo quella del principale confronto militare e politico, diviene un’area che si immagina funzionale al dialogo – pur in presenza di alcune tensioni con la Federazione Russa a causa del progressivo allargamento dell’Alleanza. L’allargamento ad Est dell’Unione Europea viene visto, nelle capitali occidentali, come una forma assolutamente benigna e rassicurante di riassetto continentale, che si accompagna ad importanti aperture economiche proprio alla Russia. Una serie di legami sempre più stretti con Mosca vengono consolidati, soprattutto da due Paesi-chiave come Germania e Italia, nella convinzione che le ragioni del calcolo economico potessero avere la meglio sulle vanaglorie imperiali. Per certi versi, era questo il senso della Ostpolitik del Cancelliere Angela Merkel e l’idea che la leva commerciale avrebbe provocato a Mosca (ma anche a Pechino), una mutazione politica dell’interno in senso liberale. Quella linea politica non ha funzionato, e l’aggressione russa del febbraio 2022, nonché l’asse con Pechino, sono lì a provarlo.
La conseguenza è che quella frontiera sembra ora chiudersi nuovamente, con un livello di tensione perfino superiore agli anni della Guerra Fredda. Ma la chiusura ad Est non impedisce di aprire e coltivare la frontiera a Sud, vale a dire quella del dialogo con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, e del continente africano – dove peraltro soprattutto l’Italia ha siglato vitali contratti di approvvigionamento energetico per sostituire le forniture di gas naturale russo. Così, si valutano diversamente potenziali opportunità che erano stato accantonate in gran fretta a più riprese: dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre, dopo il fallimento delle primavere arabe del 2011, e nel corso di quegli stessi anni nel tentativo (illusorio) di sigillare le rotte marittime dei flussi migratori. È come se una lunga frontiera si riaprisse con una sorta di rischio calcolato. Tuttavia, il contesto resta instabile, visto che tutte le ragioni strutturali che portarono prima al terrorismo di matrice islamista e poi alle proteste massicce e diffuse del 2011 sono rimaste immutate, e in alcuni casi si sono aggravate.
Non vi sono solo le fibrillazioni dovute al perdurare di frange di integralismo islamico, e la fragilità economica di alcuni regimi della regione che godono di scarsissima legittimità democratica, ma anche l’esplosione del quadro regionale a seguito dell’attacco terroristico perpetrato da Hamas contro Israele il 7 ottobre 2023 e alle onde del conflitto ucraino e del confronto tra le grandi potenze che nell’area mediterranea si ripercuotono.
Di qui una missione per la NATO che oggettivamente è diventata ancora più difficile e multiforme, vale a dire da una parte garantire la sicurezza in chiave di classica deterrenza e difesa collettiva, anzitutto verso la Russia (anche quando la guerra calda in Ucraina si sarà fermata, condizionando sia l’Europa orientale che il Mar Nero), e dall’altra affrontare rischi alla sicurezza che vengono sia da minacce asimmetriche (come le infiltrazioni russe in Africa) sia dalla minaccia di un confronto diretto tra attori statuali (Israele e Iran) sia da possibili conflitti intra-arabi (troppo spesso sottovalutati), sia infine dalla vulnerabilità delle rotte marittime.
Al tempo stesso, l’Alleanza ha interesse a non sigillare le frontiere, tenendo invece aperti i canali di comunicazione perché le rotte energetiche, economiche, commerciali e di cooperazione politica possano continuare a funzionare. Resta la domanda se lo strumento NATO sia funzionale al raggiungimento nel Mediterraneo di questi due obiettivi.
In parallelo, l’altra grande sfida per l’Alleanza è quella della coesione politica, in particolare tra le due sponde dell’Atlantico ma non solo – si pensi alla frammentazione delle priorità tra Paesi dell’Est e gli altri, come anche al ruolo incerto della Turchia. L’esigenza principale è comunque quella di ri-bilanciare e articolare diversamente gli oneri e le responsabilità tra i membri europei e gli USA: qui si deve evitare un equivoco ricorrente, per cui Washington si aspetterebbe dagli europei un diretto e significativo impegno militare nell’Indopacifico soprattutto in chiave di contenimento della Cina. In effetti, il contributo più prezioso, anzi insostituibile, che i membri europei possono fornire alla sicurezza collettiva consiste nell’assumersi maggiori responsabilità dirette e in parte “autonome” (cioè senza un massiccio sostegno americano) nel Vecchio Continente e nel suo immediato vicinato – a cominciare appunto dal bacino mediterraneo.
L’eredità delle iniziative NATO verso il Mediterraneo
L'importanza strategica del Mediterraneo per la NATO è in realtà cresciuta notevolmente negli ultimi decenni, come dimostrato dall'evoluzione dei Concetti Strategici dell'Alleanza. Nel Concetto Strategico del 1991, la NATO riconosceva che "The stability and peace of the countries on the southern periphery of Europe are essential for the security of the Alliance.". Questo documento segnava un primo passo verso un approccio più ampio alla sicurezza, che andava oltre la mera difesa del territorio degli alleati. Nel 1994, la NATO ha compiuto un ulteriore passo nella medesima direzione lanciando il Dialogo Mediterraneo, un forum volto a "to contribute to regional security and stability, achieve better mutual understanding and dispel any misconceptions about NATO in participating countries". L’iniziativa rifletteva la convinzione dell'Alleanza che la sicurezza in Europa fosse strettamente legata alla sicurezza e alla stabilità nel Mediterraneo.
Il Concetto Strategico del 1999 ha ulteriormente rafforzato l'impegno della NATO nella regione, definendo il Mediterraneo come un'area di particolare interesse per l'Alleanza. Il documento ribadiva il legame tra la sicurezza in Europa e la stabilità nel Mediterraneo, e definiva il Dialogo Mediterraneo come "parte integrante dell'approccio cooperativo alla sicurezza dell'Alleanza". Questo approccio più ampio alla sicurezza rifletteva la necessità di affrontare rischi complessi e multiformi, tra cui la tutela dei diritti umani, i conflitti etnici, le crisi economiche, il collasso dell'ordine politico e la proliferazione delle armi di distruzione di massa. In questo contesto, il Concetto Strategico del 1999 impegnava la NATO a sviluppare progressivamente gli aspetti politici, civili e militari del Dialogo Mediterraneo, con l'obiettivo di raggiungere una cooperazione più stretta e un coinvolgimento più attivo dei paesi partner.
L'invasione russa dell'Ucraina nel 2022 ha segnato una svolta decisiva nella postura strategica della NATO nei confronti di Mosca. Il nuovo Concetto Strategico adottato al vertice di Madrid nel giugno 2022 rappresenta un netto ritorno a una politica di deterrenza e difesa verso la Russia, in netto contrasto con l'approccio più cooperativo che aveva caratterizzato i rapporti tra l'Alleanza e Mosca nei decenni precedenti. Questo cambiamento di rotta ha comportato un significativo rafforzamento della presenza militare della NATO lungo i fianchi settentrionale e orientale dell'Alleanza, con l'obiettivo di scoraggiare eventuali ulteriori aggressioni russe e di rassicurare gli alleati più esposti. Va comunque ricordato un dato geografico che ha notevole valenza strategica: il Mar Nero è in sostanza un’area di collegamento naturale tra “fronte Est” e “fronte Sud”, la cui importanza è stata drammaticamente evidenziata proprio dalla crisi ucraina, anzitutto in termini di forniture alimentari sui mercati internazionali (e in particolare verso alcuni Paesi nordafricani) e di sicurezza della navigazione commerciale.
In ogni caso, l’innegabile nuovo spostamento di focus verso est rischia di andare a scapito dell'attenzione verso il fianco meridionale dell'Alleanza, ovvero verso le minacce alla sicurezza provenienti dal Nord Africa, dal Sahel e dal Medio Oriente. Infatti, il nuovo Concetto Strategico dedica meno spazio ai compiti di prevenzione e gestione delle crisi e di sicurezza cooperativa rispetto a quello del 2010, subordinandoli all'obiettivo primario della difesa collettiva contro la minaccia russa. Ciò potrebbe influire sulla capacità della NATO di affrontare in modo efficace le molteplici sfide che affliggono il Mediterraneo, dall'instabilità politica alla minaccia terroristica, passando per le pressioni migratorie e i cambiamenti climatici.
Gli attacchi terroristici senza precedenti di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023 hanno segnato un punto di svolta nella percezione della sicurezza nella regione mediterranea. L'attacco, che ha provocato la morte di oltre 1.200 tra cittadini israeliani e di varie altre nazionalità, è stato di una brutalità tale da scuotere nel profondo la società israeliana e minare la convinzione di poter garantire la sicurezza principalmente attraverso la forza militare. Nel frattempo, il rischio di un coinvolgimento di altri attori regionali come l'Iran e Hezbollah ha portato gli Stati Uniti a schierare due gruppi portaerei nella regione come deterrente, evidenziando la complessità e l'interconnessione delle dinamiche di sicurezza nell'area.
La guerra tra Hamas e Israele ha anche messo in luce le profonde divisioni all'interno della comunità internazionale riguardo al conflitto israelo-palestinese. Mentre alcuni attori hanno condannato fermamente le azioni di Israele (in particolare il prolungarsi delle operazioni militari con i loro “danni collaterali” per la popolazione civile di Gaza), altri hanno sottolineato il diritto di Israele di difendersi di fronte a un attacco di tale portata. Queste divergenze rischiano di complicare ulteriormente la situazione nel dopoguerra e la ricerca di una soluzione duratura. In questo contesto, diventa ancora più urgente per la NATO sviluppare un approccio attivo, nuovo e coerente verso la sicurezza nel Mediterraneo, che sia in grado di svolgere un ruolo di moderazione, equilibrio e di deterrenza.
Testimonia di questo difficile equilibrio (di fatto, un netto squilibrio) di priorità e missioni il testo del documento finale di Washington del 10 luglio scorso, che include praticamente 2 paragrafi sull’intero “fronte Sud” su 28 paragrafi complessivi. Nella logica e nel linguaggio ufficiale dell’Alleanza, le funzioni che riguardano più direttamente il Mediterraneo non sono oggi quelle della deterrenza e della difesa collettiva, bensì quelle della prevenzione e gestione delle crisi e della “sicurezza cooperativa”. Il Summit ha dato mandato al Segretario Generale di designare uno “Special Representative for the southern neighbourhood”, ma certo questo non può compensare la scarsa attenzione dedicata in termini dichiaratori a una regione molto vasta e a diretto contatto con i confini marittimi di quasi un terzo dei Paesi membri.
Le prospettive future
Nonostante la crescente complessità delle sfide che la NATO deve affrontare nel Mediterraneo, l'Alleanza ha continuato negli ultimi anni a impegnarsi con i paesi della regione attraverso il Dialogo Mediterraneo, che oggi comprende sette paesi (Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Mauritania, Marocco e Tunisia), evolvendo nel corso degli anni da un'iniziativa bilaterale a una multi-bilaterale che consente consultazioni politiche multilaterali e cooperazione regionale. Le misure di cooperazione pratica, definite in un programma di lavoro annuale che incorpora centinaia di attività bilaterali e multilaterali, mirano a rafforzare la fiducia attraverso attività in vari settori, dalla gestione delle crisi alle attività militari. Si tratta comunque di un’eredità preziosa, per quanto i suoi effetti pratici possano risultare elusivi.
Inoltre, la NATO ha intensificato gli sforzi di diplomazia pubblica congiunta con i partner del Dialogo Mediterraneo per spiegare i benefici reciproci del partenariato e correggere le percezioni errate sull'Alleanza nella regione. Questi sforzi sono cruciali per coinvolgere un'ampia gamma di gruppi target nei paesi del Dialogo, ponendo l'accento sul dibattito e sulla discussione faccia a faccia piuttosto che sulla comunicazione unidirezionale. Tuttavia, nonostante i progressi compiuti, le ambivalenze dei paesi del Dialogo, legate a preoccupazioni di lunga data come il conflitto arabo-israeliano e le frizioni nelle relazioni nord-sud, continuano a influenzare la forma e le prospettive dell'iniziativa.
Per rimanere rilevante, la NATO dovrà sviluppare un approccio che integri (piuttosto che separare) deterrenza e difesa, prevenzione e gestione delle crisi, e sicurezza cooperativa. Ciò richiederà un maggiore coordinamento con altri attori regionali e internazionali, in particolare l'Unione Europea (come del resto sottolineato nel documento finale di Washington in termini di “partnership strategica”), che sta assumendo faticosamente un ruolo più attivo nel Mediterraneo “allargato” – si veda in particolare la Missione Aspides. Sarà inoltre fondamentale rafforzare i partenariati esistenti, come il Dialogo Mediterraneo, e coinvolgere in modo più sistematico la società civile e le comunità locali. Solo attraverso un tale approccio multidimensionale e inclusivo la NATO potrà contribuire efficacemente alla pace e alla stabilità in questa regione cruciale per la sicurezza euro-atlantica.
Allo stesso tempo, l'Alleanza dovrà trovare un equilibrio tra le sue priorità a est e a sud: in effetti, i due quadranti geostrategici si saldano praticamente nei Balcani occidentali e nel Mar Nero, configurando un lungo arco di potenziale instabilità e insicurezza. Anche alcuni strumenti rispetto ai quali l’Alleanza ha ormai grande esperienza e sui cui continua ad investire, come le operazioni navali complesse e la cyber-difesa, saranno centrali nel gestire i rischi e le opportunità verso Sud.
La NATO dovrà quindi allocare risorse adeguate alle sue iniziative meridionali, sia in termini di capacità militari che di strumenti di soft power. Ciò potrebbe includere un maggiore sostegno ai paesi partner per la riforma del settore della sicurezza, la lotta al terrorismo e il contrasto alla criminalità organizzata. In definitiva, la chiave per il successo della NATO nel Mediterraneo sarà la sua capacità di adattarsi, e assumere un ruolo multiforme e si connessione con altre istituzioni e realtà regionali.
Fonti e documenti
The Future of NATO's Mediterranean Initiative: Evolution and Next Steps - RAND Corporation monograph (2000)
NATO elevates Mediterranean Dialogue to a genuine partnership, launches Istanbul Cooperation Initiative - NATO press release (2004)
NATO's Mediterranean Dialogue - Official NATO topic page (current)
The Future of NATO's Mediterranean Dialogue - German Marshall Fund study (2018)
NATO's Mediterranean Dialogue: Prospects and Policy Recommendations - U.S. Naval Postgraduate School thesis (2003)
NATO's Strategic Concept: Implications for Greece and Türkiye - Security and Defence Quarterly article (2023)
NATO and the Mediterranean - IEMed Mediterranean Yearbook article (2019)
NATO's Role in the Mediterranean and Broader Middle East Region - Chapter in Globalization and Environmental Challenges book (2008)
NATO and the Mediterranean Security Agenda - NATO Parliamentary Assembly report (2021)