Il Milite ignoto a cento anni dalla collocazione nell'Altare della Patria
Analisi & Ricerche
di Cristiano Cardinali
Genesi normativa del riconoscimento degli onori perpetui al Soldato sconosciuto e della sua collocazione presso il Vittoriano
Il Presidente della Repubblica, on.le Sergio Mattarella, nell’ultimo discorso di fine anno[1] ha voluto ricordare quattro anniversari importanti: i settecento anni dalla morte di Dante, il centosessantesimo anniversario dall’unità di Italia, il settantacinquesimo anniversario della Repubblica Italiana ed il centenario della collocazione del Milite Ignoto nell’Altare della Patria sul quale vorremmo soffermarci.
Tali anniversari, ha aggiunto il Presidente della Repubblica, sono “tappe della nostra storia, anniversari che raccontano il cammino che ci ha condotto ad una unità che non è soltanto di territorio. […] Memoria e consapevolezza della nostra identità nazionale ci aiutano per costruire il futuro”.
Il breve ragionamento su tale ricorrenza vuole muovere dall’analisi dei vari attori che, 100 anni or sono, diedero corpo all’idea di celebrare il “Soldato sconosciuto”, iniziando però da alcuni dati numerici: 650.000 militari caduti[2], per una popolazione italiana che, tra il 1915 ed il 1918, non superava i 39 milioni di abitanti. Non vi era pressoché famiglia italiana che non avesse pianto un caduto nei campi di battaglia della Prima guerra mondiale.
Un colonnello di artiglieria del Regio Esercito, Giulio Douhet[3], ebbe l’intuizione di voler celebrare il Soldato italiano caduto al fronte.
Per la verità il colonnello Douhet, tra i primi in Europa, all’interno del suo settimanale “Il dovere”[4], aveva più volte agitato, dal 1919, l’idea di voler assegnare un posto d’onore al Soldato italiano che aveva dato prova di un coraggio, di una tenacia di uno spirito di abnegazione non secondo a nessuno.
Una traccia di tale idea la si reperisce anche a pagina 2 del Corriere della Sera del 4 novembre 1920 nella quale viene riportata la seguente lettera: “Signor Direttore la Società dei reduci dalle Patrie Battaglie Giuseppe Garibaldi, con la quale si è fusa l’Unione Nazionale Ufficiali e Soldati nella sua assemblea generale del 17 luglio anno corrente, approvava la seguente proposta del suo socio Colonnello Dohuet: Che la salma di un soldato italiano che non si sia riusciti ad identificare, rimasto ucciso sul nostro fronte, venga solennemente trasportata a Roma e collocata al Pantheon, simbolo della grandezza di tutti i soldati d’Italia, segno della riconoscenza dell’Italia verso i suoi figli, altare del sacro culto della Patria” [5].
Tale desiderio non incontrò il favore del sovrano, Vittorio Emanuele III, che voleva riservare il Pantheon ai soli Savoia.
Un periodo di forti tensioni stava attraversando il Paese. Ai soldati tornati dal fronte venne concesso il diritto di cittadinanza più importante: il suffragio universale maschile. Non vennero soddisfatte numerose istanze sociali, i grandi partiti di massa mobilitarono i coloni ed operai, seguì lo squadrismo...
Altre nazioni, come la Francia ed il Regno Unito, l’11 novembre 1920, avevano già attuato l’idea di erigere un monumento al soldato ignoto nella giornata della “loro” vittoria.
Sulla scorta dell’intuizione del colonnello Dohuet e delle predette esperienze alleate, il Presidente del Consiglio Giolitti[6] tentò la composizione delle palesi fratture che emergevano nel tessuto sociale riconoscendo il massimo onore a un simbolo nel quale tutti gli italiani, indistintamente, avrebbero potuto scorgere una persona cara.
Pertanto, alla Camera dei Deputati, il ministro della Guerra Giulio Rodino’[7], di concerto col predetto Presidente del Consiglio e del ministro del Tesoro Ivanoe Bonomi[8], presentò, il 20 giugno 1921, il disegno di Legge n. 202, intitolato “Onoranze al soldato ignoto”. Il ministro Rodinò presentando il disegno di legge in questione disse: “ E’ una moltitudine anonima di prodi che non hanno lasciato alle famiglie, tuttora tormentate dai dubbi più angosciosi, il dolce e mesto conforto di poter custodire le loro gloriose spoglie. Sono legioni di umili eroi che la grande famiglia della Patria – alle cui fortune essi hanno fedelmente concorso col nobile sacrificio della vita – vuole rivendicare a sé, traducendo e riassumendo, nel suo sentimento e nella sua volontà, la volontà e il sentimento di migliaia di madri, spose e sorelle doloranti: vuole rivendicare a sé, perché sono i suoi figli prediletti, i suoi poveri figli sperduti – due volte colpiti dal destino – aspettanti invano che la tremula mano materna versi su di loro freschi petali votivi, irrorati di pianto; vuole rivendicare a sè per tributare alla loro memoria un solo vibrante commosso omaggio di gratitudine, di affetto e di devozione. Ma benché non individuata da nessun nome, una qualsiasi di quelle salme, scelta a caso fra quella muta e inerte folla ignota, ha la virtù di un simbolo e di un monito; perché rappresenta da sola, l’eroismo del soldato italiano che con la propria morte, con la soppressione della propria individualità, ha contribuito ad assicurare la vita ed il prestigio della Patria, ad imporre il nome di essa al rispetto ed all’ammirazione del mondo; perché ammonisce, infine che l’essere stato italiano e caduto per l’Italia è titolo bastevole per i supremi onori e la sempiterna venerazione, all’infuori di ogni altro segno identificatore […] Vi proponiamo perciò che in Roma sia data solenne sepoltura, per opera dello Stato, alla salma non identificata di un soldato caduto in combattimento per la Patria.”
L’articolo 1 del disegno di legge in questione disponeva che “alla salma non riconosciuta di un soldato caduto in combattimento per la Patria sarà data, a cura dello stato, solenne sepoltura in Roma”.
Il relatore della commissione dell’Esercito e della Marina Militare, deputato Cesare de Vecchi[9], nella seduta del 28 luglio 1921, riprendendo le ragioni che avevano condotto il ministro Rodinò a presentare il disegno di legge in questione, colse l’occasione per sottolineare il tangibile riconoscimento di altri Paesi alleati che avevano già tributato al soldato sconosciuto affermando che “…altri popoli vittoriosi raccolsero il nostro pensiero e lo misero in atto prima di noi…”. L’articolo 1 licenziato dalla Commissione Esercito e Marina della Camera dei Deputati incasellava la solenne cerimonia in una data precisa, il 4 novembre del 1921, nel giorno del terzo “compleanno” della vittoria, il soldato onorato sarebbe stato quello caduto nella guerra del 1915-1918 e la sua collocazione definitiva sarebbe stata ricavata all’interno dell’Altare della Patria.
E venne il giorno della discussione alla Camera dei Deputati: era il 4 agosto 1921.
Nel frattempo il Governo di Giolitti era caduto[10] ed era divenuto Presidente del Consiglio il socialista Ivanoe Bonomi; l’avvocato Luigi Gasparotto[11] era succeduto all’avvocato Giulio Rodinò al dicastero della Guerra.
Gasparotto, aveva partecipato alla Prima guerra mondiale, nonostante fosse stato esentato dal prestare servizio perché parlamentare; rinunciò alla dispensa e vestì i gradi da sottotenente, presso il 154° reggimento di fanteria Novara. La sera prima dell’attacco per la conquista di Oslavia[12] gli venne chiesto di allontanarsi dal campo di battaglia per partecipare a lavori parlamentari. Preferì rimanere con i propri soldati, riservandosi di raggiungere Roma dopo l’attacco. Unico ufficiale sopravvissuto a quell’operazione, venne decorato con la Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Ebbene, il ministro della Guerra Gasparotto, all’apertura dei lavori per la discussione del disegno di legge “Sepoltura della salma di un soldato ignoto”, si fece dare subito la parola e pronunciò il seguente invito: “Su questo disegno di legge si sono inscritti a parlare oratori di vari gruppi della camera. Anche obbedendo al desiderio espresso da molti colleghi, faccio viva la preghiera agli inscritti di voler rinunziare a parlare […]. Perché credo che nulla sia più significativo e degno che la legge destinata a rendere onore di pianto e di gloria al soldato ignoto, e per lui al popolo italiano, sia approvata in austero silenzio, senza abuso di parole, che, per quanto alte, sarebbero impari alla grandezza del sacrificio compiuto […]”[13]. Tutti rinunciarono a prendere la parola.
Il disegno di legge di cui allo “stampato 202 – A” verrà votato a scrutinio segreto nella seduta del 5 agosto 1921: riceverà 199 voti favorevoli e 35 contrari[14].
Il 10 agosto 1921 il disegno di legge licenziato dalla Camera assume in Senato il numero 163. Il Presidente del Senato fa leggere al segretario onorevole Pellerano il disegno di legge e, subito dopo, il Senatore Armando Diaz[15] chiede la parola e pronuncia il seguente intervento: “E’ la prima volta che ho l’onore di prendere la parola in Senato, e nessun argomento mi sembra più nobile e più elevato di quello di cui tratta il progetto di legge per le onoranze al soldato ignoto. Chi ha avuto l’onore di sentire l’anima ed il cuore strettamente uniti a quelli di quanti hanno nobilmente compiuto il proprio dovere sul campo, ha anche il dovere di prendere la parola in quest’Alto Consesso per fare omaggio a chi è caduto sul campo dell’onore per la grandezza e la fortuna d’Italia. Il simbolo che l’oscura salma, scelta con avvedute modalità e con speciali cure, ogni madre dolorante deve poter avere l’illusione purissima che quello sia il corpo del proprio figliuolo. (Approvazioni). Ogni figlio deve potersi prostrarsi sull’Altare della Patria, ritenendo che è lì il corpo del padre. E noi che nella guerra abbiamo portate tutte le idealità del nostro paese, non possiamo non elevare un inno a questo progetto di legge che santifica la Patria nel più umile dei suoi figli; noi non possiamo non vedere con animo riconoscente le onoranze che in tutto il percorso che questa salma trascorrerà saranno rese dalle popolazioni, le quali dovranno inginocchiarsi e dire: <<Tu la patria hai salvato, tu la patria hai compiuto>>. (Approvazioni). Ed è sul monumento al padre della Patria che questa salma deve trovare il suo eterno riposo e consacrare tutta la forza dei nostri ricordi e della nostra fede! Ora il progetto di legge che a tanta idealità s’ispira, non può che raccogliere l’unanimità del Senato; ed io con animo commosso, con animo fiero di essere stato compagno di quei caduti, dico al Senato che nulla di più bello potrà esservi dell’unanimità del voto. (Bravo, bene; vive approvazioni). In questa seduta alle onoranze al soldato ignoto, un altro progetto di legge vi è, che riguarda il trasporto gratuito delle salme dei caduti in guerra; ed un altro ne è stato presentato per i mutilati ed invalidi di guerra, riguardante la loro occupazione negli impieghi.
Io mi permetto, benché inesperto del regolamento del Senato di raccoglierli tutti in un sentimento solo e di raccomandare a questo Alto Consesso di volere, nel suo nobile senso di idealità, accogliere tutte queste proposte con fierezza e riconoscenza, perché in tutti questi provvedimenti è la Patria che noi onoriamo.
(Vivissimi e prolungati applausi. Il Presidente, i Senatori ed i Ministri si alzano applaudendo ed acclamando all’esercito; molti senatori vanno a congratularsi con l’oratore).”[16]
Era il 10 agosto 1921.
Il disegno di legge di cui allo “stampato n. 163” del Senato del Regno viene approvato all’unanimità con vivissimi e prolungati applausi: 139 voti favorevoli su 139 presenti. Tale legge verrà associata al n. 1075 dell’11 agosto 1921.
In questo grande quadro che andava componendosi sulla scorta dell’immane sacrificio dei soldati italiani vi erano questioni non indifferenti alle quali occorreva dare urgenti risposte. La prima era rappresentata dalla scelta del punto preciso dall’Altare della Patria ove collocare i resti del “soldato sconosciuto”. In un articolo del Corriere della Sera del 17 agosto 1921, dal titolo “Dove sarà sepolto il Milite Ignoto”, si riporta il fatto che il Senatore Fradeletto[17] aveva presentato una relazione al Governo con la proposta di collocazione della salma sul piazzale inferiore del Monumento e precisamente nel plinto dell’altare della Patria, sotto la statua di Roma. Sulla pietra sarebbero state scolpite due sole parole: “Ignoto Militi”.
In un successivo articolo del Corriere della Sera del 20 agosto 1921, si riportano alcune affermazioni del Senatore Fradeletto secondo cui “ la tomba dell’oscuro soldato […] personificazione senza nome della virtù popolare, deve essere immediatamente in vista, illuminata dal sole di Roma, a perenne contatto col popolo…”.
La legge sulle onoranze del soldato ignoto era stata approvata, il luogo della collocazione del feretro era stato individuato. Occorreva ricercarne i suoi resti.
Pertanto il ministro della Guerra Gasparotto affidò al tenente generale M.O.V.M. Giuseppe Paolini[18] l’onore di presiedere la Commissione per la individuazione dei resti mortali di quello che sarebbe diventato il “Milite Ignoto”; pertanto il Generale Paolini ed il sindaco di Udine scelsero ex combattenti in rappresentanza di tutte le categorie di personale (ufficiali, sottufficiali, graduati e soldati)[19].
La Commissione, presieduta dal Generale Paolini, venne formata dal Colonnello Vincenzo Paladini, dal tenente Augusto Tognasso, dal sergente Ivanoe Vaccarini, dal Caporal maggiore Giuseppe Sartori e dal soldato Massimo Moro, coadiuvata altresì dall’ufficiale medico, maggiore Nicola Fabrizi e dal cappellano militare Don Pietro Nani.
Quel gruppo di uomini eletti adottò ogni accorgimento affinché non fosse possibile individuare la provenienza “territoriale” del Caduto prescelto e neppure il reparto o la stessa forza armata di appartenenza. L’unico requisito assunto come inderogabile fu quello della sua italianità.
La ricerca del Milite Ignoto, intrapresa dal 3 ottobre 1921, venne condotta su 11 campi di battaglia (San Michele, Gorizia, Monfalcone, Cadore, Alto Isonzo, Asiago, Tonale, Monte Grappa, Montello, Pasubio, Caposile) sui quali avevano combattuto i soldati del Regio Esercito, compresi anche quelli della sua componente aerea, ed i fanti di Marina. Vennero scelte undici salme, non identificabili, che vennero traslate il 27 ottobre del 1921 nella cattedrale di Aquileia.
Quella dolorosa scelta venne affidata a Maria Maddalena Bergamas, già madre di Antonio[20], un Sottotenente caduto in combattimento, i cui resti non furono mai recuperati. Il gesto di quella mamma consentì a tutti gli italiani di identificare una persona cara in quel militare sconosciuto. Ciò avvenne, infatti, sin dal passaggio del treno speciale che lo trasportò da Aquileia a Roma e poi, il 4 novembre 1921, alle ore 10,36, nel momento della sua solenne tumulazione presso il sacello dell’Altare della Patria, al Vittoriano.
Durante la fase finale di quello storico viaggio, i decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare, che già avevano ricevuto il privilegio di svolgere la stessa funzione nel tragitto dalla Basilica alla stazione ferroviaria di Aquileia, eseguirono nuovamente, a Roma, la scorta d’onore al feretro, trasportato su un affusto di cannone, dalla Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri alla base del Vittoriano e quindi ne effettuarono il trasporto, a spalla, lungo la scalea, sino alla sua deposizione nel sacello, ove il Caduto - anch’Egli, nel frattempo, decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare. Questa è la sua motivazione: “Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz'altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della Patria. 24 maggio 1915 – 4 novembre 1918” (R.D. 1° novembre 1921).
Un articolo di stampa cristallizza gli attimi immediatamente precedenti alla tumulazione del feretro ai piedi della Dea Roma: “ […] viene presentata al Re la medaglia d’oro da lui conferita al più grande soldato d’Italia. Il Re la bacia, poi la consegna al ministro della Guerra che, ad un cenno del Sovrano, la pone sul feretro, fermandola con un artistico martello d’oro fornito dalla consorte di un eroico caduto. Poscia sul feretro viene deposto da un combattente l’elmetto del fante. […] Il caso vuole che la luce del giorno sfolgori più intensa in questo momento di commiato. Il sole che non si era mai mostrato nella mattinata fra le nubi minacciose, fende il grigiore ed accentua il vermiglio dei garibaldini, le tinte di tutte le divise, il tricolore delle bandiere, fa brillare il candore marmoreo della mole monumentale, indora i palazzi e i templi […]”[21].
Per la prima volta nella storia italiana, con l’omaggio al Milite Ignoto, si è celebrato il Soldato sconosciuto e non il condottiero vittorioso. Per la verità, il Milite Ignoto non servì solo a ricordare i caduti senza nome e i dispersi, aiutò anche tutte le famiglie italiane ad elaborare il lutto che la guerra aveva portato nelle loro case.
Nel corso del tempo, per effetto di un inarrestabile quanto naturale processo di sublimazione, il concetto semantico legato al “Milite Ignoto” è andato dilatandosi ricomprendendo dapprima tutti i caduti nella prima guerra mondiale e, successivamente, tutti i caduti nelle guerre e, infine, tutti i caduti per l’Italia. L’astrattezza del Milite, il non aver un nome e cognome, ma essere semplicemente italiano, gli ha consentito di assumere oggi significati dai contorni parzialmente diversi da quelli che la collettività italiana gli aveva riconosciuto nel 1921. Senza dubbio il Milite Ignoto rappresenta, da un lato, un chiaro monito di pace e, al contempo, un messaggio di tenacia, coraggio e solidarietà che, all’attualità, molti ravvisano anche in chi sta affrontando, “in prima linea”, l’offesa pandemica alla quale stiamo reagendo. Infatti la figura del Milite Ignoto esercita tutt’oggi una forza connettiva che conferisce fiducia e orientamento al nostro aggregato sociale: non aiuta solo a ricostruire tasselli della nostra storia passata, ma fornisce degli elementi per leggere il presente e per organizzare il futuro[22].
Si consenta un’ulteriore riflessione: il Milite Ignoto non continua a vivere nel ricordo dei posteri, come se si trattasse di una prosecuzione quasi naturale, autonoma, dell’esistenza; in realtà celebrare il Milite Ignoto rappresenta un atto intenzionale di “rianimazione” che il defunto deve alla ferma volontà del gruppo che non vuole abbandonarlo al dissolvimento e lo trattiene, invece, come membro della comunità con l’aiuto del ricordo, portandolo con sé nel progredire del presente[23]. E’ pur vero che è sempre e solo il singolo ad avere memoria, ma la memoria è influenzata dalla collettività: noi non ricordiamo solo ciò che veniamo a sapere degli altri, ma anche ciò che gli altri ci raccontano e ciò che di essi ci viene attestato e rispecchiato come significativo.
Per tali motivi il Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare, nel tentativo di rilanciare la stringente attualità del messaggio del Milite Ignoto, ha voluto intraprendere, sin dal 2019, unitamente all’ANCI nazionale[24], un progetto dal titolo “Milite Ignoto, Cittadino d’Italia” volto a fargli conferire la cittadinanza onoraria da parte dei 7903 comuni italiani in occasione del centenario (4 novembre 1921 - 4 novembre 2021) della sua tumulazione nell’Altare della Patria. L’idea del conferimento della cittadinanza onoraria al Milite Ignoto da parte di ciascun Comune d’Italia è strettamente connessa all’auspicio che tale attività di riconoscimento del valore muova da un’autentica riflessione plurale, democratica, demandata alla massima espressione di ciascun Comune italiano: il Consiglio Comunale. Infatti ciascun consesso municipale, per l’occasione, sarà chiamato a discutere del sacrificio estremo del Milite Ignoto del quale non si vuole e non si tollererà alcuna ripetizione stante il ripudio della guerra come strumento di risoluzione alle controversie internazionali, previsto dall’art.11 della Costituzione. Per tale via il messaggio di unità e di pace del Milite Ignoto tornerà a circolare in ogni Comune, proprio nel momento in cui l’Italia necessita di vaccini per il corpo ma anche di medicine per l’anima.
[1] Reperibile al seguente link:
, al minuto 11.10.
[2] Si osservi che il numero dei caduti italiani, militari e civili, della seconda guerra mondiale, si attesta su 510.000 unità di cui 360.000 militari fonte: Lopez J., Aubin N., Bernard V., Guillerat N., Infografica della seconda guerra mondiale, L’Ippocampo, Milano, 2019, pagg. 146, 149.
[3] Giulio Douhet nasce a Caserta il 30 maggio 1869 e muore a Roma il 15 febbraio 1930. Ufficiale di artiglieria poi di Stato maggiore, comandò, tra il 1912 ed il 1915 il primo battaglione aviatori costituito in Italia. Nel 1915 divenne Capo di stato maggiore della quinta divisione; nel 1917 scrisse due memoriali sulla condotta della guerra in atto. In aperto contrasto con il comando supremo lasciò il servizio attivo Il suo pensiero militare è sintetizzato ne Il dominio dell’aria (Roma 1921) in cui propugnò la necessità di un’armata aerea potente, libera da legami organici con le aviazioni ausiliarie per l’esercito e la per la Marina. La formula fondamentale del Douhet è: resistere sulla terra, far massa offensiva nell’aria. E’ tra i primi a pensare all’unificazione dei ministeri delle forze armate, voce Giulio Douhet in Enciclopedia Italiana Appendice I, Roma, 1938, pag. 527 e voce Strategia in Appendice II2, Roma, 1949, pag. 916 .
[4] Il settimanale “Il Dovere”, edito, diretto e in buona parte da lui scritto dal marzo 1919 al dicembre 1921, per un totale di 75 numeri di quattro pagine formato quotidiano. Il giornale portava avanti un'intransigente rivendicazione della guerra e della vittoria, con un'energica polemica verso governo e alti comandi e una difesa talora corporativa degli ufficiali effettivi "silurati" durante il conflitto; in campo politico sosteneva posizioni nazionaliste senza identificarsi con forze politiche organizzate, viste sempre con malcelata diffidenza. Significativa la proposta lanciata nell'agosto 1920 [17 luglio del 1920 n.d.r.] di erigere nel Pantheon romano una tomba al "soldato ignoto", simbolo della grande vittoria ottenuta malgrado i limiti dei dirigenti politici e militari: una proposta che altri avrebbero realizzato con l'erezione della tomba del "milite ignoto", lasciandone cadere gli spunti polemici. Il Dovere inoltre difendeva attivamente il ruolo dell'aeronautica nazionale contro il ridimensionamento in atto nel dopoguerra; e lasciava spazio alle aspirazioni letterarie del D., che vi pubblicò sceneggiature cinematografiche interessanti soprattutto come testimonianza della sua sensibilità ai nuovi strumenti di comunicazione di massa. In sostanza il giornale (che ebbe una discreta eco e diffusione negli ambienti militari) rifletteva la complessa personalità del suo direttore, che in una visione generale fortemente conservatrice inseriva aperture di straordinaria attualità e modernità”, in https://www.treccani.it/enciclopedia/giulio-douhet_%28Dizionario-Biografico%29/.
[5] Corriere della Sera, 4 novembre 1920, pag. 2,“ L’idea italiana della sepoltura di un soldato ignoto al Pantheon”.
[6] Giolitti, Giovanni. - Uomo politico e statista italiano (Mondovì 1842 - Cavour 1928). Segretario generale della Corte dei Conti e poi Consigliere di stato, fu deputato (1882, 1924), ministro del Tesoro (1889-90) e degli Interni (1901-03), presidente del Consiglio (1892-93, a più riprese fino al 1914, 1920-21). Considerato uno tra i maggiori protagonisti della storia unitaria italiana, G. ha dominato la scena politica nel primo quindicennio del Novecento, periodo che è stato definito "età giolittiana", dando un'impronta liberale alle linee di governo, specie rispetto ai conflitti dei lavoratori in https://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-giolitti.
[7] Rodinò, Giulio. - (Napoli 1871 - ivi 1946). Esponente del movimento cattolico napoletano e deputato dal 1913, fu tra i fondatori del Partito popolare italiano (1919). Ricoprì le cariche di vicepresidente della Camera (1919-21; 1924-26), di ministro della Guerra (1920-21) e della Giustizia (1921-22). Dichiarato decaduto dal mandato parlamentare nel nov. 1926 dopo aver partecipato all'opposizione aventiniana, R. tornò alla vita politica alla caduta del fascismo, nelle file della Democrazia cristiana. Fu ministro senza portafoglio (aprile-giugno 1944) e vicepresidente del Consiglio nel governo Bonomi (dic. 1944 - giugno 1945) in https://www.treccani.it/enciclopedia/giulio-rodino/.
[8] Bonòmi, Ivanoe. - Uomo politico italiano (Mantova 1873 - Roma 1952). Tra i fondatori del Partito socialista riformista (1912), ricoprì numerosi incarichi di governo, ma con l'avvento del fascismo si ritirò dalla vita politica. Vi tornò dopo la liberazione di Roma, divenendo una delle figure chiave della prima età repubblicana in https://www.treccani.it/enciclopedia/ivanoe-bonomi/.
[9] De Vecchi, Cesare Maria Politico (Casale Monferrato 1884-Roma 1959). Tra i promotori del fascismo piemontese, fu uno dei quadrumviri della marcia su Roma; nel fascismo rappresentò la corrente più filomonarchica. Fu governatore della Somalia (1923-28) e delle isole dell’Egeo (1936-40). Dal 1929 al 1935 fu ambasciatore presso la Santa Sede e nel 1935-36 ministro dell’Educazione nazionale. Fu condannato a morte in contumacia dal tribunale fascista a Verona (1944) per aver votato l’ordine del giorno Grandi nella seduta del Gran consiglio del fascismo del 1943, in https://www.treccani.it/enciclopedia/de-vecchi-cesare-maria_%28Dizionario-di-Storia%29/.
[10] Saitta A., Il cammino umano, Calderini, Bologna, 1986, pag. 380, secondo cui: “[…] La crisi era ormai all’ultimo atto. Il 1° luglio 1921, Giolitti, bersaglio degli attacchi dei nazionalisti per la politica estera di Sforza, giudicata rinunciataria, e premuto dai popolari, attraverso i quali si manifestava l’opposizione del vaticano alla legge sulla nominatività dei titoli, voluta dal Giolitti stesso, rassegnò le dimissioni e lasciò il potere ad Ivanoe Bonomi (luglio 1921 – febbraio 1922).”
[11] Gasparòtto, Luigi. - (Sacile 1873 - Cantello 1954). Avvocato, deputato (1913-29), volontario e pluridecorato della prima guerra mondiale, fu vicepresidente della Camera (1921) e ministro della Guerra nel gabinetto Bonomi (1921-22). Antifascista, riparò in Svizzera dopo l'8 sett. 1943, ma alla Resistenza pagò il suo tributo di sangue: il figlio Poldo, comandante delle formazioni partigiane lombarde GL, venne ucciso (21 giugno 1944) dai nazifascisti nel campo di Fossoli, presso Carpi. Nel dopoguerra fu ministro dell'Aeronautica nel secondo gabinetto Bonomi (1945), ministro dell'Assistenza postbellica nel primo gabinetto De Gasperi (1945-46) e della Difesa nel terzo (1947). Consultore nazionale e deputato alla Costituente per il Partito della democrazia del lavoro, fu (1948-53) senatore di diritto, in https://www.treccani.it/enciclopedia/luigi-gasparotto.
[12] Paese sulla sponda destra dell’Isonzo, di fronte Gorizia. Fino dall'inizio della guerra del 1915-18 gli Austriaci avevano fatto delle vicine alture omonime un caposaldo della difesa della testa di ponte goriziana, e tenacemente le contesero alle truppe italiane, nei primi due anni di guerra, fino all'agosto 1916. Teatro di numerosi e sanguinosissimi combattimenti durante le prime quattro battaglie dell'Isonzo, Oslavia e le alture vicine furono espugnate dalla 4a e dall'11a divisione italiane, il 27 novembre 1915. La notte sul 15 gennaio 1916, gli Austriaci, con un formidabile sforzo, riuscivano a rimettervi piede. Scacciatine da un contrattacco delle fanterie italiane, gli Austriaci se ne rimpossessavano stabilmente dieci giorni dopo. Nei giorni 6 e 7 agosto dello stesso anno, dopo la caduta del M. Sabotino, anche i ruderi di Oslavia e tutte le alture della testa di ponte venivano espugnate dalla 24a divisione italiana, rendendo così possibile la conquista di Gorizia, in https://www.treccani.it/enciclopedia/oslavia_%28Enciclopedia-Italiana%29/.
[13] Camera dei Deputati, Atti Parlamentari, Legislatura XXVI, 1a sessione – discussioni – 1a tornata di giovedì 4 agosto 1921, pag. 1260.
[14] Camera dei Deputati, Atti Parlamentari, Legislatura XXVI, 1a sessione – discussioni – 2a tornata di venerdì 5 agosto 1921, pag. 1442
[15] Dìaz, Armando. - Maresciallo d'Italia (Napoli 1861 - Roma 1928); nel 1912 durante la guerra libica, comandante di un reggimento, si distinse a Zanzur; rimpatriato, fu segretario del gen. A. Pollio, capo di S. M. dell'esercito, e tale rimase con L. Cadorna dopo la morte del Pollio (1914). Scoppiata la prima guerra mondiale, fu capo del reparto operazioni presso il comando supremo. Nel 1917 diresse con perizia il 33º corpo d'armata sul Carso; l'8 nov. 1917, dopo la battaglia di Caporetto e il ripiegamento italiano, sostituì il Cadorna nell'ufficio di capo di S. M. e superò con successo la prima e più critica fase, quella della stabilizzazione, sulla linea Grappa-Piave. Seppe rinsaldare l'esercito che poté prima affrontare vittoriosamente l'urto offensivo austriaco nel giugno 1918 e quindi dar vita all'offensiva finale italiana del 24 ott.-3 nov. 1918. Senatore dal febbr. 1918, collare dell'Annunziata il 4 nov. dello stesso anno, socio onorario dei Lincei il 9 marzo 1919, duca della Vittoria nel dicembre 1921, ministro della Guerra nel primo gabinetto Mussolini (dal 1922 al 1924), maresciallo d'Italia nel 1924, in https://www.treccani.it/enciclopedia/armando-diaz.
[16] Senato del Regno, Atti parlamentari, Legislatura XXVI, 1a sessione – discussioni – tornata del 10 agosto 1921, pag. 595.
[17] Fradelétto, Antonio. - Scrittore e uomo politico italiano (Venezia 1858 - Roma 1930). Critico teatrale, conferenziere e oratore famoso, promotore e segretario generale della Biennale d'arte di Venezia, fu deputato dal 1900 al 1919, ministro per le terre liberate nel gabinetto Orlando (1919) e senatore dal 1920, in https://www.treccani.it/enciclopedia/antonio-fradeletto.
[18] Carolei G., Il risorgimento italiano e la grande guerra. Le Medaglie d’Oro al Valor Militare 1915-1916, Gruppo Medaglie d’Oro al Valor Militare d’Italia, Roma, 2017, pag. 88. L’autore, riferendosi al generale Paolini, scrive:”… Alla dichiarazione di guerra del maggio 1915 si schierò in linea sul Basso Isonzo. Per la brillante azione del 25 luglio su M. Sei Busi ebbe il grado di maggio generale per merito di guerra. Alcuni mesi dopo, il 21 ottobre, al comando di una brigata speciale ebbe il compito di attaccare le fortissime posizioni a ridosso delle cave di Selz. Quattro volte ferito, rifiutò di allontanarsi dal combattimento e, calmo ed energico, pur nelle difficili condizioni animò le sue truppe dando ad esse l’esempio incitatore. Con moto proprio del sovrano del 27 ottobre 1915, gli fu concessa la M.O.V.M. con la seguente motivazione:<<Diresse con senno e coraggio, sotto violentissimo fuoco nemico, l’avanzata della propria brigata. Ferito ben quattro volte, non volle lasciare il campo di battaglia, finché non si fu assicurato dell’esecuzione degli ordini impartiti, mirabile esempio di cosciente ardimento.- Poggio di quota 65 a nord di Selz, 21 ottobre 1915>>[…]Nell’ottobre del 1917, per aver concorso all’ordinato ripiegamento al Piave della Terza Armata, fu decorato della M.A.V.M.”
[19] Cadeddu L., Alla ricerca del Milite Ignoto. Aquileia, Redipuglia, Altare della Patria, i luoghi della memoria e dell’identità italiana, Gaspari editore, Udine, 2018, pag. 55.
[20] Antonio Bergamas nasce a Gradisca il 19 ottobre 1891, ma vive la gran parte della sua esistenza a Trieste. Fervente mazziniano, disertore dell’esercito austriaco, appena avvertite le prime frizioni tra l’Italia e l’Austria, varca il confine e si arruola, sotto l’alias di Antonio Bontempelli, nel 137° reggimento fanteria della brigata Barletta. Muore il 18 giugno 1916, durante un attacco condotto contro ad una trincea austriaca sul Monte Cimone. I suoi resti vennero composti in un cimitero di fortuna nei pressi del campo di battaglia che, tuttavia, fu oggetto di un violento cannoneggiamento che rese impossibile la successiva identificazione delle salme che vi avevano trovato sepoltura.
[21] “Roma consacra alla gloria il Milite Ignoto. Ondata di entusiasmo e di commozione patriottica in tutta Italia. La tumulazione” in Corriere della Sera, 5 novembre 1921, prima pagina.
[22] Vansina J. , La tradizione orale. Saggio di metodologia storica, Officina Edizioni, Roma, 1976.
[23] Assmann J., La memoria culturale, Einaudi, Torino, 1997, pag. 9.
[24] Un particolare caloroso ringraziamento va indirizzato al Presidente nazionale dell’ANCI, l’Ing. Antonio Decaro, sindaco di Bari, e al Segretario generale di tale sodalizio, la D.ssa Veronica Nicotra.