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Il populismo come conseguenza della disintermediazione

ago 25, 2025
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Questo articolo fa parte della serie Società aperte e crisi della legittimazione democratica, che indaga le trasformazioni strutturali della democrazia liberale contemporanea. Il contributo si concentra sul tema della disintermediazione, ovvero la progressiva rimozione dei filtri tradizionali che un tempo regolavano il rapporto tra cittadini, istituzioni e comunicazione politica. In un ambiente dominato dai social media e dalla comunicazione diretta, leader populisti riescono a bypassare media professionali, partiti e corpi intermedi, instaurando un rapporto immediato e spesso polarizzante con il pubblico. Il testo analizza come questa dinamica favorisca la diffusione di messaggi semplici, emotivi e divisivi, rafforzando la retorica anti-istituzionale e riducendo lo spazio per il confronto argomentato. All’interno della serie, questo articolo contribuisce a comprendere perché, senza intermediari credibili e riconosciuti, le società aperte rischiano di perdere i presupposti della legittimazione democratica.

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L’ascesa globale dei movimenti populisti nell’ultimo decennio è spesso letta come reazione alle disuguaglianze o agli effetti della globalizzazione. Un altro fattore chiave, tuttavia, è di natura strutturale e comunicativa: la disintermediazione del discorso pubblico. Per disintermediazione si intende la rimozione o il declino dei tradizionali intermediari della vita politica – partiti, media professionali, corpi intermedi – nel collegare cittadini e potere. In una società dove ognuno può comunicare direttamente e dove i filtri istituzionali sono indeboliti, il populismo trova un terreno particolarmente fertile. Sembra quasi una conseguenza “logica”: se il dialogo tra governanti e governati non passa più attraverso mediazioni, allora prevale chi riesce a instaurare un contatto immediato e carismatico con le masse, rivendicando di parlare a nome del “popolo” contro le élite.

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