I paesi dell’ASEAN si trovano in una fase di transizione complessa: da beneficiari indiretti del decoupling sino-americano a potenziali destinatari di nuove pressioni protezionistiche. Fino al 2024, il Sud-Est asiatico ha tratto vantaggio dalla rilocalizzazione di parte delle filiere produttive globali, grazie alla sua posizione geografica, ai bassi costi di produzione e alla politica di neutralità tra le grandi potenze. Tuttavia, nel 2025 la situazione si è modificata radicalmente con l’annuncio da parte dell’ex presidente Trump, ricandidato alla Casa Bianca, di nuove tariffe superiori al 40% su prodotti provenienti non solo dalla Cina, ma anche da paesi come il Vietnam, la Thailandia e le Filippine. Queste misure, motivate ufficialmente con l’intento di contrastare pratiche commerciali sleali e il ri-export di merci cinesi via ASEAN, hanno compromesso il fragile equilibrio su cui si basava la posizione dell’Associazione. L’ASEAN, da spazio neutro e aperto alla competizione economica globale, rischia ora di essere trattata da Washington come anello secondario di una strategia di contenimento, sottoposta a misure punitive analoghe a quelle previste per la Cina.
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