In questi anni è stato commesso un errore non di poco conto. Si è pensato che social media e libertà di espressione fossero sinonimi, anzi che i “social” fossero la più grande possibilità data a tutti di esprimere liberamente le proprie opinioni, come mai era accaduto nella storia. Abbiamo così assistito non solo alla proliferazione di qualsiasi tipo di contenuto, ma anche ad istituzioni pubbliche di primissimo livello che facevano conferenza stampa su Facebook, o diffondevano comunicazioni politiche su Twitter; per non dire di come esponenti del mondo politico, economico, culturale hanno pensato di poter usare quelle piattaforme per costruire consenso, diffondere idee, informare e formare. Quello che è sfuggito è che quelle piattaforme sono nella migliore delle ipotesi (conviene sottolineare), nelle migliore delle ipotesi degli strumenti che servono (legittimamente) a massimizzare per gli azionisti le entrate delle inserzioni pubblicitarie. Ma ritorniamo al punto di partenza: perchè social media e libertà di espressione non sono sinonimi?
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