Le parole pronunciate da Biden in Polonia qualche giorno fa (“mio Dio, quest'uomo non può restare al potere”), a chi scrive sembrano parole di grande lungimiranza e niente affatto avventate. Mentre sembrano miopi le reazioni di quanti si sono affrettati a prendere le distanze del presidente americano.
La ragione è abbastanza semplice e ha a che fare con la necessità di evitare che un precedente si consolidi. Putin negli anni ha fatto scommesse puntando sempre più forte in un vero e proprio crescendo; ha corso rischi sempre maggiori e lo ha fatto perché si è convinto che farlo paga. Del resto, è una lezione che ha appreso sul campo dalla Siria alla Georgia, dalla Crimea alla Brexit. Ogni volta che ha messo in atto azioni politiche eversive non solo ha raggiunto il risultato che voleva ottenere, ma il prezzo che ha pagato è stato praticamente nullo.
Questo vuol dire che la lezione che deve ora apprendere dall’invasione dell’Ucraina deve essere di segno totalmente opposto rispetto a quella che ha appreso sinora, se si vuole evitare che di precedente in precedente si corroda tutto il sistema internazionale.
In nessun modo, dunque si può consentire che passi l’idea che con i carri armati si possano modificare i confini degli stati seguendo linee etno-linguistiche, vagheggiamenti storici e sogni imperiali. Significherebbe sfasciare l'ordine europeo, fare un balzo indietro al mondo prima della pace di Westfalia e riportare al centro della scontro politico la politica del sangue, della razza, in una parola il tribalismo.
Per questo, ed è qui la miopia dei critici di Biden, non può esserci pace in Europa finché c'è Putin al Cremlino e non può esserci pace nel mondo se la sua visione politica dovesse ottenere anche il più piccolo dei risultati: i cinesi sarebbero incentivati a inseguire il loro sogno imperiale; gli Indù a cercare una supremazia razziale e i fanatici di ogni religione a vagheggiare la fondazione di nuove città sacre sulle ceneri delle società aperte.
Questo vuol dire che forse ci troviamo di fronte all’occasione storica per rimediare agli errori di omissione che si sono commessi nel passato e impedire che si consolidi nel XXI secolo il precedente di modifiche territoriali imposte con le cannonate dei carri armati, con deportazioni forzate e referendum farsa. Un precedente che rischia di far collassare quell’ordine internazionale basato sulle norme, sui valori e sul consenso degli stati e dei cittadini che ne fanno parte e aprire di nuovo, a livello globale, il vaso di Pandora della politica di potenza. In conclusione, questo significa non consentire che un solo centimetro di terra ucraina venga strappato con la forza dai russi, il che vale sia per il Donbass che la Crimea.
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