di Marco Patriarca
Durante i primi quattro mesi della guerra russo-ucraina, scatenata da Putin in violazione del diritto internazionale e di tutti gli accordi intergovernativi, sono dovuti fuggire dall’ Ucraina quasi 6 milioni di cittadini. Solo a questo punto l’Unione Europea si è risvegliata dal letargo (While Europe slept avrebbe detto Churchill) e in accordo con gli Stati Uniti ha duramente sanzionato la Russia mentre ambedue hanno armano l’Ucraina per la sua difesa. Nel mentre la Germania si riarma, la NATO, data per morta, si allarga e si estende e, con Biden, a quanto sembra America is back.
A causa della guerra morti sono almeno 100 mila, i prezzi dell’energia sono saliti alle stelle, l’inflazione aumenta, il nord Africa è vicino a una carestia alimentare e i paesi baltici militarizzano i confini. E la Russia? Mai una cosiddetta “operazione militare speciale”, nella storia ha prodotto una tale catastrofe e una tale quantità di vittime innocenti e senza una ragione plausibile. È il prezzo che il mondo sta pagando per il fallimento della rivincita di Putin contro l’Occidente che, oltre ai suoi effetti sta facendo della Russia un stato fallito e inaffidabile. Nessuno sa come tutto ciò potrà evolversi nei prossimi mesi; frattanto però, al di là della propaganda, delle menzogne e delle faziosità dei talk show, è impossibile non continuare a riflettere su come tutto ciò sia potuto accadere, anche per comprendere il dolore immenso di milioni di ucraini le cui sofferenze, la loro paura e i loro morti quotidianamente cadono sotto i nostri occhi.
Povero Gorbaciov
Una volta dissoltasi l’Unione Sovietica, Boris Yeltsin, un fantasioso e abile ubriacone divenuto presidente della nuova Russia, riuscì subito a isolare Gorbaciov, la cui strategia social-democratica e riformista divenne impossibile. Malgrado la Russia fosse attraversata da una gravissima crisi economica, Yeltsin lasciò in mano a ex burocrati a lui vicini quasi l’intero patrimonio industriale nazionale. Obnubilato dall’ alcool aveva poi nominato l’ex KGB Vladimir Putin ai vertici delle Russia. Nelle nuove circostanze Putin ha subito offerto al mondo lo spettacolo che chiamare di liberismo selvaggio sarebbe un eufemismo, trattandosi di una rapina senza regole da parte di una cupola di cosiddetti oligarchi, ex funzionari dell’URSS suoi amici, che ha consentito la più colossale appropriazione privata di risorse pubbliche, appartenenti al popolo russo, che la storia ricordi. Il Politburo sovietico, a confronto a questi ladroni di stato, era un club di gentiluomini.
Il potere di Putin, infatti, non è lo stesso del vecchio Politburo ma quello di un dittatore. Le sue ambigue mire verso l’Ucraina si possono far risalire degli accordi d Budapest del 1994 grazie ai quali l’Ucraina, per ragioni tecniche e di sicurezza, ha ceduto il suo arsenale nucleare alla Russia in cambio della garanzia della propria integrità territoriale. E’ importante ricordare oggi che quegli accordi furono garantiti dal Regno Unito e dagli Stati Uniti a cui si aggiunsero poi la Francia e la Cina.
La prima mossa di Putin contro l’Ucraina fu l’ordine impartito al premier ucraino filorusso Viktor Yanukovich, poi cacciato dagli ucraini, di opporsi a un semplice accordo dell’Ucraina con l’Unione Europea. Poi, inaspettatamente l’esercito di Putin, benedetto dal poco cristiano Patriarca ortodosso Kirill, in violazione di tutti i trattati e tutte le convenzioni, senza una ragione plausibile ha scatenato la forza bruta del proprio esercito per bombardare senza pietà palazzi, ospedali, scuole teatri, centrali elettriche, reti idriche, uccidendo civili inermi, stuprando donne, saccheggiando le case, deportando minori e intere famiglie ucraine da russificare, ed ha scritto pagine vergognose per la storia della Russia contemporanea.
Davanti alla enormità degli eventi e alle atrocità che oggi avvengono è suonata l’ora della morte del diritto internazionale e delle convenzioni sui diritti umani divenuti carta straccia. Quanto agli accordi di Budapest, gli alti garanti anglo-americani di quegli accordi avrebbero dovuto agire, e semmai schierare proprie truppe, forse solo a titolo simbolico, per dare una risposta forte alle ambizioni di Putin, ma davanti alle minacce russe nulla è avvenuto. Quando Hitler invase la Polonia nel ‘ 39 l’Inghilterra dichiarò la guerra alla Germania quasi subito; oggi le parti sono invertite: non solo i garanti degli accordi internazionali sono rimasti inermi ma è stata la Russia a dichiarare guerra all’Europa.
L’invasione
Fra i paesi ex sovietici liberati, l’Ucraina aveva mantenuto la sua vocazione indipendentista fin dai tempi degli zar: era stata la patria prevalente di russi bianchi anti bolscevichi, poi affamata da Stalin, decimata a Stalingrado nel ’43 e fiera erede dell’ eroico dissidente Mykola Rudenko e del movimento ucraino Smoloskip degli anni ‘80 che lottava per l’applicazione degli accordi Helsinki del 1975.
Oggi l’Ucraina libera non è ancora un modello costituzionale compiuto ma è un paese con un governo democraticamente eletto, una popolazione cosmopolita, costituita da moldavi, russi, russi bianchi, polacchi ed ebrei ed è una società che guarda avanti. Per questo in questi anni è stata oggetto di importanti scambi culturali e di investimenti esteri, soprattutto della Turchia e degli Stati Uniti. L’Ucraina, inoltre, è ricca di materie prime e da anni rappresenta un granaio di rilevanza mondiale: un ghiotto boccone che Putin sperava di annettere alla sua Russia in perenne crisi.
Putin ha giustificato l’invasione sulla base di tre ragioni dimostratesi poi totalmente inconsistenti: i russofoni delle Ucraina, come si è poi dimostrato, non avevano, né hanno, alcuna intenzione dei essere “liberati”; i cosiddetti neo-nazisti ucraini, che sono appena il 2%, come si è visto, in politica come in guerra, non fanno i nazisti ma difendono coraggiosamente il loro paese; quanto all’ipotesi dell’Ucraina nella NATO tutti sanno che da anni è accantonata per esplicito desiderio di alcuni dei suoi membri. In tale contesto i russi che si sentono circondati dalla NATO sono riusciti a far dimenticare che tengono ben aperta nell’ exclave di Kaliningrad alle porte dell’Europa una postazione di 58 missili ipersonici che potrebbero raggiungere Berlino in pochi minuti.
Quale Russofobia?
Subito dopo l’invasione la pervasiva propaganda russa anti-occidentale è scattata ovunque, sostenendo che l’America stesse usando l’ Ucraina contro la Federazione russa. Molti commentatori europei infatti, soprattutto italiani, hanno fatta propria una tale falsificazione plateale delle realtà. Al contrario, subito dopo il 1991, gli Stati Uniti, come avevano già fatto nel 1928 con la creazione della Commission for Russian Relief (Herbert Hoover presidente), avevano avvertito subito la necessità di aiutare la nuova Federazione russa in grave crisi nella possibile transizione a un regime sperabilmente fondato sullo stato di diritto, orientato a una qualche forma riconoscibile di liberal o social-democrazia. La ERBD (European Bank of Reconsruction con sede a Londra) aveva stanziato nel 30 mld di dollari per investimenti pubblici in Russia e nei paesi dell’ ex Patto di Varsavia; lo stesso aveva fatto l’ Unione Europea. Alla fine del 1990 era stata firmata la Carta di Parigi e sembrava nata una Helsinki 2, trattato felicemente pacificatore firmato dagli Stati Uniti e dall’ URSS. Nel 1994 era nato il Partenariato per la Pace e, a seguito di un’iniziativa atlantica, fu firmato un accordo quadro sulla cooperazione militare che prevedeva consultazioni permanenti e esercitazioni comuni alle quali hanno partecipato tutte le repubbliche ex sovietiche compresa la Russia; un’iniziativa di successo controfirmata anche da altri paesi, che Putin apprezzò. Fra gli anni 90 e 98, George W. Bush aveva trovato Putin un interlocutore franco e affidabile; Angela Merkel sembrava averne stima e Marine Le Pen aveva trovato in lui un amico, Berlusconi un fratello e Salvini un modello. D’altra parte, l’ex presidente francese Sarkozy e l’ex cancelliere tedesco Schroeder erano divenuti consulenti di Putin e di grandi impresse russe; anche se quasi tutti avevano dimenticato i caveat avanzati da importanti conoscitori della storia e della Russia come George Kennan e Zbigniew Brezsinski che invitarono subito a una certa cautela nel maneggiare il grande orso russo ferito a morte dopo l’89. In proposito un intero numero della rivista Aspenia del 2005 aveva aperto un articolato dibattito di esperti internazionali sull’argomento.
L ‘ombra di Carl Schmitt
Nel 2005 sui consiglieri del Cremlino ha cominciato a incombere l’ombra di Carl Schmitt, il grande costituzionalista tedesco della Repubblica di Weimar e poi del nazismo di Hitler e la sua visione di un mondo dominato da grandi potenze rivali, irrigidite in rapporti amico – nemico, perennemente impegnate nella creazione dei loro spazi vitali, alle aree d’ influenza e di espansione. A Mosca di Schmitt, oltre alla sua idea dello stato di eccezione, non era sfuggita la sua serrata critica al liberalismo e alla democrazia. Infatti, è di quegli anni la profezia di Putin che le democrazie liberali avessero i giorni contati e il loro ciclo storico era ormai giunto al termine. Una nuova Grande Russia pensava, avrebbe combattuto gli avversari occidentali e disegnato un non meglio specificato nuovo ordine mondiale. Sennonché, guardando alla Russia attuale, all’universo concentrazionario sovietico e quello della Santa Madre Russia zarista si può immaginare quale idea Putin abbia ancora in mente per un nuovo ordine mondiale. Era però chiaro per lui che nessun nuovo ordine mondiale sarebbe stato neppure pensabile senza far rientrare nel suo controllo l’Ucraina, la perla dell’Impero.
L’impero dei falsi e la info- war
La rivista francese Commentaire negli anni 80 aveva definito l’URSS come l’Impero dei falsi: false le informazioni sui diritti dei lavoratori, false le libertà, falso il benessere. Gli stessi russi odierni, una volta intrapresa la scellerata guerra contro l’Ucraina, usano la menzogna come uno strumento di guerra, la cosiddetta info-war.
Per questo al Cremlino regna una squadra che racconta al pubblico russo che cosa succede e come procede la cosiddetta operazione militare speciale e quali ne siano le ragioni patriottiche. Una schiera di giornalisti russi itineranti, accreditati dal Cremlino, invitati da molti talk show soprattutto italiani, ha potuto prendere in giro milioni di telespettatori, sostenendo che non è la Russia che conduce una “operazione militare speciale” contro l’Ucraina ma l’America e i suoi lacchè europei che tramite la NATO da anni fanno la guerra per procura alla Russia; la quale, invadendo l’Ucraina “filo nazista” non farebbe altro che difendersi.
Uno dei giornalisti russi più vicini a Putin ha addirittura affermato senza vergogna alla TV russa che la Russia ha dovuto invadere l’Ucraina perché la NATO stava per invadere la Russia. L’America affermava, “dopo averci fatto circondare dalla NATO ha orchestrato il colpo di stato del governo Yanukovich per far eleggere al suo posto un attore debosciato come Zelensky e sterminare i russi del Donbas”. A parte l’enormità della falsificazione della realtà, la guerra per procura avviene se un terzo stato interviene per modificare l’esito di una guerra fra altri e ottenere un proprio vantaggio e non se lo aiuta a difendersi. Eppure, gli esperti di geopolitica, soprattutto in Italia, l’hanno lasciata passare nel linguaggio strategico corrente. Il vecchio anti americanismo anti-NATO ha fatto il resto.
Gli Imperi
La guerra viene poi presentata ormai da molti media come la lotta per la supremazia fra i due imperi rivali, America e Russia anche se nella realtà non sono imperi. Secondo tale visione il mondo è dominato da grandi potenze imperiali come l’America, la Cina e la Russia in perenne competizione per una non meglio definita supremazia su intere aree del mondo; peraltro prescindendo dalla loro complessità e dall’interdipendenza dell’economia globale fra le culture e dal diritto internazionale . Nel linguaggio corrente, il termine impero designa una potenza, che dal suo centro esercita un’egemonia e/o un dominio su intere aree geografiche popolate da stati, nazioni e popoli sui quali ha in varia misura, un controllo territoriale, politico, militare o economico. Sennonché dopo il 1991, la Russia non è più un impero; e non, come è stato erroneamente sbandierato, perché ha perso la Guerra fredda, che un altro impero avrebbe vinto, ma perché l’URSS è implosa su se stessa dopo che il suo progetto sociale, politico anti-liberale e anti-economico è fallito; la Russia odierna resta (solo) una potenza militare. Quanto all’America, resta una grande potenza economica, militare e culturale, sicura fra due oceani; ed è una nazione dotata di una sua forza radioattiva con cui ha lanciato nel mondo un modello politico ed esistenziale liberal democratico di successo. Tuttavia, non esercita alcuno dei controlli su altri paesi che ne farebbe un impero. Oggi, a causa di alcuni seri insuccessi nel suo ruolo di poliziotto del mondo dal dopoguerra, pur avendo l’America perso parte della sua egemonia, per una parte non piccola del mondo sviluppato, e per le liberal-democrazie occidentali resta un campione nella difesa di una civiltà fatta da stati liberi con i quali da due secoli condivide ideali, interessi culturali, tecnologici, geo-economici e sicurezza quasi tutti divenuti reciprocamente indispensabili.
Hans Morgenthau aveva scritto che “quello i vedere il mondo fatto di grandi potenze è un linguaggio astrattamente ermetico il quale trasforma gli stati e imperi in stereotipate unità impegnate in altrettante stereotipate relazioni simmetriche o asimmetriche…”. Nonostante ciò, la teoria degli imperi sembra godere di buona salute: piace alla Russia perché la fa sentire sentire ancora un impero , lascia cullare gli europei dormienti come parte di un più grande impero americano; ravviva il mito cinese del Celeste Impero e, ironicamente, viene rigettata solo dall’America, un egemone non sempre vincente; il quale, dopo tre secoli della sua irresistibile forza trainante, grazie a Putin sembra tornare il protettore della ricca ma debole Europa circondata da nemici, per non lasciare al loro destino gli “scorpioni europei” (come li aveva chiamati Walter Lippmann) che è quello della distruzione reciproca.
Come Finirà?
Mentre capi di stato, diplomatici, il Papa e l’ONU sono stati per mesi inutilmente al lavoro per la pace, tutti si scontrano contro l’intera distruzione di città e di villaggi e la vigliaccheria degli attacchi militari contro civili inermi colpevoli di nulla. Le varie diplomazie del mondo sono respinte; mentre i pacifisti lascerebbero la coraggiosa Ucraina semidistrutta alla propria resa. Non sono pochi, tuttavia, coloro che in Occidente si battono affinché la Federazione russa non vinca la sua sporca guerra e perda la sua disastrosa rivincita contro l’Occidente, e per questo si industriano per rafforzare ancora la difesa ucraina.
In occasione di una auspicabile tregua molti sperano che tutti i garanti degli accordi di Budapest alla fine si mobilitino per far valere il loro impegno in difesa dell’integrità territoriale dell’Ucraina, salvo quanto potrà essere impossibile recuperare dall’occupazione russa. Infine, il popolo russo stesso, per quanto tenuto al buio, davanti alla constatazione del suicidio nazionale basato sulle menzogne, orchestrate dalla cupola di Vladimir Putin, potrebbe finalmente accorgersi di avere come nemico non la NATO, e il mondo occidentale, come gli hanno raccontato, ma il proprio governo.