La tassonomia ANVUR delle attività di Terza Missione
In Italia la “Terza Missione” delle università – accanto a didattica e ricerca – è stata riconosciuta formalmente solo negli ultimi anni, con un graduale consolidamento normativo e operativo. La legge 240/2010 e il successivo D.Lgs. 19/2012 hanno posto le basi per un sistema nazionale di valutazione che includesse, oltre alla didattica e alla ricerca, anche le attività di trasferimento di conoscenze e interazione con la società. Parallelamente alla definizione normativa, gli organismi di valutazione e supporto hanno sviluppato strumenti attuativi. Nel 2015 l’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) ha pubblicato il Manuale per la valutazione della Terza Missione (c.d. “Manuale 2015”) che per la prima volta sistematizzava in modo organico le diverse attività terza-missionali, proponendo una tassonomia ufficiale e criteri di analisi comparativa. Contestualmente, è stata introdotta presso il consorzio CINECA una piattaforma informatizzata per la raccolta dei dati: dal 2015 tutti gli atenei sono tenuti a compilare annualmente la Scheda Unica Annuale – Terza Missione (oggi SUA-TM/IS) per censire le proprie iniziative, pena l’esclusione dalla valutazione. Questa standardizzazione ha consentito di rilevare in modo sistematico informazioni prima disperse, preparando il terreno a valutazioni più robuste e a politiche basate su evidenze.
Valorizzazione economica della conoscenza: ambiti e categorie
La tassonomia ANVUR distingue innanzitutto un ampio dominio di attività rivolte alla valorizzazione economica della conoscenza prodotta dall’università. Vi rientrano le iniziative mediante le quali i risultati della ricerca accademica vengono trasferiti al sistema produttivo, generando innovazione tecnologica e vantaggi economici. In particolare, il Manuale ANVUR e le successive linee guida identificano quattro categorie omogenee in questo ambito:
Gestione della proprietà intellettuale: comprende le attività di tutela e sfruttamento dei risultati inventivi della ricerca universitaria, in primis la deposizione di brevetti (inclusi brevetti per invenzione industriale e modelli di utilità), nonché la registrazione di altri titoli di proprietà intellettuale previsti dall’ordinamento. Queste attività mirano a proteggere legalmente le conoscenze generate e a favorirne la commercializzazione tramite licenze o accordi con imprese. Ai fini della valutazione rientrano nel computo sia i brevetti concessi a livello nazionale e internazionale sia gli eventuali introiti derivanti dalla loro vendita o licenza, indicatori che testimoniano la capacità dell’ateneo di tradurre ricerca in asset intangibili di valore.
Imprenditorialità accademica: include la creazione di imprese spin-off o start-up basate su risultati della ricerca universitaria. Si tratta di società imprenditoriali fondate (o partecipate) da ricercatori e studenti con l’obiettivo di sviluppare commercialmente innovazioni nate nei laboratori accademici. L’ANVUR considera rilevante sia il numero di spin-off ufficialmente riconosciuti dall’ateneo sia il loro grado di attività e crescita nel tempo. Questa categoria riflette la propensione dell’università a sostenere la nascita di nuove imprese high-tech e a contribuire direttamente al tessuto economico locale tramite la creazione di occupazione qualificata e l’attrazione di investimenti.
Ricerca conto terzi e convenzioni con l’esterno: comprende i contratti di ricerca, consulenza e servizi commissionati all’università da enti esterni (imprese, Pubblica Amministrazione, organizzazioni) e più in generale le collaborazioni formalizzate con partner esterni finalizzate all’applicazione delle competenze accademiche. Questo ambito – spesso indicato anche come attività per conto terzi – misura la capacità di un ateneo di interagire con il mondo produttivo risolvendo problemi concreti, fornendo expertise scientifica e trasferendo know-how. Indicatori tipici sono il volume di entrate derivanti da commesse esterne e il numero di accordi/quadro attivi, normalizzati per docente. Valori elevati segnalano un ateneo aperto alle esigenze dell’industria e del territorio, nonché abile nel reperire risorse aggiuntive rispetto al finanziamento pubblico.
Strutture di intermediazione e trasferimento tecnologico: riguarda l’insieme delle unità organizzative e degli strumenti che l’università impiega per facilitare il trasferimento di conoscenza verso l’esterno. Esempi tipici sono gli Uffici di trasferimento tecnologico (TTO o ILO), gli incubatori universitari, i consorzi pubblico-privati per la ricerca applicata, i parchi scientifici e tecnologici collegati all’ateneo, fino alle piattaforme di open innovation. Pur non generando di per sé un indicatore quantitativo semplice, la presenza e il buon funzionamento di tali strutture è oggetto di valutazione qualitativa da parte di ANVUR. Esse testimoniano l’impegno strategico dell’ateneo nel dotarsi di infrastrutture organizzative dedicate alla Terza Missione economica. Ad esempio, un efficace TTO favorisce le brevettazioni e i contatti con le imprese, mentre un incubatore sostiene direttamente la nascita di spin-off. La tassonomia ANVUR riconosce dunque anche questo profilo “abilitante”, valutando se l’ateneo dispone di uffici e regolamenti adeguati a supportare brevetti, imprese e contratti.
Le attività sopra descritte costituiscono nel complesso l’ambito della valorizzazione della ricerca, ovvero l’insieme di processi attraverso cui l’università contribuisce alla crescita economica e all’innovazione grazie al trasferimento di conoscenza. La classificazione ufficiale ANVUR raggruppa tali processi per poterli misurare e confrontare fra atenei in modo consistente. Ad esempio, il numero di brevetti registrati, di spin-off attivi, il volume di ricerca conto terzi e l’esistenza di strutture dedicate confluiscono tutti nella valutazione della “qualità delle attività di valorizzazione della ricerca” di un ateneo. Ciò riflette una precisa volontà di policy: incentivare gli atenei a migliorare le proprie performance di trasferimento tecnologico, anche tramite meccanismi premiali di finanziamento.
Produzione di beni pubblici e impatto sociale: ambiti e categorie
Accanto al trasferimento tecnologico a fini economici, la tassonomia ANVUR identifica un secondo grande dominio di Terza Missione rivolto alla produzione di beni pubblici di natura sociale e culturale. Questo ambito include tutte le attività con cui l’università mette a disposizione della società il proprio patrimonio di conoscenze e competenze, contribuendo in modo diretto al benessere pubblico e allo sviluppo sociale e culturale. Anche qui l’ANVUR ha delineato categorie specifiche di intervento, quattro delle quali già formalizzate nel Manuale 2015 e ulteriormente dettagliate negli anni successivi:
Tutela e valorizzazione del patrimonio culturale: riguarda le iniziative con cui l’università cura, conserva e diffonde beni culturali, storici o artistici. Vi rientrano, ad esempio, la gestione di musei universitari e collezioni museali aperte al pubblico, lo svolgimento di scavi archeologici e la tutela di siti storici e beni architettonici di proprietà (o in concessione) dell’ateneo. Queste attività, tipiche soprattutto degli atenei con facoltà umanistiche, mostrano come l’università contribuisce a preservare e arricchire il patrimonio culturale della comunità. A fini valutativi, ANVUR rileva ad esempio il numero di musei e siti gestiti, il pubblico raggiunto (visitatori, eventi organizzati) e l’investimento economico in conservazione. Tali dati attestano il ruolo dell’ateneo nella promozione culturale e nella terza missione “civica”.
Salute pubblica, clinica e benessere: include le attività di sperimentazione clinica, di ricerca medica traslazionale e, più in generale, di tutela della salute svolte in ambito accademico a beneficio della società. Ne sono esempio la conduzione di trial clinici su nuovi farmaci o dispositivi medici (in collaborazione con strutture sanitarie), la creazione di biobanche di interesse pubblico, l’erogazione di servizi assistenziali tramite cliniche veterinarie universitarie o ambulatori aperti sul territorio, nonché campagne di prevenzione e sensibilizzazione sanitaria promosse dall’ateneo. Questo sotto-ambito riconosce il contributo diretto delle università (soprattutto quelle con facoltà medico-sanitarie) al miglioramento della salute e della qualità di vita della popolazione. Indicatori pertinenti possono essere il numero di studi clinici accademici svolti con esito, la partecipazione a programmi sanitari nazionali, il conteggio di strutture sanitarie universitarie attive, ecc., oltre alla descrizione qualitativa dei risultati ottenuti (es. nuove terapie sviluppate, popolazione coinvolta nelle campagne). L’ANVUR sottolinea anche qui l’importanza dell’organizzazione: infrastrutture come centri clinici universitari e comitati etici efficienti costituiscono precondizioni valutate positivamente.
Formazione continua e didattica aperta: questo ambito copre l’insieme delle attività formative che l’università rivolge a pubblici esterni non tradizionali, lungo tutto l’arco della vita e non limitate ai corsi di laurea. Si tratta di programmi educativi per professionisti, cittadini, pubblici dipendenti o altri gruppi, finalizzati all’aggiornamento delle competenze e alla diffusione del sapere. Rientrano in tale categoria i corsi di formazione permanente post-laurea (es. master executive, corsi di perfezionamento e aggiornamento professionale), i programmi di Educazione Continua in Medicina (ECM) organizzati dalle facoltà mediche, i MOOC (Massive Open Online Courses) e in generale le iniziative di didattica digitale aperta a vasti uditori. Pur differenti tra loro, tutte queste attività condividono la finalità di trasferire conoscenza al di fuori della popolazione studentesca tradizionale, contribuendo all’apprendimento permanente della società. La tassonomia ANVUR le considera parte integrante della Terza Missione, e ne misura ad esempio il numero e la tipologia di corsi offerti, i partecipanti coinvolti, l’eventuale riconoscimento di crediti formativi o certificazioni, ecc. Viene valutato anche il grado di istituzionalizzazione: atenei dotati di strutture dedicate (es. un centro per la formazione continua) e di una programmazione strategica in tale ambito dimostrano un maggiore impegno e ottengono un riscontro positivo in sede di accreditamento.
Public engagement: rappresenta forse l’ambito più eterogeneo, includendo tutte le attività con cui l’università interagisce con un pubblico non accademico in una logica di scambio bidirezionale di conoscenza, cultura e valori. L’ANVUR, riprendendo anche esperienze internazionali, scompone il public engagement in diverse tipologie esemplificative. Una prima categoria è l’organizzazione di eventi culturali aperti alla comunità: ad esempio conferenze pubbliche, festival della scienza, concerti, spettacoli teatrali, proiezioni cinematografiche, mostre, eventi sportivi e simili, spesso destinati a divulgare risultati della ricerca o a arricchire la vita culturale locale. Un secondo filone è la divulgazione scientifica e tecnologica rivolta ai non specialisti, che si esplica tramite pubblicazioni divulgative, partecipazione a programmi televisivi o radiofonici, gestione di siti web e blog di ateneo per il grande pubblico, nonché attività nelle scuole (come lezioni aperte, laboratori didattici per studenti pre-universitari). Vi sono poi le iniziative di citizen science, in cui i cittadini sono coinvolti attivamente nel processo di ricerca (ad esempio tramite raccolta di dati, osservazioni sul campo, esperimenti collaborativi online) con l’obiettivo sia di educare il pubblico al metodo scientifico sia di arricchire la ricerca stessa con contributi esterni. Infine, rientrano nel public engagement anche le attività di democrazia partecipativa e co-creazione di politiche pubbliche che vedono l’università come facilitatore: ad esempio consensus conference, forum pubblici su temi scientifici controversi, citizen panel e consultazioni con la società civile. L’ANVUR richiede agli atenei di documentare sistematicamente queste attività, rilevandone il numero, la natura (eventi, prodotti, progetti) e l’impatto stimato in termini di pubblico raggiunto e di beneficiari coinvolti.
Oltre a questi quattro settori principali, la tassonomia della Terza Missione si è arricchita negli anni di ulteriori sotto-ambiti trasversali, emersi con l’evolversi delle politiche scientifiche e sociali. Due esempi rilevanti, introdotti nel bando VQR 2015-2019, sono: le iniziative a sostegno dell’Open Science (sviluppo di piattaforme per l’accesso aperto ai dati e alle pubblicazioni, promozione di pratiche di scienza aperta e trasparente) e le attività orientate agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda ONU 2030. Pur non costituendo di per sé nuove “missioni”, tali filoni testimoniano una crescente attenzione del sistema universitario verso la responsabilità sociale e ambientale: ad esempio, progetti di ateneo legati alla sostenibilità urbana, all’inclusione sociale, alla parità di genere o alla tutela dell’ambiente vengono ora ricondotti esplicitamente sotto l’ombrello della Terza Missione. L’ANVUR ha infatti chiesto agli atenei di evidenziare nella propria rendicontazione le azioni che contribuiscono agli SDGs, riconoscendo queste ultime come parte integrante dell’impatto sociale dell’università.
In sintesi, attraverso la classificazione ufficiale sopra delineata l’ANVUR distingue cinque macro-aree di Terza Missione – quattro tematiche (trasferimento tecnologico, patrimonio culturale, salute, formazione continua) più l’area trasversale del public engagement – suddivise complessivamente in venticinque circa sotto-ambiti specifici (tipologie di attività) che coprono l’intero spettro delle interazioni università-società. Questa tassonomia a più livelli (ambiti, aree, sotto-attività) fornisce un quadro di riferimento comune per identificare, classificare e confrontare le molteplici forme di “impatto sociale” generate dalle istituzioni accademiche italiane.
Valutazione e monitoraggio basati sulla tassonomia ufficiale
La funzione primaria di tale classificazione è di abilitare processi di valutazione e rendicontazione omogenei a livello nazionale. A partire dal 2015, la Scheda Unica Annuale della Terza Missione/Impatto Sociale (SUA-TM/IS) – sviluppata da ANVUR in collaborazione con CINECA – è lo strumento cardine tramite cui ogni ateneo documenta annualmente le proprie attività terza-missionali secondo le categorie sopra descritte. La scheda raccoglie per ciascun sotto-ambito indicatori sia quantitativi (es. numero di brevetti depositati, introiti da attività conto terzi, numero di eventi pubblici organizzati, partecipanti coinvolti, ecc.) sia descrittivi (es. politiche attuate, casi di successo, partnership attive). ANVUR ha stabilito che tutti gli ambiti debbano essere considerati: se un ateneo non svolge attività in una certa categoria (ad esempio non ha musei né collezioni storiche, oppure non eroga formazione continua), esso è tenuto a motivare esplicitamente tale assenza nella SUA-TM. Questa disposizione incentiva le università a coprire l’intero spettro della Terza Missione – o quantomeno a interrogarsi sulle eventuali lacune – e fornisce ai valutatori un quadro completo delle modalità con cui ciascuna istituzione interpreta il proprio ruolo sociale. I dati raccolti confluiscono nei rapporti annuali e pluriennali di valutazione: grazie alla tassonomia unificata, è possibile comparare la performance degli atenei su basi comuni, identificando punti di forza e di debolezza relativi in ciascun ambito.
In sede di Accreditamento periodico (valutazione quinquennale della qualità delle sedi universitarie), la Terza Missione è ora pienamente integrata nei requisiti di assicurazione della qualità e viene esaminata dalle Commissioni di Esperti della Valutazione (CEV) incaricate da ANVUR. Il DM 1154/2021 (che definisce lo standard AVA 3 attualmente vigente) richiede esplicitamente che ogni ateneo possieda “una chiara visione complessiva” delle proprie linee strategiche di ricerca e terza missione, e che disponga di sistemi di pianificazione, monitoraggio e valutazione dei risultati anche in questo ambito. Durante le visite di accreditamento, pertanto, i panel ANVUR verificano l’esistenza di politiche, strutture organizzative e processi di assicurazione della qualità dedicati alla Terza Missione a tutti i livelli (di ateneo e di dipartimento). L’aderenza alla tassonomia ufficiale funge da guida: ad esempio, ci si attende che gli organi di governo presidino sia le attività di valorizzazione della ricerca (brevetti, rapporti con imprese, ecc.) sia quelle di impatto sociale (culturali, formative, pubbliche), assicurando coerenza con la missione istituzionale e miglioramento continuo. Un ateneo che, in fase di accreditamento, dimostri di non aver considerato uno dei settori previsti (senza adeguata giustificazione) potrebbe ricevere rilievi e raccomandazioni da parte degli esperti valutatori.
Anche la Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) nazionale – esercizio quadriennale gestito da ANVUR – ha progressivamente incorporato la Terza Missione nei propri criteri. In particolare, nella VQR 2015–2019 è stata introdotta una Area interdisciplinare di Terza Missione/Impatto Sociale con un apposito Gruppo di Esperti della Valutazione (GEV) dedicato. Alle università è stato chiesto di presentare un certo numero di casi studio di Terza Missione (indicativamente pari alla metà del numero di dipartimenti dell’ateneo) relativi ad attività svolte nel periodo, selezionandoli tra i diversi campi d’azione della tassonomia ANVUR. Il bando ufficiale (DM 1110/2019 e s.m.i.) elencava infatti i tipi di intervento eleggibili – dagli spin-off ai musei, dalla ricerca medico-sanitaria ai progetti di public engagement – rispecchiando fedelmente le categorie descritte in precedenza. Ciascun caso studio presentato è stato valutato dal GEV secondo criteri qualitativi di impatto socio-economico e culturale, rilevanza per i beneficiari, valore aggiunto e contributo dell’istituzione proponente. Pur essendo un approccio valutativo differente (basato su peer review di casi esemplari più che su indicatori quantitativi aggregati), l’operazione VQR ha consolidato l’importanza strategica della Terza Missione: per la prima volta, i risultati ottenuti dagli atenei in questi ambiti hanno contribuito in modo esplicito al giudizio di qualità della ricerca e, in parte, alla ripartizione delle risorse. Significativamente, il DM 289/2021 (Linee di indirizzo per la programmazione 2021–2023) ha assegnato una quota pari al 5% del Fondo di Finanziamento Ordinario proprio al “profilo di qualità delle attività di valorizzazione della ricerca (Terza Missione)” misurato da ANVUR. In altri termini, una percentuale non trascurabile dei finanziamenti statali è ora distribuita premiando le università più attive ed efficaci nel trasferimento di conoscenza e nel public engagement. Questa leva finanziaria, unita alla trasparenza dei dati SUA-TM, sta orientando gli atenei a investire sempre più attenzione e risorse nella Terza Missione, riconoscendola non solo come un obbligo rendicontativo ma come un vero e proprio asse strategico della propria azione.
Conclusioni: una prospettiva di policy integrata
La classificazione ANVUR delle attività di Terza Missione – articolata nei due ambiti della valorizzazione economica della conoscenza e della produzione di beni pubblici, e ulteriormente suddivisa in specifiche categorie – rappresenta oggi un riferimento imprescindibile nel sistema universitario italiano. Essa svolge una duplice funzione: da un lato, guidare gli atenei nel dare struttura e visibilità alle proprie iniziative oltre la didattica e la ricerca tradizionale; dall’altro, fornire alle istituzioni di governo (MUR e ANVUR in primis) uno strumento operativo per valutare, confrontare e incentivare l’impatto che le università generano sulla società. L’adozione di una tassonomia comune ha permesso di superare la frammentazione delle esperienze, creando un linguaggio condiviso per parlare di trasferimento tecnologico, impegno sociale, divulgazione e così via. Ciò ha favorito l’emergere di politiche pubbliche più mirate: ad esempio, nelle più recenti programmazioni triennali il Ministero richiede espressamente agli atenei di pianificare azioni di potenziamento della Terza Missione – dal trasferimento di conoscenza al public engagement – e ne monitora l’attuazione con il supporto di ANVUR. Allo stesso tempo, la partecipazione delle università a iniziative nazionali su innovazione e sostenibilità (come i cluster tecnologici, le reti per lo sviluppo sostenibile, i progetti PNRR) viene letta in continuità con gli ambiti della tassonomia, rafforzando la coerenza complessiva delle politiche settoriali.
In conclusione, la tassonomia ufficiale ANVUR delle attività di Terza Missione si configura non come un mero elenco burocratico, ma come l’architettura concettuale attraverso cui il sistema universitario italiano sta integrando la propria missione sociale nel funzionamento ordinario. Definendo con precisione cinque aree e venticinque sotto-ambiti di intervento, essa ha reso valutabile e rendicontabile ciò che un tempo era considerato ancillare o intangibile. Ne risulta un’università più aperta e responsabile verso la società, chiamata a bilanciare eccellenza scientifica e rilevanza pratica. La sfida futura sarà affinare ulteriormente metriche e strumenti – ad esempio per cogliere meglio la qualità dell’impatto e non solo la quantità di attività – mantenendo però saldo il quadro tassonomico condiviso che finora ha garantito trasparenza, equità e allineamento alle priorità pubbliche. In tal senso, l’esperienza italiana della Terza Missione, con la sua solida base normativa e valutativa, si pone all’avanguardia nel contesto europeo, contribuendo a ridefinire il ruolo dell’università come motore di innovazione economica e progresso socio-culturale.
Fonti
Ministero dell’Università e della Ricerca – normative di riferimento; ANVUR – documenti ufficiali (Manuale Terza Missione 2015, Linee Guida SUA-TM/IS, Bando VQR 2015–2019); CINECA – piattaforma SUA-TM; Leggi e decreti (L.240/2010, D.Lgs.19/2012, DM 47/2013, DM 987/2016, DM 1110/2019, DM 1154/2021); documenti di programmazione triennale MUR.