di Nunziante Mastrolia
Ieri sera, sul tardi, mi è stato segnalato questo interessante convengo organizzato dalla Accademia Ligure di Scienze e Lettere, dal titolo “La sfida di Putin al mondo occidentale: radici storiche e scenari futuri della guerra russo-ucraina” con interventi di Mara Morini e Lara Piccardo, entrambe dell’Università di Genova.
Chi scrive purtroppo non ha avuto modo di partecipare all’incontro, né ha idea di cosa si sia detto (aspettiamo la registrazione). Ma qualche riflessione sulla descrizione dell’evento che è stata fatta circolare sia consentito farla.
Nel testo si legge: “L’obiettivo di questa conferenza è quello di riflettere sulle cause della guerra russo-ucraina, evitando pericolose e frettolose semplificazioni, essendo il mondo slavo estremamente peculiare e complesso”. Sottotesto: chi non ha familiarità almeno decennale con il mondo slavo taccia. E ancora: “analizzeranno le radici storiche e le ragioni profonde di questa guerra, discutendo della fragilità e della precarietà dell’indipendenza ucraina ”. Singolare che non si discuta, viste le “radici storiche e le ragioni profonde”, dell’aggressione e dell’espansionismo russo, ma della fragilità (tutta da dimostrare) dell’indipendenza ucraina. E più oltre si informa che si discuterà “delle cause che hanno portato Putin a scatenare il conflitto”: un aggressore riluttante il capo del Cremlino, aveva anche Judo quella mattina del 24 febbraio…
Al di là del convegno in sé e delle relazioni che chi scrive non ha ascoltato, ciò che colpisce è il modo in cui in questa descrizione viene adoperata l’idea della complessità, che è un po’ come il latinorum di don Abbondio: un uso strumentale della cultura, anzi di una scienza capziosa, che serve a confondere, a mascherare e giustificare l’arbitrio del potere (di don Rodrigo in quel caso).
Gli sprovveduti e gli incolti si lasciano ingannare dalle apparenze, si fermano a uno strato superficiale della realtà, vale a dire quello dell’aggressione russa dell’Ucraina in violazione di tutto quello che era possibile violare. Invece, coloro che sanno scendono nel profondo, scandagliano il portato dei millenni, superano il sapere fenomenologico e allora i contorni si sfumano, le parti diventano meno nette. L’agnello, se messo di profilo, potrebbe anche assomigliare a un lupo e c’è da scommetterci che da qualche parte c’è una fonte che può testimoniare che anche i lupi sanno belare.
Così la complessità diventa una cortina fumogena da spargere ad usum lupi e la funzione dell’intellettuale non è quella di semplificare, decifrare, illuminare; ma piuttosto quella di confondere, mescolare le carte, intorbidire le acque, perché altri possano continuare a mestare e gli agnelli possano continuare a prenderle.
È un intellettuale un po’ cortigiano un po’ Azzecca-garbugli, esperto nell’arte di imbrogliare le cose chiare.