Ha inizio oggi con questo articolo la rubrica di Giovanni Perazzoli intitolata “TerzoEscluso”, appunti sul mondo e sulle sue narrazioni.
Ho ascoltato il confronto tra Rick DuFer e Piergiorgio Odifreddi sulla guerra in Ucraina. Mi sono detto, ecco, adesso Odifreddi finalmente ci dirà qual è il fondamento scientifico e logico-matematico della posizione pacifista equidistante: capiremo come si risolve quello che sembra un non-senso, ovvero che non aiutare l’Ucraina a difendersi da un’aggressione significa lasciar trionfare la pace, e non significa affatto aiutare Putin a papparsela con gran seguito di stragi. Avrei voluto anche capire perché la francescana timidezza non avrebbe stimolato ulteriormente l’appetito dell’imperialismo russo.
Neanche a dirlo, le mie aspettative sono andate deluse. Nonostante gli abili tentativi maieutici di Rick DuFer, Odifreddi non ha dato nessuna risposta nel merito e, invece di parlare dell’Ucraina, ha spostato il discorso sugli Stati Uniti. Si è addirittura impegolato nel riconoscersi in un’idea di Göring, proprio lo Hermann, attribuendogli, peraltro a torto, un’affermazione che equipara gli americani ai nazisti, qualcosa come “siete criminali come noi, ma avete vinto”. Ora, anche non considerando che la fonte non è proprio la migliore per farsi dare ragione (altri avrebbero detto: pensa che porcata! Figurati, era il numero due di Hitler) – al netto di questo, la notizia è comunque falsa. Da dove viene allora questa storia? Non ha molto senso logico un Göring che ammette di essere un criminale, aggiungendo, “ma anche voi”. Ho subito sospettato un equivoco più o meno in buona fede di qualche fonte che ha ripreso la questione (discussa anche da Hans Kelsen) del fondamento di legittimità del tribunale di Norimberga. In questo contesto, il Göring viene fuori, infatti, per varie questioni sollevate dalla sua difesa e per aver detto che “il vincitore sarà sempre il giudice, e il vinto sarà sempre l’accusato” (Der Sieger wird immer der Richter und der Besiegte stets der Angeklagte sein). La cogitata di Göring dice che gli americani sono dei criminali per i nazisti. Ora, però, al di là dell’equivoco, il fatto di riconoscersi in un pensiero che comunque mette sullo stesso piano i nazisti e gli americani autorizza il sospetto di un nichilismo del tutto incapace di apprezzare i valori della libertà. Può sfuggire, ma è agghiacciante. Può sembrare una boutade, ma non è una provocazione di cattivo gusto.
Con un’alzata di spalle Odifreddi ha anche liquidato la violazione dei trattati che avevano impegnato la Russia al rispetto dell’integrità territoriale dell’Ucraina in cambio della distruzione delle armi atomiche rimaste agli ucraini. Per Odifreddi i trattati si sottoscrivono per violarli, il diritto internazionale è chiacchiera. Mi dispiace se qualcuno si potrà scandalizzare. Odifreddi qui ha ragione da vendere.
Dal tempo di Tucidide e del discorso dei Meli e degli Ateniesi abbiamo imparato che il prepotente è sempre pronto a violare il diritto internazionale. Questo significa che, alla fine dei conti, la forza garantisce la sicurezza, ed è appunto per questo che esiste la NATO. Seguendo il suo stesso argomento, che poi è un rilievo classico, Odifreddi dovrebbe perciò concludere che la difesa dell’Europa dipende dalla forza, quindi dalla NATO e non dai trattati o dalle trattative. Dovrebbe persino dedurne che l’Ucraina ha il diritto di difendersi dai nemici e di entrare nella NATO. Dire, da una parte, che il diritto internazionale è forza, e poi, dall’altra, pretendere che l’Ucraina venga indebolita, potrebbe far pensare al desiderio che vinca l’invasore, cosa che però ci pare un’aberrazione, anche se la logica ci conduce a questa conclusione.
Ma allora perché Odifreddi non è conseguente con i propri presupposti? Non lo so, e non mi interessa. Aiuta, invece, ad individuare un’ideologia connessa ad un certo nichilismo antidemocratico e antiliberale il fatto che Odifreddi si dichiari un “antioccidentale”.
Ora è vero che una professione di fede così generica non significa niente. Che significa infatti essere antioccidentali? È una barbarie culturale parlare per generalizzazioni: la “modernità”, l’”occidente”, l’”oriente” ecc. Come è deteriore l’“orientalismo”, per la stessa ragione è deteriore l’“antioccidentalismo”: entrambi sono un parlare a vanvera di interi popoli e di una storia culturale complessa. Uno studioso serio osserverebbe allo studente confuso dal chiacchiericcio che dentro l’“occidente” ci sono tantissime cose, e lo metterebbe in guardia dalle generalizzazioni.
Tuttavia, sappiamo che cosa significa dichiararsi “antioccidentali”: significa far riferimento a un’ideologia che è stata alimentata sia dalla destra reazionaria alla René Guénon, a volte nostalgica delle teocrazie e molto critica verso la ragione “illuminista”, sia da quella sinistra che è rimasta solo con un moralismo antiliberale, essendo svanita la speranza del “sol dell’avvenire” e della creazione dell’uomo nuovo. Sappiamo bene che le due visioni tendono a convergere “a ferro di cavallo”, e infatti tra gli “intellettuali” nemici dell’Ucraina ci sono sia i reazionari con militanza dell’estrema destra che ex servitori del popolo maoisti e vari stalinisti. Chissà che cosa direbbe Odifreddi in un confronto con Aleksandr Dugin, il cosiddetto ideologo o filosofo di Putin. La cosa interessante è che anche Dugin si definisce un antioccidentale.
Certo, stupisce, nel caso di Odifreddi, che si possa essere “contro” un sistema politico che ha realizzato, guardando ai fatti, un così alto grado di libertà, che ha separato gli individui dalla massa dei comandi di tradizioni oscurantiste, che ha reso possibile un progresso scientifico solo un secolo e mezzo fa inimmaginabile, che ha sviluppato degli ordinamenti giuridici tra i più libertari mai conosciuti.
Ma al cuore non si comanda. Se non si amano i valori occidentali, non si può neanche avere empatia con chi, in Ucraina, lotta per essere parte dell’occidente. Immagino che queste persone innervosiscano molto un “antioccidentale” come si dichiara Odifreddi.
È ovvio che il pacifismo antioccidentale attribuisca all’”occidente predatore” l’origine della guerra. Si capisce allora che possano credere che “un maggior sforzo diplomatico” fermerebbe il conflitto. Danno a credere – perché ci credono, in qualche raro caso, persino loro stessi – che basterebbe che l’occidente cattivo facesse un fischio e Putin si fermerebbe. Anche se è Putin che ha scatenato la guerra, la colpa remota è dell’Occidente e dunque degli amerikani. Peraltro, è discutibile che la Russia non sia “occidente”, visto che fa parte della storia dell’Europa. La Russia è l’unico paese europeo che ancora è in conflitto con i paesi europei, come se il tempo a Mosca si fosse fermato al 1917. Un paese ibernato dall’ideologia sovietica.
Ma l’evidenza dei fatti non conta. L’occidente, per questa ideologia, può fermare la guerra, perché non esiste niente che non sia sotto la sua responsabilità: l’occidente è onnipotente, è dietro a tutto. Bisogna notare che l’antioccidentalismo è fatto della stessa pasta del complottismo. Non è un caso se è un’ideologia che tende ad essere antisemita. Il fatto più curioso è che queste idee sono espressione di quello stesso senso di superiorità dell’occidente che gli antioccidentalisti stigmatizzano a parole. Fanno pensare a quel cartello di alcuni studenti liceali: “Putin servo della NATO”.
Non sono così ingenuo da non sapere che ci sono quelli che semplicemente seguono la propaganda di Mosca. Ma sono molto più ingenui quelli che credono ad una razionalità piegata da un interesse materiale. In ogni caso, l’impostazione del problema è sbagliata, perché si concentra sul foro interno, sull’intenzione. Quello che conta è che questa è un’ideologia, e che non avrebbe presa se non esistesse un terreno pronto a riceverne i semi.
L’antioccidentalismo finisce inesorabilmente con il dire che è tutto finto, che la democrazia non esiste. Parlano sempre non nominando il soggetto grammaticale delle loro frasi. “Loro” ci impongono, ci convincono, ci manipolano ecc. Di generalizzazione in generalizzazione, di barbarie in barbarie (lo si vede in particolare nella crisi delle facoltà di filosofia drammaticamente rappresentata in TV), abbiamo finito con l’accettare una retorica argomentativa orwelliana. È tutto un “loro potrebbero arrivare alla pace”, ma “loro” non vogliono. Rispetto all’evidenza brutale di un’aggressione militare ha più evidenza la narrativa del “loro non vogliono la pace”.
Conosciamo tutti il meccanismo per il quale qualsiasi dettaglio insignificante viene preso a confermare un pregiudizio. Parlando con Rick DuFer, Odifreddi ha sostenuto che la Merkel si sarebbe lasciata sfuggire una frase rivelativa nientemeno che dei piani occulti delle segreterie occidentali. Avrebbe detto che il protocollo di Minsk serviva per prendere tempo e armare l’Ucraina. Ci è rimasto male quando gli è stato detto che questa frase è un’invenzione della propaganda russa, Merkel non ha mai parlato di dover armare l’Ucraina. Stranamente non viene in mente ad Odifreddi, invece, un fatto colossale ed evidente: che la Germania e la Francia hanno impedito (sbagliando) all’Ucraina di entrare nella NATO.
Non dice niente lo scivolone sulla “frase della Merkel”. In generale, però, abbiamo notato un fenomeno sorprendente ripetersi troppe volte. Nonostante tonnellate di libri sul metodo scientifico, sulla novità dell’esperimento galileiano, sulla teoria degli idola di Bacone, e nonostante quell’occidentalista di Karl Popper, ripetiamo sempre gli stessi errori. Non si è riflettuto abbastanza sul fenomeno di professori che citano premi Nobel inesistenti (ma inventati nei siti novax), che sposano dottrine economiche assurde e via dicendo.
Nella mentalità complottista vale più una voce, specialmente se fatta apparire come una “confessione”, che non duemila conferenze stampa, tonnellate di discorsi parlamentari e di atti pubblici. Ma tutto questo sembra essere perfettamente coerente con l’antioccidentalismo perché identifica le istituzioni occidentali con la menzogna, e quindi mira a rovesciare l’evidenza della democrazia e del progresso civile e scientifico che – loro, non io – indentificano con una parte del mondo. Per loro tutta la comunicazione ufficiale degli stati democratici è un trucco, è l’esibizione di una verità di facciata.
Come gli gnostici del passato nutrivano un cronico sospetto verso tutto quello che è realtà, così l’intellettuale critico vive oggi in una sorta di ossessione del male diffuso in occidente. Vive in un mondo parallelo in cui è tutto fascismo, tranne il fascismo vero che non è in grado di riconoscere (anche perché l’assunto è che il fascismo sia quello che esce dai giornali occidentali). L’allucinazione intellettuale di cui sono vittime li porta a negare tutto quello che a loro sembra mainstream, o anche, come dicono, “pensiero unico". Se la Russia invade l’Ucraina, questo per loro è sospetto perché è mainstream. Esiste anche un mercato fiorente che vende un “non mainstream certificato”, dal produttore al consumatore.
Bisogna prendere atto che gli anni ’70, forse a causa dell’interesse per l’antipsichiatria, per l’arte psichedelica o a causa dell’abuso di sostanze allucinogene, hanno lasciato in eredità un’intelligenza che opera costantemente nel “decostruire” un involucro imaginario, come si vede per il delirio della “società dello spettacolo” di Guy Debord. Per buona parte di questa tendenza intellettuale essere progressisti è essere antioccidentali. Dugin è un loro figlio, e ha ragione da vendere Oliver Roy quando individua nell’estremismo islamista un’ideologia sovrapponibile a quella dell’estremismo antiliberale di certa sinistra radicale.
Se gli chiedi di parlare dell’Ucraina, ti parlano del Cile e dell’Iraq. Stando ai fatti, l’impressione è che debbano ristabilire un sistema di valori che sentono violato dalla “propaganda mainstream”, cioè dalla realtà. Che non si pensi, dicono, che l’Occidente possa stare dalla parte dei “buoni”, noi non ci uniamo alla levata di scudi, c’è sotto qualcosa. Li vedi in TV con l’occhio roteante nella ricerca di un punto d’appoggio perché si sentono mancare la terra sotto ai piedi. Il loro mondo di certezze facili deve essere ricostruito. Non sono più capaci di dire dove sia il Bene, ma su dove sia il Male non si possono permettere dubbi.
Qui non si tratta di parlare dell’America (quale, peraltro? Quella di Obama, di Bush jr, di Trump?), ma dell’attacco della Russia all’Ucraina. Non si capisce perché gli americani in Iraq diventino la legittimazione per la Russia di attaccare l’Ucraina. Odifreddi pare esserne consapevole, perché mette le mani avanti: la Russia, dice con un sorriso sornione, ha scatenato solo “una guerra di confine”: ben più gravi sarebbero gli interventi militari lontano da casa, e dunque gli americani sono peggio, e per lui questo basta. In realtà, la distinzione non sta in piedi, gli permette solo di minimizzare l’aggressione dell’Ucraina ed è probabilmente il punto più basso dell’intera conversazione.
Le guerre di confine sono semplicemente le guerre, le guerre che ci sono sempre state. Se dovessimo seguire la distinzione di Odifreddi, dovremmo concludere che le uniche guerre sono quelle degli Stati Uniti, inclusi gli interventi nella prima e nella seconda guerra mondiale (che, detto tra parentesi, sono state violentissime guerre di confine). C’è forse qualcuno che può credere che “guerra di confine” è qualcosa come “lite tra vicini”?
Va detto però che Odifreddi non si è presentato solo come un criticone dell’Occidente. Ha anche una serie di proposte politiche per il futuro. Ha molto a cuore il popolo curdo, e ha una proposta su come arrivare alla formazione di un loro stato. Non so se ricorda che Saddam Hussein, oltre ad aver invaso il Kuwait, sterminò i curdi con l’uso del gas, utilizzando dei missili con i quali aveva già raggiunto Israele. Si tratta di armi di sterminio di massa.
Prima però di parlare della proposta di Odifreddi per lo stato dei curdi, mi chiederei perché i curdi hanno diritto a uno stato e gli ucraini no. Forse perché i curdi non sono mainstream? Forse perché sa che parla a un suo pubblico che batte le mani? No, non credo a tanto cinismo. L’unica risposta che mi posso dare è che, per un antioccidentale, è sospetto un popolo che preferisca lottare per lasciare ai figli la possibilità di vivere politicamente in occidente. Non se ne capacitano. Dicono infatti continuamente che sono stati ingannati dalla TV o dalla CIA.
Non resta che accusare l’Occidente di colonialismo culturale. Poi prova tu a fargli capire che il colonialismo lo hanno loro in testa, distinguendo i popoli tra quelli che aspirano alla democrazia e quelli che aspirerebbero alla schiavitù.
L’ideologia antioccidentale è complottista, ma anche populista. Anche in questo il buon Odifreddi non ci delude. Cita la Costituzione italiana, che disegna una democrazia parlamentare, per farne la Carta di un paese populista: e neanche a dirlo sono “loro” (i politici) che avrebbero tradito il “volere del popolo” formando i governi in parlamento. Il meccanismo della rappresentanza è essenziale nelle costituzioni liberaldemocratiche. E infatti la Costituzione smentisce Odifreddi. All’articolo 1. dice: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Non esiste un potere “del popolo”, esiste il potere della legge. A questo genere di ideologia ossessionata dal Potere sfugge che il tempo è passato, e che il potere è stato costituzionalizzato.
Ma è sull’economia che emergono i punti più critici del cosiddetto antioccidentalismo. Ho spesso constatato che, per certi intellettuali impegnati, è più facile accettare la teoria di Darwin – soprattutto perché si presta ad essere usata contro la Chiesa – che il funzionamento dell’economia. L’economia disturba da sempre, non l’amavano neanche gli Esseni del Mar Morto.
Mi ha colpito la dichiarazione compiaciuta di Odifreddi su quello che crede sia il “grande fallimento del capitalismo”. Il fallimento sarebbe dimostrato dal fatto che la ricchezza mondiale è detenuta dall’’uno per cento della popolazione del mondo. Peccato però che quell’uno per cento (e poi il 2, il 3, il 4% …) si trovi prevalentemente nei paesi capitalisti, e che basti una casa di proprietà e un reddito medio per finire ben posizionati nella vetta della classifica dei ricchi. Non sarò certamente io a negare l’importanza del welfare, e del welfare universalistico. Ma lo slogan dell’un per centro non dimostra il fallimento del capitalismo, ci dice solo che i paesi capitalisti sono più ricchi dei paesi che non lo sono. Il capitalismo non ha reso poveri i paesi che non lo hanno adottato, mentre ha reso ricchi quei paesi che lo hanno adottato. Secondo lo slogan di Odifreddi il fallimento del capitalismo starebbe, curiosamente, nel fatto che chi non lo adotta è povero. Un buon welfare universalistico non potrebbe esistere senza la ricchezza delle società di mercato.
È senz’altro meglio avere un problema di redistribuzione che non avere niente da redistribuire. Ma il punto è tutto in quel “detiene” riferito alla ricchezza che fa leva su un pregiudizio diffuso e populista all’ennesima potenza: ovvero che la ricchezza sia una realtà naturale data, di cui si è appropriata una parte del mondo a discapito di tutti gli altri. Il gioco di prestigio è fare credere che la ricchezza sia una torta messa sul tavolo per tutti, ma l’occidente, ovviamente predatore, se ne è presa la gran parte per sé.
Questa immagine è sviante. La torta stessa infatti è creata dal sistema economico liberale, non esiste in natura. La buona notizia è che la torta e la sua redistribuzione crescono con il crescere della democrazia. La creazione di ricchezza, che l’antico pregiudizio ne fa il prodotto di Mammona, e che immagina come un atto contro il volere del cielo e della morale, è un atto di creatività e di ingegno, e presuppone per questo paesi liberi. I paesi poveri non sono stati privati da qualcuno della ricchezza. Il problema è che manca loro un sistema istituzionale in grado di far partire l’economia. Daron Acemoglu e James A. Robinson hanno scritto su questo un libro giustamente famoso: Perché le nazioni falliscono.
L’economia non è un gioco a somma zero. Se Putin avesse investito in ricerca e innovazione come la piccola, civilissima e ricchissima Olanda, avrebbe fatto del suo Paese un paradiso, amico degli altri paesi e da questi stimato. E la Russia sarebbe tornata, dopo il dramma del 1917, in Europa. Senonché, per seguire questa strada, la Russia avrebbe dovuto essere una democrazia, e vivere nel futuro, e non nel passato strapassato. Un paese autoritario non può diventare ricco, se non con l’economia delle democrazie. Può arricchirsi vendendo materie prime, petrolio e gas, oppure appropriandosi di tecnologia creata dalle democrazie (cfr. il libro di Fabio Scacciavillani sulla Cina). Il vero fallimento della globalizzazione è che, appena fatti due spicci, i paesi autoritari hanno subito riscoperto il vecchio programma imperialista, e di nuovo, perché non sono democrazie. Nel terribile occidente, invece, la ricchezza non viene dall’annessione di nuovi territori, ma dalla libertà, dalla scienza, dalle scuole.
Ma quali sono le proposte di Odifreddi? Quelle che conosco non fanno che confermare i limiti dell’antioccidentalismo. Ad esempio, è vero che risolvere il problema della povertà in Africa è vitale per l’Europa. Per Odifreddi però la soluzione è la più parrocchiale immaginabile: un gigantesco trasferimento monetario dai paesi ricchi ai paesi poveri. Ma a che cosa servirebbero questi soldi, se non per comprare beni occidentali? È stato detto infinite volte che non si risolve il problema della povertà con il pesce, ma con la canna da pesca. Per non dire poi che il “gigantesco trasferimento monetario” implica che il sistema capitalistico (quello che sarebbe fallito) possa permettersi di sostenere anche i poveri e i loro dittatori, lasciandoli sempre alle dipendenze dei soldi dei ricchi senza che mai possano sviluppare una loro economia e permettendo ai dittatori di mettersi in tasca tutto quello che possono. Per risolvere il problema della povertà in Africa occorre liberale l’Africa dai dittatori e dalle istituzioni estrattive. Non si può da una parte fare i fighetti con le tesi alla moda che la democrazia, il laicismo e il liberalismo sono prodotti culturali dell’occidente, e poi chiedere al contribuente occidentale di finanziare la “cultura altra”. La buona notizia è che qualcosa si muove in alcuni stati africani, e senza paternalismo ed elemosine.
La serietà intellettuale dei criticoni antioccidentali si misura nelle proposte, perché a criticare sono bravi tutti. E sono bravi tutti perché la realtà è sempre imperfetta e offre sempre materiale per fare i grandi Catoni, con la schiena dritta e il controfattuale come guida.
Odifreddi ha proposto – questo ho udito – di sciogliere l’Unione europea, che non va bene per l’Italia perché il nostro mondo non è quello delle democrazie nordiche, ma quello dell’Africa del Nord e del bacino del Mediterraneo. Credo che questa proposta si commenti da sé. Ma da Rick DuFer, visto che c’era, Odifreddi ha anche auspicato lo smembramento dell’Iran, della Turchia, della Siria e dell’Iraq per creare uno stato curdo. Sarebbe questo il programma realistico e pacifista che dovrebbe assumersi un’Organizzazione delle Nazioni Unite del tutto rinnovata.
Non credevo che potesse mancare fino a questo punto il senso della realtà. Forse esistono davvero le anime belle che vivono nelle nuvole. Se questa è la proposta pacifica e indolore, aridatece Ronald Reagan! Mi pare di vederlo Erdogan approvare sorridente la proposta di Odifreddi. Non so perché, ma mi sento autorizzato a supporre che un programma di questo genere scatenerebbe una guerra mondiale all’ultimo sangue. Come pensa Odifreddi di imporre all’Iran, alla Siria, alla Turchia e all’Iraq di cedere parti consistenti del loro territorio (peraltro pieno di petrolio) ai curdi? Non lo ha detto. Ma immagino con il negoziato, e con uno “sforzo diplomatico”. E Odifreddi è lo stesso che ci fa la lezione sulla mentalità colonialista!
Il problema sarebbe comunque arrivarci al negoziato con il popolo curdo ancora esistente, perché se mai una proposta di questo genere fosse messa seriamente in cantiere, un minuto dopo i poveri curdi verrebbero sterminati dalle nazioni che dovrebbero cedere al loro beneficio del territorio.
Non c'è solo un problema di antioccidentalismo. C'è un problema di tuttologia. Odifreddi è uno storico della matematica di medio livello. Così come Sgarbi è uno storico dell'arte di discreta anche se non originale competenza, cacciari è un filosofo più che medio con una dignitosa esperienza come sindaco di Firenze. Eccetera. Il punto è che tutti costoro, dopo essere diventati più o meno famosi per quello che sanno, vengono costantemente nterpellati su quel che non sanno. perché sono personaggi televisivi, sono sotto mano, dono sempre lì a parlare, la gente è abituata a sentirli parlare, sa più o meno chi sono e in qualche modo se ne fida. Ma in realtà non li capisce a fondo quando parlano di ciò che sanno, mentre crede di capirli quando parlano di quel che non sanno (cioè quando dicono stupidaggini. Col risultato che persone di per sé non stupide ricevono un'irresistibile pressione a dire stupidaggini, e le stupidaggini acquistano credibilità per il fatto di essere state dette da persone di per sé non stupide)
L'Occidente (concetto alquanto fumoso e complesso) capitalista (idem) ha grandi meriti (soprattutto interni agli stati occidentali) e grandi colpe (soprattutto nelle relazioni internazionali a partire dalla tratta degli schiavi e dal colonialismo per finire alle infinite guerre 'made in U.S.A. e al sostegno ad innumerevoli regimi dittatoriali ma 'amici' giusto per fare qualche esempio). Premesso quindi che l'Occidente non è santo, non è sacro e non è nemmeno non-criticabile, secondo me conviene assumere una posizione realista come quella di Churchill aveva rispetto alla democrazia, del tipo 'è senza dubbio un pessimo sistema ma, sfortunatamente, a oggi è il migliore che conosciamo'. Ovviamente le 'colpe' dell'Occidente non giustificano in nessun modo l'aggressione russa all'Ucraina. Una ingiustizia non si cancella con un'altra ingiustizia, anche perché qui non si parla di giustizia ma esclusivamente di potere. Detto ciò dobbiamo essere tutti consapevoli che ciò che sta succedendo in Ucraina ha già generato il ritorno della Guerra (oggi guerreggiata e in prospettiva 'molto fredda') in Europa, compreso il ritorno dell'incubo nucleare. Contenti noi, contenti tutti..