L'analisi delle tendenze politiche degli ultimi 25 anni rivela una sorprendente disconnessione tra performance economica e stabilità politica. Gli Stati Uniti, nonostante una crescita economica superiore all'Europa, mostrano livelli simili, se non maggiori, di populismo anti-establishment. Casi emblematici sono l'Irlanda e la Polonia, dove i partiti non mainstream hanno guadagnato influenza nonostante una crescita economica senza precedenti. In Irlanda, Sinn Féin è passato dall'1-2% dei voti negli anni '80 al 19% nell'ultima elezione, mentre l'economia del paese si trasformava da una delle più povere a una delle più ricche d'Europa, suggerendo che la prosperità economica non garantisce stabilità politica.
La relazione tra circostanze economiche e scelte politiche mostra numerose contraddizioni. Trump ha vinto sia in un contesto di alta inflazione (2024) che di bassa inflazione (2016), e i populisti prosperano tanto nei mercati liberi con grandi disparità di reddito (USA) quanto nelle socialdemocrazie (Francia). L'immigrazione viene spesso citata come fattore determinante, ma anche questa spiegazione mostra dei limiti: l'Australia, con alta immigrazione, non ha visto una forte crescita del populismo, mentre la Francia ha un movimento di destra radicale molto forte nonostante una popolazione straniera nella media europea. Questo suggerisce che forze più complesse del semplice interesse materiale sono all'opera nel determinare le scelte politiche degli elettori.
Vero, tuttavia l’economia rimane una base importante su cui si innestano molte altre dinamiche. Anche in periodi di crescita, la percezione di disuguaglianza e l’esclusione di alcuni gruppi dai benefici economici possono alimentare rabbia e sostegno a movimenti anti-establishment. Inoltre, le crisi economiche passate, come quella del 2008-2010 in Irlanda, lasciano cicatrici che influenzano il risentimento verso l’establishment, anche in un contesto di prosperità attuale.
L’immigrazione, ad esempio, spesso analizzata in chiave culturale, ha anche risvolti economici: la competizione per lavoro e risorse può accentuare la percezione di insicurezza. Infine, una crescita economica che non migliora l’equità sociale erode la fiducia nelle istituzioni, lasciando spazio a narrazioni populiste.
In sintesi, sebbene i fattori culturali e identitari siano cruciali, l’economia resta una componente fondamentale, spesso invisibile, che amplifica e orienta queste dinamiche.