di Maxim Burac
Con la guerra in Ucraina scoppiata il 24 febbraio 2022, a Bruxelles è tornata l’idea dell’allargamento dell’Europa verso est. Pochi giorni dopo l’invasione russa, Kiev ha presentato domanda di adesione all’Unione Europea (UE) e soltanto quattro mesi dopo le è stato concesso lo status di stato candidato. Durante il vertice UE tenutosi nella capitale belga, tra il 14 ed il 15 dicembre 2023, il Consiglio Europeo ha confermato l’apertura dei negoziati per l’adesione dell’Ucraina. The Kyiv Indipendent riporta che l’8 dicembre il Presidente ucraino Volodymir Zelensky ha firmato altre quattro leggi necessarie per l’adesione all’UE: tre relative alla lotta contro la corruzione e una aggiornata sulle minoranze nazionali.
Tuttavia, lo stesso editoriale sostiene che Zelensky non ha ancora abrogato del tutto i cosiddetti emendamenti di Lozovyi, che permettono a chi è sospettato o accusato di corruzione di sottrarsi alle responsabilità. Per l’UE, le riforme della Corte Costituzionale e il rinforzamento della lotta alla corruzione sono essenziali. Sarebbe auspicabile che i dirigenti ucraini prendessero esempio da altri stati come, ad esempio, l’Estonia. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, Tallinn ha cambiato mentalità; se Andy Kessler afferma che prestando più attenzione allo sviluppo tecnologico il Paese ha assistito a una diminuzione dell’iter burocratico e del livello di corruzione, Lucja Swiatkowski Cannon, ex consigliere del vice Primo ministro Liia Hanni, sottolinea che il successo dell’Estonia è avvenuto soprattutto grazie all’esclusione dei comunisti dal governo. Ciononostante, anche se Kiev dovesse seguire l’esempio estone, l’ingresso ufficiale dell’Ucraina nell’UE non sarà né facile né breve.
Innanzi tutto, più a lungo dura la guerra più si indebolisce il sostegno dei Paesi UE all’Ucraina. Le questioni economiche, le migrazioni e il caro prezzi dell’energia aumentano il supporto politico ai partiti spesso contrari a sostenere Kiev. Inoltre, in seguito alla conferma dei negoziati con l’UE, l’apertura e la chiusura di ogni capitolo (35 in totale), insieme alla ratifica finale, richiedono tempo e l’approvazione unanime di tutti i 27 Stati del blocco. In attesa dei 20 miliardi di euro aggiuntivi da parte di Bruxelles a causa delle trasgressioni dello Stato di diritto, Orban potrebbe continuare ad ostacolare il cammino di Zelensky verso l’Europa. L’attuazione dell’articolo 7 del trattato sull’Unione europea, che prevede la possibilità di sospendere i diritti di adesione all’Unione qualora un Paese violi gravemente i principi su cui si fonda il blocco, potrebbe indurre Budapest a cambiare idea su Kiev. Infine, una volta avvenuto l’accesso nell’UE, l’Ucraina sarebbe lo Stato membro più grande, con ben 44 milioni di abitanti e con milioni di ettari di terreno agricolo e immense quantità di risorse minerarie (come litio, ferro e grafite). Ci vorrà del tempo per attuare diverse riforme capaci di assorbire tutto il potenziale di questo Paese. La rimozione dei dazi doganali sulle importazioni ucraine nei Paesi UE del 2022 potrebbe mettere a rischio il sostegno all’Ucraina: “[...] se il meccanismo delle misure commerciali con l’Ucraina verrà mantenuto nella sua forma attuale, senza alcun adattamento, la sopravvivenza dei produttori dell’UE sarà a rischio, così come il sostegno incrollabile all’Ucraina”, dichiarano diversi produttori agricoli. Nelle condizioni attuali, Kiev percepirebbe moltissimi fondi europei con il rischio di aumentare sia il sostegno ai partiti euroscettici sia i timori per i futuri allargamenti.
Anche prima dell’invasione russa molti Paesi supportavano l’ingresso dell’Ucraina nell’UE, ma la decisione di dicembre sottolinea finalmente l’appartenenza dell’Ucraina allo spazio europeo. In questo momento, l’esercito ucraino ha bisogno di un sostegno militare più deciso. Mentre Mosca ha aumentato la sua produzione di armi, diversi esperti suggeriscono ai Paesi europei di attuare una transizione verso un’economia di guerra. La mancanza di armamenti costringe le forze ucraine a ridurre alcune operazioni militari. Inoltre, il Primo ministro ungherese, Viktor Orban, continua a bloccare il finanziamento per Kiev da 50 miliardi di euro. La Russia ha sempre approfittato delle indecisioni europee ed è per tale motivo che gli sforzi finanziari e bellici dovrebbero essere compiuti il prima possibile. Durante il discorso di fine anno, Putin ha affermato che la neutralità dell’Ucraina “sarà negoziata o ottenuta con la forza”. La comunità europea, insieme alla NATO, viene vista dagli ucraini come un porto sicuro contro i futuri tentativi di espansione russa. Arrestare l’avanzata dell’Ucraina verso l’UE sarebbe stata una vittoria simbolica per il capo del Cremlino.
Con tutto ciò, quantunque cessasse il fuoco, il Cremlino continuerebbe la sua aggressione, ricorrendo alla disinformazione e alle forniture energetiche, oltre a domandare al capo della Chiesa ortodossa di divulgare la propaganda russa nel mondo. Secondo Bob Seely, membro del Parlamento del Regno Unito ed ex ufficiale delle forze armate britanniche, l’obiettivo di Mosca non è soltanto sconfiggere l’esercito nemico, bensì conferire maggiore potere alla Russia sui vicini, indebolendo altri Stati o alleanze opposte. Qualora l’Unione Europea non riuscisse a fornire il sostegno promesso a Kiev, Putin potrebbe percepire una debolezza o un’importante disgiunzione in seno all’Unione, come avvenne prima dell’invasione della Georgia nel 2008 o dell’annessione della Crimea nel 2014. Un’eventuale vittoria russa in Ucraina non solo consoliderebbe il controllo del Cremlino sulle risorse ucraine, ma rappresenterebbe una seria minaccia per l’intera Europa. In un programma televisivo russo, il propagandista Sergei Mardan ha affermato che l’annessione delle regioni ucraine era l’inizio del cammino della Russia verso la restaurazione del suo impero. Da parte sua, Wolfgang Ischinger ha dichiarato che l’attuale politica russa non si arresterà con la fine delle ostilità in Ucraina: “dobbiamo presumere che la politica revisionista ed espansionistica russa continuerà più o meno inalterabile almeno finché non vi sarà un cambiamento politico fondamentale in Russia”. È sufficiente notare in che modo il Cremlino stia cercando di influenzare la piccola Repubblica di Moldova. Le restrizioni sulle importazioni di frutta e verdura, i finanziamenti illegali per corrompere candidati e comprare elettori, la disinformazione e il ricatto energetico sono alcune delle armi utilizzate dal Cremlino per sottomettere Chisinau.