“Deve temere molti colui che molti temono”. È questo un frammento di Laberio (126 R.3), citato da Seneca (De ira, 2,11,29) e da Macrobio (Saturnalia, 2,7) che ha un puntuale parallelo in una sentenza di Publilio Siro (M 30: Multos timere debet quem multi timent) e un precedente in un aforisma attribuito a Solone (1,220,19 Mullach) e ai favolosi Sette Sapienti (2,19), che recita: «chi è temuto da molti molti tema». Concettualmente va inoltre richiamato ad es. il Tam times quam timeris, «temi nella stessa misura in cui sei temuto», di Minucio Felice (Octavius, 37,9). Riprese successive si hanno nel Sermo januensis di Albertano da Brescia, e nell’apparato di Mortis formido fra gli Horatii Flacci Emblemata di Otto Vaenius (34,5), la cui immagine raffigura un assaggiatore. Quanto alle riprese nelle tradizioni proverbiali moderne, l’italiano Chi a molti dà terrore di molti abbia timore trova un perfetto corrispettivo in spagnolo, tedesco e inglese (cfr. Arthaber 1358); si ricordi infine il Trepidum tyrannum di Niccolò Tommaseo (Rerum concordia, 83).
(Tratto da Dizionario delle sentenze latine e greche)