Occupazione e salari dopo la riforma della formazione professionale
Dati essenziali
– Probabilità di occupazione: aumentata in media del 9% con la riforma. L’incremento è stato più contenuto per gli uomini (+5%) e molto più marcato per le donne (+16%).
– Salari: crescita media del 14% rispetto ai corsi biennali. Anche qui il guadagno è stato più alto per le donne (+20%) rispetto agli uomini (+10%).
– Gender wage gap: la differenza salariale di genere è diminuita, passando dal 24% prima della riforma al 17% dopo.
– Distribuzione nel tempo: i maggiori benefici salariali per le donne si sono concentrati nelle coorti più giovani, mentre per gli uomini l’aumento è stato più uniforme tra generazioni diverse.
La riforma che ha esteso da due a tre anni i percorsi di istruzione e formazione professionale ha avuto come primo obiettivo quello di rafforzare le competenze generali degli studenti, con l’intento di migliorarne l’inserimento nel mercato del lavoro. L’analisi condotta all’interno del progetto ha permesso di misurare l’impatto della riforma sugli esiti occupazionali, ossia sulla probabilità che i giovani formati nei nuovi percorsi triennali trovassero un lavoro rispetto a quelli provenienti dai percorsi biennali. I risultati mostrano che la probabilità di essere occupati è aumentata in misura rilevante, con un incremento medio di oltre nove punti percentuali. Questo dato evidenzia un cambiamento sostanziale nelle opportunità lavorative, indicando che l’arricchimento delle competenze generali ha avuto conseguenze concrete sulla capacità dei giovani di entrare e restare nel mercato del lavoro.
L’effetto positivo non è stato però uniforme per tutti i gruppi considerati. Le differenze di genere emerse dall’analisi sono particolarmente significative. Per gli uomini, l’aumento della probabilità di essere occupati è stato pari a circa cinque punti percentuali, mentre per le donne l’effetto è stato più che triplo, attestandosi intorno ai sedici punti percentuali. Ciò significa che la riforma ha avuto un impatto più marcato sulle giovani donne, che prima mostravano tassi occupazionali più bassi rispetto ai coetanei maschi. Il maggiore peso delle competenze generali potrebbe avere rafforzato la posizione femminile in un mercato del lavoro caratterizzato da segmentazioni e da ostacoli più rilevanti per le donne, contribuendo a colmare parte dello svantaggio iniziale. Questa eterogeneità di effetti mostra come una stessa riforma possa produrre esiti diversi a seconda delle condizioni di partenza dei gruppi coinvolti.
Accanto agli effetti sull’occupazione, lo studio ha esaminato le conseguenze della riforma sui salari percepiti dai giovani. Anche in questo caso i risultati mettono in luce variazioni significative. Il guadagno medio per chi ha seguito i nuovi percorsi triennali è stato stimato in circa il quattordici per cento rispetto ai coetanei formatisi nei corsi biennali. Questo aumento corrisponde a un incremento tangibile delle retribuzioni mensili, che rappresenta un beneficio concreto per i lavoratori interessati. L’analisi ha inoltre permesso di distinguere nuovamente gli effetti tra uomini e donne, mostrando che le differenze retributive sono state più consistenti per le donne, con un aumento superiore al venti per cento, contro poco più del dieci per cento per gli uomini.
La crescita dei salari, unita all’aumento della probabilità di occupazione, ha prodotto un cambiamento sensibile nel gap retributivo di genere. Prima della riforma, la differenza salariale media tra uomini e donne si attestava intorno al ventiquattro per cento. Dopo l’introduzione del terzo anno, questa distanza si è ridotta a circa il diciassette per cento. Si tratta di un’evoluzione che non annulla del tutto le disparità, ma che segna una riduzione importante. Le donne che hanno seguito i nuovi percorsi triennali hanno potuto accedere non solo a maggiori opportunità occupazionali, ma anche a condizioni salariali più favorevoli, migliorando così la loro posizione complessiva nel mercato del lavoro. Questa dinamica conferma che il disegno della riforma ha avuto implicazioni rilevanti anche in termini di equità.
Un altro elemento emerso dall’analisi riguarda la distribuzione degli effetti nel tempo e tra le diverse coorti considerate. Per le donne, i maggiori benefici salariali si sono concentrati nelle generazioni più giovani, suggerendo che l’efficacia della riforma si è manifestata soprattutto tra chi si è formato nei primi anni di applicazione. Per gli uomini, invece, il miglioramento retributivo è risultato più uniforme, senza variazioni così accentuate tra coorti diverse. Questo andamento differenziato evidenzia che le dinamiche temporali giocano un ruolo importante e che l’impatto della riforma non si esaurisce in un unico momento, ma accompagna le carriere con intensità diversa a seconda dell’età e del periodo di ingresso nel mercato del lavoro.
Nel complesso, i risultati sull’occupazione e sui salari mostrano che l’estensione dei percorsi di formazione professionale ha avuto conseguenze misurabili e consistenti. L’aumento delle competenze generali ha reso i giovani più occupabili e ha portato a retribuzioni più elevate, con un impatto particolarmente favorevole per le donne, che hanno beneficiato sia di un incremento più forte dell’occupazione sia di una riduzione del divario retributivo rispetto agli uomini. Questi elementi costituiscono una parte centrale del bilancio della riforma, perché mettono in evidenza come un cambiamento apparentemente tecnico nella durata e nei contenuti dei corsi abbia inciso direttamente sulla vita professionale delle nuove generazioni. Nei prossimi approfondimenti saranno analizzati altri aspetti, come le scelte matrimoniali e di fecondità, che completano il quadro delle conseguenze di lungo periodo generate dall’intervento.