I flussi commerciali e gli investimenti, nel corso della globalizzazione che ha avuto inizio nella prima metà degli anni Novanta, seguivano logiche e facevano considerazioni di tipo esclusivamente economico. Se era più conveniente, economicamente, andare in Cina o nell’Europa dell’Est, ci si andava senza prendere in nessuna considerazione le variabili di tipo politico e strategico. Perchè? Il motivo è semplice, il collasso del comunismo e dell’Unione Sovietica aveva posto fine al più possente e duraturo tentativo di creare una alternativa funzionante all’ordine liberale. Di conseguenza, l’idea che paesi come la Cina potessero immaginare di costruire una nuova alternativa, era impensabile. L’unica via era quella di incamminarsi lungo la strada del liberalismo e assorbirne principi, regole, istituzioni. Ora le cose sono cambiate (sul perchè ci ritorneremo) e la variabili politiche hanno ricominciato a plasmare in maniera pesante i flussi economici, commerciali e finanziari (anche se sul tema molte aziende e istituzioni economiche continuano ad essere sorde): oggi alcuni paesi (Cina, Russia et similia) hanno iniziato ad immaginare una alternativa all’ordine liberale.
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