Le politiche protezionistiche e di sostituzione delle importazioni (Import Substitution Industrialization, ISI) hanno storicamente avuto effetti distorsivi sui prezzi, influenzando negativamente l'economia dei paesi che le hanno adottate. Queste politiche, mirate a proteggere le industrie nazionali dalla concorrenza estera attraverso dazi elevati e restrizioni alle importazioni, hanno spesso portato a un aumento dei prezzi interni. In particolare, l'ISI ha comportato la produzione locale di beni precedentemente importati, ma la mancanza di concorrenza ha ridotto l'innovazione e l'efficienza, mantenendo i prezzi alti e comprimendo la qualità dei prodotti. Inoltre, le politiche protezionistiche hanno incentivato la nascita di imprese inefficienti, incapaci di competere sul mercato globale, e hanno spesso concentrato il potere economico nelle mani di pochi, aggravando le disuguaglianze sociali. Questi effetti distorsivi hanno anche contribuito a crisi economiche, come quella dell'America Latina negli anni '80, dove i grandi debiti contratti per sostenere l'ISI hanno portato a una grave instabilità economica[2]. Complessivamente, le politiche protezionistiche e di ISI hanno dimostrato di essere insostenibili nel lungo periodo, ostacolando la crescita economica e l'efficienza del mercato. Ora, questo copione bene noto. Si sta ripetendo negli Stati Uniti che per decenni sono stati il motore del free trade e dell’aperta economica.