Punti cardinali #55
Punti Cardinali è il servizio di Stroncature dedicato alla selezione, analisi e sintesi dei più importanti saggi pubblicati all’estero e non ancora tradotti o distribuiti in Italia. Per ogni testo viene redatta una scheda dettagliata e approfondita in italiano che consente di accedere a tutti i contenuti del libro, alle sue tesi, concetti ed argomentazioni, in modo completo. I vantaggi sono enormi. In breve tempo è possibile accedere ai contenuti completi di testi di saggistica di grande complessità e di difficile accesso, potendo spaziare dalle scienze sociali a quelle della natura, e facendo così propri in modo facile ed economico i frutti della ricerca dei maggiori studiosi e studiose e delle più prestigiose case editrici a livello globale, come se si fosse letto l’intero libro.
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“The Japanese Ideology. A Marxist Critique of Liberalism and Fascism” di Tosaka Jun (University of California Press, 2021)
Il volume The Japanese Ideology. A Marxist Critique of Liberalism and Fascism di Tosaka Jun, pubblicato originariamente nel 1935 e riproposto in inglese da University of California Press nel 2021, rappresenta una delle opere più significative del marxismo giapponese del XX secolo. Il testo raccoglie le riflessioni di Tosaka sulla formazione dell’ideologia moderna in Giappone, analizzata attraverso una critica serrata tanto del liberalismo quanto del fascismo, interpretati come due forme complementari di mistificazione della realtà storica e materiale. L’obiettivo dell’autore è comprendere come, nella società giapponese prebellica, si sia costruito un apparato ideologico che, pur proclamando libertà e progresso, abbia finito per sostenere la riproduzione dei rapporti sociali e di potere dominanti. Il libro combina un’analisi filosofica della coscienza, un’indagine sociologica dei processi culturali e una riflessione politica sul destino del Giappone moderno. Tosaka parte dalla convinzione che l’ideologia non sia una mera sovrastruttura, ma una forma concreta di vita sociale che, se non criticata, diventa strumento di dominio.
“Medieval Eastern Europe, 500–1300” di Florin Curta (Routledge, 2024)
Il volume Medieval Eastern Europe, 500–1300 di Florin Curta, pubblicato da Routledge nel 2024, costituisce una delle più sistematiche sintesi della storia dell’Europa orientale nel lungo arco che va dalla dissoluzione dell’Impero romano d’Occidente alla formazione degli Stati medievali pienamente consolidati. L’autore, tra i maggiori studiosi del medioevo balcanico, propone un approccio storico e archeologico integrato, in cui le dinamiche politiche, economiche e culturali sono lette in costante relazione con le trasformazioni materiali del territorio e con i processi di interazione tra popolazioni di diversa origine. L’obiettivo principale del libro è ridefinire il concetto stesso di “Europa orientale”, liberandolo da un paradigma eurocentrico e statico, e mostrando invece come quest’area sia stata uno spazio di interscambi e di mobilità continua, in cui il confine tra Oriente e Occidente non fu mai un dato fisso ma una costruzione in movimento. Curta analizza il periodo compreso tra l’eredità tardoantica e la piena età feudale come una sequenza di mutamenti graduali, scanditi da crisi imperiali, migrazioni, cristianizzazioni e processi di statualizzazione, senza privilegiare un asse cronologico o nazionale, ma ricostruendo un insieme coerente di evoluzioni regionali interconnesse.
“The Struggle for Supremacy in the Middle East. Saudi Arabia and Iran” di Simon Mabon (Zed Books, 2023)
Il volume di Simon Mabon, The Struggle for Supremacy in the Middle East. Saudi Arabia and Iran, pubblicato nel 2015 da Zed Books, analizza in profondità la rivalità geopolitica tra l’Arabia Saudita e l’Iran, considerata dall’autore come la principale dinamica strutturante della politica mediorientale contemporanea. Il libro si propone di spiegare come tale competizione non sia un semplice conflitto religioso tra sunniti e sciiti, ma una lotta complessa per l’egemonia regionale che coinvolge fattori politici, ideologici, economici e di sicurezza. Mabon, studioso di relazioni internazionali e Medio Oriente, adotta un approccio che combina teoria politica e analisi empirica, integrando prospettive realiste, costruttiviste e postcoloniali. La sua tesi centrale è che la rivalità tra i due Paesi sia un processo in continua evoluzione, alimentato da una molteplicità di attori statali e non statali, e che la dimensione religiosa funzioni come strumento politico di legittimazione del potere e di mobilitazione delle masse. L’obiettivo dell’autore è superare le interpretazioni riduttive e proporre una lettura multilivello della competizione tra Riyadh e Teheran, mostrando come essa abbia rimodellato la geopolitica mediorientale dopo la fine della Guerra Fredda e, in particolare, dopo le Primavere arabe.
“Economists at War. How a Handful of Economists Helped Win and Lose the World Wars” di Alan Bollard (Oxford University Press, 2019)
Il volume Economists at War, pubblicato da Oxford University Press nel 2019 e scritto da Alan Bollard, affronta un tema di grande rilievo storico e intellettuale: il ruolo esercitato da un ristretto gruppo di economisti nelle vicende politiche, militari e sociali del Novecento, in particolare durante le due guerre mondiali. L’autore, economista e storico dell’economia, adotta un approccio biografico-comparativo per analizzare come le teorie economiche e le competenze tecniche di figure come John Maynard Keynes, Takahashi Korekiyo, Wassily Leontief, Friedrich Hayek, Oskar Lange, Gunnar Myrdal e H. H. Kung abbiano contribuito, direttamente o indirettamente, alla vittoria o alla sconfitta dei loro Paesi. Bollard non si limita a descrivere l’evoluzione delle loro idee, ma mostra come esse si siano trasformate in strumenti di potere e di governo in momenti di crisi estrema. L’opera si articola in capitoli dedicati a ciascun protagonista e alle rispettive nazioni, collegando le loro vicende personali con le dinamiche globali di guerra e ricostruzione. L’obiettivo è dimostrare che l’economia, lungi dall’essere una scienza neutrale, diventa nelle epoche di guerra una componente decisiva della strategia politica e militare. L’autore mostra inoltre che il conflitto mondiale costituì il laboratorio da cui nacque l’economia moderna, intesa come disciplina capace di modellizzare e governare sistemi complessi.
“Shadows at Noon. The South Asian Twentieth Century” di Joya Chatterji (Allen Lane, 2023)
Il volume Shadows at Noon. The South Asian Twentieth Century, pubblicato nel 2023 da Allen Lane, è un’opera di grande respiro storiografico con cui Joya Chatterji, docente emerita di storia dell’Asia meridionale a Cambridge, propone una rilettura complessiva del secolo scorso visto dal subcontinente. L’autrice abbandona la prospettiva politica centrata sui grandi eventi – come l’indipendenza, la partizione o la nascita delle nuove repubbliche – per restituire la complessità sociale, culturale e materiale della vita quotidiana in India, Pakistan, Bangladesh e Sri Lanka. Il libro non si limita a descrivere le conseguenze della colonizzazione britannica o del processo di decolonizzazione, ma esplora come le persone comuni abbiano costruito le proprie esistenze in un contesto di mutamento radicale. L’obiettivo dichiarato è superare le narrazioni nazionali che dominano la storiografia postcoloniale, mostrando come il ventesimo secolo dell’Asia meridionale sia stato attraversato da continuità profonde che collegano la fine dell’Impero britannico alla globalizzazione contemporanea. La metodologia adottata combina storia politica, antropologia, storia culturale e storia economica, in un’analisi che si fonda su fonti orali, archivi locali, documenti coloniali e testimonianze letterarie. L’approccio di Chatterji mira a cogliere il modo in cui le popolazioni dell’Asia meridionale hanno negoziato il potere, la modernità, la religione e la disuguaglianza, rivelando le “ombre a mezzogiorno” del progresso, ovvero le zone di ambiguità e contraddizione della modernità postcoloniale.
Eleatiche
Eleatiche è la piattaforma di Stroncature dedicata all’analisi dei modelli di impresa, della leadership e dell’evoluzione del capitalismo cognitivo. Esamina come l’automazione, l’intelligenza artificiale e la conoscenza stiano trasformando la struttura stessa delle organizzazioni e il modo in cui generano valore. Offre analisi e report per imprese, startup e consulenti su come adattarsi ai nuovi paradigmi tecnologici e gestionali. È un punto di riferimento per comprendere la transizione verso economie basate sui sistemi intelligenti e sulla leva cognitiva. Eleatiche aiuta a interpretare il futuro del lavoro e dell’impresa attraverso una prospettiva di lungo periodo.
Dal capitalismo industriale al capitalismo cognitivo: l’evoluzione delle infrastrutture della produttività
Il capitalismo industriale nacque dalla convergenza tra scienza, tecnica e capitale, trasformando la produzione in un processo organizzato e ripetibile. La macchina sostituì la forza fisica, la fabbrica divenne il luogo in cui l’energia e il lavoro venivano razionalizzati, e la scala produttiva dipese dall’accumulo di beni materiali. Il vapore, poi l’elettricità, furono i motori che resero possibile la concentrazione del lavoro e la crescita esponenziale della produzione. Il vantaggio competitivo si misurava nella capacità di costruire impianti più grandi, integrare catene di fornitura e ridurre il costo unitario dei beni. Le grandi imprese industriali non producevano solo merci, ma infrastrutture: ferrovie, acciaierie, reti elettriche. L’economia era fisica, tangibile e territoriale; la produttività dipendeva dall’intensità del capitale e dalla quantità di lavoro impiegata. Il valore nasceva dal controllo della materia, dall’efficienza della macchina e dalla disciplina della manodopera. Il sistema produttivo si fondava su energia, macchinari e organizzazione, e la crescita era lineare rispetto agli investimenti. L’informazione era accessoria, utile al coordinamento ma non autonoma. Il lavoro era forza e tempo, e la conoscenza era contenuta nella macchina, non distribuita nel sistema.






