Rassegna della stampa tedesca #117
Quello che segue è il Monitoraggio della stampa tedesca, curato dalla redazione di Stroncature, su commissione della Fondazione Hanns Seidel Italia/Vaticano. Il monitoraggio ha cadenza settimanale ed è incentrato sui principali temi del dibattito politico, economico e sociale in Germania. Gli articoli sono classificati per temi.
Stroncature produce diversi monitoraggi con taglio tematico o geografico personalizzabili sulla base delle esigenza del committente.
Analisi e commenti
L’ipocrisia della sinistra
Die Heuchelei der Linken – Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ), 27.03.2025
FAZ – Die Heuchelei der Linken (Jasper von Altenbockum
Un commento in FAZ critica la reazione tiepida della sinistra al ritiro di Günther Felßner, presidente dei contadini bavaresi, dalla corsa a ministro dell’agricoltura. Felßner, candidato sostenuto dalla CSU, ha rinunciato dopo una protesta estrema di attivisti animalisti nella sua fattoria. Secondo l’editorialista, quando violenze e intimidazioni costringono un politico a farsi da parte, l’indignazione dovrebbe essere unanime; invece a sinistra c’è stato solo un flebile sussurro. Felßner – di orientamento conservatore – non ha ricevuto la solidarietà che la sinistra solitamente esprime in casi simili. L’articolo denuncia quindi una “doppia morale” a sinistra: pronta a difendere i propri esponenti da minacce e aggressioni, ma molto meno energica se la vittima è un conservatore. In conclusione, FAZ sostiene che condannare con fermezza la violenza politica debba valere per tutti, altrimenti la credibilità del discorso democratico ne risente.
Giudici costituzionali: la destra radicale rivendica spazio
Demokratisch zwingend, dass AfD und Linke Vorschlagsrecht für Verfassungsrichter bekommen – Die Welt, 26.03.2025 (Welt+ – Thorsten Jungholt)
WELT – Demokratisch zwingend, dass AfD und Linke Vorschlagsrecht für Verfassungsrichter bekommen
Die Welt affronta un tema delicato di democrazia parlamentare: il diritto di proposta per i giudici del Bundesverfassungsgericht (la Corte Costituzionale federale) da parte dei gruppi politici estremi. L’articolo sostiene che, dopo le ultime elezioni, l’AfD (destra radicale) e la Linke (sinistra radicale) – ora entrambi rappresentati in Parlamento – dovrebbero poter indicare candidati a giudice costituzionale, rompendo il tradizionale oligopolio CDU/SPD. L’autore riconosce il disagio diffuso verso questa prospettiva, dato l’estremismo di AfD, ma sottolinea che escluderla formalmente sarebbe antidemocratico. Con i nuovi equilibri parlamentari (cinque gruppi invece di sette, dopo l’uscita dei Liberali), il sistema di elezione dei giudici va rivisto per mantenere la legittimità della Corte. Secondo il commento, concedere anche alle opposizioni radicali un ruolo nelle nomine – pur sgradito ai partiti tradizionali – è “democraticamente necessario” per rispecchiare il pluralismo espresso dagli elettori. Die Welt conclude che includere AfD e Linke nel processo, anziché escluderle a priori, rafforzerebbe la legittimazione del massimo organo giudiziario e la fiducia delle loro basi nelle istituzioni.
SPD e CDU alla prova del governo: nuovi equilibri e nodi irrisolti
Es gibt auch in Deutschland die wachsende Versuchung, Trump zu folgen – Handelsblatt, 25.03.2025 (intervista a Wolfgang Schröder)
Il Handelsblatt ha intervistato il politologo Wolfgang Schröder sulle tendenze in atto nella politica tedesca dopo le elezioni. Schröder osserva che, anche in Germania, cresce la “tentazione di seguire Trump” – ovvero di abbracciare modelli populisti e autoritari provenienti dagli Stati Uniti. A suo avviso, l’instabilità e i conflitti degli ultimi anni (dalla crisi della coalizione semaforo alla polarizzazione sul Covid) hanno eroso la fiducia verso i partiti tradizionali, aprendo spazi a retoriche “trumpiane” anche nel dibattito tedesco. Nell’intervista, Schröder analizza inoltre la crisi interna della SPD, uscita ridimensionata dal voto, e i motivi del suo “declino”: la socialdemocrazia appare priva di una visione convincente, stretta tra un CDU risorgente e una sinistra radicale in crescita. Quanto all’AfD, il politologo sottolinea come abbia capitalizzato l’insoddisfazione diffusa, e ritiene che solo un chiaro progetto politico di rinnovamento possa arginarla. In sintesi, Schröder invita i partiti democratici a “ritrovarsi” e definire identità più nette: per i Liberali (FDP) si prospetta un lungo periodo di opposizione e riflessione su se stessi, mentre per la nuova maggioranza nero-rossa CDU/SPD sarà decisivo gestire temi divisivi – dall’immigrazione alla spesa pubblica – senza alimentare ulteriormente il fascino delle scorciatoie populiste.
Trump bis e il tramonto dell’illusione transatlantica
Vielleicht kommt Amerika nicht zurück – Die Zeit, 24.03.2025 (estratto da “Worte, die die Welt beherrschen”, di Jörg Lau)
ZEIT ONLINE – Vielleicht kommt Amerika nicht zurück
Die Zeit riflette sulla svolta delle relazioni USA-Germania con il secondo mandato di Donald Trump. Il titolo – “Forse l’America non ritorna” – segnala il timore che la fiducia tedesca nella protezione americana sia ormai un’illusione del passato e che il tradizionale punto di riferimento della politica estera tedesca - gi Stati Uniti - rischia di sparire. L’autore evidenzia come Trump, già nella sua prima presidenza, vedesse la Germania più come “parassita” che come alleato: accusava Berlino di approfittare della difesa USA e insieme danneggiare l’industria americana con le esportazioni. La sua rielezione rappresenta quindi “la fine di un’epoca di transatlantismo” nella politica estera tedesca. L’articolo nota che Olaf Scholz, pur tardivamente, si era mostrato un fervente atlantista – ma ora anche lui deve riconoscere che il pilastro americano vacilla. Friedrich Merz, futuro cancelliere, dovrà elaborare una strategia estera che funzioni anche senza gli USA, rafforzando difesa e autonomia europea. In parallelo, cresce l’urgenza di investire nella sicurezza continentale e di dialogare con potenze emergenti. Die Zeit conclude che la Germania deve prepararsi a un mondo “multipolare” meno favorevole, in cui l’alleato americano non può più essere dato per scontato e una politica estera di “piano B” – in Europa e altrove – diventa indispensabile.
Libertà d’espressione vs disinformazione: un difficile equilibrio
Was ist wahr, was ist unwahr? Die neue Koalition will gegen falsche Tatsachenbehauptungen vorgehen – Der Tagesspiegel, 28.03.2025 (Malte Lehming)
Tagesspiegel – Was ist wahr, was ist unwahr? (Malte Lehming)
Il Tagesspiegel commenta l’intenzione del nuovo governo CDU-SPD di reprimere con più forza le “affermazioni di fatto false”. Nel documento negoziale della grande coalizione si legge infatti che la diffusione deliberata di falsità non sarà più tollerata, poiché “non coperta dalla libertà di opinone”. L’editoriale di Malte Lehming ammonisce però dai rischi di un simile approccio. Pur riconoscendo la minaccia delle fake news, l’autore ricorda che una “società aperta” deve essere interessata al progresso della conoscenza, non a imporre verità ufficiali. Troppi divieti possono soffocare il dibattito pubblico: “più voci si ascoltano e verificano, meglio è”. Il commento cita casi passati (durante la pandemia, post e tweet rimossi in massa perché considerati disinformazione, salvo poi rivelarsi ipotesi plausibili, come la teoria del laboratorio di Wuhan, come origine del virus. Secondo Lehming, la tentazione di combattere la propaganda con censure e leggi repressive è comprensibile ma pericolosa: la miglior arma contro le bugie è più verità, non il bavaglio. L’articolo conclude esortando la coalizione a ponderare bene qualsiasi stretta: vietare ex lege le “fake news” appare un confine scivoloso che potrebbe minare la libertà di espressione e il libero confronto di idee in Germania.
Una Große Koalition tra speranze e scetticismo
Die kleine Groko hat einen Vertrauensvorschuss verdient – die tageszeitung (taz), 29.03.2025 (Lukas Wallraff)
Die kleine Groko hat einen Vertrauensvorschuss verdient (Lukas Wallraff)
La tageszeitung – giornale tradizionalmente critico verso le Große Koalition – sorprendentemente concede al nuovo governo CDU-SPD un “beneficio del dubbio”. Il commento riconosce tutte le perplessità e i “mal di pancia” che questa coalizione impone soprattutto alla sinistra, ma sostiene che in un momento di crisi multiple valga molto avere comunque un esecutivo funzionante. L’editoriale nota che Vladimir Putin continua la guerra a est, Trump mina le democrazie a ovest, e in Germania si profila un cancellierato Merz: non è facile essere ottimisti, scrive Wallraff. Eppure, vedere la CDU e la SPD (uniche due forze in grado di governare senza l’AfD) “prendere atto della gravità della situazione” e trattare senza litigi pubblici è incoraggiante. Il tono di Friedrich Merz si è fatto più moderato, e finora non ci sono stati strappi: “bisogna pregare” – ironizza l’autore – che anche Markus Söder (leader bavarese della CSU) se ne renda conto. Il pezzo ammette che le aspettative devono restare modeste, ma invita “tutti i democratici realistici” a sperare nel successo di questo esperimento – per il bene della stabilità e della difesa delle istituzioni. Insomma, conclude taz, pur mantenendo la “schiena dritta” e la critica vigile, è lecito fare il tifo perché questa piccola Große Koalition riesca a governare e a frenare l’avanzata dei nemici della democrazia.
Politica estera e sicurezza
Vertice sull’Ucraina a Parigi: fermezza europea nonostante le divisioni
Nicht zu russischen Bedingungen – Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ), 27.03.2025 (Nikolas Busse)
FAZ – Ukraine-Gipfel in Paris: Nicht zu russischen Bedingungen
FAZ commenta l’esito del vertice di Parigi del 27 marzo, che ha riunito circa 30 Paesi europei – la “Coalizione dei Volenterosi” – per discutere di Ucraina. Il tono è di parziale delusione: l’incontro ha mostrato unità di intenti ma poche misure concrete. “Nessuna concessione a Mosca” è il motto ribadito: l’Europa deve mantenere dure le sanzioni finché la Russia continua la guerra di aggressione. Al contempo, l’articolo sottolinea la frattura atlantica: a Parigi c’erano Canada e Australia, ma non gli Stati Uniti – un’assenza dovuta all’unilateralismo di Trump, che continua a spaccare l’Occidente. Nonostante ciò, FAZ loda la fermezza europea: gli alleati UE confermano il sostegno militare a Kiev e respingono qualsiasi pace “alle condizioni russe”. Collaborare con l’America di Trump rimane difficile, ma “non c’è alternativa”: l’editorialista esorta l’Europa a fare la sua parte senza cedere, cercando di coinvolgere Washington ma preparandosi anche a scenario di minore appoggio USA. In sostanza, il vertice di Parigi è visto come un segnale di unità europea (“Koalition der Willigen”), pur nella consapevolezza che la strada verso una pace giusta è ancora in salita e che il fronte occidentale resta indebolito dalle divisioni transatlantiche.
Mosca si prepara a un grande conflitto? L’allarme di Bundeswehr e BND
Plant Moskau den großen Krieg? – Süddeutsche Zeitung (SZ), 27.03.2025 (Manuel Bewarder, Florian Flade, Jörg Schmitt)
SZ – Russland und die Nato: Plant Moskau den großen Krieg?
Un’approfondita analisi su SZ rivela un documento riservato preparato congiuntamente dalla Bundeswehr e dal servizio segreto BND. La conclusione è inquietante: la Russia sta già creando le condizioni per un possibile “conflitto su larga scala con l’Occidente” tra qualche anno, avviando una riorganizzazione strutturale delle proprie forze armate che prevede un aumento degli effettivi, un’accelerazione della produzione di armamenti e il rafforzamento delle capacità logistiche e industriali necessarie a sostenere un’eventuale guerra prolungata contro un avversario convenzionale come la NATO. In particolare in Europa orientale. Il documento riservato elaborato da Bundeswehr e BND stima che Mosca potrebbe raggiungere tale prontezza operativa già tra il 2026 e il 2029, una volta conclusa la fase di potenziamento della produzione industriale, del reclutamento e dell’addestramento delle truppe. A questo si aggiunge un’intensificazione dell’addestramento, della mobilitazione delle riserve e dell’integrazione delle capacità digitali e missilistiche, che rende plausibile uno scenario in cui la Russia possa condurre azioni militari offensive contro Stati confinanti della NATO, soprattutto nell’area del Baltico. Pur non risultando segnali di un’aggressione immediata alla NATO, la minaccia a medio termine appare concreta. SZ riferisce che, qualora la guerra in Ucraina finisse, Mosca potrebbe rapidamente ridispiegare le sue truppe verso i confini NATO (ad esempio nel Baltico). L’analisi conclude che l’Occidente deve prendere sul serio questo scenario: anche se al momento tre quarti delle forze russe sono impiegate in Ucraina, Aeronautica e Marina restano intatte e pronte ad agire. La Germania e gli alleati, dunque, dovranno potenziare notevolmente la propria deterrenza per “non farsi trovare impreparati” se Putin decidesse di mettere alla prova la coesione dell’Alleanza.
Segreti in chat: la gaffe di Washington che preoccupa l’Europa
Signal-Gate: Diese US-Regierung ist ein globales Sicherheitsrisiko – Die Welt, 26.03.2025 (Caroline Turzer)
WELT – Signal-Gate: Diese US-Regierung ist ein globales Sicherheitsrisiko
Die Welt commenta duramente il cosiddetto “Signal-Gate”, ovvero lo scandalo della chat su Signal in cui membri dell’amministrazione Trump hanno discusso di un’operazione militare segreta nello Yemen. In questa chat – incredibilmente – era incluso per errore anche un giornalista, che ha potuto leggere le conversazioni. L’episodio è definito non solo una “figuraccia” clamorosa per Washington, ma un vero campanello d’allarme per la sicurezza nazionale. La commentatrice (responsabile esteri di Welt) afferma che tali negligenze dimostrano come l’attuale governo USA rappresenti un “rischio per la sicurezza mondiale”. L’aspetto più inquietante non è solo la falla informatica in sé, ma il contenuto: nella chat, figure di spicco discutevano di un potenziale attacco ai ribelli Houthi in Yemen – decisione di enorme portata – con leggerezza inaccettabile. Secondo Die Welt, l’Europa dovrebbe considerare questo incidente come “l’ultima avvisaglia” di quanto Trump e il suo team possano essere inaffidabili e pericolosi: errori del genere mettono a repentaglio operazioni segrete, vite umane e stabilità regionale. L’articolo esorta quindi gli alleati europei a prendere le dovute distanze e precauzioni: finché a Washington regnerà simile imprudenza, l’UE dovrà agire con estrema prudenza e prepararsi a mitigare i danni di eventuali passi falsi americani.
Laschet: legare Trump all’Europa e rafforzare l’autonomia UE
Schwarz-Rot will harten Migrationskurs – Laschet: Trump so eng wie möglich an Europa binden – Handelsblatt / dpa, 25.03.2025
Armin Laschet will Trump so eng wie möglich an Europa binden
Armin Laschet (CDU), indicato come futuro ministro degli esteri, in un’intervista rilanciata dal Handelsblatt esorta l’Europa a “tenere Trump il più vicino possibile” all’UE, malgrado le divergenze. Laschet riconosce che il secondo mandato di Trump aprirà fratture, ma ritiene vitale evitare una rottura transatlantica: “nonostante tutto, gli USA avranno ancora bisogno dell’Europa – e viceversa”. Parallelamente, insiste sulla necessità che l’Europa “diventi più indipendente” in materia di difesa e approvvigionamenti energetici. ine sicuri), emerge parallelamente una linea condivisa sulla necessità di rafforzare la politica di sicurezza interna ed esterna, alla luce del nuovo scenario geopolitico. Entrambi i partiti riconoscono che il mutato contesto internazionale, segnato dalla crescente assertività russa e dall’incertezza sul ruolo degli Stati Uniti, impone una revisione delle priorità strategiche della Germania, sia sul fronte della difesa che su quello dei controlli alle frontiere. Inoltre, Laschet ribadisce che in politica estera il binomio sarà cooperare con Washington dove possibile e rafforzarsi come UE dove necessario. Il discorso tocca anche la guerra in Ucraina: secondo Laschet, “gli USA hanno imparato che hanno ancora bisogno dell’Europa” per fronteggiare le crisi globali, ma l’UE deve nel contempo investire di più nella propria sicurezza. In sintesi, la linea dell’esperto democristiano – che il nuovo governo sembra condividere – è duplice: ancorare Trump all’Occidente istituzionale il più possibile, e insieme emancipare l’Europa per non restare esposta a future svolte unilaterali americane.
Baerbock: un’Unione Europea più forte in tempi spietati
Europe 2025: Annalena Baerbock warnt vor einer „Zeit der Ruchlosigkeit“ – Die Zeit, 27.03.2025 (Alexander Eydlin)
ZEIT ONLINE – Baerbock warnt vor einer „Zeit der Ruchlosigkeit“
In occasione della conferenza “Europe 2025”, la ministra uscente degli esteri Annalena Baerbock ha lanciato un monito sugli scenari internazionali sempre più cinici, parlando di una “epoca di spietatezza”. La Zeit riporta che Baerbock considera inevitabile la creazione di una vera Unione Europea della Difesa, sostenendo che sia “questione di tempo” e che l’Europa non possa più permettersi di dipendere dalla protezione militare statunitense. Secondo Baerbock, l’instabilità globale, la pressione esercitata dalla Russia e la crescente imprevedibilità della politica estera americana rendono necessario dotare l’Unione di capacità operative autonome. Solo così, afferma, sarà possibile garantire la sicurezza del continente e preservare l’ordine internazionale basato sulle regole, anche in assenza di un sostegno stabile da parte di Washington. Baerbock ha anche rivolto un avvertimento all’Ungheria: se Budapest continuerà a bloccare iniziative UE importanti (come sanzioni o allargamenti), si potrebbe arrivare a sospendere il suo diritto di voto . Sul piano interno, l’articolo rivela un altro dettaglio interessante: Baerbock, consapevole di lasciare il Ministero degli Esteri, avrebbe indicato come suo successore preferito il collega Boris Pistorius (attuale ministro della difesa) – mostrando così unità nella squadra SPD-Verdi. In sintesi, la posizione di Baerbock è di doppia spinta: un’Europa più unita e assertiva contro le “potenze aggressive”, e un rigore verso chi, all’interno dell’UE, ne tradisce i principi di solidarietà e stato di diritto.
Berlino e Parigi: sostegno sì, truppe no – i limiti dell’impegno UE
Ukraine-Treffen in Frankreich: Sicherheitsgarantien für Kyjiw bleiben vage – die tageszeitung (taz), 27.03.2025 (Eric Bonse)
taz – Ukraine-Treffen in Frankreich: Sicherheitsgarantien für Kyjiw bleiben vage
La taz analizza criticamente i risultati del meeting sulla sicurezza dell’Ucraina svoltosi a Parigi. All’incontro – voluto da Emmanuel Macron e dal premier britannico Keir Starmer – partecipavano i Paesi europei “volenterosi” di garantire Kiev dopo un eventuale cessate il fuoco. La “coalizione dei volenterosi” (30 nazioni europee e alcuni partner globali) ha ribadito la linea dura verso Mosca e promesso ulteriore sostegno a Kiev. Tuttavia, osserva l’articolo, le promesse concrete restano modeste: Francia e Regno Unito manderanno una missione congiunta di consulenza e addestramento per l’esercito ucraino, ma “non si parla più” di truppe europee di pace. Non si fa più riferimento a una presenza militare stabile sul territorio ucraino, né a missioni di protezione diretta in caso di nuove aggressioni. Al contrario, le dichiarazioni finali si limitano a ribadire il sostegno politico e logistico a Kyiv, rinviando qualsiasi decisione sostanziale a consultazioni future. Questo ridimensionamento delle ambizioni iniziali riflette le divergenze tra gli Stati membri e la volontà di evitare un'escalation con Mosca, pur mantenendo un’apparente unità di intenti. Anche il cancelliere uscente Scholz ha partecipato e, secondo taz, la Germania – “rappresentata dal (ancora) cancelliere SPD” – ha avallato l’approccio prudente. Macron ha parlato solo di “forze di supporto deterrente” via terra, aria e mare attorno al territorio ucraino, evitando qualsiasi riferimento esplicito a un dispiegamento diretto all’interno del Paese. L’idea è quella di rafforzare la presenza militare nei Paesi confinanti, come Polonia, Romania e Stati baltici, per dissuadere ulteriori azioni russe, senza però impegnare formalmente l’UE in un’operazione di peacekeeping o di protezione armata sul suolo ucraino. Questa formulazione ambigua è stata interpretata come un compromesso volto a mantenere l’unità europea, evitando al contempo di superare le linee rosse imposte da diversi governi nazionali.. In conclusione, la taz evidenzia il divario tra retorica e azione: l’Europa mostra unità nel voler proteggere Kiev, ma non è (ancora) disposta a impegnare forze sul terreno. Di positivo c’è la coesione occidentale (nonostante l’assenza degli USA), di negativo la sensazione che “sulla carta” si prometta più di quanto si sia pronti a fare in concreto per la sicurezza ucraina.
Questioni militari
Ministro sotto tiro: leva obbligatoria e attacchi all’opposizione
Die FDP braucht jetzt einen Selbstfindungstrip – Muss der Bahnchef jetzt zittern? – Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ), 11.03.2025 (Berthold Kohler)
FAZ – Parteisoldat Pistorius prügelt den Partner (Bericht der Wehrbeauftragten
FAZ commenta i risultati del rapporto annuale sullo stato dell’esercito presentato dalla Wehrbeauftragte Eva Högl e le reazioni politiche. Il giudizio sullo stato della Bundeswehr è severo: “manca di tutto – armi, munizioni e soldati”. Più di un quarto dei posti per truppa semplice è vacante, e anche tra ufficiali e sottufficiali c’è una carenza significativa, che si aggira intorno al 20%, compromettendo la capacità operativa complessiva della Bundeswehr. Questa situazione riflette non solo le difficoltà nel reclutamento, ma anche un crescente tasso di abbandono durante l’addestramento iniziale, segno di una perdita di attrattività della carriera militare. La scarsità di personale si aggiunge alla mancanza di equipaggiamenti adeguati, mezzi obsoleti e strutture logistiche carenti, delineando un quadro critico che richiede interventi strutturali urgenti. L’articolo – intitolato provocatoriamente “Il soldato di partito Pistorius prende a bacchettate il partner” – sottolinea che il ministro della difesa Boris Pistorius (SPD), invece di affrontare subito il nodo della Wehrpflicht (servizio militare obbligatorio), ha preferito attaccare l’opposizione di centrodestra. In pubblico infatti Pistorius e il collega Hubertus Heil (SPD) hanno accusato la CDU/CSU di incoerenza sui fondi alla difesa, cercando di deviare l’attenzione dalle responsabilità dell’attuale governo nella gestione delle carenze strutturali delle forze armate. Secondo l’analisi, i due ministri hanno puntato il dito contro l’opposizione per aver bloccato in passato aumenti di bilancio, omettendo però di riconoscere i ritardi e le inefficienze accumulati durante la legislatura uscente. Questa strategia comunicativa è stata interpretata come un tentativo di evitare un’assunzione piena di responsabilità politica da parte dell’SPD, in un momento in cui il dibattito pubblico sulla sicurezza nazionale richiede risposte chiare e operative. FAZ definisce Pistorius un “soldato di partito” che antepone la polemica politica alle necessità strategiche. L’editoriale invece sostiene che, dati i numeri drammatici, “riattivare la leva obbligatoria è urgentissimo”: solo reintroducendo un servizio militare adattato ai tempi (registro dei coscritti e reparti addestrativi dedicati) si potrà allargare la base di soldati, indispensabile per una Bundeswehr *“più grande, efficace e pronta” ad affrontare scenari di crisi prolungata e ad assicurare la difesa collettiva nell’ambito della NATO. Una forza armata professionale basata esclusivamente sul volontariato, secondo i critici, non è più sufficiente a garantire il livello di prontezza richiesto dal nuovo contesto strategico. La riattivazione di un servizio di leva flessibile, mirato e integrato con la riserva, viene considerata essenziale per ricostruire un potenziale militare credibile e sostenibile nel medio periodo. La FAZ conclude che la difesa tedesca è un “tanker che non può più permettersi di andare piano”: servono decisioni rapide e condivise – come appunto la ripresa della leva – invece di battibecchi partigiani che fanno solo perdere tempo prezioso.
Forze armate tedesche: soldi infiniti, ma tre sfide enormi
Bundeswehr steht vor drei großen Herausforderungen – Geld allein reicht nicht – Süddeutsche Zeitung (SZ), 23.03.2025 (Georg Ismar)
SZ – Viel mehr Geld: Bundeswehr steht vor drei großen Herausforderungen
Un’analisi su SZ valuta lo stato della Bundeswehr a tre anni dall’annuncio della Zeitenwende e del fondo speciale da 100 miliardi. Ora i mezzi finanziari sono praticamente “quasi illimitati”, ma – avverte l’articolo – “il denaro da solo non risolve tuti i problemi” strutturali della Bundeswehr. L’articolo sottolinea che senza una profonda riforma delle procedure di approvvigionamento, una modernizzazione della burocrazia militare e un miglioramento significativo delle condizioni di servizio, l’aumento dei fondi rischia di produrre effetti limitati. La lentezza dei processi decisionali, l’assenza di priorità operative chiare e la difficoltà nel trattenere personale qualificato continuano a rappresentare ostacoli rilevanti alla piena trasformazione delle forze armate tedesche in uno strumento efficace di deterrenza e difesa”. Le tre sfide principali identificate sono: (1) Cosa acquistare esattamente: occorre priorità chiare per colmare le lacune di armamenti, evitando spese inutili. (2) Come rendere il Ministero della Difesa più efficiente: la burocrazia e i processi di acquisto lenti sono visti come “un enorme petroliere che fatica a cambiare rotta”, rallentando l’intera macchina della difesa in un momento in cui rapidità e adattabilità sono fondamentali. (3) Come affrontare la questione del personale: la Bundeswehr fatica ad attrarre e trattenere nuovi soldati, con tassi di abbandono elevati già nelle prime fasi dell’addestramento e una percezione diffusa di scarsa attrattività del servizio militare. Secondo l’analisi, solo affrontando con decisione questi tre nodi – pianificazione strategica degli acquisti, riforma organizzativa e rilancio del reclutamento – sarà possibile tradurre le risorse disponibili in una reale capacità militare operativa.”. La commissaria Högl stessa, nel suo ultimo rapporto, ha paragonato la Bundeswehr a un tanker che impiega tempo a virare, tempo che però non abbiamo più, considerata la crescente instabilità del contesto internazionale e l’inasprirsi delle minacce ai confini dell’Europa. Secondo Högl, la lentezza del cambiamento compromette la credibilità della capacità difensiva tedesca e richiede una trasformazione radicale dell’apparato militare e amministrativo. Continuare con gli attuali ritmi di riforma significherebbe esporsi a rischi strategici crescenti, in un momento in cui alleati e partner NATO si aspettano dalla Germania un contributo molto più incisivo alla sicurezza collettiva. Ciò evidenzia un problema strutturale di attrattiva della carriera militare. L’articolo nota che le condizioni quotidiane – noia, mancanza di addestramento moderno, caserme fatiscenti – disilludono molti giovani idealisti che avevano aderito spinti dalla nuova retorica patriottica sulla difesa della democrazia, ma che si scontrano rapidamente con una realtà deludente e priva di motivazione. La discrepanza tra la narrazione istituzionale e l’esperienza concreta di servizio mina la fiducia dei nuovi arruolati e porta a un elevato tasso di abbandono già nei primi mesi. Il risultato è un circolo vizioso in cui la Bundeswehr non solo non riesce a colmare i vuoti organici, ma fatica anche a trattenere i pochi che vi fanno ingresso, aggravando ulteriormente la crisi strutturale di personale che colpisce l’intero sistema della difesa tedesca. In conclusione, la Süddeutsche afferma che la Zeitenwende sarà reale solo affrontando insieme queste tre sfide: occorre spendere bene il denaro, snellire l’amministrazione e soprattutto non perdere la “battaglia dei talenti” per dare alla Germania forze armate all’altezza delle nuove minacce.
Berlino sblocca 3 miliardi extra per le armi a Kiev
Haushaltsausschuss bewilligt Milliarden-Paket für Ukraine – Die Welt / dpa, 21.03.2025
WELT (dpa) – Haushaltsausschuss bewilligt Milliarden-Paket für Ukraine
La Commissione Bilancio del Bundestag ha dato il via libera a un pacchetto straordinario di aiuti militari per l’Ucraina da oltre 3 miliardi di euro per l’anno 2025, stanziamento che rientra in un impegno finanziario pluriennale volto a rafforzare le capacità difensive di Kyiv di fronte all’aggressione russa. La decisione, approvata con ampio consenso parlamentare, consente di accelerare la fornitura di armi, munizioni e attrezzature logistiche, e rappresenta un segnale politico chiaro della determinazione tedesca a sostenere l’Ucraina nel lungo periodo. Il pacchetto include anche misure per il riapprovvigionamento dell’esercito tedesco, al fine di mantenere la prontezza operativa della Bundeswehr nonostante le continue forniture militari a Kyiv. Die Welt riferisce che l’accordo è giunto dopo mesi di scontro politico: il cancelliere Scholz (SPD) aveva inizialmente bloccato questi fondi aggiuntivi nel contesto di una disputa di bilancio, suscitando critiche unanimi da opposizione e partner di coalizione, che accusavano il governo di rallentare un sostegno essenziale in un momento critico del conflitto. La pressione esercitata dai Verdi e dai Liberali, unita alle richieste insistenti da parte della CDU e della comunità internazionale, ha infine costretto il cancelliere a rivedere la sua posizione. Il compromesso raggiunto in Commissione Bilancio consente ora di sbloccare i fondi attraverso un meccanismo straordinario, evitando al contempo un’aperta violazione del freno costituzionale al debito. La vicenda ha però evidenziato le tensioni interne al governo uscente e la difficoltà di conciliare rigore finanziario e responsabilità strategica.. Con l’intesa del 21 marzo, il Parlamento ha mostrato unità inviando un “segnale importante al Cremlino” – come ha dichiarato il deputato SPD Andreas Schwarz – cioè che la Germania mantiene le promesse e “si assume le sue responsabilità”. In pratica, grazie a questo stanziamento straordinario (parte di un pacchetto fino a 8,3 miliardi per il 2026-29), Berlino potrà accelerare la fornitura di materiale bellico a Kiev: sistemi d’arma, munizioni e supporto logistico, per aiutare l’Ucraina nel “pesante sforzo difensivo contro gli invasori russi”, come definito nei documenti ufficiali allegati alla delibera. L’obiettivo è rafforzare la resistenza ucraina nei mesi a venire, in un momento in cui le forniture statunitensi risultano rallentate e Mosca intensifica la produzione militare. Il pacchetto approvato comprende anche contributi per la manutenzione e l’addestramento, affinché le forze ucraine possano impiegare in modo efficace i sistemi avanzati forniti. Berlino intende inoltre coordinarsi con altri partner europei per garantire una distribuzione rapida ed efficiente del materiale, mantenendo alta la pressione sul fronte orientale. Sullo sfondo, Die Welt evidenzia che la mossa tedesca arriva mentre Washington riduce temporaneamente i suoi aiuti (“usandoli come leva di pressione” nei confronti del governo ucraino, nel tentativo di influenzarne le scelte politiche e strategiche. In questo contesto, la Germania si trova nella posizione di dover colmare parzialmente il vuoto lasciato dagli Stati Uniti, rafforzando il proprio ruolo di garante della sicurezza europea. Die Welt sottolinea come questa dinamica accresca le aspettative nei confronti di Berlino, che deve ora dimostrare coerenza tra dichiarazioni politiche e impegni concreti. La scelta di procedere con nuovi stanziamenti straordinari è interpretata anche come un segnale alla Russia che l’unità europea, pur sotto pressione, rimane operativa. L’Europa cerca dunque di compensare eventuali cali statunitensi e allo stesso tempo guarda con preoccupazione la rinnovata corsa al riarmo russo. In conclusione, l’articolo sottolinea come il Bundestag, con un ampio consenso trasversale, abbia deciso di rafforzare il sostegno militare all’Ucraina, giudicandolo essenziale sia per la sicurezza europea sia per inviare un messaggio di compattezza a Putin.
“La leva deve tornare subito”: pressing dei conservatori sulla difesa
Appell an Union und SPD: Drei Ex-Wehrbeauftragte plädieren für Rückkehr zur Wehrpflicht – Der Tagesspiegel, 27.03.2025 (Daniel Friedrich Sturm)
Tagesspiegel – Ex-Wehrbeauftragte plädieren für Rückkehr zur Wehrpflicht
Tre ex commissari parlamentari delle Forze Armate (Wehrbeauftragte) – tra cui Hans-Peter Bartels (SPD) – hanno lanciato un appello congiunto affinché il nuovo governo reintroduca il servizio militare obbligatorio nel contratto di coalizione, sostenendo che senza un contributo obbligatorio da parte della popolazione non sarà possibile colmare i gravi deficit di personale della Bundeswehr. Secondo i firmatari, la situazione internazionale richiede un rafforzamento rapido ed efficace delle capacità difensive del Paese, e l’attuale modello basato sul solo volontariato non è più adeguato. L’appello sottolinea che una forma moderna di leva, flessibile e selettiva, è indispensabile per costruire una riserva solida e assicurare la prontezza operativa in caso di crisi. I tre ex garanti invitano CDU e SPD a superare le esitazioni politiche e a inserire esplicitamente il ripristino della Wehrpflicht nel programma del nuovo esecutivo.. In un’intervista al Tagesspiegel, Bartels afferma che “l’epoca dell’esercito esclusivamente volontario è irrevocabilmente finita” e che le mutate condizioni di sicurezza richiedono una risposta strutturale che solo un servizio di leva può garantire. Secondo Bartels, la Germania deve essere in grado di mobilitare un numero significativamente più alto di soldati, sia per la difesa nazionale sia per il contributo agli impegni della NATO. La previsione è di portare la Bundeswehr dagli attuali circa 180.000 effettivi ad almeno 250.000 nei prossimi anni, obiettivo ritenuto irraggiungibile senza una base obbligatoria di reclutamento. Il ritorno della leva, secondo i firmatari, non dovrebbe replicare il modello del passato, ma essere calibrato su esigenze moderne e includere anche percorsi civili alternativi, al fine di rafforzare la coesione sociale e la resilienza del Paese”. Con la sicurezza europea di nuovo a rischio come ai tempi della Guerra Fredda, la Bundeswehr dovrà crescere dagli attuali ~180.000 soldati a “circa 250.000” effettvi entro pochi anni, per garantire una capacità di deterrenza credibile e sostenibile. I tre ex commissari sostengono che, di fronte all’espansione militare russa e all’incertezza del quadro internazionale, la Germania non può più permettersi un esercito sottodimensionato. La sola via realistica per raggiungere tale obiettivo numerico è l’introduzione di un obbligo di leva, almeno in forma selettiva, che consenta di formare una riserva ampia e preparata. La crescita degli effettivi dovrà inoltre essere accompagnata da investimenti strutturali in addestramento, logistica e infrastrutture, affinché l’aumento numerico si traduca in un reale rafforzamento operativo. Senza un contributo obbligatorio della leva, ciò è irrealizzabile. Il Tagesspiegel nota che CDU e SPD sono ancora lontane dall’accordo su questo punto nelle trattative di governo: i socialdemocratici finora frenano, mentre parte dell’Unione spinge (soprattutto l’ala bavarese della CSU). Ma l’appello bipartisan di queste figure autorevoli aumenta la pressione. Gli ex commissari sottolineano che più fondi per armi da soli non basteranno a rendere la Germania “kriegstüchtig” – ovvero adeguatamente deterrente: serve anche “più personale”. In sintesi, l’articolo mette in luce come il dibattito sulla Wehrpflicht stia uscendo dal tabù: per la prima volta esponenti di spicco di entrambi i maggiori partiti dichiarano apertamente che il ritorno di un qualche servizio di leva è non solo auspicabile, ma necessario per la capacità difensiva del Paese.
Paracadutisti russi e droni cinesi: il generale avverte, la Germania si muove
Russland in wenigen Jahren offenbar bereit für Angriff auf NATO – Generalinspekteur Breuer: „Noch nie so bedrohlich wie jetzt“ – Der Tagesspiegel / Bundeswehr, 26.03.2025
Tagesspiegel – Internes Papier: Russland bereit für Angriff auf Nato
Un rapporto riservato trapelato dal Ministero della Difesa tedesco – elaborato insieme dall’intelligence BND e dallo Stato Maggiore – avverte che entro fine decennio la Russia potrebbe essere in grado di attaccare un Paese NATO (ad esempio in Europa orientale), grazie a una riorganizzazione militare che prevede l’espansione dell’esercito, il potenziamento della produzione industriale bellica e una capacità logistica rafforzata. Secondo il documento, se la guerra in Ucraina dovesse concludersi nei prossimi anni, Mosca potrebbe rapidamente ridislocare le sue forze verso i confini dell’Alleanza Atlantica, in particolare nei Paesi baltici, mettendo alla prova la coesione e la prontezza della NATO. Il Tagesspiegel, che ne ha confermato i contenuti, evidenzia la reazione del generale Carsten Breuer, Capo di Stato Maggiore tedesco: Breuer ha dichiarato pubblicamente che “la minaccia non è mai stata così grave come adesso” e che la Germania deve prepararsi concretamente a uno scenario di confronto diretto con la Russia. Secondo Breuer, l’attuale equilibrio strategico è più fragile rispetto agli anni precedenti, e l’esercito tedesco deve raggiungere una condizione di piena prontezza in tempi brevi. La dichiarazione riflette la crescente consapevolezza, ai vertici militari e politici, che l’era della pace in Europa non può più essere data per scontata e che la Bundeswehr deve evolvere da forza di stabilizzazione a strumento credibile di difesa collettiva.. Di fronte a questo scenario, la Germania corre ai ripari: la ministra della Difesa designata, Annegret Kramp-Karrenbauer (CDU), ha anticipato che la nuova coalizione aumenterà ulteriormente gli stanziamenti per difesa e spingerà per un’esercitazione NATO su larga scala in Polonia. Intanto, la Bundeswehr ha richiamato in patria un suo generale di alto grado presso la NATO, dopo accuse di negligenza nella gestione di documenti riservati, in particolare relativi a piani operativi e informazioni sensibili condivise all’interno dell’Alleanza. Secondo quanto riportato dal Tagesspiegel, l’ufficiale avrebbe violato le procedure di sicurezza previste per la gestione di materiale classificato, esponendo potenzialmente dati strategici a rischi di accesso non autorizzato. Il Ministero della Difesa ha avviato un’indagine interna e ha sottolineato l’intenzione di applicare una linea di tolleranza zero nei confronti di simili violazioni, considerate particolarmente gravi nel contesto dell’attuale allerta militare. Questo segnale di “tolleranza zero” verso le falle di sicurezza indica un clima di massima allerta: Berlino vuole evitare qualsiasi vulnerabilità interna mentre rafforza il proprio esercito. Completano il quadro le richieste degli ex commissari militari di reintrodurre la leva obbligatoria (vedi sopra) e l’accelerazione di consegne di armi avanzate (droni, difese aeree) acquistate con il fondo speciale. In sintesi, la Germania – tradizionalmente cauta – si sta rapidamente adattando a una situazione percepita come estremamente minacciosa, con misure straordinarie sia sul piano umano (leva, esercitazioni) sia su quello tecnologico (riarmo, cyber-sicurezza).
Politica interna e questioni sociali
FDP in crisi d’identità: quattro anni per ritrovarsi
Die FDP braucht jetzt einen Selbstfindungstrip – Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ), 27.03.2025 (Friederike Haupt)
FAZ – Die FDP braucht jetzt einen Selbstfindungstrip
L’analisi della FAZ si concentra sul momento difficile dei Liberali (FDP) dopo le elezioni. Rimasta fuori dal nuovo governo e indebolita al Bundestag, la FDP di Christian Lindner deve capire “chi vuole essere” in un contesto politico profondamente mutato, in cui non è più sufficiente rivendicare il ruolo di garante della disciplina fiscale e dell’innovazione economica. Secondo FAZ, il partito appare privo di una strategia coerente e fatica a definire una posizione chiara tra conservatori e progressisti, tra istanze di mercato e sensibilità sociali. L’assenza dal governo offre ora l’opportunità di un ripensamento profondo, ma impone anche il rischio dell’irrilevanza se non verrà accompagnata da un reale rinnovamento politico e programmatico. Il pezzo sostiene che la dirigenza liberale è bravissima a “spiegare ogni cosa”, ma spesso la retorica non combacia con la realtà delle azioni – creando disillusione tra gli elettori e alimentando una crescente sfiducia verso il partito. Questa discrepanza tra narrazione e pratica politica ha minato la credibilità della FDP, in particolare durante la partecipazione al precedente governo, dove molte promesse su tagli fiscali, digitalizzazione e semplificazione normativa non si sono concretizzate. La distanza tra aspettative create e risultati effettivi ha lasciato spazio a un senso diffuso di incoerenza, che ora la dirigenza dovrà affrontare se intende ricostruire un’identità riconoscibile e riconquistare la fiducia dell’elettorato. Lindner ha descritto il suo partito come il campione di innovazione, tagli fiscali e libertà, ma alla prova di governo (nella coalizione uscente) la FDP ha deluso quelle aspettative. Ora, afferma FAZ, i Liberali devono iniziare un “viaggio di auto-scoperta lungo quattro anni” per ricostruire la propria identità e credibilità. Il nuovo capogruppo Christian Dürr e la base dovranno scegliere se tornare a un liberalismo più sociale ed europeo o accentuare il profilo di destra economica. L’editoriale ammonisce che, senza una visione chiara, sarà difficile per la FDP riconquistare spazio nel 2029. Come monito finale, FAZ ricorda che il “mito” per cui la FDP si capirebbe da sola è appunto un mito: in realtà pare non aver più chiaro il proprio ruolo. Riscoprire la missione liberale – in un Parlamento polarizzato con forti SPD, CDU e AfD – è l’unica via per evitare di diventare irrilevanti. In sintesi, l’articolo dà alla FDP un compito cruciale: rispondere in modo convincente alla domanda “chi vogliamo essere?”, pena un futuro ancora più incerto fuori dai palazzi del potere.
Linea dura su migranti e sicurezza: CDU-SPD trovano l’intesa
Schwarz-Rot strebt einen harten Migrationskurs an – Süddeutsche Zeitung (SZ), 25.03.2025 (Michael Bauchmüller et al.)
SZ – Koalitionsverhandlungen: Schwarz-Rot will harten Migrationskurs
Un ampio articolo della SZ rivela i primi risultati concreti dei negoziati di coalizione tra CDU/CSU e SPD sul capitolo politiche interne. Si delinea un accordo per un giro di vite sull’immigrazione irregolare: sarà possibile respingere alle frontiere i richiedenti asilo già registrati altrove (“Zurückweisung an der Grenze”), applicando in modo più rigido il regolamento di Dublino e rafforzando i controlli alle frontiere tedesche. Questa misura, fortemente voluta dalla CDU/CSU, mira a ridurre l’ingresso di migranti irregolari che hanno già presentato domanda di protezione in altri Stati membri dell’Unione Europea. Il provvedimento si inserisce in un più ampio pacchetto di politiche restrittive concordate durante i negoziati di coalizione, con l’obiettivo dichiarato di rafforzare l’ordine e la sicurezza sul territorio nazionale. Inoltre, quattro nuovi Paesi (Algeria, India, Marocco e Tunisia) verranno designati “Paesi d’origine sicuri”, facilitando rimpatri di cittadini le cui richieste di asilo sono respinte, in quanto si presume che nei loro Paesi non vi siano persecuzioni sistematiche o gravi violazioni dei diritti umani. Questa classificazione consente alle autorità tedesche di accelerare le procedure di esame e di rimpatrio, riducendo i tempi di permanenza dei richiedenti non ammessi. La misura, sostenuta in particolare dalla CDU, è volta a snellire il sistema di asilo e a contenere la pressione sul sistema di accoglienza, mantenendo al contempo gli standard previsti dal diritto europeo e costituzionale in materia di protezione individuale. Parallelamente, il documento prevede di mantenere (e potenziare) il biglietto ferroviario scontato D-Ticket introdotto dall’ultimo governo, pur con futuri aggiustamenti di prezzo. Restano nodi aperti: SPD e Unione sono ancora distanti su questioni come la reintroduzione del servizio di leva obbligatorio (Wehrpflicht) – che la CDU vuole e la SPD tentenna – e sulla legge “calda” delle caldaie ecologiche (Heizungsgesetz), che prevede l’obbligo di installare impianti a basse emissioni nei nuovi edifici e in caso di sostituzione degli impianti esistenti. Mentre la CDU chiede una revisione delle scadenze e maggiore flessibilità nell’attuazione, la SPD insiste sul mantenimento degli obiettivi climatici già fissati, pur ammettendo la necessità di alleggerire l’onere per i cittadini. Questi punti restano al centro di un confronto serrato all’interno dei negoziati di coalizione, con l’intento di evitare un irrigidimento delle posizioni che potrebbe ostacolare la formazione del nuovo governo . L’articolo sottolinea come su alcuni temi sociali la SPD stia difendendo le proprie posizioni: ad esempio, i socialdemocratici insistono per prorogare il blocco dell’aumento degli affitti (Mietpreisbremse) e proteggere il sussidio di cittadinanza (Bürgergeld), mentre la CDU spinge per tagli fiscali e incentivi alle imprese, con l’obiettivo di rilanciare l’attività economica e favorire gli investimenti privati. Le due forze politiche cercano un equilibrio tra misure di protezione sociale e politiche orientate alla crescita, in un contesto economico segnato da stagnazione e da una pressione crescente sui conti pubblici. La SPD intende evitare un indebolimento delle garanzie per le fasce più vulnerabili della popolazione, mentre la CDU ritiene prioritaria una strategia di stimolo all’economia tramite riduzione del carico fiscale e snellimento normativo.. Complessivamente però regna un cauto ottimismo: “sui punti più controversi come migranti e sicurezza pare delinearsi un compromesso”, scrive SZ.. In sintesi, la nuova Große Koalition mostra un programma orientato a ordine e disciplina in immigrazione e sicurezza, bilanciato da misure di tutela sociale care alla SPD. La coalizione nero-rossa appare “unita nelle divergenze”: capace di trovare una linea comune pur partendo da filosofie differenti, come recita il titolo “Im Streit vereint” (“uniti nel dissenso”) di un box di approfondimento.
“Giganti” della spesa pubblica: serve più rigore o più coraggio?
Milliardenlücke im Haushaltsplan – Diese Schuldenpakete gefährden unseren Wohlstand – Handelsblatt / Die Zeit, marzo 2025
Sul fronte delle finanze pubbliche interne, il nuovo governo si appresta a lanciare un colossale Sondervermögen (“patto per investimenti” stimato in 500 miliardi di euro in dieci anni) per infrastrutture e difesa. Ciò equivarrà di fatto a sospendere la rigida norme del Schuldenbremse (freno al debito) per un lungo periodo. Handelsblatt, citando fonti riservate, ha rivelato che nel piano di bilancio 2025-29 manca una copertura per oltre 100 miliardi – lacuna che sarà coperta attraverso nuovo indebitamento, facendo ricorso a strumenti straordinari per aggirare i limiti del freno al debito. Il giornale evidenzia come il governo intenda classificare una parte rilevante delle nuove spese come investimenti speciali, escludendoli così dal calcolo del deficit strutturale. Questa impostazione ha suscitato dubbi tra esperti e organi di controllo, che temono una deriva verso una gestione extra-bilancio permanente, potenzialmente lesiva della trasparenza fiscale e della sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche. Mentre ambienti industriali (DIHK) plaudono alla fine dell’austerità e invocano anzi ulteriori sgravi e tagli alla burocrazia, ritenuti indispensabili per rilanciare la competitività delle imprese e stimolare gli investimenti privati. Secondo la Deutscher Industrie- und Handelskammertag, il sistema produttivo tedesco soffre da anni per l’eccesso di oneri amministrativi e per procedure lente e complesse, che ostacolano l’innovazione e la crescita. In questo contesto, la disponibilità di risorse pubbliche straordinarie dovrebbe essere accompagnata da una semplificazione normativa e da riforme strutturali, affinché l’aumento della spesa si traduca in un effettivo miglioramento dell’ambiente economico. Alcuni economisti, tuttavia, restano critici. In un intervento su Die Zeit, sette autorevoli economisti (tra cui Lars Feld e Veronika Grimm) avvertono che questi “pacchetti di debito” potrebbero minare la stabilità economica. Il Parlamento il 13 marzo ha iniziato a dibattere la maxi-manovra: l’opposizione liberale e conservatrice avverte che “il benessere futuro è a rischio” se si seppellisce la disciplina fiscale. Al contrario, voci progressiste replicano che investimenti massicci sono essenziali per far ripartire la crescita dopo due anni di recessione. Il ministro designato delle finanze, Friedrich Merz (CDU), sostiene che “l’economia deve tornare a crescere!” e che gli sgravi e investimenti previsti aiuteranno a stimolare la domanda interna, rafforzare la competitività delle imprese e creare nuovi posti di lavoro. Merz ritiene che un intervento pubblico mirato, affiancato da un contenimento della spesa corrente e da una riforma dell’apparato burocratico, possa innescare una fase di rilancio economico sostenibile. L’obiettivo dichiarato è riportare la Germania su un sentiero di crescita stabile, superando la stagnazione degli ultimi anni e ripristinando la fiducia degli investitori nazionali ed esteri. In definitiva, si delinea un compromesso peculiare: la nuova Große Koalition punta su un indebitamento consistente per modernizzare il Paese, ma dovrà accompagnarlo con riforme strutturali per evitare effetti collaterali (prezzi eccessivi, inefficienze). Il dibattito interno riflette questa tensione: prudenza vs stimolo, con la posta in gioco del mantenimento del benessere economico in Germania.
AfD in Parlamento: caos calcolato e allarmi democratici
Zwischenrufe, Pöbeleien – und trotzdem 33 Stimmen von anderen Parteien für den eigenen Kandidaten – Der Tagesspiegel, 25.03.2025 (Stefanie Witte)
Tagesspiegel – AfD im neuen Bundestag: Zwischenrufe, Pöbeleien…
Il Tagesspiegel descrive il clima teso della seduta inaugurale del nuovo Bundestag (24 marzo). I deputati dell’AfD (destra radicale) hanno adottato fin da subito il loro “modus AfD”: interruzioni sguaiate e provocazioni. Il quotidiano sottolinea che gli insulti e scherni dai banchi dell’AfD ormai “non sorprendono più di tanto”. Ciò che invece ha destato sorpresa – e preoccupazione – è stato il risultato della votazione per uno degli incarichi parlamentari: ben 33 voti provenienti da altri partiti sono confluiti sul candidato AfD. Il fatto che decine di deputati di CDU, SPD o altri abbiano votato scheda bianca o addirittura per un esponente AfD ha scatenato interrogativi: segnale di possibili simpatie nascoste? O semplice “trappola” per generare sospetti reciproci tra i gruppi? Nel suo discorso introduttivo, l’anziano presidente di turno Gregor Gysi (Linke) ha ammonito tutti a non cedere alla tentazione di demonizzare gli avversari come “traditori della patria e amici di Putin”. Questo appello, nota Tagesspiegel, era mirato a svelenire il confronto: l’AfD prospera nel caos e nelle risse istituzionali. La nuova presidente del Bundestag, Julia Klöckner (CDU), ha promesso di far rispettare le regole con imparzialità, mentre i capigruppo democratici hanno invitato i loro a vigilare e non cadere nelle provocazioni. In sintesi, l’articolo dipinge un Bundestag più frammentato ma dove la maggioranza moderata è chiamata a fare blocco. L’AfD ha esordito “tra schiamazzi e insulti”, confermando di voler sabotare i lavori; la sfida per tutti gli altri sarà contenerla e riconquistare la fiducia di quei 33 (e più) parlamentari che potrebbero essere tentati dalle sirene estremiste.
Questioni economiche e finanziarie
Deutsche Bahn in panne: conti in rosso e pressing politico sul CEO
Muss der Bahnchef jetzt zittern? Politik will „personellen Neustart“ – Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ), 27.03.2025 (Thiemo Heeg)
FAZ – Bahnchef Richard Lutz: Politik will „personellen Neustart“
Un commento sul FAZ fa il punto sulla crisi profonda delle ferrovie tedesche (Deutsche Bahn) e sulle possibili conseguenze ai vertici. Il bilancio 2024 di DB è “profondo in rosso” – peggior risultato da anni – e la puntualità dei treni è precipitata: 4 ICE su 10 arrivano in ritardo. Ormai anche il mondo politico è spazientito: esponenti di governo chiedono un “rinnovamento del management”. L’articolo evidenzia che la Deutsche Bahn è a maggioranza pubblica, quindi la nomina dei vertici dipende dal Ministero dei Trasporti: con la nuova coalizione, potrebbe essere arrivata l’ora di un cambio al timone. In conclusione, FAZ lascia intendere che un “azzeramento del vertice” potrebbe essere salutare per avviare quella “rinascita” di cui le ferrovie hanno urgente bisogno, a beneficio di milioni di utenti frustrati e anche dell’economia nazionale (che patisce i disservizi logisticamente). Si attendono dunque le mosse del ministro designato (CDU): la sorte di Lutz appare segnata, come preludio a un tentativo di turnaround di Deutsche Bahn.
Trump riaccende la guerra dei dazi: rischio salasso per l’auto tedesca
USA erheben 25 % Zoll auf Auto-Importe – „Nicht nur Trump ist größenwahnsinnig“ – Die Welt / FAZ, 27.03.2025 (Patrick Welter)
FAZ – Handelskrieg mit den USA: Nicht nur Trump ist größenwahnsinnig
Con un colpo di scena, il presidente Trump ha annunciato dazi del 25% su tutte le auto importate negli Stati Uniti a partire dal 3 aprile. È l’escalation più clamorosa nella sua politica commerciale protezionista. Questa misura colpisce in pieno l’industria automobilistica tedesca: aziende come Volkswagen, BMW e Mercedes esportano centinaia di migliaia di vetture oltreoceano e ora si trovano di fronte a un muro tariffario altissimo. Secondo stime riportate dal Handelsblatt, i nuovi dazi potrebbero costare ai costruttori tedeschi fino a 11 miliardi di euro all’anno in termini di mancati profitti, a causa dell’aumento dei prezzi finali, della probabile perdita di quote di mercato negli Stati Uniti e dell’eventuale rilocalizzazione produttiva. Le aziende maggiormente colpite sarebbero quelle con elevata esposizione all’export verso il mercato nordamericano, come BMW, Mercedes-Benz e Volkswagen, che esportano ogni anno centinaia di migliaia di veicoli assemblati in Germania. L’impatto si estenderebbe lungo tutta la filiera, coinvolgendo fornitori, logistica e occupazione nel settore automobilistico tedesco.. Le case stanno valutando se aumentare i prezzi per i consumatori americani (rischiando di perdere quote di mercato) o assorbire in parte il costo (erodendo i margini). Alcune, come BMW, potrebbero accelerare piani di spostamento di più produzione direttamente negli USA per aggirare il dazio – ma ciò richiede tempo e investimenti. L’UE ha reagito criticando duramente Washington e minacciando controdazi su prodotti americani iconici (ad esempio, moto e whiskey). FAZ, nel commentare la vicenda, parla di “follia megalomane” non solo da parte di Trump, ma anche di altre potenze che perseguono politiche commerciali aggressive e protezionistiche, mettendo a rischio l’intero sistema multilaterale degli scambi. Secondo il quotidiano, l’imposizione di dazi unilaterali e l’uso della leva commerciale a fini politici stanno indebolendo l’Organizzazione mondiale del commercio e accentuando le tensioni economiche globali. FAZ sottolinea che, se anche l’Unione Europea dovesse rispondere con misure simmetriche, si innescherebbe una spirale di ritorsioni da cui nessuno trarrebbe vantaggio. In questo scenario, la Germania, fortemente dipendente dalle esportazioni, si troverebbe in una posizione particolarmente vulnerabile. L’articolo sottolinea che la mossa di Trump mira anche a fare pressione sull’Europa in altri dossier (immigrazione e sicurezza): “usa i dazi come arma di ricatto”. In conclusione, la situazione preannuncia un nuovo conflitto commerciale transatlantico. La Germania, fortemente esposta, cerca di mantenere nervi saldi: il governo ha chiesto una riunione urgente con i partner UE per una risposta unitaria – sperando ancora in un negoziato che eviti una spirale di ritorsioni. Nel frattempo, a Bremerhaven (porto da cui salpano molte auto tedesche) già si teme un calo significativo dei volumi di esportazione verso gli Stati Uniti, con possibili ripercussioni sull’occupazione e sull’indotto portuale. Gli operatori locali segnalano che numerosi produttori stanno valutando modifiche logistiche e riorganizzazioni delle rotte, nel tentativo di limitare i costi derivanti dai nuovi dazi. L’incertezza generata dalle misure protezionistiche statunitensi sta già influenzando le prenotazioni e i flussi commerciali, alimentando timori di una contrazione dell’attività economica nella regione. La posta in gioco è enorme: l’industria-simbolo tedesca potrebbe subire un contraccolpo pesante in un momento in cui l’economia è già debole.
Industria e fisco: appello a liberare l’economia tedesca dai lacci
DIHK-Chefin fordert Bürokratieabbau und Unternehmenssteuerreform – Handelsblatt / Dup Magazin, 20.03.2025 (Helena Melnikov)
La neo-direttrice della Camera di Commercio e Industria Tedesca (DIHK), Helena Melnikov, in un’intervista ha esortato il nuovo governo a intervenire subito per ravvivare l’economia stagnante. “La debole congiuntura si vede anche sul mercato del lavoro”, ha detto – riferendosi al fatto che la disoccupazione stenta a calare (marzo ha visto solo -22mila unità, peggior miglioramento registrato in un mese di marzo dal 2009. Il rallentamento riguarda in particolare i settori ciclici come l’edilizia, la logistica e parte dell’industria manifatturiera, dove le imprese mostrano cautela nell’assunzione di nuovo personale. A pesare sono l’incertezza economica globale, l’elevato costo dell’energia e la persistente debolezza della domanda interna, fattori che frenano le dinamiche occupazionali nonostante l’approssimarsi della stagione primaverile, che tradizionalmente stimola la creazione di posti di lavoro. Melnikov indica due priorità: una riforma fiscale per le imprese e un radicale taglio della burocrazia. L’imposta sugli utili societari in Germania è tra le più alte del mondo sviluppato, e secondo DIHK andrebbe abbassata per stimolare investimenti. Inoltre servono “regole più semplici e veloci” per autorizzazioni, appalti, digitalizzazione della PA – altrimenti molte aziende continueranno a fuggire o non investiranno in patria. Questo appello riflette un sentimento diffuso nel business tedesco: più del 60% delle associazioni di categoria valuta la situazione economica peggio di un anno fa, come evidenziato dall’ultima indagine dell’Istituto dell’Economia Tedesca (IW), che ha rilevato un netto peggioramento delle aspettative in 31 dei 49 settori analizzati. Le principali preoccupazioni riguardano il carico fiscale, l’incertezza normativa, i costi energetici ancora elevati e la lentezza dei processi amministrativi. Le imprese chiedono interventi rapidi e strutturali per ristabilire condizioni favorevoli agli investimenti e alla crescita, sottolineando che senza un deciso cambiamento di rotta, la Germania rischia di perdere competitività nel confronto internazionale.. Costi energetici ancora elevati, eccesso normativo e incertezza globale sono citati come freni principali. Melnikov tuttavia è convinta che con le giuste mosse (ad esempio sbloccare i 500 mld del fondo investimenti e semplificare normative sul lavoro e sulla transizione ecologica) il 2025 potrebbe vedere una svolta verso il segno più. In parallelo, i sindacati hanno ottenuto aumenti salariali importanti in molti settori (pubblico impiego, metallurgici), il che dovrebbe sostenere i consumi ma richiede incrementi di produttività. La DIHK sostiene che “sciogliere i nodi” che imbrigliano l’economia – “Entfesselungspaket” lo definisce – sia la condizione per sfruttare efficacemente anche i miliardi di spesa pubblica in arrivo. Insomma, occorre un cambio di mentalità: da uno Stato percepito come ostacolo, a uno Stato facilitatore della crescita.
Lavoro, primavera fredda: disoccupazione quasi ferma, pesa la congiuntura
„Von wirtschaftlicher Flaute spürbar ausgebremst“: Zahl der Arbeitslosen sinkt im März nur leicht – Der Tagesspiegel, 28.03.2025
Tagesspiegel – Zahl der Arbeitslosen sinkt im März nur leicht
I dati di marzo dell’Agenzia Federale per il Lavoro mostrano un inizio di “primavera economica” insolitamente fiacco. Il numero di disoccupati in Germania è diminuito a marzo di appena 22.000 unità rispetto a febbraio, attestandosi a 2,967 milioni. Secondo il Tagesspiegel, si tratta del calo più contenuto registrato in questo mese dal 2009, quando, in piena crisi finanziaria, la disoccupazione non aveva subito alcuna flessione. La percentuale di persone senza lavoro rimane stabile al 6,4%, invariata rispetto al mese precedente e superiore di circa 198.000 unità rispetto allo stesso periodo del 2024. La presidente dell’Agenzia federale per il lavoro, Andrea Nahles, ha dichiarato che la consueta “ripresa primaverile” è visibilmente frenata dalla debolezza congiunturale, che rallenta la dinamica occupazionale anche nei settori stagionali come agricoltura, edilizia e turismo. Le imprese, preoccupate dalla persistente incertezza economica, continuano ad assumere con estrema cautela. Il rallentamento dell’occupazione riflette una situazione economica stagnante: il PIL tedesco è calato per due anni consecutivi e la ripresa si preannuncia debole. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto dell’Economia Tedesca (IW), 31 dei 49 settori analizzati valutano la situazione peggiore rispetto a un anno fa. A pesare sono stati l’inflazione ancora elevata fino all’autunno scorso, l’incertezza energetica e il calo della domanda estera. Il governo punta sulle nuove misure fiscali e di investimento per rilanciare la crescita nella seconda metà del 2025, confidando in una successiva ripresa dell’occupazione. La Bundesbank prevede un ritorno marginale alla crescita già nel primo trimestre dell’anno, ma avverte che non si osserva ancora un vero slancio congiunturale. Il Tagesspiegel conclude che il dato di marzo, storicamente associato a un miglioramento del mercato del lavoro, rappresenta un’anomalia preoccupante e rafforza l’urgenza di politiche attive del lavoro per evitare una stagnazione prolungata, in particolare a danno delle fasce più deboli della popolazione.
Recessione cronica: la Germania è di nuovo il “malato d’Europa”?
Es wurde wieder nicht in die Hände gespuckt – Wirtschaft schrumpfte 2024 zweites Jahr in Folge – die tageszeitung (taz), 15.01.2025 (Simon Poelchau)
taz – Konjunktur in Deutschland: Es wurde wieder nicht in die Hände gespuckt
LLa taz descrive un quadro preoccupante dell’economia tedesca, sottolineando che il PIL è calato dello 0,2% nel 2024, dopo il -0,3% del 2023, confermando così una recessione protratta per due anni consecutivi. È la prima volta dal biennio 2002–2003 che la Germania registra due anni di contrazione economica, tanto da guadagnarsi nuovamente la definizione di “malato d’Europa”. Tra il 2019 e il 2024, l’economia tedesca è cresciuta complessivamente solo dello 0,3%, mentre nello stesso periodo la media dell’Unione Europea è aumentata del 5,3%, gli Stati Uniti dell’11,4% e la Cina addirittura del 25,8%. Le cause individuate sono molteplici: investimenti pubblici insufficienti nel decennio precedente, politiche fiscali troppo restrittive (austerità), effetti prolungati della pandemia, impatto del caro energia e della guerra in Ucraina, ma anche ritardi nell’adattamento tecnologico, in particolare nella digitalizzazione e nella transizione ecologica. Il titolo dell’articolo gioca ironicamente con una nota canzone popolare tedesca, “Wir haben den Kopf nicht hängen gelassen” (“Non abbiamo abbassato la testa”), per sostenere invece che la spinta propulsiva dell’economia tedesca, il cosiddetto Wirtschaftswunder (miracolo economico), sembra ormai esaurita. Il ministro uscente dell’economia, Robert Habeck, aveva già corretto al ribasso le sue stime nella Herbstprojektion (proiezione d’autunno), ma i dati definitivi si sono rivelati peggiori delle previsioni. Secondo la taz, anche per il 2025 non si intravede una reale inversione di tendenza: le previsioni parlano di una crescita compresa tra lo 0,3 e lo 0,5%, possibile solo se accompagnata da riforme strutturali. Altri ostacoli alla ripresa sono rappresentati dall’invecchiamento demografico, che riduce la disponibilità di forza lavoro, e dalla stagnazione della produttività. Per rilanciare la crescita, il giornale propone misure espansive e innovative: investimenti pubblici consistenti in infrastrutture, istruzione e nuove tecnologie, politiche per attrarre immigrazione qualificata e un deciso Bürokratieabbau (riduzione della burocrazia), come richiesto da molte organizzazioni economiche, tra cui la DIHK (Associazione delle Camere di Commercio e Industria tedesche). Solo un’azione coordinata in queste direzioni permetterebbe alla Germania di superare la fase di stagnazione e recuperare dinamismo economico. Per il momento, conclude amaramente la taz, “il boom si è fatto attendere ancora una volta”.