Rassegna della stampa tedesca #119
Quello che segue è il Monitoraggio della stampa tedesca, curato dalla redazione di Stroncature, su commissione della Fondazione Hanns Seidel Italia/Vaticano. Il monitoraggio ha cadenza settimanale ed è incentrato sui principali temi del dibattito politico, economico e sociale in Germania. Gli articoli sono classificati per temi.
Stroncature produce diversi monitoraggi con taglio tematico o geografico personalizzabili sulla base delle esigenza del committente.
Analisi e commenti
La coalizione nero-rossa non deve fallire
Die schwarz-rote Koalition darf nicht scheitern – Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ)
In questo commento, l’editorialista Berthold Kohler avverte che la nuova grande coalizione CDU/CSU-SPD (definita “nero-rossa”) ha l’obbligo di avere successo per il bene della Germania. Entrambi i partiti tradizionali hanno ottenuto i peggiori risultati elettorali della loro storia perché per anni non hanno risolto problemi pressanti, spingendo molti elettori verso l’AfD, che promette in modo “trumpiano” soluzioni facili a tutto. Kohler sottolinea che nemmeno Donald Trump – ammirato dall’AfD – possiede una bacchetta magica, e nemmeno il futuro cancelliere Friedrich Merz ne troverà una in cancelleria. Tuttavia, unendo le forze, CDU, CSU e SPD devono riuscire a rendere di nuovo la Germania un paese sicuro e prospero; se fallissero, la Repubblica rischierebbe derive politiche e sociali già viste altrove. Il contratto di coalizione, intitolato “Responsabilità per la Germania”, riflette la grande responsabilità sulle spalle del nuovo governo – le decisioni di questa coalizione influenzeranno non solo il futuro tedesco ma sono seguite con attenzione anche dai vicini europei. In conclusione, l’editoriale afferma che la coalizione deve mantenere le sue promesse e governare efficacemente, altrimenti ancora più cittadini daranno fiducia al partito populista di destra. La riuscita di questo governo è vista come l’ultima occasione per fermare l’erosione della fiducia nelle forze democratiche tradizionali.
Governo “sotto condizionale”: perché fidarsi di una coalizione che diffida di sé stessa?
Regieren unter Vorbehalt: Wer soll an die Koalitionäre glauben, wenn sie sich selbst misstrauen? – Der Tagesspiegel
Questo commento di Sidney Gennies esamina con scetticismo la nuova coalizione nero-rossa, evidenziando che essa nasce “unter Vorbehalt”, cioè sotto riserva finanziaria e reciproca diffidenza. La CDU aveva promesso un “cambio di rotta” in campagna elettorale e ha vinto le elezioni su questa base, ma ora – ancor prima che la coalizione entri in carica – la maggioranza dei tedeschi non crede più a quel cambiamento. Un sondaggio Politbarometer citato indica che solo il 30% degli elettori pensa che il governo realizzerà davvero un nuovo inizio. L’editoriale ammonisce che è prematuro dichiarare fallita la coalizione prima ancora che inizi a governare, ma ricorda subito i motivi del crollo della precedente Ampel (SPD-Verdi-FDP): la mancanza di fiducia reciproca tra i partner e la conseguente perdita di fiducia dei cittadini. Anche nella nuova coalizione si percepisce sfiducia: l’intero programma è posto “sotto condizione di finanziamento”, segno che i partner stessi dubitano di poter mantenere le promesse per mancanza di fondi. Inoltre, CDU/CSU e SPD hanno visioni divergenti (ad esempio sulla reintroduzione della leva obbligatoria) e nel contratto hanno dovuto rimandare decisioni cruciali a future commissioni di studio – altro elemento che tradisce cautela e mancanza di audacia. L’autore sostiene che per riconquistare la fiducia popolare, i nuovi alleati dovrebbero mostrarsi coesi e risoluti sin dall’inizio, evitando di ripetere i litigi e le indecisioni dell’Ampel. Il titolo stesso riflette la domanda chiave: come possono pretendere fiducia dai cittadini se loro per primi governano “col freno a mano tirato”, diffidando l’uno dell’altro e subordinando ogni riforma a verifiche future? Il commento conclude che la coalizione nero-rossa potrebbe ancora cambiare questa percezione, ma solo dimostrando concretamente di saper lavorare unita e di mettere da parte i sospetti reciproci in favore dell’azione comune.
“Attacco tecnologico” e meno burocrazia: la coalizione punta sull’innovazione
Politik der Ampel, bloß im neuen Gewand? Die, die das glauben, liegen falsch – WELT (Die Welt)
Sintesi: Questo articolo di analisi (a firma di Nikolaus Doll e Hannah Bethke) esamina in dettaglio il nuovo contratto di coalizione, confutando l’idea che sia semplicemente la politica della precedente Ampel travestita in nuove formule. Al contrario – afferma Welt – il programma di CDU/CSU e SPD contiene svolte significative in vari ambiti, in gran parte ispirate dalla visione più conservatrice e pragmatica dell’Unione. Ad esempio, viene evidenziato il forte accento sull’innovazione tecnologica: la coalizione ha annunciato un “Super-Ministero dell’Alta Tecnologia” e una “vera e propria offensiva tecnologica”, con l’obiettivo dichiarato di fare della Germania una “nazione dell’IA” (Intelligenza Artificiale). Nel contratto di 144 pagine il termine “Intelligenza Artificiale” appare 27 volte, contro le sole 5 menzioni nel contratto 2021 dell’Semaforo. Ciò indica – secondo l’analisi – una maggiore enfasi del nuovo governo su ricerca, digitalizzazione e autonomia tecnologica nazionale. In concreto, la coalizione nero-rossa prevede di creare un Ministero per il Digitale (accorpando competenze prima disperse) e un Ministero separato per Ricerca, Tecnologia e Spazio. Inoltre, intende sviluppare una propria infrastruttura cloud e di centri di calcolo (“Deutschland-Stack”) con soli fornitori europei di fiducia, per ridurre la dipendenza da Big Tech extraeuropee. Il governo si candiderà anche ad ospitare in Germania una delle “Gigafactory” europee per supercomputer AI (mega-centri con oltre 100.000 processori). Nel commento si nota come queste misure derivino dalla consapevolezza che “la politica digitale è politica di potere”, come affermato nel contratto, specialmente in un’epoca in cui gli Stati Uniti (con Trump) e aziende globali (come Elon Musk) usano la tecnologia come leva geopolitica. Oltre alla tecnologia, Welt analizza altri aspetti chiave: ad esempio, il contratto enfatizza l’efficienza dello Stato sociale più che la sua espansione, segnando un cambio di filosofia. Si promette un grande sforzo di sburocratizzazione (taglio del 8% del personale ministeriale entro il 2029 e dimezzamento dei commissari governativi speciali) e digitalizzazione amministrativa – tanto che il leader SPD Lars Klingbeil ha dichiarato che verranno finalmente eliminate le comunicazioni via fax nella pubblica amministrazione. Sul piano della comunicazione politica, gli autori osservano come Markus Söder (CSU) stia promuovendo l’accordo con toni entusiastici, parlando di “cambiamento di paradigma tecnologico”, mentre in realtà molte misure restano moderate. Il pezzo conclude che chi pensava ad una semplice continuazione dell’esperienza precedente dovrà ricredersi: la coalizione CDU-SPD presenta un programma più concreto e meno ideologico, incentrato su ordine, sicurezza ed efficienza, pur senza proporre visioni utopiche. La sfida sarà ora tradurre queste linee guida in azioni, mantenendo l’equilibrio tra le promesse dell’Unione e le istanze sociali dei socialdemocratici.
Nuovo governo federale: diagnosi di "commissionite" – come la coalizione nero-rossa rinvia questioni importanti
Neue Bundesregierung: Diagnose Kommissionitis – wie Schwarz-Rot wichtige Fragen verschleppt – Handelsblatt (Morning Briefing)
Nel Morning Briefing del quotidiano economico Handelsblatt, il commentatore Christian Rickens esprime un giudizio critico sul contratto di coalizione dal punto di vista delle riforme economiche e amministrative. La “diagnosi” è che il programma soffre di “Kommissionitis”, ossia la tendenza a creare commissioni e gruppi di lavoro invece di prendere subito decisioni nette. Da un lato, Rickens riconosce che le misure previste – se attuate – potrebbero stimolare la crescita economica (una simulazione dell’istituto IW stima un potenziale incremento significativo del PIL grazie agli investimenti in infrastrutture, energia e snellimento burocratico). Dall’altro lato, molte riforme vengono rinviate o annacquate: il contratto contiene infatti numerosi comitati e verifiche future che rischiano di diluire gli interventi. L’autore nota ad esempio che la coalizione spenderà il nuovo Fondo speciale da 500 miliardi per infrastrutture (già approvato prima dell’accordo) e attuerà il taglio di costi burocratici e normative superflue per dare slancio alle imprese – misure positive che «possono dare un impulso notevole all’economia tedesca», come l’abolizione della versione nazionale della legge sulle filiere sostenibili (Lieferkettengesetz) giudicata troppo onerosa. Tuttavia, manca un piano concreto sul fronte demografico e del lavoro: Rickens sottolinea che il “gigantesco punto cieco” del contratto è l’invecchiamento demografico. La coalizione, per non scontentare nessuno, ignora la necessità di riforme strutturali come l’aumento dell’età pensionabile o l’allungamento della vita lavorativa – tutti provvedimenti impopolari che gli esperti ritengono inevitabili ma che CDU e SPD hanno preferito evitare. Invece di affrontare di petto queste sfide, si è optato per misure minori (es. la cosiddetta “activrente” che consente ai pensionati di guadagnare fino a 2000 € tax-free se continuano a lavorare – misura costosa e di dubbia efficacia, perché premia chi già lavora e non incentiva nuovi pensionati a farlo). Il Morning Briefing conclude che la coalizione nero-rossa farà partire la crescita con investimenti e riduzione di alcune zavorre normative, ma rischia di sprecare risorse (finanziamenti a pioggia e duplicazioni) e di rimandare questioni cruciali agli anni futuri attraverso commissioni e “verifiche” – un approccio di corto respiro definito appunto “commissionite”. In sintesi, un programma moderato che evita le scelte difficili, confidando forse che la realtà (la “forza del fattuale”) costringa prima o poi a intervenire sulla carenza di personale qualificato e sul sistema pensionistico. Secondo Handelsblatt, meccanismi come la clausola di finanziamento e l’istituzione di numerosi gruppi di studio indicano mancanza di coraggio politico: “non ogni misura dev’essere perfetta – metà dell’opera è collaborare”, scrive Rickens, ma senza un chiaro indirizzo strategico alcune promesse potrebbero restare sulla carta.
NATO: fine di un’era – l’America da scudo protettivo a “fornitore di sicurezza”
Nato: Die Schutzmacht will nur noch Dienstleister sein – Süddeutsche Zeitung (SZ)
L’analisi firmata da Hubert Wetzel sulla Süddeutsche Zeitung è un duro necrologio politico per la NATO come l’abbiamo conosciuta. Wetzel, corrispondente da Washington, scrive in tono provocatorio che l’Alleanza Atlantica è “nata nel 1949 a Washington e morta il 3 aprile 2025 a Bruxelles, dopo 76 anni”. Il pezzo prende spunto dal recente meeting dei ministri degli Esteri NATO, in cui il Segretario di Stato USA Marco Rubio – pur cercando di rassicurare gli alleati – ha ribadito la pretesa del presidente Trump che l’Europa spenda il 5% del PIL in difesa. Secondo Wetzel, dietro i sorrisi di facciata Rubio ha di fatto dichiarato conclusa la vecchia alleanza: d’ora in avanti gli Stati Uniti non si considerano più “Schutzmacht” (potenza protettrice) dell’Europa, bensì al massimo un “Dienstleister”, un fornitore di sicurezza su base contrattuale. L’editoriale sottolinea che Trump – tornato alla Casa Bianca – vincola implicitamente l’art.5 (difesa collettiva) a condizioni finanziarie: “D’ora in poi l’America difenderà un alleato NATO solo se questo avrà speso almeno il 5% del PIL in armamenti” è la logica trumpiana descritta dal commento. Questo segna la fine dell’era in cui gli USA garantivano comunque la sicurezza europea (“uno per tutti, tutti per uno, soprattutto: l’America per tutti” era il motto implicito finora). Wetzel osserva che per decenni gli europei si sono affidati a Washington; ora, con un presidente americano che tratta la NATO come un affare commerciale, quell’epoca è tramontata. Viene ricordato come la Germania e gli alleati dovranno trarne conseguenze: “Gli europei farebbero bene a contare d’ora in poi più su sé stessi che sugli USA in tema di sicurezza”, scrive l’autore, citando anche altri commentatori. Significativamente, la richiesta di Trump (“5% per la difesa”) è considerata inattuabile nel breve termine – a meno di tagli drastici alla spesa sociale che in Europa nessuno vuole. Il commento di SZ quindi sprona l’Europa (e in primis la Germania) a potenziare le proprie capacità difensive in autonomia. In sostanza, Wetzel dipinge uno scenario in cui la NATO come mutua garanzia è “morta” perché gli USA di Trump non intendono più onorare automaticamente l’impegno: “Chi conosce Trump sa che è proprio così”, avverte, “per lui gli USA in Europa non sono una potenza protettrice, ma un fornitore che pretende il conto”. L’articolo si conclude con toni cupi: se gli europei non reagiscono assumendosi la responsabilità della propria difesa, la sicurezza del continente resterà in frantumi. Questo commento, molto discusso, segna l’allarme tedesco di fronte alla possibile fine della garanzia americana e la necessità di una svolta radicale nella politica estera e di sicurezza di Berlino ed Europa.
Politica estera e sicurezza
Merz e la politica estera: dalle parole ai fatti
Deutsche Außenpolitik: Merz muss Worten Taten folgen lassen – Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ)
In questo commento politico Matthias Wyssuwa analizza le sfide che attendono Friedrich Merz in materia di politica estera e di sicurezza come futuro cancelliere. Merz ha promesso maggiore chiarezza e fermezza nell’azione internazionale della Germania, ma ora dovrà dimostrarlo con i fatti, soprattutto verso gli alleati. Il nuovo contratto di coalizione CDU-SPD pone le basi per una linea più assertiva, ma lascia anche alcune questioni aperte. Wyssuwa sottolinea che Merz è noto per il suo linguaggio diretto (“ein Mann der klaren Worte”), ma proprio per questo qualsiasi discrepanza tra le sue parole e le azioni concrete rischierebbe di deludere rapidamente i partner e far perdere fiducia alla Germania. L’articolo segnala che nel capitolo su esteri e difesa dell’accordo di coalizione “non tutti i dubbi sono fugati” riguardo alla coerenza e completezza delle misure previste, considerando la drammatica situazione geopolitica attuale. Ad esempio, viene menzionata la proposta di istituire un Consiglio Nazionale di Sicurezza: nel contratto è chiaro che verrà creato per coordinare meglio diplomazia, difesa e intelligence, e che il Cancelliere avrà un ruolo ancor più centrale in tale organo, ma resta indefinito chi ne farà parte. Wyssuwa vede in questa iniziativa una chance per dare maggiore unità di voce alla politica estera tedesca (“mit einer Stimme sprechen”). Inoltre, la coalizione intende aumentare ulteriormente le spese militari (dopo il fondo speciale da 100 miliardi già stanziato) e rafforzare l’impegno internazionale del Paese. Tuttavia, Merz dovrà agire subito: l’editoriale suggerisce che nei primi mesi di governo egli investa molta energia per dare sostanza alle sue dichiarazioni – ad esempio avanzando sulle forniture militari all’Ucraina, sul sostegno alla linea NATO verso la Russia e sul rapporto con la Cina – così da confermare la nuova affidabilità tedesca agli occhi di alleati come Francia, USA e paesi dell’est Europa. In conclusione, il FAZ avverte che Merz “non troverà alcuna bacchetta magica” alla Cancelleria (una velata allusione al precedente commento di Kohler): dovrà guadagnarsi la fiducia internazionale coordinando strettamente parole e azioni. Se ci riuscirà – grazie anche alla struttura di Consiglio di Sicurezza e al maggior peso dato al Cancelliere in queste scelte – la Germania potrà ritrovare credibilità esterna in un momento cruciale. Viceversa, eventuali incertezze o contraddizioni all’inizio del mandato rischierebbero di accentuare la sfiducia fra gli alleati, già scottati da anni di politica esitante.
Berlino invia altre armi a Kiev, Pistorius minimizza i problemi
Deutschland liefert weiteres großes Waffenpaket an die Ukraine – Der Spiegel
Il 7 aprile, in occasione della riunione del gruppo di contatto per l’Ucraina a Bruxelles, il ministro della Difesa uscente Boris Pistorius (SPD) ha annunciato un nuovo maxi-pacchetto di aiuti militari a favore di Kiev. La Germania metterà a disposizione altri 11 miliardi di euro entro il 2029 per sostenere l’Ucraina contro l’invasione russa. Già entro fine 2025 verranno consegnati importanti sistemi d’arma aggiuntivi, tra cui: 4 sistemi di difesa aerea IRIS-T (con 300 missili intercettori, che si aggiungono ai 4 sistemi già forniti), 300 droni da ricognizione, 120 missili antiaerei portatili (MANPADS) e grandi quantitativi di munizioni di artiglieria. Pistorius ha sottolineato che l’Ucraina potrà “continuare a contare sul sostegno militare tedesco” finché necessario. Durante la conferenza, al ministro tedesco è stato chiesto dei recenti rapporti critici sull’affidabilità delle armi tedesche al fronte (un documento interno dell’attaché militare a Kiev trapelato sui media riportava problemi tecnici gravi su alcuni equipaggiamenti – vedi articolo successivo). Pistorius ha risposto di non aver “mai sentito nulla” di quelle presunte carenze e ha difeso la qualità del materiale fornito. In particolare, ha espresso “stupore” per quei report negativi, definendoli inaspettati. Nel suo discorso, il ministro ha preferito enfatizzare il lato positivo: sistemi come l’IRIS-T e il carro Gepard si stanno rivelando efficaci e apprezzati dagli ucraini, e la Germania sta lavorando a stretto contatto con Kiev per riparazioni e pezzi di ricambio. In sintesi, Spiegel evidenzia il duplice messaggio di Pistorius: da un lato un impegno concreto ad aumentare il supporto bellico all’Ucraina (con uno dei pacchetti più cospicui annunciati finora dalla Germania, comprendente difese aeree cruciali per proteggere le città ucraine dai raid russi); dall’altro, la volontà di respingere le critiche sulla “guerra di usura” degli armamenti tedeschi, assicurando che eventuali problemi tecnici vengono affrontati e che la Bundeswehr sta traendo lezioni preziose dall’impiego sul campo dei propri sistemi. Questo annuncio conferma la linea di forte sostegno militare a Kiev tenuta dal governo tedesco, linea che con la nuova coalizione nero-rossa dovrebbe proseguire senza cambiamenti di rotta.
Armi tedesche sotto stress in Ucraina: efficaci ma con riserve
Deutschlands Waffensysteme in der Ukraine nur bedingt kriegstauglich – Süddeutsche Zeitung / WDR
Un’inchiesta della Süddeutsche Zeitung, realizzata con il canale WDR, ha rivelato dettagli finora riservati sulle esperienze dell’esercito ucraino con le armi fornite dalla Germania. Le informazioni provengono da un rapporto interno della Bundeswehr, il verbale di una conferenza tenuta a fine gennaio dal vice-addetto militare tedesco a Kiev di fronte a 200 ufficiali a Delitzsch (Sassonia). Il quadro emerso è a luci e ombre: “pochissimi sistemi pesanti tedeschi sono pienamente idonei alla guerra”, si legge nel documento conclusivo. In particolare: la Panzerhaubitze 2000, obice cingolato d’alta precisione, è definita “un’arma eccellente” ma presenta tali frequenti guasti tecnici da mettere in dubbio la sua reale tenuta in guerra. Ad esempio, i software di bordo hanno problemi e le canne si surriscaldano/consumano rapidamente con l’uso intensivo, richiedendo manutenzioni continue. Il carro armato Leopard 1A5 (modello anni ‘80 inviato dall’industria) si è rivelato “affidabile”, ma la corazza troppo debole costringe gli ucraini a usarlo più come pezzo di artiglieria mobile arretrato che in prima linea. Il più moderno Leopard 2A6, molto protetto e potente, ha però un tale bisogno di assistenza tecnica che non può essere riparato al fronte – i guasti vanno risolti in retrovia per mancanza di parti e complessità, togliendolo a lungo dal combattimento. Anche sul fronte difesa aerea ci sono risultati contrastanti: il sistema IRIS-T SLM è “efficacissimo” contro aerei e missili russi, ma i suoi missili intercettori sono estremamente costosi e scarsamente disponibili; ne servirebbero molti di più. Il sistema Patriot americano fornito dalla Bundeswehr è definito “eccellente” per capacità, ma – nota sorprendente – “inadatto a una guerra” perché i camion lancia-missili (prodotti anni fa dalla MAN) sono così vecchi che non esistono più pezzi di ricambio: un grave collo di bottiglia logistico. Ci sono però anche note molto positive: il Gepard, carro antiaereo degli anni ‘70 reintrodotto per l’Ucraina, viene elogiato come “l’arma preferita, più efficiente e affidabile” dalle truppe ucraine – a riprova che a volte i sistemi analogici più semplici funzionano meglio sotto stress continuo. Inoltre, i lanciarazzi MARS II tedeschi (simili agli HIMARS americani) si sono dimostrati un “game changer” sul campo grazie alla lunga gittata, ma sono solo “parzialmente” utilizzabili perché la Germania, aderendo ai trattati contro le sub-munizioni, non consente di impiegare le munizioni a grappolo fornite dagli USA. In pratica, i MARS tedeschi non possono sparare certi razzi cluster americani finché non vengono riprogrammati (problema simile ha riguardato in parte anche le PzH2000, poi risolto via software). Il rapporto interno conclude severamente che “quasi nessun grande sistema tedesco è pienamente utilizzabile in guerra” senza riserve. L’articolo dello Spiegel (che ha ottenuto copia del report) e della SZ evidenzia come queste lezioni dal fronte siano preziose anche per la Bundeswehr stessa: l’uso intensivo in Ucraina sta mostrando punti deboli che in addestramento non erano emersi. Ad esempio, si è capito che le artiglierie tedesche necessitano di canne di ricambio molto più frequenti e che occorre modernizzare subito la logistica dei Patriot. I commentatori notano pure una contraddizione: gli stessi sistemi criticati (Panzerhaubitze, Leopard 2) restano richiestissimi e l’Ucraina continua a chiederne di più, segno che comunque, al netto dei difetti, sono efficaci quando operativi. La reazione ufficiale di Berlino è stata diplomatica: il Ministero della Difesa ha rifiutato commenti specifici su questo documento segreto, limitandosi ad assicurare che c’è “uno scambio costante con gli ucraini su manutenzione, pezzi di ricambio e fornitura di munizioni” per tutte le armi inviate. In sintesi, questo reportage rivela al pubblico tedesco le difficoltà pratiche di “rendere la Germania bellicamente pronta” (“kriegstüchtig” è diventato un termine di dibattito): non basta spendere di più in difesa, ma serve garantire affidabilità e scorte. Il nuovo governo dovrà tenere conto di queste evidenze nelle pianificazioni delle Forze Armate e nei prossimi acquisti miliardari, per evitare di investire in sistemi magari troppo complessi da mantenere in scenario di guerra ad alta intensità.
La leva rimane sospesa, spazio al nuovo servizio militare volontario
Wehrpflicht wird zunächst nicht eingeführt – Wehrdienst bleibt freiwillig – taz (die tageszeitung)
Sintesi: Nel presentare l’accordo di governo, CDU/CSU e SPD hanno sciolto un nodo simbolico: niente ritorno immediato della leva obbligatoria, ma istituzione di un “nuovo servizio militare” su base volontaria. Questo tema era stato divisivo in campagna elettorale: l’Unione aveva proposto di riattivare la coscrizione (sospesa nel 2011) per rafforzare l’esercito, mentre i socialdemocratici spingevano per forme volontarie. La taz riporta che nel contratto finale la Wehrpflicht resta “per ora” non ripristinata. Si opterà invece per il modello delineato dall’SPD e dal ministro Pistorius denominato “Neuer Wehrdienst”: tutti i giovani a 18 anni compileranno un questionario di leva, ma solo coloro che si dichiareranno interessati verranno chiamati a visita e – se idonei – potranno prestare volontariamente servizio nelle forze armate. In pratica, una leva su base volontaria incentivata. L’idea è di coinvolgere quanti più ragazzi possibile senza obbligarli, anche perché – come ammesso nel contratto stesso – mancano attualmente le strutture per addestrare grandi numeri di coscritti (i centri di selezione, le caserme e gli istruttori sono insufficienti). Allo stesso tempo, i partner di coalizione concordano che nel lungo periodo l’aumento degli effettivi è indispensabile. La taz sottolinea come la discussione sulla leva si leghi al problema della “Kriegstüchtigkeit” (prontezza bellica) della Germania. Lo stesso Pistorius ha usato consapevolmente il termine “kriegstüchtig”, definendo l’obiettivo di rendere il Paese capace di difendersi in caso di conflitto. Nel dibattito pubblico sono emerse anche proposte alternative: ad esempio, due politici Verdi bavare si sono spinti a proporre un “Freiheitsdienst” universale di 6 mesi per tutti i tedeschi dai 18 ai 67 anni – una sorta di servizio civico obbligatorio per chiunque, senza esenzioni – ma un’idea del genere richiederebbe un emendamento costituzionale e non ha trovato spazio nel contratto (manca infatti la maggioranza di due terzi necessaria). Inoltre, un servizio obbligatorio generalizzato sarebbe impopolare: molti giovani rifiutano l’idea di “anni di leva” reintrodotti. La taz cita in proposito sia il leader dei Giovani SPD, che preferisce attrarre i ragazzi con “buona paga e condizioni dignitose” nelle forze armate piuttosto che con costrizioni, sia posizioni ancora più radicali come quella del saggista Ole Nymoen (autore di “Perché mai combatterei per il mio Paese”), per il quale i giovani di questa generazione post-eroica “preferirebbero vivere senza libertà piuttosto che morire per la libertà”. L’articolo fa notare che, al di là della retorica, reclutare più personale attraverso il mercato del lavoro (volontari incentivati) risulta molto meno costoso ed efficiente che tramite una coscrizione di massa con pochi selezionati. Anche se pagare stipendi competitivi ai militari professionisti comporta spese, la Germania dispone attualmente di risorse finanziarie straordinarie per la difesa (grazie allo scorporo dal freno al debito), quindi questa strada è perseguibile. In definitiva, l’accordo di coalizione sceglie un compromesso: potenziare le forze armate su base volontaria, sperando che col miglioramento di mezzi e condizioni più giovani siano attratti in divisa, e tenere la carta della leva obbligatoria come opzione futura solo se indispensabile. La taz conclude che si tratta di una soluzione pragmatica ma che, per risolvere davvero il “problema di personale” della Bundeswehr (oggi appena 182.000 effettivi contro i più di 200.000 ritenuti necessari), servirà anche un cambiamento culturale: rendere di nuovo appetibile la carriera militare in una società tedesca tendenzialmente poco propensa alle armi dopo decenni di “pace perpetua”.
Politica interna e questioni sociali
Ministeri riorganizzati: istruzione nel “calderone famiglia”, piovono critiche
Was die Trennung von Bildungs- und Forschungsministerium bedeutet – Frankfurter Allgemeine Zeitung
Un’analisi di Heike Schmoll evidenzia le controversie attorno alla nuova ripartizione delle competenze ministeriali decisa dalla coalizione. In particolare, il contratto prevede di separare il Ministero federale dell’Istruzione e Ricerca in due entità: la ricerca scientifica e spaziale andrebbero in un dicastero a sé (probabilmente affidato alla CSU), mentre la formazione scolastica fino all’obbligo verrebbe accorpata al Ministero per la Famiglia, Anziani, Donne e Giovani. Questo “spezzatino” ha immediatamente suscitato un coro di critiche da parte di esperti, opposizione e associazioni educative. La FAZ riferisce di proteste che parlano di “smembramento del Ministero dell’Istruzione” federale e di “separazione discutibile tra ricerca e insegnamento”. Trasferire la responsabilità dell’istruzione scolastica (fino alla fine della scuola dell’obbligo) nel “calderone” del Ministero della Famiglia viene giudicato una mossa fuorviante: i critici temono che l’istruzione finisca in secondo piano, confondendosi con politiche familiari e giovanili, e che soprattutto le università si trovino senza referente chiaro (essendo la ricerca universitaria scorporata dall’istruzione). Heike Schmoll spiega che la ragione ufficiale di questo riassetto è l’intento di snellire e rendere più efficiente il governo – un tema caro all’Unione – ma paradossalmente rischia di creare sovrapposizioni e competenze poco chiare. Ad esempio, la formazione professionale duale e scolastica cadrebbe nel super-ministero Famiglia/Istruzione, mentre la ricerca universitaria e l’innovazione nelle imprese starebbero altrove, rompendo il nesso “dall’aula al laboratorio”. I Länder (cui spetta la gestione concreta delle scuole) temono confusione nei rapporti col livello federale. L’articolo riporta anche la “mormorazione” nella base SPD: alcuni avrebbero voluto un grande Ministero del Lavoro e Sociale per il loro partito, invece si trovano con l’Istruzione spezzata, percepita come una concessione alla CSU (cui andrebbe il controllo di Scienza, Tecnologia e Spazio). In sintesi, questa riforma ministeriale – una delle novità strutturali del governo Merz – viene accolta freddamente dagli addetti ai lavori, che la considerano motivo di preoccupazione per scuole e atenei. L’autrice nota che sarà fondamentale vedere come verranno definiti nel dettaglio i compiti: se, ad esempio, le competenze sulle politiche universitarie o sul finanziamento della ricerca nelle scuole restino coordinate o meno. La conclusione è che “molto rumore si è già sollevato” su questa scelta, e la coalizione dovrà impegnarsi a dimostrare che la frammentazione non indebolirà le politiche educative. Tuttavia, le riserve restano: un osservatore citato parla di “luce completamente insufficiente in tema di istruzione” nel contratto, suggerendo che il futuro governo nero-rosso rischia di non brillare su scuola e università – un campo dove invece servirebbero idee forti per il futuro del Paese.
Welfare e lavoro: addio Bürgergeld, taglio alla burocrazia per famiglie
Koalitionsvertrag – Das sind die wichtigsten Vorhaben von Schwarz-Rot – Die Zeit Online
Sintesi: Un’ampia panoramica su Zeit Online elenca le principali misure in ambito socio-economico e interno contenute nel contratto di coalizione. Immigrazione e sicurezza interna: la nuova maggioranza adotta una linea nettamente più rigorosa rispetto al governo precedente. Viene proclamata una “Asylwende” (svolta sull’asilo): le procedure di esame delle richieste saranno accelerate e i respingimenti dei migranti irregolari alle frontiere verranno facilitati. In particolare, CDU/CSU hanno imposto regole più dure per espulsioni e respingimenti: i richiedenti asilo provenienti da paesi terzi sicuri o già registrati altrove nell’UE potranno essere rimandati indietro più facilmente, e aumenta la pressione sui paesi d’origine perché riprendano i propri cittadini espulsi. Parallelamente, viene potenziata la polizia federale e rafforzata la “sicurezza interna” con investimenti in tecnologia e organici – temi cari all’Unione. Si prevede anche di innalzare le spese per la difesa oltre il 2% NATO (col prolungamento del fondo speciale finché necessario) per fronteggiare le minacce globali. Sul fronte sociale e del lavoro, l’Unione è riuscita a far sì che il Bürgergeld – il nuovo reddito minimo introdotto dalla precedente coalizione semaforo in sostituzione di Hartz IV – venga “trasformato in un’assistenza di base” più essenziale. In pratica, tornerà probabilmente a chiamarsi Grundsicherung e saranno reintrodotti obblighi e controlli più stringenti per i beneficiari (abolendo alcune “lenzuolate” di norme che la SPD-Verdi-FDP avevano eliminato). Al contempo però la SPD rivendica un successo: l’aumento del salario minimo a 15 € l’ora entro il 2026 rimane un obiettivo nel contratto. Anche se esponenti CDU come Jens Spahn dubitano che tale soglia possa essere raggiunta così presto a causa dell’inflazione modesta, nel testo si impegna la commissione salari a orientarsi verso quell’importo se le condizioni economiche lo permetteranno. Le famiglie dovrebbero ottenere alleggerimenti finanziari e burocratici: ad esempio, è prevista una riduzione delle tasse per i ceti medio-bassi (via aumento della soglia di imposta e deduzioni per figli) e un rilancio dell’Elterngeld (il sussidio parentale per i neonati) con importi minimi e massimi “sensibilmente aumentati” rispetto agli attuali 300€ – 1800€, bloccati da quasi 20 anni. Contestualmente, però, potrebbe essere introdotta una clausola per incoraggiare i padri a prendere congedo: la coalizione vuole incentivare la condivisione, ipotizzando che le madri non possano più usare tutti i mesi di Elterngeld se i padri non ne utilizzano almeno una parte – una modifica che rischia di ridurre il totale percepito dalle famiglie in cui il padre non usufruisce del congedo. Si tratta di dettagli ancora da definire via legge delega. Abitazione: viene confermata e prorogata la Mietpreisbremse, ossia il tetto all’aumento degli affitti nelle zone a mercato teso. Ciò era un punto caro alla SPD: la misura, che sarebbe scaduta nel 2025, verrà estesa per proteggere gli inquilini dai rincari e valutare ulteriori passi (come un limite del 11% per gli aumenti annuali nelle città più care). Sanità: la coalizione intende portare avanti (con aggiustamenti) la riforma ospedaliera varata dall’Ampel, per modernizzare il sistema sanitario e rafforzare l’assistenza nelle zone rurali. Clima ed energia: su questo fronte l’accordo appare “poco ambizioso”. Il contestato Heizgesetz (legge che avrebbe vietato caldaie a gas dal 2024) viene sostanzialmente accantonato su richiesta dell’Unione. La politica energetica resta prudente: niente nuove date vincolanti per l’uscita dai combustibili fossili oltre quelle europee, investimento nel nucleare di nuova generazione (fusione e SMR) a livello di ricerca e spinta sul gas come tecnologia ponte. Si parla di “adattamento ai cambiamenti climatici” come priorità (per es. piani contro siccità e alluvioni), ma gli obiettivi di riduzione emissioni non vengono alzati. Le associazioni ambientaliste hanno criticato il contratto definendolo carente su rinnovabili e mobilità sostenibile. Digitalizzazione e PA: viene annunciata un’ampia semplificazione burocratica (“meno scartoffie, meno fax” ha detto il leader SPD Klingbeil) e l’impegno a digitalizzare i servizi pubblici, con l’istituzione di un Ministero del Digitale dedicato (vedi sezione Tecnologia). Complessivamente, Die Zeit descrive il programma come “realpolitik seria anziché grandi promesse”: molte misure della precedente Ampel vengono ridimensionate o cancellate (“meno pathos, meno modalità selfie”, sintetizza una citazione di commento). Si privilegia l’efficienza dello stato sociale rispetto alla sua espansione indiscriminata: ad esempio, non ci saranno nuove tasse sui redditi alti o patrimoni (la SPD aveva ipotizzato contributi maggiori dei ricchi, ma la CDU vi si oppone fermamente), e anzi si pianifica una graduale riduzione dell’aliquota fiscale per le imprese per stimolare investimenti. D’altro canto, in un punto cruciale hanno vinto i socialdemocratici: la tanto discussa abolizione del Selbstbestimmungsgesetz (legge sull’autodeterminazione di genere) promessa dalla CDU in campagna non avverrà – la legge resterà in vigore, anche se sarà “valutata” entro metà 2026 e potenzialmente rivista in alcune parti (vedi punto seguente). Questo è visto come un compromesso che evita un arretramento sui diritti civili e rappresenta forse l’unica grande concessione culturale della CDU alla SPD. In definitiva, il quadro delle politiche interne delineato dall’accordo è fatto di realismo e continuità moderata, con correzioni di rotta su immigrazione e welfare rispetto all’Ampel, ma nessuna rivoluzione né svolte radicali su temi sociali, ambientali o culturali.
Analisi e commenti
Compromessi “in prova” per la nuova coalizione
La Frankfurter Allgemeine Zeitung analizza criticamente il contratto di coalizione CDU/CSU-SPD siglato il 9 aprile. L’editorialista rileva che l’accordo di Grande Coalizione è inevitabilmente un compromesso, ma si chiede se le riforme previste basteranno ad affrontare sfide enormi come la politica aggressiva di Trump, Putin e Xi. Pur apprezzando il ritorno a un governo stabile, l’articolo teme che il programma sia troppo cauto. Servirebbero misure più coraggiose per tutelare la sicurezza e la prosperità tedesca in un mondo instabile. I compromessi raggiunti vengono dunque considerati “sotto condizionale”: dovranno dimostrare la loro efficacia, altrimenti la fiducia degli elettori potrebbe rapidamente svanire.
I rollback legislativi rischiano di logorare la fiducia
Un commento sulla Süddeutsche Zeitung riflette con preoccupazione sulla scelta della nuova coalizione di smantellare molte riforme della precedente Ampel. La lista delle leggi che CDU e SPD intendono abrogare o modificare è lunga: dal ritorno del Hartz IV al posto del Bürgergeld, all’abolizione della cittadinanza facilitata per immigrati, fino allo stop al nuovo diritto elettorale e al discusso “Heizungsgesetz”. L’editorialista nota che provvedimenti considerati innovativi “ieri” diventeranno illegali “domani”, sintomo di una politica oscillante e polarizzata. Questo continuo smontare e rifare le regole – argomenta il pezzo – mina la fiducia dei cittadini nella coerenza delle istituzioni. Se ogni governo ribalta quanto fatto dal precedente, le leggi paiono avere una “data di scadenza” di pochi anni. In conclusione, il commento avverte che tale instabilità normativa riflette e acuisce la spaccatura sociale del Paese, e invita la nuova maggioranza a perseguire soluzioni condivise anziché limitarsi a demolire l’operato dei predecessori.
Solo spostandosi a destra non si batte l’AfD
Nel suo editoriale di apertura, Der Spiegel affronta il dilemma strategico di CDU e SPD di fronte all’ascesa dell’AfD. Alcuni conservatori sostengono che per arginare l’ultradestra occorra adottarne parte del programma e spostare il governo su posizioni più conservatrici, aspettandosi così di “riprendersi” quegli elettori. La testata avverte però che questa ricetta è illusoria: scavalcare l’AfD sul terreno della destra non farà che legittimarla ulteriormente. L’analisi sottolinea che il nuovo governo Merz-Scholz non può tradire i propri valori democratici né inseguire le parole d’ordine populiste pensando di svuotare l’AfD. Al contrario – conclude Spiegel – servono risultati concreti su economia e sicurezza e un chiaro contrasto ai messaggi estremisti. Solo così l’AfD potrà essere ridimensionata; inseguirla sul piano ideologico rischierebbe invece di normalizzarla, senza ridurne il consenso.
Un programma serio per tempi molto seri
Sul Tagesspiegel, il commentatore Daniel F. Sturm offre una lettura più ottimista del patto di governo CDU-SPD. La nuova coalizione, nata in un’epoca di crisi acute, presenta un programma di governo “serio per tempi seri” – pragmatico e orientato all’efficienza più che all’ideologia . L’editoriale riconosce che l’accordo copre tutti i settori politici con un approccio molto più concreto rispetto al precedente governo “dei semafori”. Si evidenzia positivamente la volontà di porre al centro la competitività economica e la riforma dello Stato sociale puntando sulla sua efficacia più che sulla semplice spesa. Tuttavia, l’autore nota anche una verità elusa: alcune scelte difficili, ad esempio in materia fiscale e di investimenti, vengono rinviate. Pur con questo limite, il Tagesspiegel valuta il contratto come un passo nella giusta direzione, apprezzandone il tono di realismo e responsabilità di fronte alle sfide interne ed esterne del Paese.
“Più passi indietro che progressi”: la sinistra critica la GroKo
Di tono opposto il giudizio che emerge dal quotidiano taz, schierato a sinistra, che ironicamente titola “Osare più passi indietro” sul programma del nuovo esecutivo. Nell’analisi si passa in rassegna il contenuto delle 144 pagine del Koalitionsvertrag, sottolineando come il motto scelto (“Responsabilità per la Germania”) segnali già un cambio di linguaggio rispetto all’enfasi sul “progresso” della precedente Ampel. Il giornale evidenzia in particolare il ritorno a politiche più dure sull’immigrazione – con respingimenti e espulsioni potenziati – e la revisione in senso restrittivo di riforme sociali come il reddito di cittadinanza (Bürgergeld). Per taz, CDU e SPD puntano soprattutto a rassicurare un elettorato spaventato da crisi multiple e dall’avanzata dell’AfD. Questa cautela, però, viene letta come mancanza di coraggio riformatore: anziché “osare più progresso”, il patto di governo oserebbe più conservatorismo, tornando in parte allo status quo pre-2015. Il commento ammette che il clima nel Paese richiede compromessi, ma accusa la Große Koalition di essere un’“alternativa solo di nome” e di difettare di visione per affrontare davvero le emergenze di clima, welfare e infrastrutture. Senza uno slancio innovativo – conclude taz – c’è il rischio che in pochi anni l’AfD possa trionfare alle urne, complice la delusione verso un governo percepito come grigio e poco ambizioso.
Politica estera e sicurezza
Verso un Consiglio di Sicurezza Nazionale made in Germany
Il nuovo esecutivo intende riformare le strutture decisionali in materia di politica estera e di difesa creando un Consiglio Nazionale di Sicurezza presso la Cancelleria. Come riporta Die Zeit, il Consiglio – fortemente voluto da Friedrich Merz – figura espressamente nel contratto di coalizione CDU-SPD. L’obiettivo è concentrare e coordinare meglio le informazioni e le decisioni sulle crisi internazionali, superando la frammentazione fra ministeri. Questo organo, ispirato al modello americano del National Security Council, dovrebbe riunire i vertici competenti per fornire valutazioni strategiche comuni e reazioni rapide alle minacce. Oltre al Consiglio, il piano prevede anche un Centro nazionale situazionale presso il Cancelliere e un’unità di crisi federale che coinvolga i Länder, per gestire con approccio integrato emergenze complesse. La nascita di questo organismo – sottolinea l’articolo – era un desiderio di lunga data soprattutto dell’area CDU/CSU. La sua attuazione segnerebbe un cambiamento importante, concentrando a Berlino la regia su sicurezza esterna e interna. Si tratta di una risposta alle lezioni apprese da vicende come il caotico ritiro da Kabul nel 2021: con un Consiglio di Sicurezza, la Germania conta di prevenire futuri fallimenti di coordinamento e di rafforzare il proprio ruolo di leadership nelle crisi globali.
Questioni militari
La Bundeswehr si dota di “droni kamikaze”
Per la prima volta l’esercito tedesco impiegherà munizioni circuitanti, note come “droni kamikaze”. Lo riferisce Der Spiegel, spiegando che il ministro della Difesa Boris Pistorius ha autorizzato l’acquisto e i test di nuovi droni d’attacco di fabbricazione nazionale. Tali sistemi, già tristemente noti per l’uso nel conflitto ucraino, sono in grado di volare in attesa e colpire esplodendo sul bersaglio. La Bundeswehr finora ne era sprovvista. Due aziende tedesche forniranno i modelli sperimentali, e i militari premono per accelerare: l’intento è effettuare prove rapide e poi ordinare una fornitura consistente. Il test in Ucraina di droni simili (come i “Shahed” iraniani usati dalla Russia) ha mostrato l’efficacia di queste armi nel colpire obiettivi a lungo raggio. Pistorius, forte del consenso parlamentare, vuole colmare la lacuna dotando la Germania di questa capacità. I generali la definiscono un possibile “game-changer” tattico. L’articolo sottolinea che l’iniziativa – parte del riarmo avviato con la Zeitenwende – rappresenta un cambio dottrinale: la Germania, tradizionalmente prudente su armamenti offensivi, riconosce ora la necessità di adeguarsi alle nuove forme di guerra per proteggere efficacemente il Paese e gli alleati.
Allarme riservisti: servono 100 mila uomini in più
La Bundeswehr affronta una carenza cronica di effettivi, e l’unica soluzione strutturale potrebbe essere ripristinare un bacino di coscritti. Lo sostiene il generale Carsten Breuer, capo di Stato Maggiore della Difesa, in un’intervista riportata da Der Spiegel. Breuer stima che alle forze armate manchino all’appello almeno 100.000 riservisti formati per poter far fronte alle esigenze di difesa. Con il personale attuale (circa 183 mila soldati attivi) e il trend demografico negativo, l’obiettivo di 203 mila unità appare fuori portata . Il generale nota che il mercato del lavoro tedesco non offre abbastanza candidati volontari e quindi “non ci sono alternative: serve il servizio di leva” . Egli propone quantomeno di ripristinare la registrazione obbligatoria dei diciottenni (Wehrerfassung), sospesa dal 2011, come primo passo per ricostituire una riserva. Le parole di Breuer – pronunciate in un colloquio con Welt am Sonntag – riflettono una crescente pressione interna per affrontare il problema del personale. Già diverse figure di vertice militari e politiche, nota l’articolo, invocano il ritorno a una qualche forma di obbligo di servizio anche solo limitato, visto l’aggravarsi del quadro di sicurezza. La riflessione del Generalinspekteur ha riacceso il dibattito pubblico: se il nuovo sistema di volontariato non basterà, la Germania potrebbe trovarsi costretta a considerare seriamente il ripristino della leva in futuro .
Forze armate ancora al limite: il rapporto annuale
Le condizioni della Bundeswehr restano preoccupanti nonostante gli investimenti della Zeitenwende. È quanto emerge dal rapporto annuale presentato a marzo dalla commissaria parlamentare alle Forze armate, Eva Högl. La relazione – sintetizzata dai media come “Bundeswehr al limite” – evidenzia che persistono gravi carenze di equipaggiamenti e personale. Molte caserme sono in condizioni inadeguate e solo un numero ridotto di sistemi d’arma è pienamente operativo. Högl sottolinea che la burocrazia frena la spesa del fondo speciale da 100 miliardi: su oltre 300 richieste di approvvigionamento, poche decine sono state evase. Inoltre, il lento reclutamento non compensa i congedi: a fine 2024 l’organico è rimasto stagnante, ben lontano dall’obiettivo di crescita. Un dato allarmante riguarda la disponibilità di munizioni e pezzi di ricambio, ancora insufficiente per sostenere un conflitto prolungato – malgrado la guerra in Ucraina abbia reso evidente questa vulnerabilità. La Wehrbeauftragte, esponente SPD, invita il nuovo governo a semplificare le procedure d’acquisto e considerare ulteriori fondi mirati. Nel rapporto Högl torna anche sul tema leva, definendo positiva l’idea di un servizio volontario ma ribadendo che senza una base più ampia di riservisti la Bundeswehr faticherà a colmare i vuoti. In sintesi, a un anno dalla svolta storica annunciata, “il cammino di rafforzamento è ancora troppo lento”: la sicurezza tedesca – avverte Högl – richiede decisioni più rapide e investimenti costanti, per dare finalmente alle truppe mezzi adeguati e motivazione.
Politica interna e questioni sociali
Una corrente SPD boccia il patto “troppo a destra”
Neppure all’interno dell’SPD c’è unanimità sul contratto di Grande Coalizione. Secondo indiscrezioni riportate dalla stampa, un gruppo organizzato di esponenti socialdemocratici – guidato dal responsabile del forum migrazione Aziz Bozkurt – ha dichiarato di rifiutare il patto con la CDU/CSU, giudicandolo “eccessivamente di destra”. In un appello interno, questa corrente avverte che l’accordo di governo “potrebbe diventare un volano per le destre” invece di arginarle. Vengono contestate in particolare le concessioni fatte su politiche migratorie e sociali, considerate un tradimento dei valori SPD. La notizia di queste resistenze interne – trapelata su Frankfurter Allgemeine e ripresa da altri media – evidenzia il malessere dell’ala sinistra SPD. Il partito ha comunque indetto un referendum tra gli iscritti per approvare formalmente la coalizione. I vertici (Lars Klingbeil e Saskia Esken) sostengono compatti l’intesa con Merz, ma dovranno convincere una base in parte delusa. Il voto tra gli oltre 400 mila iscritti si svolgerà ad aprile: sebbene un sì finale sia atteso, episodi come questo segnalano la tensione latente. Anche tra i cristiano-democratici ci sono mugugni, ma più contenuti: nella CDU, la prospettiva di tornare al potere con la Cancelleria ha sopito (per ora) i dissensi interni. L’SPD invece, pur restando al governo, paga lacerazioni ideologiche. Il rischio, sottolineano gli osservatori, è che un’eventuale approvazione risicata tra gli iscritti SPD indebolisca la tenuta politica della nascente coalizione sin dall’inizio.
Questioni economiche e finanziarie
Previsioni cupe: crescita quasi zero nel 2025
I principali istituti economici tedeschi hanno rivisto al ribasso le stime di crescita: la loro Frühjahrsprognose 2025 prevede per l’anno prossimo un PIL tedesco in aumento di appena +0,1% . Si tratta di un drastico taglio rispetto alle precedenti attese (circa +1,5%). Le cause individuate sono molteplici: il rallentamento dell’economia mondiale, l’inflazione ancora elevata che frena i consumi, e in particolare le tensioni commerciali con gli Stati Uniti. Gli economisti avvertono che le politiche protezionistiche dell’amministrazione Trump – come i nuovi dazi su prodotti europei – stanno penalizzando l’export e creando incertezza negli investimenti. Anche l’aumento dei tassi d’interesse ha un impatto negativo su edilizia e domanda interna. Per il 2024 gli istituti stimano una crescita leggermente superiore (+0,7%), grazie in parte al calo dei prezzi energetici rispetto al picco del 2022. Ma il 2025 rischia di essere un anno di stagnazione se non intervengono fattori positivi inattesi. L’inflazione dovrebbe scendere attorno al 2,5% nel 2025 (dopo il ~5,8% del 2023), dando un po’ di respiro ai redditi reali. Tuttavia, con la recessione tecnica appena evitata nel 2023, la Germania resta il “fanalino di coda” in Europa come dinamica economica. Gli esperti invitano il nuovo governo a stimolare la crescita con investimenti pubblici mirati e incentivi alla competitività, altrimenti il rischio è di un decennio perduto in termini di sviluppo.
Un programma costoso con un grande punto interrogativo
Il contratto di coalizione nero-rosso abbonda di promesse – taglio delle tasse sulle imprese, aumenti pensionistici, investimenti infrastrutturali – ma pochi dettagli su come finanziarle. La Süddeutsche Zeitung individua nella clausola di “riserva di finanziamento” (Finanzierungsvorbehalt) la chiave di volta: in pratica, molte misure saranno attuate solo se “il bilancio lo consentirà”. In assenza di nuove entrate o scostamenti dal pareggio, diverse proposte potrebbero restare sulla carta. Ad esempio, CDU e SPD promettono consistenti sgravi fiscali e al contempo un grande Fondo per la difesa e il clima da 500 miliardi: come conciliare questi impegni con la rigida regola del debito? L’analisi nota che il ministro delle Finanze designato dovrà fare acrobazie contabili. Una strada potrebbe essere prorogare il Fondo speciale da 100 mld per la Bundeswehr anche ad altri scopi, oppure trovare escamotage come società pubbliche fuori bilancio. Nel breve termine, il gettito fiscale extra da inflazione e occupazione alta darà un po’ di margine. Ma già dal 2025 la situazione si stringerà: il calo della crescita e possibili spinte recessive potrebbero ridurre le entrate, mentre le spese per interessi e previdenza aumentano. Il giornale conclude che la Große Koalition sta comprando tempo: rinvia le scelte impopolari (nuove tasse, tagli o deficit) sperando in condizioni macroeconomiche migliori. Ma se queste non arriveranno, entro un anno o due il nodo verrà al pettine e saranno necessarie decisioni difficili su dove reperire le risorse per onorare le promesse fatte agli elettori.
L’export tiene, ma la Germania guarda oltre la Cina
Nonostante le difficoltà, il commercio estero tedesco mostra segnali di tenuta. A febbraio 2025 le esportazioni sono cresciute dell’1,8% rispetto al mese precedente, proseguendo un trend di lieve ripresa iniziato a inizio anno. In particolare, le vendite verso i Paesi extra-UE sono aumentate, compensando la domanda fiacca all’interno dell’Unione. Hanno trainato l’export i macchinari e i prodotti high-tech, con ordini in crescita dal Nord America e da alcuni mercati emergenti asiatici (esclusa la Cina). Proprio la Cina rimane un’incognita: dopo anni di boom, le esportazioni tedesche verso Pechino ristagnano o calano leggermente, complici la concorrenza cinese stessa e un’economia locale meno vivace. Le imprese tedesche stanno diversificando maggiormente: aumentano per esempio le quote verso l’India e il Sud-Est asiatico. Inoltre, il governo spinge accordi con nuove aree (come l’America Latina, vedi trattativa UE-Mercosur) per ridurre la dipendenza da pochi partner. Sul fronte importazioni, l’energia pesa meno sul totale rispetto al 2022, grazie alla discesa dei prezzi di gas e petrolio; ciò ha migliorato la bilancia commerciale dopo il disavanzo eccezionale dello scorso anno. Gli analisti avvertono però che le tensioni geopolitiche (dai dazi USA ai rischi su Taiwan) potrebbero frenare di nuovo il commercio mondiale. Per ora l’industria tedesca mostra resilienza e capacità di adattamento, ma la sfida è aperta: servono nuove strategie di internazionalizzazione per mantenere il ruolo di locomotiva export in un contesto globale sempre più incerto.
Edilizia in crisi: fallito l’obiettivo 400.000 case l’anno
Il settore delle costruzioni abitative in Germania attraversa una fase critica. La precedente coalizione “semaforo” aveva fissato l’ambizioso obiettivo di 400.000 nuove abitazioni all’anno, di cui 100.000 popolari, ma tale traguardo è stato clamorosamente mancato. Nel 2022 e 2023 si sono costruite poco più di 250.000 unità annue. Secondo le nuove previsioni, nel 2025 si riuscirà a malapena a realizzare 320.000 abitazioni. I motivi sono molteplici: l’aumento dei tassi d’interesse ha reso più costosi i mutui e scoraggiato investitori e coop edilizie; i costi dei materiali da costruzione restano elevati; infine, la carenza di manodopera rallenta i cantieri. La nuova coalizione CDU-SPD, pur non ribadendo esplicitamente il target numerico, promette un “turbo edilizio”: vuole semplificare le norme urbanistiche, incentivare la conversione di uffici in abitazioni e destinare terreni federali a progetti residenziali. Ha anche confermato l’innalzamento del sussidio agli affitti sociali e incentivi per l’edilizia popolare. Tuttavia, gli operatori del settore rimangono scettici. Al Deutscher Wohnungsbautag (conferenza annuale dell’edilizia) di aprile, le associazioni hanno chiesto al governo fondi straordinari e misure fiscali urgenti per far ripartire i cantieri. “Servirebbe un vero e proprio fuoco d’artificio di provvedimenti”, ha commentato un rappresentante, dato che attualmente molti progetti sono fermi sulla carta perché economicamente non sostenibili. In sintesi, la crisi del mattone tedesca rischia di aggravare la già pesante emergenza abitativa nelle città: senza un intervento deciso dello Stato (ad esempio con crediti agevolati e sgravi IVA), l’obiettivo di costruire abbastanza case da calmierare gli affitti resterà lontano, con il relativo malcontento sociale destinato a crescere.
Tecnologia, impresa e innovazione
Lancio orbitale: il razzo tedesco fallisce al debutto
Il 30 marzo una start-up di Monaco, Isar Aerospace, ha tentato il primo lancio orbitale di un razzo privato europeo, il Spectrum. La missione, partita dalla base di Andøya in Norvegia, purtroppo non ha raggiunto l’orbita: circa 30 secondi dopo il decollo il razzo ha perso il controllo ed è precipitato in mare. Nonostante l’esito, la prova segna un passo storico nell’industria spaziale tedesca ed europea. Isar Aerospace è uno dei nuovi operatori privati (spesso chiamati “Space start-up”) che puntano a lanciare in orbita piccoli satelliti a costi ridotti. L’azienda ha comunicato che il decollo e il funzionamento iniziale del primo stadio sono avvenuti, raccogliendo preziosi dati tecnici. I prossimi mesi serviranno ad analizzare la causa esatta del guasto e apportare correzioni. Il governo tedesco e l’ESA hanno espresso sostegno, definendo il test un passo coraggioso verso una capacità europea di lancio commerciale indipendente. Il settore è dominato da player americani (SpaceX in primis) e dall’indiana ISRO per i piccoli carichi: la Germania ambisce a ritagliarsi una fetta di mercato. Isar Aerospace, forte di finanziamenti privati e pubblici, prevede un secondo tentativo nel 2026. Se avrà successo, la Germania diventerà – dopo USA, Russia, Cina, India e pochi altri – uno dei paesi in grado di mettere in orbita satelliti con razzi sviluppati internamente. L’impresa non è dunque scoraggiata: “Abbiamo imparato molto – hanno dichiarato i fondatori – e siamo più determinati che mai a raggiungere lo spazio”.
L’IA tedesca cerca la sua strada tra i giganti USA
Gli esperti avvertono: nella corsa all’Intelligenza Artificiale la Germania rischia di restare indietro, schiacciata dallo strapotere delle Big Tech americane. Al Digitalgipfel organizzato a Monaco dalla Süddeutsche Zeitung, manager e ricercatori tedeschi hanno discusso di come “Trump, Musk e Co.” – ovvero la spinta degli eventi geopolitici e l’innovazione trainata dagli USA – possano paradossalmente offrire un’opportunità per l’Europa. Attualmente oltre il 90% dei servizi digitali usati in Germania proviene da fornitori statunitensi (o cinesi). Nel campo dell’AI conversazionale, tutti parlano di ChatGPT, Meta AI, Bard, mentre l’eccellenza locale – ad esempio la startup di Heidelberg Aleph Alpha – è poco conosciuta al grande pubblico. Eppure proprio Aleph Alpha, con il suo modello di linguaggio Luminous, dimostra che esiste un know-how europeo. Il co-responsabile digitale del gruppo Schwarz (Lidl) Rolf Schumann ha ringraziato ironicamente Trump e il suo protezionismo: la crisi con gli USA spinge infatti la Germania a investire di più in sovranità digitale. Il nuovo governo intende sostenere la ricerca sull’AI con finanziamenti mirati e semplificazione normativa. Tra le proposte emerse al convegno: creare un cloud europeo affidabile, formare più specialisti e favorire l’accesso ai dati per le aziende UE, così da allenare algoritmi competitivi. C’è un cauto ottimismo che, imparando dagli errori (come accaduto con Internet e social media), la Germania possa questa volta essere protagonista nell’applicazione industriale dell’AI – ad esempio nei macchinari, nell’auto autonoma e nella sanità. La strada è però in salita: talenti e capitali spesso migrano verso la Silicon Valley. Il messaggio finale è che solo unendo forze pubbliche e private e puntando sull’innovazione “made in Europe” si potrà sperare di ridurre la dipendenza tecnologica dagli Stati Uniti in uno scenario transatlantico reso instabile anche dalla politica.
Boom delle auto elettriche, in calo i motori tradizionali
La transizione automobilistica in Germania procede spedita: a marzo 2025 le immatricolazioni di auto elettriche sono aumentate del 28% rispetto all’anno precedente. Secondo i dati dell’Autorità Federale dei Trasporti (KBA), quasi 1 auto nuova su 3 venduta nel mese è stata elettrica pura (BEV) o ibrida plug-in. Le vendite di veicoli a benzina risultano invece in forte calo (-29% su marzo 2024) e rappresentano ormai meno del 28% del totale. Anche i diesel continuano a ridursi, mentre volano le quote di SUV e crossover elettrificati. Modelli a batteria come la Tesla Model Y, la VW ID.4 e la nuova BMW iX1 figurano tra le auto più vendute del mese, segno di una crescente accettazione presso il grande pubblico. Le cause del boom elettrico sono diverse: incentivi all’acquisto ancora disponibili (sebbene ridotti dal 2023 per i privati), ampliamento dell’offerta di modelli e significativo miglioramento della rete di ricarica nazionale. Inoltre, i prezzi elevati dei carburanti spingono sempre più automobilisti a considerare l’alternativa a emissioni zero. In totale a marzo sono state immatricolate circa 253.500 vetture nuove in Germania, un dato leggermente inferiore (-4%) all’anno scorso. Il mercato auto tedesco appare dunque in contrazione in termini volumetrici, ma in piena trasformazione nel mix di alimentazioni. Gli analisti prevedono che entro fine 2025 la quota combinata di elettriche e ibride plug-in potrebbe superare il 50%. Le case automobilistiche tedesche stanno accelerando di conseguenza i piani di elettrificazione: ad esempio Volkswagen ha annunciato l’uscita di scena anticipata per diversi modelli a combustione, mentre Mercedes punta a offrire versioni elettriche in ogni segmento già dal 2025. La rivoluzione elettrica dell’auto in Germania, inizialmente lenta, sta entrando in una fase di diffusione di massa, con impatti attesi su filiera, occupazione e abitudini di mobilità dei cittadini.
Start-up tedesche verso la ripresa, ma servono investimenti
Dopo un 2023 difficilissimo, l’ecosistema start-up in Germania mostra segnali di risalita, anche se resta distante dai fasti del passato. Secondo un’analisi del portale deutsche-startups.de, nel primo trimestre 2024 la raccolta di capitale di rischio è leggermente aumentata rispetto al trimestre precedente, suggerendo che la talsohle – il punto più basso – potrebbe essere stata superata. Tuttavia, il volume di investimenti sulle neo-imprese tech in Germania nel 2024 (circa 7 miliardi) è ancora molto inferiore a quello del 2021 (oltre 17 miliardi). Il nuovo governo intende sostenere il settore con varie misure previste nel contratto: facilitazioni fiscali per chi investe in start-up, snellimento delle procedure di stock options per i dipendenti, e la creazione di un fondo di fondi pubblico-privato per il venture capital. L’Startup-Verband (associazione di categoria) ha accolto positivamente questi piani, definendoli “progressi utili”. Soprattutto sul fronte finanziamenti, l’intervento statale è visto come cruciale per coprire il gap con gli USA: molte buone idee tedesche restano infatti a secco di capitali o migrano all’estero. Non mancano comunque storie di successo locali: un rapporto di Business Insider ha elencato diverse “Soonicorns” – start-up che potrebbero raggiungere valutazioni da unicorno (oltre 1 mld) entro il 2025. Tra queste figurano realtà come Celonis (data mining), Volocopter (taxi volanti elettrici) e Enpal (fotovoltaico domestico). Ciò dimostra che l’innovazione made in Germany è viva, spaziando dalla deep tech alla sostenibilità. Per farla fiorire, concludono gli esperti, occorre però un ecosistema più favorevole: meno ostacoli burocratici, più investitori istituzionali disposti a rischiare e un mercato europeo veramente unificato per i servizi digitali. La speranza è che il 2025 possa segnare l’inizio di una nuova stagione di crescita per le start-up tedesche, trainata anche dalle politiche più mirate del governo e dall’attenzione verso temi come transizione verde e digitale che offrono enormi opportunità imprenditoriali.