Rassegna della stampa tedesca #120
Quello che segue è il Monitoraggio della stampa tedesca, curato dalla redazione di Stroncature, su commissione della Fondazione Hanns Seidel Italia/Vaticano. Il monitoraggio ha cadenza settimanale ed è incentrato sui principali temi del dibattito politico, economico e sociale in Germania. Gli articoli sono classificati per temi.
Stroncature produce diversi monitoraggi con taglio tematico o geografico personalizzabili sulla base delle esigenza del committente.
Analisi e commenti
Trump vuole solo svendere l’Ucraina, non portare la pace
Trump will keinen Frieden stiften, er will nur den Ausverkauf der Ukraine
Trump ha reagito in modo cinico a un attacco missilistico russo su Sumy, definendolo un “errore” di Mosca.
Questo commento evidenzia che il presidente USA in carica (non cerca una vera pace in Ucraina, bensì mira a costringere Kyiv a cedere territori.
L’analista Tomas Avenarius critica la “strategia” di Trump: minimizzare i crimini russi e prospettare un “cessate il sostegno” occidentale per spingere l’Ucraina a un accordo svantaggioso.
Questa posizione, secondo l’autore, equivarrebbe a “svendere” l’Ucraina: concedere a Putin ampie porzioni di territorio ucraino in cambio di una falsa pace.
Il commento sottolinea che una tale linea politica sarebbe disastrosa per l’Ucraina e premia l’aggressione russa, contraddicendo i principi di giustizia internazionale.
L’articolo conclude che l’Europa deve prepararsi a “resistere senza l’America” se Trump abbandonasse Kyiv, evitando di sacrificare la sovranità ucraina per compiacere il Cremlino.
Lars Klingbeil: trasformare una sconfitta elettorale in successo personale
Lars Klingbeil: Erfolgreich verlieren
Nonostante la pesante sconfitta subita dall’SPD nelle elezioni, il segretario Lars Klingbeil è riuscito a rafforzare la propria posizione.
Questo profilo analitico spiega come Klingbeil, 45 anni, abbia gestito il “disastro elettorale” (solo il 16,4% dei voti) traendone vantaggio per la sua carriera.
Grazie al suo ruolo nelle trattative, l’SPD conserva ministeri chiave (Finanze, Lavoro, Difesa) nel nuovo governo con la CDU/CSU.
Klingbeil viene descritto come “ambizioso mediatore”: ha convinto la base socialista ad accettare l’accordo, presentandolo come migliore del previsto nonostante le concessioni fatte.
L’articolo sottolinea il paradosso di “perdere con successo”: la guida di Klingbeil ha permesso all’SPD di rientrare al governo malgrado il risultato elettorale disastroso.
Ora Klingbeil potrebbe ambire a un posto ministeriale, capitalizzando la sua abilità politica.
Il pezzo conclude che Klingbeil ha saputo usare una sconfitta per consolidare potere e visibilità, emergendo come figura di punta della sua generazione nell’SPD.
Trump e l’impazienza “sbagliata” sulla guerra in Ucraina
Trumps falsche Ungeduld
Questo editoriale (a firma Andreas Ross) critica duramente l’atteggiamento di Donald Trump verso il conflitto in Ucraina.
Trump preme per risultati rapidi e minaccia di “dedicarsi ad altro” dopo 87 giorni di guerra, ma questa impazienza è rivolta al bersaglio sbagliato.
Secondo l’editorialista, “non Kiev e la NATO” sono responsabili del protrarsi del conflitto, bensì Putin, unico artefice della guerra e unico che può fermarla.
Trump, nella sua “brama di amicizia” con Putin, ignora questa realtà e insinua che l’Occidente debba smettere di sostenere l’Ucraina.
L’editoriale avverte: se Washington si “disimpegnasse”, a rimetterci sarebbero l’Ucraina e la sicurezza europea, con la NATO indebolita a vantaggio di Mosca.
Si nota con preoccupazione che la ministra degli Esteri tedesca uscente (Baerbock) non ha partecipato ai cruciali colloqui di Parigi, inviando solo diplomatici – segnale di difficoltà politiche a Berlino.
In conclusione, la F.A.Z. esorta l’Europa a non cedere alla narrativa di Trump: la vera urgenza andrebbe rivolta a Mosca, non a Kyiv, e l’impazienza di pace non deve tradursi in concessioni unilaterali a Putin.
La grande coalizione senza entusiasmo: un “matrimonio di dovere”
Der Koalitionsvertrag ist fertig: Muss halt
La nuova GroKo CDU-SPD viene accolta con scarso entusiasmo: secondo la taz, è una “Pflichtkoalition” (coalizione per dovere).
In questo commento Anna Lehmann osserva che l’accordo di governo è “tiepido e vago” su molti fronti, frutto più della mancanza di alternative che di slancio politico.
Con CDU/CSU al 30% e SPD al 16%, nemmeno il termine “Große Koalition” pare adatto; l’autrice la definisce ironicamente “Vernunftehe” (matrimonio di convenienza).
Malgrado lo scetticismo diffuso, il commento augura al governo successo nel fronteggiare le sfide epocali: evitare la recessione, sostenere industria e occupazione, e rispondere ai “turbini di Trump” (la guerra commerciale USA).
Lehmann sottolinea che il programma è carente di audacia nelle grandi riforme: servirebbero azioni decise su decarbonizzazione, demografia e digitalizzazione, ma l’accordo mostra solo “mezze misure”.
Si nota tuttavia che questa coalizione ha almeno il merito di escludere l’estrema destra dall’esecutivo, garantendo stabilità democratica.
La conclusione è che i partner governativi dovranno “guadagnarsi la fiducia” sul campo: partire con aspettative basse potrebbe spronarli a dimostrare che anche un’unione forzata può produrre risultati concreti.
Futuro incerto per i Verdi fuori dal governo
“Das ist weder die Ampel noch die alte Groko” (intervista a Robert Habeck)
In un’intervista al Tagesspiegel, Robert Habeck (vicecancelliere uscente dei Verdi) riflette sul nuovo scenario politico senza i Verdi al governo.
Habeck, destinato a presiedere la commissione Esteri del Bundestag, sottolinea che la nascente coalizione “non è né la vecchia Grosse Koalition né il fallito Ampel”, ma una formula inedita da cui i Verdi sono esclusi.
Egli ammette delusione nel suo partito per la fine anticipata dell’alleanza “semaforo”, ma insiste sulla necessità che i Verdi rimangano influenti dall’opposizione, soprattutto nelle relazioni transatlantiche e nella politica climatica.
Habeck indica che si concentrerà sul rafforzamento del legame con gli USA, collaborando con il nuovo governo su temi strategici nonostante le differenze.
L’ex ministro dell’Economia critica alcune scelte del contratto CDU-SPD (ad esempio sul clima e sull’energia, giudicate arretramenti), ma promette un’opposizione “costruttiva e responsabile”.
In chiusura, Habeck afferma che i Verdi utilizzeranno il tempo all’opposizione per “rigenerarsi” e riconnettersi con gli elettori, preparandosi a tornare determinanti nella prossima stagione politica.
Politica estera e sicurezza
Rinnovata rivalità ma cooperazione necessaria: Germania-Polonia in bilico
Deutschland und Polen: Bloß nicht nach Berlin
I rapporti tra Berlino e Varsavia sono segnati da diffidenza e speranza di un “nuovo inizio”.
Alla vigilia del cambio di governo tedesco, Olaf Scholz ha compiuto una discreta visita di commiato al premier polacco Donald Tusk, senza clamore mediatico.
Con Tusk (filo-europeo) al potere in Polonia dal 2024, ci si attende un clima migliore rispetto agli anni di scontri con il governo nazionalista precedente.
L’articolo nota però che mostrare amicizia verso la Germania non porta consensi nel dibattito politico polacco: i partiti di destra alimentano risentimenti storici e diffidenze verso Berlino.
Nonostante ciò, Varsavia guarda con interesse al nuovo esecutivo tedesco guidato da Merz. Ha accolto positivamente segnali come l’annuncio tedesco di possibili forniture di missili Taurus all’Ucraina (richiesta che Polonia sostiene) e l’enorme piano di investimenti pubblici tedesco per rilanciare l’economia.
Le aspettative polacche sono di un “reset” nei rapporti: cooperazione stretta su difesa NATO e aiuto all’Ucraina, ma anche risoluzione di contenziosi (come le riparazioni di guerra, tema latente).
In sintesi, il rapporto Germania-Polonia resta complesso: c’è volontà di rilancio, ma la fiducia reciproca va ricostruita per superare stereotipi e divergenze del passato recente.
Gli USA di Trump mettono in allarme la diplomazia tedesca
Ministerkandidat der CDU: Wie ändert sich die Außenpolitik unter Schwarz-Rot? (intervista a Johann Wadephul)
Johann Wadephul (CDU), probabile prossimo ministro degli Esteri, delinea le priorità della politica estera tedesca sotto il governo di grande coalizione.
Con l’insediamento di Donald Trump per un secondo mandato negli Stati Uniti, Berlino dovrà “riadattarsi a un partner imprevedibile”: la Germania cercherà di mantenere salda l’alleanza atlantica, ma preparando l’Europa a maggiore autonomia strategica.
Wadephul conferma l’intenzione di “riattivare i canali tradizionali”: ricostruire fiducia con la Casa Bianca, pur difendendo gli interessi europei (come sul commercio, dove i nuovi dazi USA preoccupano l’industria tedesca).
L’intervista annuncia una svolta simbolica: per la prima volta in 60 anni la CDU guiderà di nuovo il ministero degli Esteri, segnando un cambio dopo la gestione ecologista di Baerbock. La priorità sarà rinsaldare i rapporti con partner chiave UE (Francia in primis) e NATO, rassicurandoli sulla continuità dell’impegno tedesco nonostante la linea trumpiana.
Wadephul insiste poi sul sostegno all’Ucraina: il nuovo esecutivo manterrà gli aiuti militari e finanziari a Kyiv, cercando però in parallelo spazi di dialogo per una pace giusta.
Infine, l’esponente CDU sottolinea che la politica estera tedesca sarà “più realista e meno ideologica”: collaborazione pragmatica con regimi difficili (Cina, Turchia) per tutelare economia e sicurezza, senza però rinunciare alla difesa dei diritti e del diritto internazionale.
La Germania verso una linea più dura su difesa e NATO
Schwarz-Rot und die Sicherheitspolitik: Mehr Härte und mehr Bündnis
La nuova coalizione tedesca promette un cambio di passo in politica di sicurezza: maggiore fermezza e investimenti.
Nel contesto di guerra in Europa, CDU/CSU e SPD hanno concordato di alzare la spesa militare fino al 2% del PIL in modo permanente, consolidando l’impegno verso la NATO.
Berlino intende rafforzare il fianco orientale dell’Alleanza: più truppe tedesche in Lituania e nei paesi baltici, e contributo alla “difesa collettiva” contro la minaccia russa.
Inoltre, l’articolo evidenzia il piano per un Consiglio di Sicurezza Nazionale presso la Cancelleria, per coordinare meglio diplomazia, intelligence e forze armate di fronte alle crisi.
Sul fronte UE, la Germania della coalizione Schwarz-Rot sostiene l’allargamento dell’Unione ai Balcani e appoggia una politica estera europea più unitaria, anche con voto a maggioranza su alcune decisioni (superando il veto nazionale).
Vengono citate anche sfide globali: i rapporti con la Cina saranno “pragmatici ma guardinghi” – riconoscendo Pechino sia come partner economico sia come rivale strategico.
In sintesi, la Germania si prepara ad assumere più responsabilità internazionali, abbandonando certe esitazioni del passato e abbracciando una postura più assertiva per la propria sicurezza e quella degli alleati.
Questioni militari
Missili Taurus all’Ucraina: la nuova coalizione tedesca si divide
„Taurus“ bedroht den Koalitionsfrieden
La proposta di fornire missili da crociera Taurus all’Ucraina ha creato attriti immediati tra i partner della neonata grande coalizione.
Friedrich Merz (CDU), futuro cancelliere, vuole autorizzare l’invio di questi ordigni a lungo raggio a Kyiv, rompendo con la cautela del precedente governo Scholz.
Ciò mette in “posizione scomoda” il ministro della Difesa uscente (e riconfermanto) Boris Pistorius, dell’SPD: il suo partito in campagna elettorale si era opposto ai Taurus, temendo un’escalation con la Russia.
Secondo l’analisi SZ, Pistorius ora recita un doppio ruolo: come ministro ad interim di Scholz è prudente, ma come futuro ministro sotto Merz dovrà adeguarsi all’indirizzo più interventista.
La questione dei Taurus è diventata simbolo dello stato della nuova coalizione: nata da poco e già alle prese con divergenze su sicurezza e difesa. I conservatori spingono per una maggiore “deterrenza attiva” a favore dell’Ucraina, mentre i socialdemocratici frenano per non sconfessare del tutto la loro base pacifista.
L’articolo riferisce che si stanno cercando compromessi: ad esempio, consegnare i missili solo dopo consultazioni con gli alleati NATO e magari “demilitarizzati” (con software che ne limiti la gittata).
In conclusione, la vicenda Taurus mostra come le promesse bellicose di Merz possano “minare l’armonia” della coalizione fin dal principio, richiedendo delicate mediazioni per evitare fratture sul tema cruciale del sostegno militare all’Ucraina.
I missili Taurus non sono una panacea: false speranze tecnologiche
Der Taurus weckt falsche Hoffnungen
L’idea di fornire i missili aria-superficie Taurus all’Ucraina è analizzata criticamente: queste armi potrebbero non cambiare le sorti del conflitto come alcuni sperano.
Il settimanale Die Zeit spiega che il missile tedesco ha una portata e precisione elevatissime, ma l’Ucraina non dispone dei jet adatti per lanciarlo (il Taurus va integrato su Tornado o Eurofighter, che Kyiv non ha).
Inoltre, operare missili di tale complessità richiede addestramento lungo e infrastrutture che l’esercito ucraino difficilmente può approntare in tempi brevi.
Gli esperti citati notano che, se anche inviati, i Taurus “da soli” non garantirebbero un impatto decisivo: possono colpire obiettivi strategici lontani, ma la guerra sul campo dipende da molte altre variabili (numero di truppe, logistica, copertura aerea).
L’analisi sottolinea poi i rischi: Mosca considera i Taurus una “linea rossa”, essendo capaci di raggiungere il suo territorio. Berlino ha infatti tergiversato a lungo temendo un’escalation.
Infine, si evidenzia come il dibattito tedesco interno sia anche politico: Merz vuole dimostrare discontinuità con Scholz fornendo i missili, l’SPD teme di alienarsi l’ala pacifista.
Il pezzo conclude che puntare sul Taurus come “soluzione miracolosa” è fuorviante: l’arma è potente ma non risolutiva, e la sua consegna richiede un coordinamento e una preparazione molto maggiori di quanto l’opinione pubblica immagini.
Nuovo servizio militare volontario: la Germania prepara la leva “light”
„Noch in diesem Jahr“: Pistorius fordert Tempo beim neuen Wehrdienst
Il governo CDU-SPD intende introdurre rapidamente un nuovo modello di servizio militare su base volontaria per far fronte alla carenza di effettivi nell’esercito.
Il ministro della Difesa (uscente e riconfermanto) Boris Pistorius preme perché già entro fine anno si gettino le basi legali per registrare i giovani e invitarli a servire volontariamente.
Questo “Wehrdienst 2.0” si ispira al sistema svedese: tutti i ragazzi e ragazze di una certa età riceverebbero una lettera informativa (Wehrerfassung), ma solo chi vorrà si arruolerà per un periodo breve.
In pratica, spiega Pistorius, “uomini e donne saranno chiamati a presentarsi, ma solo i motivati entreranno”. I maschi dovranno formalmente rispondere (anche per dire no), le femmine no.
Lo scopo è reclutare migliaia di volontari addestrati ogni anno, senza reintrodurre una coscrizione obbligatoria piena che rimane politicamente divisiva.
Il progetto ha tuttavia ricevuto critiche: la Linke lo osteggia definendolo un “ritorno mascherato della leva”, e chiede piuttosto investimenti in professionalizzazione.
Pistorius però insiste: con la guerra in Ucraina, la Germania deve “aumentare la propria preparazione difensiva”, e un servizio volontario esteso è il compromesso necessario per rafforzare la Bundeswehr evitando di forzare chi non è disposto a servire.
Nato-Drehscheibe – Bundeswehr ruft Logistikkonzerne zu Hilfe
Hub NATO – La Bundeswehr chiede aiuto alle aziende di logistica
La Bundeswehr è impegnata in trattative riservate con grandi aziende tedesche come Lufthansa, Deutsche Bahn e Rheinmetall per rafforzare la propria capacità logistica nel quadro delle responsabilità NATO. La Germania, secondo la Strategia di sicurezza nazionale del 2023, deve fungere da “polo logistico” dell’Alleanza Atlantica, garantendo il rapido dispiegamento di truppe e mezzi verso il fianco orientale in caso di emergenza. Il trasporto di equipaggiamento militare fuori dalle aree di crisi è affidato quasi interamente a fornitori civili, con una dipendenza totale per carichi pesanti e ingombranti. Anche in zone di crisi, la Bundeswehr continua a servirsi di imprese private per il trasporto. Le collaborazioni in discussione non riguardano solo la logistica: si sta valutando anche il coinvolgimento della scuola di volo della Lufthansa nell’addestramento dei piloti militari. Le sfide che l’esercito tedesco si trova ad affrontare vanno ben oltre il trasporto e includono aspetti strutturali e organizzativi. L’iniziativa si inserisce in un contesto europeo caratterizzato da una crescente esigenza di preparazione operativa in vista di scenari di crisi ai confini orientali dell’Alleanza.
Politica interna
Minimo salariale e prime tensioni nella nuova coalizione
„Merz fällt seinem Koalitionspartner in den Rücken“ – Streit über Mindestlohn
A pochi giorni dall’intesa di governo, la CDU e l’SPD litigano sull’aumento del salario minimo.
Il contratto di coalizione prevede l’obiettivo di 15 € l’ora entro il 2026; la SPD lo sbandiera come una vittoria sociale, ma Friedrich Merz (CDU) ha subito puntualizzato che non intende “garantirlo a tutti i costi”.
Merz sostiene che la Commissione indipendente sul salario minimo dovrà valutare la fattibilità e che l’incremento a 15 € “non è automatico”. Questa presa di posizione viene vista dai socialdemocratici come un tradimento dello spirito dell’accordo.
Esponenti SPD, citati dal Welt, accusano Merz di “colpire alle spalle il partner di coalizione”: mentre loro celebravano la promessa ai lavoratori, il leader CDU la ridimensionava pubblicamente, rischiando di seminare malcontento nella base SPD e tra i sindacati.
Intanto, i Verdi e la sinistra all’opposizione criticano l’SPD per aver accettato un accordo ambiguo: temono che alla fine l’aumento reale del minimo salariale possa non arrivare, vanificando le speranze dei lavoratori a basso reddito.
Il primo scontro sulla politica sociale evidenzia la fragilità della fiducia reciproca tra i nuovi partner di governo. Per superarlo, i vertici della coalizione dovranno chiarire meglio come raggiungere l’aumento del minimo senza infrangere le regole della Commissione.
L’articolo sottolinea che la vicenda del mindestlohn sarà un banco di prova per la tenuta della coalizione: riusciranno CDU e SPD a mostrarsi unite su un tema così sentito, o prevarranno le differenze ideologiche?
“No” dei Giovani SPD: base in rivolta sul contratto di governo
SPD-Jugendorganisation: Jusos lehnen Koalitionsvertrag ab
La Jugendorganisation dell’SPD (i Jusos) ha preso ufficialmente posizione contro il nuovo accordo di grande coalizione con la CDU/CSU, raccomandando agli iscritti di votare no nel referendum interno sul contratto.
Il leader dei Jusos, Philipp Türmer, dichiara che l’intesa di governo “per noi non è abbastanza”: critica soprattutto la svolta restrittiva su asilo e migranti e la cancellazione del reddito di cittadinanza (Bürgergeld) conquistato dall’SPD nella scorsa legislatura.
I giovani socialdemocratici contestano anche la mancanza di ambizioni in politica fiscale – definendo “timida” l’assenza di una patrimoniale – e giudicano l’intero pacchetto troppo spostato a destra, quasi un ritorno al “programma CDU pre-2015”.
Nonostante la leadership SPD appaia tranquilla sull’esito (il sì dei membri viene dato per probabile), il malcontento giovanile è diffuso: numerose federazioni regionali dei Jusos (Berlino, Meclemburgo e altre) hanno approvato mozioni di rigetto.
Questa fronda evidenzia la spaccatura generazionale nel partito: i vertici attorno a Lars Klingbeil e Saskia Esken, pur scontenti di alcuni compromessi, difendono l’accordo come “il massimo ottenibile” vista la sconfitta elettorale. I giovani invece avrebbero preferito l’opposizione pur di non rinunciare a certi principi.
L’articolo nota che una bocciatura del contratto da parte della base SPD è improbabile ma non impossibile (già nel 2018 l’ok ai negoziati fu sofferto). Se dovesse accadere, la stabilità politica tedesca sarebbe a rischio.
In ogni caso, il segnale lanciato dai Jusos è forte: la nuova coalizione dovrà impegnarsi a “correggere la rotta” su migrazione e sociale in corso d’opera, se vuole evitare di alienarsi tutta una generazione di militanti SPD.
La SPD non esclude tasse: realismo finanziario di Klingbeil
Klingbeil schließt Steuererhöhungen nicht kategorisch aus
In un’intervista, il leader SPD Lars Klingbeil afferma che, pur non essendo previste nel contratto di governo, le aumenti di imposte in futuro non sono da escludere categoricamente.
Klingbeil spiega che l’obiettivo primario è rafforzare la Germania e l’Europa, e che in tempi turbolenti non si può “escludere nulla a priori” in ambito finanziario.
Questo realismo contrasta con la linea abituale: finora sia CDU che SPD hanno evitato di parlare di tasse per non allarmare elettori e mercati. Ma la situazione di bilancio è tesa nonostante il massiccio ricorso a debito straordinario (500 miliardi per investimenti).
Klingbeil sottolinea che non c’è intenzione immediata di alzare aliquote, ma nemmeno un tabù: se dovessero servire fondi aggiuntivi per sostenere economia o difesa, il nuovo governo valuterà tutti gli strumenti, incluse possibili tassazioni su redditi alti o profitti extra.
La CDU ha reagito freddamente: alcuni esponenti temono che l’SPD voglia introdurre surrettiziamente misure come una tassa patrimoniale o aumenti sulle successioni, idee a cui i conservatori restano contrari.
Tuttavia, la dichiarazione di Klingbeil viene letta anche come un messaggio ai mercati e partner europei: la Germania non si incaponirà su dogmi finanziari, ma terrà un approccio “pragmatico” per garantire stabilità e investimenti.
In sintesi, il capo SPD lascia la porta aperta a eventuali correzioni di rotta in politica fiscale, indicando che per “ragioni di forza maggiore” (crisi, spese impreviste) Berlino privilegerà il bene comune alla rigidità sul mantra “niente nuove tasse”.
Questioni sociali
Come il nuovo governo irrigidisce la politica sull'asilo
Wie die neue Regierung den Asylkurs verschärft
La futura coalizione di governo tedesca, guidata da Friedrich Merz, intende adottare una linea più restrittiva in materia di migrazione e asilo. Il nuovo accordo prevede respingimenti alle frontiere, da attuarsi solo in coordinamento con i paesi vicini, nonostante il dissenso di Austria e Polonia. Le misure includono l’estensione dei controlli di frontiera almeno fino al 2026, l’ampliamento dell’elenco dei paesi terzi sicuri e l’aumento delle espulsioni. Saranno sospesi per due anni i programmi di ricongiungimento familiare per rifugiati con protezione limitata. Le prestazioni sociali per i richiedenti asilo, inclusi i profughi ucraini arrivati dopo aprile 2025, verranno ridotte. Sebbene non esplicitamente menzionati, gli accordi con paesi terzi per esternalizzare le procedure di asilo restano possibili. Doppia cittadinanza e naturalizzazione in cinque anni saranno mantenute, ma la cittadinanza rapida in tre anni sarà eliminata. Diverse organizzazioni criticano le misure, ritenendole contrarie ai diritti umani, soprattutto per quanto riguarda le espulsioni verso Siria e Afghanistan e le limitazioni al ricongiungimento familiare.
Addio Bürgergeld: torna un welfare più severo per i disoccupati
Neue Grundsicherung: Bürgergeld wird verschärft
La grande coalizione ha deciso di smantellare il “Bürgergeld”, il sistema di sussidio per disoccupati introdotto solo l’anno scorso, per sostituirlo con un nuovo regime di “Grundsicherung” caratterizzato da obblighi e controlli più stringenti.
In base all’accordo, l’accento tornerà sul principio “Fördern und Fordern” (agevolare ma anche pretendere): i beneficiari abili al lavoro dovranno accettare offerte di impiego o formazione più rapidamente e potranno subire sanzioni economiche più dure se rifiutano senza valida motivazione.
Verranno eliminate alcune misure “soft” del Bürgergeld voluto dall’SPD/Verdi: ad esempio, la soglia di patrimonio esente sarà abbassata e l’assenza di sanzioni nei primi mesi (periodo di fiducia) sarà revocata, reintroducendo penali anche all’inizio del beneficio.
Questo ritorno a un welfare stile Hartz IV (il vecchio sistema) è stato fortemente voluto dalla CDU/CSU che giudicava il Bürgergeld “troppo generoso” e disincentivante per la ricerca di lavoro. L’SPD ha dovuto cedere su questo punto in cambio di concessioni altrove.
Tuttavia, è previsto un aumento del sostegno per chi si impegna: saranno potenziati i programmi di formazione retribuita e incentivi alle aziende che assumono disoccupati di lungo periodo. L’idea è bilanciare rigore e integrazione nel mercato del lavoro.
Le associazioni sociali e i sindacati hanno espresso preoccupazione: temono che molte famiglie povere subiranno tagli e pressioni eccessive. In particolare contestano la retorica su presunti “fannulloni”, ricordando che la maggioranza dei beneficiari vorrebbe lavorare ma non trova impiego adeguato.
Entro metà 2025 il Parlamento approverà la legge di riforma. Per milioni di persone significa un cambio significativo: più doveri e meno garanzie dal welfare statale, nel nome di un ritorno alla disciplina di bilancio e al dogma dell’“attivazione” dei disoccupati.
Taglio del numero chiuso per la sanità: via al progetto “più medici”
Bundesregierung plant Studienplatz-Offensive für Medizin
(Notizia Handelsblatt, 18.04.2025)
La carenza di medici in Germania spinge il governo a intervenire sul sistema universitario: è in preparazione un piano per aumentare i posti nelle facoltà di Medicina eliminando gradualmente il numero chiuso troppo rigido.
Attualmente migliaia di aspiranti medici vengono respinti ogni anno non per mancanza di talento ma per l’elevato punteggio di ingresso richiesto (Numerus Clausus). La nuova coalizione intende finanziare le università per creare almeno 5.000 posti aggiuntivi di laurea in medicina nei prossimi anni.
Ciò comporterà investimenti in aule, laboratori e docenti, e un possibile cambiamento dei criteri di selezione: non più solo voto di maturità altissimo, ma anche attitudini pratiche e motivazione saranno considerati per l’ammissione.
L’obiettivo dichiarato dal ministro della Salute designato (CDU) è di “formare più medici in casa nostra” riducendo la dipendenza da professionisti stranieri e coprendo i vuoti soprattutto nelle zone rurali e negli ospedali pubblici.
Il piano prevede inoltre incentivi per i neolaureati a scegliere la medicina generale e le province: borse di studio con obbligo di servizio in aree carenti, e tutoraggi dedicati.
Le associazioni mediche accolgono favorevolmente la misura, da loro richiesta da tempo: attualmente in Germania mancano circa 10.000 medici e la situazione peggiorerà con i pensionamenti massicci dei prossimi 10 anni.
Resta però il nodo dei tempi lunghi: formare un medico richiede 10-12 anni. Per tamponare nell’immediato, il governo intende facilitare il riconoscimento di titoli dall’estero e allargare le mansioni paramediche (più poteri a infermieri specializzati).
In sintesi, la Germania si muove verso una “offensiva formazione medica” per garantire il diritto alla salute su tutto il territorio e prepararsi all’invecchiamento della popolazione.
Allarme affitti: verso un freno ai canoni nelle grandi città
Mietendeckel light: Schwarz-Rot will Mietenanstieg bremsen
(Articolo Tagesspiegel, 13.04.2025)
Di fronte al caro-affitti insostenibile nei centri urbani, la nuova coalizione intende adottare misure per contenere l’aumento dei canoni di locazione.
Sebbene la CDU sia tradizionalmente contraria a regolamentare i prezzi di mercato, l’SPD ha spinto per un compromesso: si sta studiando un “tetto alla crescita degli affitti” (Mietendeckel light) a livello federale.
In concreto, potrebbe essere fissato che nei prossimi 3 anni i proprietari non possano aumentare gli affitti oltre un certo limite percentuale (ad esempio +6% totale), salvo che abbiano effettuato miglioramenti significativi all’immobile.
Questa misura seguirebbe l’esempio già tentato a Berlino (dove però un Mietendeckel più rigido fu bocciato dalla Corte costituzionale nel 2021). Per evitare problemi legali, il governo federale agirebbe modificando il codice civile nazionale sugli affitti, competenza che gli spetta.
Parallelamente, verrà rafforzato il “cuscinetto” delle indagini sui prezzi di riferimento: le Tabelle ufficiali degli affitti (Mietspiegel) dovranno essere aggiornate annualmente e in modo più trasparente, per evitare che pochi contratti molto alti facciano da traino ingiustificato.
Le associazioni degli inquilini accolgono con favore l’iniziativa, denunciando che in città come Monaco o Francoforte molte famiglie spendono ormai oltre il 40% del reddito per l’abitazione.
Le associazioni dei proprietari e costruttori invece criticano: sostengono che un tetto agli affitti “scoraggerà gli investimenti” e peggiorerà la penuria di case, chiedendo piuttosto incentivi fiscali per nuove costruzioni.
Il governo promette infatti anche un programma edilizio: 400.000 nuove case popolari entro il 2027. Nel frattempo però, l’emergenza affitti richiede un intervento tampone, ed è probabile che entro fine 2025 entri in vigore questa forma di controllo moderato dei canoni nelle zone ad alta tensione abitativa.
Questioni economiche e finanziarie
Germania verso la stagnazione: tagliate le stime di crescita 2025
Schlechte Aussichten für die Wirtschaft: Institute senken Prognose
I principali istituti economici tedeschi prevedono un 2025 quasi piatto per l’economia nazionale, rivedendo drasticamente al ribasso le stime di crescita.
Nella loro “Diagnosi congiunturale di primavera”, i cinque centri di ricerca stimano ora solo +0,1% di PIL nel 2025 (contro lo +0,8% ipotizzato sei mesi fa). La Germania rischia dunque una quasi-recessione per il secondo anno di fila (nel 2024 il PIL è calato dello 0,2%).
Le cause indicate sono in parte strutturali: mancano lavoratori qualificati in molti settori e la burocrazia resta un freno per investimenti e nuove imprese. Inoltre, la produzione industriale soffre per costi energetici ancora elevati dopo la crisi e per la concorrenza aggressiva dalla Cina.
A questi problemi interni si aggiunge l’incertezza globale, amplificata dalle politiche protezionistiche USA. L’analisi cita i dazi al 25% imposti dall’amministrazione Trump su acciaio, alluminio e auto europee: tali tariffe (e le contromisure UE) potrebbero ridurre di 0,1-0,2 punti la crescita tedesca sia nel 2025 sia nel 2026.
Il rapporto sottolinea che un elemento chiave è proprio l’imprevedibilità americana: le aziende tedesche rinviano investimenti temendo un’escalation di guerra commerciale tra Washington, Pechino ed Europa.
Si intravede un moderato ottimismo solo per il 2026, quando grazie al nuovo massiccio programma di spesa pubblica (il fondo da 500 miliardi liberato con lo “schuldenpaket”) il PIL potrebbe tornare a +1,3%.
Gli economisti raccomandano al governo di agire su vari fronti: taglio della burocrazia, incentivi alla manodopera straniera qualificata, riduzione del costo dell’energia (magari estendendo la vita di alcune centrali a gas o investendo in rinnovabili più rapidamente) e, sul piano internazionale, continuare a cercare esenzioni dai dazi USA e accordi di libero scambio con altri mercati.
In sintesi, la congiuntura tedesca per il 2025 appare stagnante, stretta fra problemi interni irrisolti e venti contrari globali, un mix che gli analisti definiscono “rischio tempesta perfetta” se non verranno prese contromisure decise.
500 miliardi a debito per rilanciare crescita e difesa: via libera di Steinmeier
Steinmeier besiegelt das Schuldenpaket
Con la firma del Presidente federale Frank-Walter Steinmeier è diventata legge la maxi-operazione finanziaria per liberare risorse extra bilancio: una modifica costituzionale che consente di aggirare temporaneamente il “freno all’indebitamento”.
Grazie a questo “Schuldenpaket”, approvato dal Parlamento prima delle elezioni, il nuovo governo avrà accesso a circa 500 miliardi di euro provenienti da fondi straordinari (riprogrammati e in parte nuovi) da spendere nei prossimi anni su progetti prioritari.
Gran parte dei fondi sarà destinata a investimenti infrastrutturali (reti digitali, ferrovie, energia verde) e al riarmo della Bundeswehr, settori giudicati vitali per la competitività e la sicurezza. Una quota servirà anche a finanziare il tetto alle bollette e altri aiuti anti-crisi fino al 2026.
L’SPD rivendica questo pacchetto come un successo: il leader Klingbeil afferma che così “si evitano dolorosi tagli” e si mettono solide basi per la crescita futura, potendo stimolare l’economia senza alzare le tasse nel breve termine.
Tuttavia, i critici notano che questo indebitamento massiccio – seppur fuori dai conti annuali – rappresenta un onere per le generazioni future. I falchi finanziari (soprattutto nel FDP ora all’opposizione) temono un “allentamento permanente” della disciplina fiscale tedesca.
Il liveblog riporta anche la reazione di Christian Lindner (FDP): definisce lo schuldenpaket una scorciatoia rischiosa e mette in guardia la nuova coalizione dal considerare quei soldi come un “tesoro” da spendere liberamente.
Dal canto suo, la coalizione CDU-SPD promette rigore nell’uso dei fondi: priorità a progetti con alto moltiplicatore economico e un monitoraggio trasparente.
Con questa mossa, comunque, la Germania inaugura di fatto una nuova era fiscale: dopo un decennio di pareggio di bilancio, accetta di fare debito mirato su larga scala per modernizzarsi e fronteggiare emergenze, confidando che i benefici futuri supereranno i costi.
Industria dell’auto tra crisi e straordinari: il paradosso Volkswagen
Überraschung in der Krise: Sonderschichten bei VW in Wolfsburg
Mentre si parla di “crisi dell’auto” in Germania, Volkswagen stupisce tutti annunciando turni di produzione aggiuntivi nello stabilimento di Wolfsburg.
Negli ultimi mesi, VW aveva diffuso notizie cupe: utili in calo, taglio di posti interinali e persino ipotesi di chiusure temporanee di linee (soprattutto nelle fabbriche dedicate alle auto elettriche, dove la domanda è fiacca).
Tanto che il clima generale era di pessimismo, con il settore alle prese con la concorrenza cinese sulle elettriche e l’incertezza dei dazi USA.
Tuttavia, nel suo storico impianto centrale, dove si assemblano principalmente modelli a benzina e diesel come la Golf e la Tiguan, la Volkswagen ha registrato un boom di ordini inaspettato. Questi modelli tradizionali stanno vendendo più del previsto (forse perché i clienti, spaventati dai tempi di attesa e dai prezzi delle elettriche, tornano sui termici).
Di fronte a questa domanda, azienda e sindacato hanno concordato straordinari e weekend di lavoro per qualche settimana, per accelerare le consegne. È un segnale positivo in un mare di notizie negative: “finalmente – commenta Tagesschau – le bisarche di Wolfsburg tornano a riempirsi di auto in partenza”.
Ciò detto, gli analisti avvertono che si tratta di un effetto contingente: la transizione elettrica resta la sfida da vincere. Infatti altri stabilimenti VW (come Zwickau, dedicato ai veicoli elettrici) operano a ritmi ridotti.
Il paradosso è evidente: nel breve periodo Volkswagen trae respiro dai suoi modelli tradizionali, ma sa che nel medio periodo deve riuscire a rilanciare la sua gamma elettrica per non restare indietro.
Intanto la società cerca accordi con l’amministrazione Trump per attenuare i dazi sulle auto europee, offrendo in cambio investimenti negli USA (sono in corso trattative riservate in tal senso).
La notizia delle straordinarie a Wolfsburg viene quindi accolta con cauto ottimismo: dimostra che la domanda di auto c’è, ma il gruppo dovrà saperla intercettare anche nel nuovo contesto tecnologico.
Auto, dazi e diplomazia industriale: spiragli dagli USA per la Germania
US-Regierung prüft Ausnahmen bei Auto-Zöllen
Nella guerra commerciale innescata da Trump, emerge un possibile compromesso sul fronte che più allarma Berlino: i dazi punitivi sulle automobili esportate negli Stati Uniti.
Il presidente americano ha infatti dichiarato di voler concedere “eccezioni mirate” alle tariffe del 25% per quei costruttori che investiranno significativamente in nuovi impianti sul suolo USA.
La notizia, riportata dalla Tagesschau il 15 aprile, è stata colta come un segnale di “parziale marcia indietro” di Trump: fino a pochi giorni prima egli minacciava dazi generalizzati su tutte le auto UE, ora invece parla di esentare chi collabora con la sua agenda industriale “America First”.
Volkswagen e BMW sarebbero tra le aziende pronte a sfruttare l’opportunità: Volkswagen sta negoziando con Washington la possibilità di ampliare la produzione nei suoi stabilimenti americani (Tennessee) e forse aprirne uno nuovo per batterie, in cambio dell’esenzione dai dazi sulle auto importate dalla Germania.
Analogamente, BMW potrebbe accelerare investimenti nel suo grande impianto in Carolina del Sud.
Per la Germania questa apertura è cruciale: il settore auto è colonna portante dell’export e i dazi avrebbero costi enormi (si stima -€6 miliardi l’anno).
Il governo tedesco, tramite i canali diplomatici, sostiene attivamente tali trattative aziendali con l’amministrazione USA, vedendole come la via più concreta per disinnescare la minaccia tariffaria.
Allo stesso tempo, Berlino continua a coordinarsi con Bruxelles: l’UE mantiene in vigore controdazi simbolici ma è pronta a sospenderli se Trump rinuncia definitivamente ai suoi.
In conclusione, la situazione resta fluida ma meno drammatica: grazie a un mix di diplomazia economica (incontri Meloni-Trump, dialoghi azienda-governo USA) c’è speranza di evitare una guerra dei dazi totale. La Germania tira un sospiro di sollievo, pur sapendo che con Trump nulla è garantito fino all’ultimo tweet.
Il nuovo patto sociale di Schwarz-Rot: 15 € di minimo, 48% di pensione
Mehr Geld für Arbeitnehmer und Rentner im Koalitionsvertrag
Il contratto di coalizione CDU-SPD contiene alcune misure economico-sociali volte a rassicurare lavoratori e pensionati nonostante la congiuntura difficile.
In primo luogo, come già emerso, c’è l’impegno ad elevare il salario minimo legale a 15 euro/ora entro il 2026. Pur con le ambiguità sottolineate (Merz condiziona l’attuazione al parere della commissione), resta un obiettivo politico chiaro che interessa circa 6 milioni di lavoratori a bassa paga.
In secondo luogo, le pensioni pubbliche verranno mantenute al 48% del salario medio come tasso di sostituzione minimo sino al 2028. Ciò significa evitare tagli o mancati adeguamenti nonostante l’invecchiamento demografico e le pressioni finanziarie: è una promessa soprattutto dell’SPD ai futuri pensionati, per garantire il potere d’acquisto. Steinmeier ha appena firmato la modifica costituzionale che permette di finanziare questa garanzia usando il fondo straordinario.
Per sostenere queste misure, la coalizione punta sul rilancio della crescita (con gli investimenti del pacchetto da 500 mld) e confida in un aumento dell’occupazione grazie alle riforme sul mercato del lavoro. Se però i conti non dovessero tornare, come visto, non si escludono contributi aggiuntivi o tasse.
L’analisi nota che con queste politiche la GroKo cerca di offrire un “patto sociale”: salari minimi in aumento e pensioni sicure in cambio di moderazione sindacale altrove (ad es. la IG Metall ha accettato flessibilità oraria anti-crisi da VW, come l’accordo sulle 28 ore settimanali in caso di emergenza).
C’è però il rischio che promesse generose senza base economica solida si traducano in delusione: molto dipenderà dall’andamento economico effettivo nel 2025-26. Se la stagnazione persiste, il governo dovrà scegliere se indebitarsi ancora o tradire qualche promessa.
Per ora, tuttavia, il messaggio politico è positivo: “nessuno verrà lasciato indietro” – i più deboli avranno salari più dignitosi e pensioni protette, nel tentativo di evitare tensioni sociali in una fase di transizione e difficoltà economiche.