Quello che segue è il Monitoraggio della stampa tedesca, curato dalla redazione di Stroncature, su commissione della Fondazione Hanns Seidel Italia/Vaticano. Il monitoraggio ha cadenza settimanale ed è incentrato sui principali temi del dibattito politico, economico e sociale in Germania. Gli articoli sono classificati per temi.
Stroncature produce diversi monitoraggi con taglio tematico o geografico personalizzabili sulla base delle esigenza del committente.
Analisi e commenti
"La Germania deve reagire a Trump e Putin"
Wie Merz auf Trump und Putin reagieren muss
Donald Trump sembra invitare la Russia ad attaccare l’Europa, sostenendo che Mosca e Kiev sarebbero vicine a un accordo di pace a spese dell’Ucraina. In questo commento del Frankfurter Allgemeine Zeitung, si afferma che Friedrich Merz – leader cristiano-democratico e probabile nuovo cancelliere – deve agire con decisione. Secondo l’analista, l’Europa deve prendere in mano la propria sicurezza: la UE dovrebbe confiscare i beni russi congelati (circa 180 miliardi di euro) e destinarli alla ricostruzione dell’Ucraina, prima che scadano le sanzioni. Merz, una volta divenuto cancelliere, dovrà guidare una “coalizione dei volenterosi” europea per sostenere militarmente Kiev e compensare un possibile disimpegno degli Stati Uniti sotto Trump. Il commentatore definisce Trump “spietato e sconsiderato”: riconoscendo la sovranità russa sulla Crimea e minando le garanzie NATO, il presidente USA incoraggia Putin a perseverare. L’Europa deve quindi prepararsi a una NATO indebolita e a una UE paralizzata da veti (come quello ungherese) formando strutture di difesa alternative. In sintesi, di fronte al “diktat di pace” di Trump favorevole a Mosca, Merz e gli alleati europei devono reagire con fermezza, prendendo in mano la sicurezza del continente e aumentando il sostegno militare e finanziario all’Ucraina per fermare l’aggressione russa. Il commento invita Merz a trasformare la postura difensiva della Germania in una leadership attiva in Europa, per compensare la deriva filo-russa di Trump e proteggere la democrazia europea dalla minaccia di Putin.
"La crescente quota statale deve far riflettere la coalizione nero-rossa"
Die gestiegene Staatsquote sollte Schwarz-Rot zu denken geben
In questo commento economico su FAZ, Heike Göbel mette in guardia il nuovo governo “nero-rosso” (CDU-SPD) dall’eccessiva presenza dello Stato nell’economia tedesca. Nel 2024 la spesa pubblica è balzata al 49,5% del PIL, un livello record che lascia ai cittadini meno della metà del frutto del proprio lavoro. L’autrice spiega che l’aumento della “Staatsquote” è dovuto soprattutto a maggiori esborsi sociali (pensioni, sussidi) finanziati a debito, mentre investimenti chiave come difesa e infrastrutture sono stati trascurati. Questa situazione frena la dinamica economica, poiché tasse elevatissime e contributi sociali in crescita demotivano investimenti e lavoro privato. Il nuovo esecutivo Merz-Scholz ha già annunciato nuove spese e allentamenti della disciplina di bilancio “per recuperare i ritardi”, ma secondo Göbel rischia di gonfiare ancora il settore pubblico a scapito di quello produttivo. Il commento esorta la coalizione a usare eventuale nuovo deficit solo per rafforzare competitività e sicurezza del Paese, non per estendere ulteriormente il welfare. Se invece la grande coalizione manterrà le promesse di aumentare sussidi e interventi statali (come indicato nel contratto di governo), l’economia tedesca perderà slancio (“kein Rezept für neue Dynamik”). Göbel conclude che la Germania deve invertire la rotta: ridurre la pressione fiscale e concentrare la spesa su investimenti strategici, altrimenti l’enorme apparato statale continuerà a soffocare la crescita e la competitività nazionale.
"Nessuno può più dire di non sapere cos’è l’AfD"
Jetzt kann niemand mehr behaupten, er wisse über die AfD nicht Bescheid
Il servizio d’intelligence interno tedesco (Verfassungsschutz) ha classificato l’intero partito AfD come “estremista accertato”. In questo commento su Süddeutsche Zeitung, Roland Preuß accoglie con sarcasmo la notizia: “Ah davvero?!” – suggerendo che chiunque prestasse attenzione sapeva già da anni che l’AfD virava verso l’estremismo di destra. Il commentatore ricapitola come le frange estremiste abbiano preso il sopravvento nel partito: pur non essendo ogni iscritto un nemico della Costituzione, gli elementi ostili all’ordine democratico ormai dominano l’AfD. Preuß cita i continui insulti contro le istituzioni e gli avversari politici durante i raduni dell’AfD, segno di un disprezzo radicato per la democrazia. Ora che l’etichetta di “estrema destra” è ufficiale, nessuno può più fingere ignoranza sulla vera natura del partito. L’autore sottolinea però che questa classificazione non implica automaticamente lo scioglimento legale dell’AfD: un eventuale procedimento di messa al bando avrebbe esito incerto e, se fallisse, rischierebbe di rafforzare la retorica vittimista del partito. Piuttosto, l’obiettivo è mettere in guardia elettori e istituzioni: dopo dodici anni di deriva, l’AfD è chiaramente ostile all’ordine liberale. Preuß conclude che, pur senza un imminente “divieto” formale, la società tedesca deve prendere sul serio questo verdetto del Verfassungsschutz. Ora è innegabile che l’AfD rappresenti un progetto estremista: chi continua a sostenerla lo fa con piena consapevolezza, e i democratici devono reagire di conseguenza – isolando politicamente il partito e rafforzando la difesa dei valori costituzionali, senza cedere a tentazioni di normalizzazione o indifferenza.
"Trump? Meno male che non farà grandi cose"
Regierung Merz. Kein großer Wurf? Gott sei Dank.
Questo commento di Welt (a firma di Thomas Schmid) difende la nascente coalizione di governo guidata da Friedrich Merz dalle critiche di scarsa ambizione. Il tono ironico del titolo – “Non un grande colpo? Meno male” – anticipa l’argomento: in un periodo di instabilità globale, è positivo che il governo Merz non prometta rivoluzioni avventate. L’analisi osserva che l’alleanza CDU-SPD viene denigrata ancor prima dell’insediamento, ma invece andrebbe giudicata per i fatti. Il programma concordato, pur privo di slanci visionari, risponde ai desideri dei cittadini di maggiore stabilità, moderazione conservatrice e politica efficiente. Secondo l’autore, Merz e i suoi ministri “insoliti” offrono proprio questo: uno stile di governo pragmatico e sobrio, dopo anni di polemiche e instabilità. Vengono elencate alcune priorità: riduzione della burocrazia, due diligence sulle finanze pubbliche e un approccio più rigoroso in materia migratoria e di sicurezza – elementi che potrebbero riconquistare la fiducia degli elettori moderati e sottrarre terreno all’AfD. Schmid sostiene che “nessun colpo di genio” è preferibile a promesse grandiose destinate al fallimento: la coalizione Merz-Scholz mira a “normalizzare” la politica tedesca, restituendo affidabilità e calma dopo anni turbolenti. Ciò potrebbe deludere chi auspicava riforme radicali, ma per l’editorialista è proprio questa moderazione il punto di forza: meno slogan e più buon governo. In conclusione, l’articolo invita a concedere fiducia al nuovo esecutivo: se riuscirà, con misure anche modeste, a fornire risultati concreti e un clima politico più sereno, allora il suo “piccolo balzo” sarà in realtà un beneficio – “Gott sei Dank”, grazie al cielo.
"AfD? Nessuno pensa di metterla fuorilegge (per ora)"
Jetzt kann niemand mehr behaupten, er wisse über die AfD nicht Bescheid
La decisione del Verfassungsschutz di dichiarare l’AfD “certamente estremista” apre il dibattito sul possibile scioglimento del partito. In questo secondo commento sulla Süddeutsche Zeitung, si approfondisce perché, nonostante la gravità della situazione, un divieto legale dell’AfD non sia né immediato né semplice. L’autore ribadisce che l’etichetta di estremismo era inevitabile dati i fatti: l’AfD è scivolata all’estrema destra, come dimostrato da offese e minacce contro la democrazia e minoranze. Tuttavia, spiega che mettere fuori legge un partito richiede un procedimento davanti alla Corte Costituzionale e criteri stringenti (serve provare l’intento attivo di sovvertire l’ordine democratico). Un eventuale “Parteiverbotsverfahren” contro l’AfD, se fallisse, rischierebbe di rafforzare la sua retorica di vittimizzazione. Inoltre, l’AfD potrebbe comunque riorganizzarsi sotto altro nome o radicalizzarsi ulteriormente clandestinamente. Il commento sottolinea dunque che la mossa vincente contro l’AfD non è il bando legale – considerato al momento improbabile – bensì la competizione politica e la vigilanza civile. Ora che “nessuno può dire di non sapere”, i partiti democratici devono affrontare l’AfD con posizioni chiare e iniziative concrete per togliere consenso all’estrema destra (ad esempio politiche efficaci su sicurezza e immigrazione per rispondere alle paure dei cittadini). In sintesi, il commento conclude che l’allarme lanciato dal Verfassungsschutz è più che giustificato e offre un’occasione: non per aspettarsi un improbabile scioglimento dall’alto, ma per mobilitare la società e la politica nel contrastare l’AfD sul piano democratico, isolandola e sottraendole terreno con soluzioni ai problemi reali, prima che un ulteriore degrado del clima sociale renda tardive e inefficaci anche misure più estreme.
Ora è chiaro chi sono i perdenti
Jetzt wird klar, wer die Verlierer sind
(ZEIT) – Un’editoriale di Zeit Online analizza il nuovo programma di governo CDU-SPD mettendo in luce i presunti sconfitti dalle misure previste. La coalizione nero-rossa punta a consistenti sgravi fiscali per le imprese, mentre per lavoratori e ceti medio-bassi non sono previsti benefici equivalenti. In particolare, è incerto un aumento imminente del salario minimo a 15 euro o una riduzione delle imposte sul reddito per i salari medio-bassi, mentre è concreta la riduzione dell’aliquota per le società. Questa impostazione – nota il commento – rischia di accentuare le disuguaglianze: i lavoratori meno abbienti, già colpiti dall’inflazione, rimangono a mani vuote, inviando un segnale sbagliato a chi subisce maggiormente la pressione economica. In sintesi, secondo Zeit, l’agenda fiscale privilegia le aziende e dimentica i redditi più bassi, scelta giudicata poco lungimirante.
L’Unione e un possibile bando dell’AfD: Merz è in un dilemma
„Die Union und ein mögliches AfD-Verbotsverfahren: Merz steckt in einem Dilemma“
(Tagesspiegel) – La decisione dell’intelligence tedesca di classificare l’AfD come estremista di destra pone la CDU/CSU in una posizione difficile riguardo a un eventuale bando dell’AfD. Un’analisi sul Tagesspiegel spiega che finora i conservatori si erano opposti a mettere fuori legge il partito populista, ma la nuova valutazione riapre il dibattito interno. Il leader CDU Friedrich Merz evita per ora di esporsi: qualsiasi presa di posizione netta – pro o contro un procedimento di bando – potrebbe irritare o la propria base oppure il partner di governo SPD. Senza il sostegno dell’Unione, infatti, non ci sarebbero i voti sufficienti in Parlamento e Bundesrat per avviare il verfahren. Merz si trova quindi di fronte a un dilemma politico: come reagire alla mossa del Verfassungsschutz sull’AfD bilanciando la linea dura contro l’estremismo e la volontà di non radicalizzare ulteriormente l’elettorato di destra.
Politica migratoria nel contratto di coalizione: “È irrealistico poter controllare il confine ovunque”
Migrationspolitik im Koalitionsvertrag: »Es ist unrealistisch, die Grenze überall kontrollieren zu können«
(Spiegel) – La promessa del nuovo governo di rafforzare i controlli alle frontiere per ridurre l’immigrazione viene accolta con scetticismo da esperti di politica migratoria. In un’intervista allo Spiegel, l’analista Isabelle Schäfer osserva che prevedere controlli sistematici a tutti i confini interni dell’UE non è realistico e dipende anche dalla cooperazione degli Stati vicini. La nuova coalizione CDU-SPD intende inasprire le politiche d’asilo (respingimenti più frequenti e restrizioni), ma secondo Schäfer ciò non dipende solo da Merz e dai piani tedeschi. Fattori esterni – come gli accordi a livello UE, la situazione ai confini esterni e le capacità amministrative – limiteranno i risultati. L’esperta avverte infine che enfatizzare misure simboliche sui confini potrebbe creare aspettative eccessive, mentre servirebbero soluzioni europee condivise e investimenti nell’integrazione per gestire in modo efficace i flussi migratori.
Politica estera e sicurezza
"Berlino condanna il ‘piano di pace’ di Trump per l’Ucraina"
Pistorius kritisiert Trumps „Friedensplan“: „Das hätte die Ukraine auch durch Kapitulation haben können“
Il ministro della Difesa ad interim Boris Pistorius (SPD) respinge nettamente la proposta di Donald Trump di porre fine alla guerra in Ucraina cedendo ampie parti del territorio ucraino alla Russia. In un’intervista all’ARD, Pistorius afferma che un simile accordo equivarrebbe a una “capitolazione” di Kiev: “Quello che è sul tavolo, l’Ucraina avrebbe potuto ottenerlo da sola già un anno fa, semplicemente arrendendosi”. Definisce dunque il “piano di pace” di Trump troppo sbilanciato a favore di Mosca e inaccettabile. Il ministro sottolinea che qualsiasi concessione territoriale da parte ucraina dovrà essere proporzionata a solide garanzie di sicurezza future – ricordando come la Russia abbia già violato in passato impegni internazionali, rendendo vano il solo affidamento sulle promesse di Putin. Pistorius, che dovrebbe essere confermato ministro nella nuova coalizione, ribadisce l’impegno tedesco verso Kiev: anche se gli Stati Uniti di Trump dovessero ridurre gli aiuti, la Germania continuerà a fornire supporto militare e finanziario per evitare che l’Ucraina cada sotto l’aggressione russa. Il ministro avverte che la caduta dell’Ucraina sarebbe una minaccia massima per la NATO e i Paesi vicini come Moldavia e Georgia. La presa di posizione di Pistorius – molto netta per un esponente SPD – indica la volontà del futuro governo tedesco di non accettare “paci” imposte da Trump a spese della sovranità ucraina. Berlino, al contrario, insiste che una pace duratura non può nascere da una resa di Kiev, e che l’Occidente deve mantenere la pressione su Mosca: “serve un vero e immediato cessate il fuoco, e va esercitata pressione reale sulla Russia perché accetti o la proposta americana di tregua o il nostro piano” ha dichiarato il presidente Zelenskyj in sintonia con questa linea. La Germania dunque si schiera apertamente contro l’idea di cedere territorio in cambio di pace e prepara, con gli alleati europei, misure (sanzioni, sostegno militare) per contrastare eventuali iniziative unilaterali di Trump che mettano in pericolo la sicurezza europea e l’integrità territoriale dell’Ucraina.
"Servizi segreti cinesi in Germania: incriminato ex collaboratore AfD"
Für chinesischen Geheimdienst: Ex-Mitarbeiter von AfD-Mann Krah wegen Spionage angeklagt
Le autorità tedesche hanno incriminato un ex collaboratore parlamentare dell’eurodeputato AfD Maximilian Krah con l’accusa di spionaggio per conto della Cina. Secondo la procura federale, l’uomo – un cittadino tedesco di origini cinesi identificato come Jian G. – avrebbe trasmesso ripetutamente informazioni riservate su dibattiti e decisioni del Parlamento europeo al Ministero della Sicurezza di Stato cinese. Inoltre, avrebbe spiato attivisti dell’opposizione cinese in Germania, fingendosi egli stesso critico di Pechino sui social media per guadagnarne la fiducia e poi riferirne le attività ai servizi cinesi. L’accusato avrebbe anche raccolto dati interni su esponenti di spicco dell’AfD. Krah, esponente dell’ala radicale dell’AfD, ha dichiarato di non essere a conoscenza di tali attività illecite del suo ex collaboratore. Pechino, tramite il portavoce del Ministero degli Esteri, ha respinto le accuse definendole “infondate e malevole” e ha protestato ufficialmente, invitando Berlino a “non diffamare ulteriormente la Cina” e a mantenere le relazioni bilaterali su basi di rispetto reciproco. La Cina ha negato qualsiasi attività di spionaggio, affermando di attenersi al rispetto reciproco nei rapporti con la Germania. La vicenda ha spinto i ministri dell’Interno regionali a rafforzare la vigilanza contro l’intelligence ostile: nei Laender si discute se dipendenti pubblici vicini a potenze autoritarie costituiscano un rischio per la sicurezza nazionale. In parallelo, il caso alimenta il dibattito sulla penetrazione cinese in Europa: l’opinione pubblica tedesca, già allarmata dall’influenza economica di Pechino, vede confermati i timori di attività sovversive mirate a raccogliere segreti politici e a intimidire dissidenti uiguri, tibetani o di Hong Kong rifugiati in Germania. L’incriminazione di Jian G. – che rischia fino a dieci anni di carcere per spionaggio aggravato – è quindi un segnale forte: Berlino non tollererà interferenze di potenze straniere nelle sue istituzioni democratiche, e casi simili saranno perseguiti con determinazione.
"La Russia accusa l’UE di 'eurofascismo'"
Putins neues Feindbild: der Eurofaschismus (FAZ+)
La Frankfurter Allgemeine Zeitung analizza una nuova campagna di propaganda lanciata dal Cremlino: i servizi segreti russi dipingono l’Unione Europea come “Eurofaschismo”, paragonando Bruxelles ai nazisti di 80 anni fa. In un documento diffuso dal servizio di intelligence estero SVR, Mosca sostiene che oggi come allora esisterebbe un “nemico comune” di Russia e Stati Uniti, definendo l’UE un regime fascista moderno. Nei media russi, Ursula von der Leyen – presidente della Commissione UE – viene persino raffigurata con tratti hitleriani (da cui il titolo: “Von der Leyen come Hitler”). Questa narrazione distopica mira a giustificare l’aggressione russa all’Ucraina come lotta contro un presunto “fascismo europeo” e, allo stesso tempo, a insinuare negli ambienti conservatori americani (in particolare nell’amministrazione Trump) l’idea di un’alleanza anti-UE. Il commento spiega che il Cremlino cerca di sfruttare il clima politico negli USA: presenta la Russia come partner naturale di un’America trumpiana contro un’Europa decadente e “nazificata”. Il ministro degli Esteri Lavrov ha dichiarato in TV che Bruxelles vorrebbe “resuscitare apertamente l’ideologia nazista europea, con i burocrati di Bruxelles in prima fila”. Questa retorica estremista serve anche a rafforzare il consenso interno russo: Putin presenta la guerra contro l’Ucraina non come un’aggressione, ma come una difesa dall’eterno nemico fascista occidentale, riattivando i ricordi della Grande Guerra Patriottica. L’articolo nota come questa strategia sia sintomo della crescente disperazione di Mosca: invece di cercare seri negoziati, Putin costruisce un nuovo “mito di accerchiamento” enfatizzando uno scontro ideologico totale con l’Occidente. Gli autori avvertono che l’Occidente non deve sottovalutare tale propaganda: pur assurda, essa può trovare sponde sia nell’estrema destra europea sia in settori isolazionisti americani, rischiando di minare l’unità transatlantica. La conclusione è che il “nuovo nemico immaginario” di Putin – l’Eurofascismo – indica come il Cremlino ormai ricorra a qualsiasi manipolazione storica per giustificare i propri crimini: un segnale ulteriore della necessità per l’Europa di mantenere fermezza e coesione di fronte alle provocazioni russe.
Questioni militari
"La Marina tedesca a corto di risorse nel Baltico"
Konfliktzone Ostsee: Warum die Deutsche Marine die größte Verantwortung trägt (FAZ+)
Il Frankfurter Allgemeine Zeitung descrive come il Mar Baltico e il Mare del Nord siano tornati ad essere zone di confronto strategico a causa dell’aggressività russa. La Marina Militare tedesca si trova "in prima linea" nel Baltico, dove fronteggia unità navali russe molto potenti, mentre le proprie capacità rimangono limitate. L’articolo spiega che il Baltico non è più un mare tranquillo: la Russia vi provoca costantemente i Paesi rivieraschi NATO, testando la vigilanza e la prontezza difensiva di Germania, Polonia, Stati Baltici e Scandinavia. L’importanza dell’area è enorme: attraverso il Baltico e il Mare del Nord passano grandi flussi commerciali – gran parte del traffico container europeo e anche le esportazioni di petrolio russo tramite decine di tanker. Inoltre, nei fondali corrono cavi internet e gasdotti vitali, e in superficie sorgono parchi eolici offshore: infrastrutture critiche vulnerabili. La presenza militare russa – inclusi sottomarini e navi lanciamissili – è molto agguerrita, mentre la Deutsche Marine ha capacità “solo parzialmente” adeguate. Nonostante gli investimenti annunciati (nuove fregate, corvette e aerei da pattugliamento), persistono lacune in organico, armamento antisommergibile e difesa antiaerea navale. Un ufficiale citato afferma che la Germania deve assumersi “la più grande responsabilità” nel Baltico per proteggere rotte e alleati, specialmente dopo l’ingresso di Finlandia e Svezia nella NATO. Il piano è creare un “Hydrogen Baltics Network” di sorveglianza integrata con gli alleati e convertire vecchi gasdotti in condotte di comunicazione strategica (progetto Poseidone). Il commento conclude che ogni giorno in mare aperto è ormai un “caso serio” per i marinai tedeschi: serve accelerare la modernizzazione navale, perché se scoppiasse una crisi, la Germania sarebbe chiamata a guidare la difesa del fianco marittimo nord-orientale della NATO. Senza navi e sottomarini adeguati, ammonisce l’analisi, Berlino non potrebbe garantire la sicurezza di rotte e porti – con conseguenze potenzialmente disastrose per l’economia e la sicurezza europee. Per questo la Marina tedesca chiede con urgenza risorse e attenzione politica: “se non riusciamo a difenderci qui, non ci riusciremo in nessun luogo” afferma un comandante, sottolineando il carattere decisivo del Baltico come banco di prova della Difesa europea.
"La Germania lancia un nuovo servizio militare volontario"
Boris Pistorius will neuen Wehrdienst noch in diesem Jahr starten
Il ministro della Difesa uscente Boris Pistorius (SPD) ha annunciato un piano per introdurre già nel 2025 un nuovo modello di servizio militare su base volontaria ispirato a quello svedese. In un’intervista, Pistorius spiega che l’obiettivo è reclutare almeno 5.000 giovani volontari all’anno per rafforzare la Bundeswehr, in particolare le forze di terra e la riserva operativa. Questo “Wehrdienst neu” sarebbe formalmente volontario, ma con l’opzione di rendere obbligatorio il richiamo solo se i numeri fossero insufficienti – una sorta di coscrizione “selettiva” come in Svezia. Il ministro ha già incaricato i suoi uffici di predisporre un disegno di legge entro 100 giorni dal nuovo governo, da sottoporre al Bundestag. Il programma prevede alcuni mesi di addestramento di base seguiti da periodi di servizio attivo e ulteriori richiami nei successivi anni, per mantenere operative le competenze acquisite. Pistorius sottolinea che la necessità nasce dalla persistente carenza di personale nelle Forze Armate: nonostante campagne e incentivi, la Bundeswehr oggi ha migliaia di posti vacanti e fatica a trovare specialisti in settori chiave. Il nuovo servizio volontario mirerà soprattutto a ruoli tecnici e di supporto (genio, logistica, sanità) dove la Bundeswehr ha bisogno di rinforzi. Si punta su un forte richiamo al patriottismo costruttivo: “servire qualche mese per il proprio Paese” – concetto che Pistorius spera attragga molti giovani, anche in alternativa al servizio civile. Il piano è sostenuto dalla CDU di Merz, mentre trova critiche a sinistra: la Linke teme una “militarizzazione” dei giovani e i Verdi chiedono piuttosto un “anno sociale” obbligatorio non armato. Il ministro assicura però che non si tratta di reintrodurre la coscrizione generale abolita nel 2011: il nuovo modello sarà flessibile, su base volontaria e integrato con altre opzioni di servizio civile, per rispettare la libertà di scelta dei ragazzi. Se il Parlamento approverà, i primi volontari potrebbero iniziare la ferma già nell’autunno 2025. Questo segnerebbe il ritorno – seppur in forma attenuata – di una cultura del servizio militare in Germania, con l’intento di rafforzare la difesa nazionale in un’epoca di crescenti tensioni internazionali.
"La spesa militare tedesca vola: +28%, quarto paese al mondo"
Kosten der Aufrüstung: Deutsche Militärausgaben schießen um 28 Prozent nach oben
Secondo i nuovi dati del SIPRI, nel 2024 la Germania ha aumentato le proprie spese militari del 28% rispetto all’anno precedente – l’incremento maggiore dalla fine della Guerra Fredda. Con 88,5 miliardi di dollari (circa 77,6 miliardi di euro) spesi in difesa nel 2024, la Germania è salita per la prima volta al 4º posto mondiale per spesa militare, superando Francia e Regno Unito e posizionandosi dietro solo a USA, Cina e Russia. Il rapporto sottolinea che il “Wiederaufstieg” militare tedesco è frutto della Zeitenwende lanciata dal cancelliere Scholz dopo l’invasione russa dell’Ucraina: Berlino sta potenziando le proprie forze armate e insieme assumendo un ruolo di guida nella difesa europea. Un ricercatore del SIPRI, Xiao Liang, afferma che la Germania “non sta solo rafforzando le proprie capacità difensive, ma sta assumendo una crescente leadership nella difesa dell’Europa”. Non a caso l’aumento di spesa riguarda progetti come il fondo speciale da 100 miliardi per equipaggiamenti (F-35 per l’aeronautica, navi per la marina, difese antiaeree) e il sostegno militare all’Ucraina. Non solo: quasi tutti i Paesi europei NATO hanno aumentato drasticamente le spese nel 2024 (+32% Polonia, +35% Paesi Bassi, +43% Romania, ecc.), rendendo l’Europa il continente col maggior incremento relativo. Il SIPRI evidenzia che nel 2024 il totale mondiale è salito a 2.240 miliardi di euro (+9,4%), e oltre la metà di questo aumento proviene dall’Europa. Ciò riflette i molteplici conflitti in corso (Ucraina in primis, ma anche la guerra di Gaza) e le tensioni geopolitiche. Il rapporto nota che l’inflazione e i costi energetici alti incidono, ma il driver principale è politico: per la Germania, l’obiettivo dichiarato è raggiungere e superare il 2% del PIL in spesa difesa e recuperare decenni di sottofinanziamento della Bundeswehr. Nonostante qualche polemica interna, questo trend sembra destinato a proseguire almeno fino al 2026. Il commento con cui Der Spiegel accompagna i dati segnala però un rovescio della medaglia: l’economia europea risente di questa “corsa al riarmo”, e i rischi di instabilità globale restano alti (guerra commerciale USA-Cina, crisi energetiche). In conclusione, la Germania ha intrapreso una svolta storica: da “gigante economico e nano militare” sta diventando anche una potenza armata di primo piano, investendo miliardi per garantire la propria sicurezza e quella dei partner europei davanti a una minaccia russa che appare di lungo periodo.
Questioni economiche e finanziarie
Conflitto commerciale: la Cina mette sotto pressione la Germania
Handelskonflikt: China bedrängt Deutschland
(FAZ+) – Le tensioni tariffarie globali si ripercuotono sull’industria tedesca. La FAZ analizza uno studio della banca KfW secondo cui i dazi americani di Trump stanno dirottando verso l’Europa un’ondata di prodotti cinesi, mettendo a dura prova i produttori locali. Pechino, colpita dalle barriere USA, cerca sbocchi alternativi aumentando l’export verso la Germania, spesso a prezzi stracciati. Questo incremento di concorrenza – non solo nei beni a basso costo ma anche in quelli tecnologicamente avanzati – rischia di schiacciare le imprese tedesche in diversi settori. L’articolo cita il pericolo di dumping e stima un ulteriore aumento dell’import dalla Cina nei prossimi mesi. Si teme la chiusura di margini per le aziende domestiche e pressioni deflative sui prezzi interni. Gli autori dello studio invitano Berlino e Bruxelles a rafforzare le difese commerciali e a investire in competitività, poiché l’offensiva cinese – amplificata involontariamente dalla guerra commerciale USA-Cina – potrebbe erodere quote di mercato fondamentali per l’economia tedesca.
Prezzi: l’inflazione continuerà a scendere?
Preise: Sinkt die Inflation noch weiter?
(SZ) – Ad aprile l’inflazione in Germania è calata al +2,1% annuo, il livello più basso da oltre due anni. La Süddeutsche Zeitung riporta i dati preliminari di Destatis, evidenziando il rallentamento dei rincari rispetto al +2,2% di marzo e +2,3% di gennaio-febbraio. Hanno contribuito soprattutto i prezzi dell’energia, scesi in media del 5,4% rispetto all’anno precedente grazie al confronto con i picchi seguiti alla guerra in Ucraina. Restano invece ben sopra la media i costi alimentari (+2,8%) e dei servizi (+3,9%), con aumenti marcati per alcuni prodotti freschi (ad es. pomodori +31%, frutti di bosco +27%). L’articolo rileva come la politica monetaria inizi a mostrare effetti: la BCE ha appena ridotto i tassi a metà aprile e secondo gli economisti potrebbe proseguire con un altro taglio a giugno, anche a causa del calo dei prezzi importati dalla Cina dovuto ai dazi USA. Gli esperti citati prevedono un’ulteriore moderazione dell’inflazione nei prossimi mesi, pur avvertendo che alcuni rincari – specialmente nel carrello della spesa – potrebbero rimanere elevati e percepiti acutamente dalle famiglie.
«Bravo, bravo» – perché la Germania è improvvisamente così apprezzata all’estero
„Bravo, bravo“ – Warum Deutschland im Ausland plötzlich so beliebt ist
(Welt)
La svolta di politica finanziaria impressa dalla nuova coalizione tedesca suscita approvazione internazionale, secondo un’analisi pubblicata su Die Welt. Per la prima volta da anni Berlino è disposta a incrementare decisamente il debito pubblico per investimenti in difesa e infrastrutture, abbandonando la linea di austerità che l’aveva caratterizzata. La direttrice del FMI Kristalina Georgieva ha elogiato queste intenzioni definendo la Germania “molto popolare in questo momento”. Anche da Washington e da altre capitali europee arrivano commenti positivi: diversi partner avevano criticato in passato l’eccesso di prudenza tedesca nella spesa, auspicando maggiori investimenti a beneficio dell’intera zona euro. Il nuovo corso – sottolinea l’articolo – rappresenta un’inversione di rotta: mentre in patria vi è cautela per l’aumento del debito, all’estero si plaude al contributo tedesco alla crescita. La Welt avverte però che restano ostacoli: le regole di bilancio europee potrebbero limitare l’espansione della spesa e servirà disciplina per evitare che l’entusiasmo internazionale si spenga di fronte a eventuali retromarce di Berlino.
La BCE si dirige verso un ulteriore taglio dei tassi a giugno
EZB steuert laut Insidern auf weitere Zinssenkung im Juni zu
(Handelsblatt)
Secondo indiscrezioni raccolte dall’Handelsblatt, la Banca Centrale Europea potrebbe decidere un nuovo ribasso dei tassi d’interesse nella riunione del 4 giugno. A metà aprile la BCE ha già ridotto di 0,25 punti il tasso sui depositi delle banche, portandolo al 2,25%, segnando la sesta diminuzione consecutiva nel ciclo iniziato dopo il picco inflattivo. Ora – scrive il quotidiano finanziario – diversi membri del Consiglio direttivo valutano la possibilità di una “sforbiciata XL” da 50 punti base qualora la dinamica dei prezzi continui a raffreddarsi. La persistente forza dell’euro, dovuta anche alle tensioni commerciali globali, sta contribuendo a contenere l’inflazione importata. Tuttavia, alcuni osservatori mettono in guardia: con un’inflazione di poco superiore al 2% e segnali di rallentamento economico, allentare troppo la politica monetaria potrebbe rivelarsi prematuro. La BCE dovrà bilanciare l’obiettivo di stabilità dei prezzi con i timori di recessione – sottolinea l’Handelsblatt – mantenendo alta la credibilità del suo impegno anti-inflazione anche di fronte alle pressioni politiche per ridurre il costo del denaro.
"Record di profitti per la Deutsche Bank grazie ai tassi USA"
Deutsche Bank verbucht höchsten Quartalsgewinn seit 14 Jahren
La Deutsche Bank ha registrato nel primo trimestre 2025 un utile netto di 1,8 miliardi di euro, il più elevato da 14 anni a questa parte. Questo risultato eccezionale – frutto di un aumento del 10% dei ricavi a 8,5 miliardi – è dovuto principalmente ai maggiori guadagni dell’investment banking e all’aumento dei tassi d’interesse negli Stati Uniti e in Europa. Il CEO Christian Sewing ha dichiarato di essere “molto soddisfatto” e ha attribuito il merito al rigoroso piano di ristrutturazione in corso. Negli ultimi mesi la banca ha tagliato circa 3.200 posti di lavoro, snellendo i livelli dirigenziali, e ha raggiunto l’85% degli obiettivi di riduzione costi previsti. Grazie a questi risparmi e ai forti ricavi da trading e consulenze, la redditività del capitale proprio è salita all’11,9% – ben oltre il target del 10% fissato per il 2025. Tutte le divisioni hanno contribuito: in particolare l’investment banking ha beneficiato della volatilità dei mercati (con clienti che si sono ribilanciati per le politiche di Trump, ad esempio), mentre la divisione corporate ha aumentato i prestiti a tassi più alti. Anche la banca retail tedesca (Postbank) ha visto maggiori margini sui depositi grazie ai rialzi della BCE. Sewing ha annunciato la fase 3.0 del rilancio di Deutsche Bank, con ulteriori investimenti in digitalizzazione e un piano per tagliare altre 2.000 posizioni entro fine anno. Nonostante l’incertezza globale (rischi di recessione e tensioni commerciali), Deutsche Bank prevede per il 2025 un risultato solido: “siamo sulla buona strada per una crescita profittevole sostenibile”, ha dichiarato il CEO. Gli analisti notano che la maggiore banca tedesca sembra aver completato il suo lungo turno di risanamento iniziato nel 2018: dal quasi collasso di qualche anno fa, ora DB presenta trimestri da record, grazie anche alla fine dei tassi zero. Il titolo Deutsche Bank è salito in Borsa dopo l’annuncio, segno che il mercato crede nella stabilità ritrovata dell’istituto, pur restando vigile su possibili contraccolpi (ad esempio, eventuali dazi finanziari americani o nuova instabilità nell’Eurozona potrebbero frenare questa corsa).
"L’economia tedesca torna a crescere (di poco)"
BIP: Konjunktur in Deutschland zieht zu Jahresbeginn etwas an
Nel primo trimestre 2025 il prodotto interno lordo tedesco è cresciuto dello 0,2% rispetto al trimestre precedente, segnando un lieve rilancio dopo la contrazione registrata a fine 2024. I dati preliminari diffusi dall’Ufficio Statistico Federale indicano che a trainare questa modesta ripresa sono stati soprattutto i consumi privati e un incremento degli investimenti, in particolare nel settore delle costruzioni. Complici un inverno mite e l’allentamento di alcune strozzature nelle forniture, l’edilizia ha ripreso slancio – agevolata anche dai piani governativi di “turbo edilizio” per affrontare la crisi abitativa. Tuttavia, Der Spiegel avverte che le prospettive restano cupe: su base annua, l’economia è ancora in lieve calo (-0,4% rispetto al primo trimestre 2024) e pesano diversi fattori negativi. In particolare, l’inasprimento della guerra commerciale globale voluto dal presidente americano Trump – con annunci di dazi punitivi e politiche protezionistiche – ha generato incertezza sui mercati internazionali. Le esportazioni tedesche, già indebolite dal rallentamento cinese, rischiano di soffrire ulteriormente se gli USA alzeranno barriere; inoltre, i costi energetici restano elevati e l’inflazione sebbene in calo (+2,1% ad aprile) ancora erode il potere d’acquisto. Il rischio di una “terza recessione tecnica di fila” nel 2025 non è scongiurato, rimarca l’analisi: sebbene questo +0,2% eviti un immediato segno negativo, la stagnazione rimane dietro l’angolo. L’articolo evidenzia come molti economisti prevedano per l’intero 2025 una crescita zero o leggermente negativa, rimandando la vera ripresa al 2026, una volta superati gli shock protezionistici e stabilizzati i mercati. Una nota positiva è il mercato del lavoro: il tasso di disoccupazione rimane basso (attorno al 5,5%) e i salari nominali sono in aumento grazie ai recenti rinnovi contrattuali, il che potrebbe sostenere i consumi nei prossimi mesi. In sintesi, la congiuntura tedesca dà timidi segnali di miglioramento, ma “il bicchiere è mezzo vuoto”: l’incertezza politica globale (dazi di Trump, guerra in Ucraina, transizione energetica) continua a frenare la potente locomotiva tedesca, che per ora procede a passo molto lento.
"L’inflazione cala al 2%, ai minimi dal 2021"
Inflationsrate sinkt im April auf 2,1 Prozent
Ad aprile 2025 l’inflazione annua in Germania è scesa al +2,1%, secondo la stima preliminare dell’Ufficio Statistico Federale – il livello più basso degli ultimi tre anni. Si tratta di un netto rallentamento rispetto ai mesi precedenti (a marzo era +2,2%, un anno fa oltre il 7%). Il rallentamento è dovuto principalmente al forte calo dei prezzi energetici: le tariffe di elettricità e gas e il costo dei carburanti sono in media del 5,4% inferiori rispetto ad aprile 2024, grazie sia alla stabilizzazione dei mercati internazionali sia agli interventi governativi (per esempio la continuazione del “price cap” sul gas). Anche l’inflazione “core” (al netto di energia e alimentari) rimane moderata al +2,9%, segno che le pressioni sui prezzi interni si sono attenuate. Il carrello alimentare mostra un’inflazione del +2,8%, in calo dopo i picchi oltre il 20% toccati l’anno precedente: i prezzi di molti generi alimentari – specialmente olio e cereali – sono stabili o in lieve flessione grazie a buoni raccolti e al riassestamento delle filiere. I servizi invece registrano ancora rincari sopra la media (+3,9% annuo), trainati dai costi del personale in aumento e dalla forte domanda nel settore turistico e della ristorazione. Nel complesso, gli analisti salutano questo 2,1% come un ritorno in prossimità dell’obiettivo BCE del 2%: la Germania non vedeva un’inflazione così bassa dall’ottobre 2021. Ciò dà sollievo a famiglie e imprese, dopo due anni di forte erosione del potere d’acquisto. Per la banca centrale, questi dati confermano la tendenza disinflazionistica e potrebbero portare a una pausa nei rialzi dei tassi di interesse. Tuttavia, le autorità invitano alla prudenza: l’inflazione di fondo rimane elevata, e fattori imprevedibili (un’eventuale escalation della guerra commerciale USA-Cina o nuove tensioni sulle materie prime) potrebbero invertire la rotta. Intanto, a maggio scatterà l’aumento dei salari minimi e alcuni sgravi fiscali decisi dal nuovo governo, misure che – secondo il ministro delle Finanze designato Klingbeil – aiuteranno ulteriormente a “normalizzare” l’economia senza riaccendere i prezzi. Se la tendenza regge, per fine anno l’inflazione tedesca potrebbe stabilizzarsi sotto il 2%, segnando virtualmente la fine della crisi dei prezzi post-pandemia e aprendo spazio a politiche economiche più espansive per rilanciare la crescita.
"Volkswagen: profitti giù del 41% per il calo in Cina"
„Gemischte Ergebnisse“: VW-Gewinn bricht im ersten Quartal um 41 Prozent ein
Il gruppo Volkswagen ha avuto un inizio d’anno difficile: l’utile netto del primo trimestre 2025 è crollato del 41% su base annua, scendendo a 2,19 miliardi di euro. A pesare sono vari fattori straordinari: anzitutto il brusco calo dei profitti in Cina, mercato chiave dove VW – tramite le joint venture locali – ha guadagnato sensibilmente meno a causa della concorrenza aggressiva dei produttori cinesi di auto elettriche e della debolezza della domanda. Inoltre, Volkswagen ha contabilizzato circa 1,1 miliardi di euro di oneri una tantum: accantonamenti per le sanzioni CO₂ in Europa, costi di ristrutturazione della sua divisione software Cariad e ulteriori accantonamenti legali legati al dieselgate. Pur in questo contesto, i ricavi di gruppo sono cresciuti leggermente (+3% a 77,6 miliardi), grazie soprattutto al miglior mix di prezzo e all’aumento degli ordini in Europa occidentale. Tuttavia, i margini operativi ne hanno risentito: l’utile operativo al netto delle voci straordinarie è sceso del 37% a 2,9 miliardi. Il CFO Arno Antlitz parla di risultati “misti ma attesi” e conferma le previsioni per l’intero 2025, avvertendo però dell’incertezza dovuta alla politica commerciale americana di Trump. In particolare, il prospettato aumento dei dazi USA sulle auto europee (il cosiddetto “Trump tariff scenario”) non è stato integrato nelle stime: se diventasse realtà, avrebbe un impatto molto negativo sui conti e pertanto VW sta predisponendo piani di mitigazione (ad esempio diversificazione dei mercati e aumento della produzione negli USA). Anche Mercedes-Benz ha segnalato un forte calo dell’utile netto (-34% a 3 miliardi) nel trimestre, anch’esso dovuto in parte alla Cina debole e alle spese R&D elevate per l’elettrico. In generale, l’industria automobilistica tedesca sta affrontando una transizione complessa: investimenti massicci nell’elettrificazione e nel software compressi tra vendite ancora incerte, concorrenza emergente e ora i rischi geopolitici (dazi, guerre commerciali). Volkswagen punta comunque a recuperare nella seconda metà dell’anno, contando sul lancio di nuovi modelli elettrici globali (la nuova ID.7 e Audi Q6 e-tron) e su un graduale miglioramento del mercato cinese grazie a incentivi governativi locali. Il titolo VW è rimasto stabile dopo l’annuncio: gli investitori avevano già scontato questi problemi e attendono dettagli sul piano “Elettrificazione Accelerata” che il CEO Oliver Blume presenterà in estate per rilanciare le performance in Cina e nel digitale.
Tecnologia, impresa e innovazione
"Start-up tedesche testano armi in Ucraina e attirano investitori"
Rüstungsindustrie: Deutschlands neue Waffenschmieden (SPIEGEL+)
La guerra in Ucraina ha dato impulso a una nuova generazione di aziende tecnologiche tedesche nel settore della difesa. Questo reportage del SPIEGEL racconta come diverse start-up – definite le “nuove fabbriche d’armi” della Germania – stiano sperimentando sul campo in Ucraina sistemi d’arma innovativi, guadagnando così rapidamente credibilità e finanziamenti. Un esempio è la ARX Robotics, che ha sviluppato droni kamikaze a basso costo: grazie alla cooperazione con l’esercito ucraino, i suoi ingegneri possono adattare e migliorare i droni in base al feedback dal fronte in tempi rapidissimi. Un altro caso citato è quello di Quantum-Systems, produttore di mini-droni da ricognizione: dopo aver fornito centinaia di unità a Kiev con ottimi risultati operativi, l’azienda ha ottenuto un investimento da 17,5 milioni di euro da un fondo americano. In generale, queste start-up incarnano un nuovo modello: piccole, agili, altamente innovative, senza i tradizionali scrupoli del grande complesso industriale tedesco nel fornire armamenti. Sfruttano tecnologie civili (componenti elettronici commerciali, intelligenza artificiale) per costruire armi efficaci a costi contenuti. Il conflitto in Ucraina funge da “banco di prova” – brutale ma efficace – per convincere investitori e governo dell’affidabilità dei loro prodotti. Gli autori notano che grossi venture capital e persino colossi della difesa consolidati iniziano a corteggiare queste imprese: “le nuove fucine d’armi tedesche sono diventate le beniamine dei grandi finanziatori”, al punto che la stampa specializzata parla di un possibile “momento Tesla” nel settore armamenti, con i nuovi entranti destinati a sconvolgere i colossi tradizionali (Rheinmetall, Airbus) analogamente a come Tesla ha rivoluzionato l’industria auto. Il governo tedesco stesso sta cambiando atteggiamento: il ministero della Difesa ha creato un acceleratore per start-up belliche e semplificato le procedure di acquisto per droni e robot made in Germany, riconoscendo che per colmare le lacune della Bundeswehr servono anche soluzioni non convenzionali. Non mancano però le controversie etiche: alcune di queste aziende lavorano su sistemi d’arma autonomi (droni armati con AI) e ciò solleva interrogativi sul rispetto delle convenzioni internazionali. Il pezzo conclude evidenziando come la realtà della guerra abbia sfatato molti tabù in Germania: quelle che ieri erano piccole società di nicchia oggi sono centrali nella sicurezza europea. Se la tendenza continuerà, la Germania – tradizionalmente cauta nell’export bellico – potrebbe diventare nei prossimi anni un esportatore di riferimento di armi high-tech facilmente adattabili, grazie all’ingegno delle sue start-up e alla dura lezione appresa in Ucraina.
"Idrogeno: inaugurata la prima pipeline verde in Germania"
Erster Abschnitt des Wasserstoff-Kernnetzes geht in Betrieb: ein Meilenstein für die Energiewende
Nel cosiddetto “Chemiedreieck” della Germania orientale (tra Sassonia-Anhalt e Sassonia) è entrato in funzione il primo tratto di una pipeline dedicata all’idrogeno verde – un passo definito “pietra miliare” verso la nuova infrastruttura nazionale per l’H₂. Il tratto inaugurato collega Bad Lauchstädt (sede di un grande impianto di produzione di idrogeno da elettrolisi alimentata da eolico) al polo chimico di Leuna, lungo circa 20 km. Già entro fine anno attraverso questa condotta fluirà idrogeno verde al primo cliente industriale (si tratta di uno stabilimento chimico bisognoso di sostituire l’idrogeno da gas naturale). Il progetto è gestito dall’operatore di rete ONTRAS e fa parte del futuro “Hydrogen Core Network” pianificato dal governo tedesco: una rete di circa 1.700 km di gasdotti, per l’80% riconvertiti da vecchie pipeline del gas, che entro il 2030 dovrà collegare i principali poli industriali del Paese e i siti di produzione di idrogeno rinnovabile. La scelta di iniziare dal “triangolo chimico” (area tradizionalmente energivora, sede di raffinerie e produzioni di fertilizzanti) è simbolica: se l’idrogeno funziona qui, sarà replicabile ovunque, affermano i promotori. L’obiettivo è rifornire l’industria pesante (acciaio, chimica) con idrogeno al posto di carbone e gas, riducendo drasticamente le emissioni di CO₂. I prossimi passi prevedono di estendere la dorsale verso nord fino a collegare il cluster industriale del Baltico (Amburgo e Rostock) con quello orientale e, via Brandeburgo, anche con Berlino. Circa 500 km di condotte esistenti saranno “riqualificate” per trasportare H₂ puro, un processo complesso ma molto più rapido ed economico che posare nuove tubazioni. Il governo federale e l’UE sostengono finanziariamente il progetto come parte dell’IPCEI sull’idrogeno. I tecnici sottolineano le sfide: l’idrogeno è una molecola piccola, che può causare fragilità nei metalli, quindi sono in corso accurati test sui materiali e sulle valvole. Ma l’entusiasmo è tangibile: “Se non riusciamo a far decollare l’economia dell’idrogeno qui, non ci riusciremo da nessuna parte” dice un manager di Leuna. L’articolo del FAZ evidenzia come questo primo flusso di idrogeno inauguri concretamente la transizione energetica tedesca: dopo tanti annunci, il gas rinnovabile scorre davvero nelle condotte. Resta molta strada da fare (la produzione domestica di H₂ è ancora limitata e costosa), ma la pipeline di Bad Lauchstädt rappresenta un punto di svolta visibile verso un sistema energetico post-fossile, in cui infrastrutture centenarie vengono re-inventate per trasportare energia pulita.
"Bayer taglia migliaia di posti e snellisce i vertici"
Bayer streicht zahlreiche Stellen in Deutschland – Umbau unter neuem Chef Anderson
Il colosso chimico-farmaceutico Bayer ha annunciato un corposo piano di ristrutturazione che prevede il taglio di circa 3.000 posti di lavoro in Germania entro il 2025 (su 32.000 dipendenti nel Paese). La decisione rientra nella strategia di turnaround voluta dal nuovo CEO Bill Anderson, insediatosi all’inizio del 2025, per riportare Bayer alla crescita dopo anni di utili in calo e il pesante indebitamento seguito all’acquisizione di Monsanto. I tagli colpiranno soprattutto i livelli di middle management e le funzioni corporate: Anderson ha eliminato diversi strati dirigenziali, sostenendo che “abbiamo troppi manager per troppo pochi operativi”. In parallelo, Bayer sta riducendo alcune attività non core: la divisione Consumer Health (integratori e OTC) potrebbe essere ceduta o quotata separatamente, mentre nella divisione Crop Science (agrochimica) si sta procedendo a razionalizzare i centri di ricerca e a concentrare gli sforzi su pochi prodotti innovativi. Sul fronte farmaceutico, il piano “Agenda 2026” prevede investimenti mirati in nuove molecole di punta, ma anche l’abbandono di progetti ritenuti poco promettenti e la razionalizzazione di siti produttivi in Europa occidentale. I sindacati tedeschi (IG BCE) hanno criticato l’annuncio, giudicando “eccessivo” l’approccio e chiedendo garanzie che i tagli avvengano tramite prepensionamenti e uscite volontarie, senza licenziamenti forzati – come da accordi di cogestione vigenti (che in Germania spesso impediscono licenziamenti unilaterali nelle grandi aziende, ma Anderson sembra voler forzare la mano su questo). Bayer ha assicurato che dialogherà con i consigli di fabbrica e che i siti principali (Leverkusen, Berlino, Wuppertal) manterranno la loro centralità. Intanto i conti restano sotto pressione: il primo trimestre 2025 ha visto un utile netto in calo del 29% e vendite stagnanti, con la divisione agricola penalizzata dal calo dei prezzi dei diserbanti (glifosato) e quella farmaceutica dalla concorrenza ai farmaci di punta Xarelto ed Eylea (ora off patent). Anderson ha avvertito che “il 2025 sarà l’anno più difficile del nostro rilancio”, con risultati attesi ancora deboli, ma necessari per gettare le basi di una ripresa dal 2026. Gli investitori sembrano credere nella sua linea: il titolo Bayer è risalito dai minimi, scommettendo che la cura dimagrante, per quanto dolorosa, possa liberare risorse per innovazione (nuovi farmaci anticancro e biotecnologie agricole) e migliorare la redditività. L’operazione è anche un monito per la politica tedesca: persino un gigante come Bayer – 160 anni di storia – deve reinventarsi per competere nel contesto globale, e ciò comporta scelte difficili sul piano sociale. Il governo ha espresso rammarico per i posti a rischio ma ha auspicato che Bayer, una volta risanata, investa in nuovi progetti in Germania, in particolare nelle tecnologie verdi e nella ricerca farmaceutica avanzata, settori in cui il Paese vuole mantenere la leadership mondiale.
Burocrazia da Bruxelles: «La baracca sta bruciando»
Bürokratie aus Brüssel: „Die Hütte brennt“
(FAZ+)
Un’inchiesta FAZ denuncia il peso crescente della burocrazia europea sulle aziende tedesche, giudicato ormai insostenibile. Negli ultimi anni Bruxelles ha introdotto normative complesse in molti settori – dall’ambiente alla privacy – che, secondo l’articolo, minacciano l’esistenza stessa di molte imprese. Mai come ora, afferma provocatoriamente la FAZ, le regole UE hanno stretto un cappio attorno all’economia reale. Eppure la nuova Commissione sembra intenzionata a invertire la rotta: si discute di semplificare o eliminare alcuni oneri appena approvati pur di rilanciare la competitività. L’autore – riferendo le lamentele di imprenditori e artigiani – traccia uno scenario allarmante: “la baracca brucia”, ovvero il sistema produttivo tedesco è al limite, schiacciato tra costi regolatori interni e concorrenza globale. “Riuscirà l’UE a fare marcia indietro?”, si chiede la FAZ. La speranza è in una Wende (svolta) burocratica: solo riducendo drasticamente obblighi e scartoffie imposti da Bruxelles la locomotiva economica tedesca potrà tornare a correre.
Nuovo governo federale: il Ministero dell’Ambiente torna competente per i vertici climatici mondiali
Neue Bundesregierung: Umweltministerium künftig wieder für Weltklimagipfel zuständig
(SZ)
Con il cambio di governo, la diplomazia climatica torna in capo al Ministero dell’Ambiente. La Süddeutsche Zeitung riferisce che la nuova coalizione riassegnerà al dicastero ambientale la guida delle delegazioni tedesche alle conferenze ONU sul clima, ruolo che negli ultimi tre anni era passato al Ministero degli Esteri sotto Annalena Baerbock. Si tratta di un’inversione di quanto deciso dall’esecutivo precedente: dal 2021 il “clima” era considerato parte integrante della politica estera. Ora, per volontà della futura ministra SPD dell’Ambiente, la competenza torna all’ambito tecnico specifico. La decisione è motivata dall’esigenza di maggiore coerenza interna: il Ministero potrà implementare direttamente a livello nazionale gli impegni presi nei vertici internazionali (come la COP28 del 2025), senza passare per la Farnesina. Alcuni osservatori notano che la mossa ridimensiona la portata “trasversale” attribuita finora alla crisi climatica, ma il governo assicura che resterà una priorità trasversale. La Polonia ha espresso riserve su possibili controlli di frontiera legati al clima (ad esempio sul traffico pesante), temendo intralci al mercato UE.
Suddividere il Paese in zone tariffarie elettriche? Esperti mettono in guardia sui rischi per la sicurezza energetica
Aufteilung in Strompreiszonen? Experten warnen vor Gefahren für Versorgungssicherheit
(Welt)
Un gruppo di esperti tedeschi critica l’ipotesi di introdurre differenti tariffe elettriche per regione (Strompreiszonen) come mezzo per calmierare i costi. L’idea – emersa nel dibattito politico – prevede prezzi dell’elettricità più bassi al sud (dove la domanda industriale è maggiore) e più alti al nord, per compensare le strozzature di rete. Tuttavia, un rapporto citato da Die Welt avverte che tale frammentazione tariffaria potrebbe avere “gravi conseguenze” sulla sicurezza di approvvigionamento”. Il rischio è di disincentivare investimenti in reti e generazione nelle zone svantaggiate: se l’energia costa meno a Monaco che ad Amburgo, ad esempio, le aziende del nord soffrirebbero e potrebbero ridurre la produzione. Inoltre, un sistema a zone complicherebbe il mercato unico elettrico tedesco, potenzialmente causando squilibri e blackout localizzati. Gli esperti sottolineano che servono invece investimenti rapidi nelle infrastrutture di trasmissione tra nord e sud. Il governo uscente aveva valutato la misura per attenuare l’impatto economico della transizione energetica, ma il nuovo esecutivo sembra orientato a evitarla vista la netta presa di posizione contraria degli specialisti.
Terre rare: nel peggiore dei casi le catene di montaggio in Europa potrebbero fermarsi
Seltene Erden: Schlimmstenfalls könnten Fabrikbänder in Europa stillstehen
(Handelsblatt)
La recente decisione di Pechino di limitare l’export di terre rare fa temere forti ripercussioni sull’industria europea, in particolare automobilistica. Il Handelsblatt spiega che questi metalli speciali – fondamentali per prodotti hi-tech, batterie e motori elettrici – sono forniti per oltre il 70% dalla Cina. Con le nuove restrizioni, l’Occidente rischia carenze critiche: “nel peggiore dei casi le linee di produzione europee potrebbero bloccarsi”, avverte il rapporto. Già oggi l’umore nel settore è cupo: la disponibilità di terre rare era precaria, e ora le aziende temono fermi produttivi se non si troveranno forniture alternative. Oltre al danno economico, la dipendenza espone a vulnerabilità strategiche: componenti essenziali per la difesa e la transizione energetica (dai veicoli elettrici alle turbine eoliche) potrebbero mancare, con implicazioni sulla sicurezza. L’articolo cita la corsa dei governi occidentali a diversificare gli approvvigionamenti – dall’Africa all’Asia centrale – e a riciclare questi materiali. Ma nel breve periodo la leva cinese resta forte. L’UE valuta contromisure, ma secondo Handelsblatt l’Europa dovrà investire molto per ridurre la dipendenza da Pechino e scongiurare paralisi industriali.
Legge sulle filiere: la coalizione nero-rossa vuole abrogarla entro l’estate
(Lieferkettengesetz abschaffen?) (Handelsblatt)
Il nuovo esecutivo tedesco intende eliminare il recente “Lieferkettengesetz” (legge sulla dovuta diligenza nelle filiere globali) entro pochi mesi. Lo riferisce l’Handelsblatt, secondo cui CDU e SPD considerano troppo onerose per le aziende le norme entrate in vigore a gennaio 2023 che impongono controlli su diritti umani e standard ambientali lungo tutta la catena di fornitura. Il piano del governo Merz-Klingbeil sarebbe di abrogare o quantomeno allentare sensibilmente queste regole entro l’estate, come parte di un pacchetto di alleggerimento burocratico per rilanciare la competitività (in parallelo all’allentamento di alcune norme UE). La decisione è sostenuta dalle associazioni imprenditoriali, che lamentano i costi e la complessità di verificare fornitori esteri, ma suscita critiche da ONG e sindacati: temono che la Germania faccia marcia indietro sulla tutela di lavoratori e ambiente nelle filiere globali. La legge, voluta dalla precedente coalizione con i Verdi, ha ispirato una direttiva europea ancora in discussione. Una sua cancellazione sarebbe un segnale politico di priorità data all’industria rispetto alla responsabilità etica: la maggioranza nero-rossa la giustifica con l’urgenza di snellire vincoli per le imprese in un contesto economico difficile.
Politica interna e questioni sociali
Indignazione nell’SPD per il contratto di coalizione con l’Unione
Empörung in SPD über Koalitionsvertrag mit Union
(FAZ+)
L’accordo di governo CDU-SPD provoca malcontento nella base socialdemocratica. In un’inchiesta FAZ, molti iscritti SPD esprimono rabbia e frustrazione di fronte a quello che percepiscono come un patto innaturale con i conservatori. In incontri locali emergono critiche dure verso il leader Lars Klingbeil, accusato di aver spinto il partito tra le braccia di Merz tradendo lo spirito socialdemocratico. Attivisti e militanti contestano soprattutto le concessioni fatte alla CDU su temi sociali e fiscali, oltre all’adozione di un linguaggio più duro su migranti e sicurezza. Si sentono “con la pistola puntata al petto”, costretti ad approvare obtorto collo la grande coalizione per senso di responsabilità. Alcuni avvertono che l’SPD rischia un tracollo elettorale se continua a governare con i conservatori (c’è chi teme di “capire l’errore solo scendendo sotto il 10%”). Il pezzo dipinge un clima di profonda inquietudine e divisione interna: la leadership nazionale insiste che non c’erano alternative praticabili, ma una parte della base avrebbe voluto rigettare l’accordo e ridefinire la linea del partito.
Gli iscritti SPD approvano il contratto di coalizione, Klingbeil vicecancelliere
Entscheidung der Basis: SPD-Mitglieder stimmen für Koalitionsvertrag, Klingbeil wird Vizekanzler
(SZ)
L’esito del voto interno SPD conferma la nascita della coalizione nero-rossa. Il 30 aprile il 84,6% degli iscritti ha detto Sì all’accordo di governo con la CDU/CSU, spianando la strada a Friedrich Merz come nuovo cancelliere. Il risultato, annunciato dal segretario generale Miersch, viene letto come un’ampia legittimazione per la leadership nonostante un’affluenza al voto interna piuttosto bassa (56%) rispetto a consultazioni simili del passato. Contestualmente, l’SPD ha definito la propria squadra di governo: il segretario Lars Klingbeil – promotore dell’alleanza con Merz – assumerà il ruolo di vicecancelliere e ministro delle Finanze. La stampa rileva che la percentuale di consenso supera quella ottenuta nei referendum tra gli iscritti per le grandi coalizioni del 2013 e 2018, segno di disciplina nel partito. Tuttavia, persistono tensioni interne: i Giovani SPD (Jusos) e l’ala sinistra avevano criticato l’accordo, pur accettando l’esito. Ora, con il voto della base, la quinta coalizione CDU-SPD della storia federale può formalmente insediarsi.
«Da dove dovrebbe venire l’euforia?» – Merz prepara la CDU alla coalizione con l’SPD
„Wo soll die Euphorie denn herkommen?“: Merz bereitet CDU auf Koalition mit SPD vor
(Tagesspiegel)
Il piccolo congresso CDU del 28 aprile ha approvato senza entusiasmo il contratto di governo con l’SPD. Secondo il Tagesspiegel, molti delegati hanno votato “senza alcuna euforia”, e il leader Friedrich Merz ha dovuto difendere a lungo i compromessi raggiunti. Merz ha riconosciuto la delusione di molti elettori CDU, costretto a rinunciare ad alcuni principi (come il rigore sul debito) per le pressioni della situazione internazionale. Nel dibattito sono emerse lamentele sulla lista dei ministri designati da Merz, ritenuta sbilanciata. In particolare l’ala sociale (vicina alla ex cancelliera Merkel) ha espresso irritazione per alcune nomine e per la svolta conservatrice su temi come migrazione e finanze. Il leader della Junge Union, Johannes Winkel, ha avvertito che il programma non prevede veri tagli alla spesa e grava sulle nuove generazioni con nuovo debito. Merz, conscio del malumore nel partito, ha cercato di giustificare la “decisione di leadership” della grande coalizione come inevitabile e ha chiesto unità e disciplina ai delegati. Pur tra mugugni, la CDU ha dato il via libera, aprendo la strada all’elezione di Merz a Cancelliere il 6 maggio.