Rassegna della stampa tedesca #123
Quello che segue è il Monitoraggio della stampa tedesca, curato dalla redazione di Stroncature, su commissione della Fondazione Hanns Seidel Italia/Vaticano. Il monitoraggio ha cadenza settimanale ed è incentrato sui principali temi del dibattito politico, economico e sociale in Germania. Gli articoli sono classificati per temi.
Stroncature produce diversi monitoraggi con taglio tematico o geografico personalizzabili sulla base delle esigenza del committente.
Analisi e commenti
La protezione della Costituzione non sostituisce il dibattito politico
Verfassungsschutz und AfD: Ein Verbotsverfahren bleibt zweifelhaft (FAZ) –
In un commento sul dibattito riguardo un possibile divieto della AfD, la FAZ osserva che “La Legge Fondamentale non menziona né l’AfD né l’Ufficio per la Protezione della Costituzione”. Ciò significa che la difesa dell’ordine democratico non può delegarsi agli 007 interni, ma spetta anzitutto alla politica. Il Verfassungsschutz ha recentemente classificato l’AfD come partito di estrema destra “accertata”, segnalando derive incompatibili con l’ordine libero-democratico. Tuttavia, l’editorialista Reinhard Müller avverte che affidarsi ai servizi segreti interni non risolve il problema politico: “Il sospetto si è consolidato in certezza, ma un procedimento di messa al bando resta dubbio. Serve invece buona politica”. L’AfD prospera alimentando rabbia e sfiducia: secondo Müller un eventuale scioglimento per via giudiziaria potrebbe perfino rafforzare la sua narrazione vittimista. Meglio sarebbe batterla politicamente, risolvendo i problemi reali che gonfiano il suo consenso. In conclusione, l’articolo ritiene che la democrazia “militante” tedesca disponga già degli strumenti per arginare l’estremismo senza bandire l’AfD, e che “una buona politica” rimanga l’antidoto più efficace contro la crescita dei populisti.
L’odio non può essere per sempre: pensare al dopoguerra con la Russia
Die Feindschaft zu Russland darf nicht dauern (SZ) – Link: sueddeutsche.de.
In questa analisi di Heribert Prantl si argomenta che, pur nell’aggressione in corso, l’Europa deve già interrogarsi sul futuro dei rapporti con la Russia. L’UE nacque riconciliando nemici storici, e analogamente dovrà “disinnescare” (entfeinden) anche l’odierna inimicizia verso Mosca. Prantl chiarisce che oggi la Russia di Putin segue una rotta ferocemente anti-europea, e che parlare di pace appare quasi inconcepibile mentre infuria la guerra contro l’Ucraina. Tuttavia, “pensare già ora all’ordine di pace successivo a questa guerra è indispensabile”, scrive, e questo ragionamento deve partire dall’idea che anche Mosca fa parte dell’Europa. L’autore ricorda come persino la Spagna franchista un tempo fu reintegrata grazie alla forza attrattiva della democrazia europea. Allo stesso modo, “i problemi del continente non spariranno illudendosi che la Russia non ne faccia parte”. Prantl non giustifica affatto l’attacco russo – definito “incessante” e “barbaro” – ma esorta a preparare il terreno diplomatico per quando cesseranno i combattimenti. L’obiettivo deve essere un’architettura di sicurezza paneuropea che includa di nuovo una Russia post-bellica, così come nel ’45 l’Europa seppe riabbracciare la Germania democratica. In definitiva, per Prantl l’Europa non può permettersi un’ostilità perpetua con la Russia: serviranno fermezza ora, ma anche lungimiranza per costruire una futura amicizia, per quanto oggi appaia lontana.
Cinque mosse per la pace: l’Ucraina si appella al futuro Cancelliere Merz
Die Zukunft der Ukraine hängt jetzt auch von Friedrich Merz ab (Die Welt) –
In questo Gastbeitrag (contributo esterno) l’ex ambasciatore ucraino Andrij Melnyk si rivolge direttamente al leader CDU Friedrich Merz. Melnyk dipinge la situazione dell’Ucraina come “quasi disperata”: la guerra russa continua con ferocia e “la gente ha paura, vuole la pace”. Egli sostiene che la Germania avrà un ruolo decisivo nel fermare questa carneficina: “Dal successo di Merz come cancelliere dipende non solo il futuro della Repubblica Federale, ma anche il destino dell’Ucraina – e dell’Europa intera”. Melnyk propone cinque passi concreti che Berlino dovrebbe intraprendere per tagliare “il nodo gordiano” e avvicinare la pace. L’ambasciatore – che definisce questa lettera aperta “non un atto diplomatico, ma umano e da vicino di casa” – ricorda a Merz la “chance storica” di fare della Germania “il faro della libera democrazia” globale. In pratica, chiede al nuovo governo tedesco un cambio di passo: leaderhip coraggiosa per la sicurezza europea, invece di esitazione. Senza nominarlo, critica il governo Scholz per i ritardi nelle forniture di armi, invitando Merz a non ripetere quella cautela. La conclusione è accorata: la pace giusta in Europa dipenderà anche dalle decisioni che il prossimo cancelliere tedesco avrà il coraggio di prendere ora.
Più Stato che mai: la deriva verso l’economia pianificata
Deutschlands schleichender Weg in die Planwirtschaft (Handelsblatt)
Sintesi: Questo commento a firma di Thomas Sigmund mette in guardia da un preoccupante aumento dell’interventismo statale in Germania. La spesa pubblica sta raggiungendo livelli record: “Lo Stato presto spenderà oltre la metà del PIL”, superando la soglia oltre la quale – ricordava Helmut Kohl – “inizia il socialismo”. Secondo l’editorialista, con il 50% del PIL assorbito dal settore pubblico la Germania rischia di scivolare verso una quasi-“economia pianificata”. Già oggi la cosiddetta “quota statale” (Staatsquote) sfiora il 49,5%. Sigmund elenca i piani di spesa del governo: dai massicci sussidi energetici e climatici ai nuovi programmi sociali, fino al fondo speciale per la Difesa. Tutto ciò, sostiene, “non può andare bene” senza una robusta crescita economica che ne compensi i costi. L’articolo invoca quindi una correzione di rotta immediata: ridurre burocrazia e uscite improduttive, stimolare l’iniziativa privata e il mercato. “Bisogna sterzare, e in fretta”, avverte Sigmund. In caso contrario, la Germania potrebbe sperimentare stagnazione e perdita di competitività sotto il peso di uno Stato onnipresente e inefficiente. Questo monito – pubblicato a fine aprile – suona particolarmente rilevante alla luce del nuovo governo di Grande Coalizione (CDU-SPD) che si appresta ad aumentare ulteriormente la spesa pubblica per investimenti. Anche se investire è necessario, l’editorialista teme che “la politica ignori gli avvertimenti degli economisti”, mettendo a repentaglio la stabilità finanziaria di lungo periodo. Il succo del commento è riassunto nell’ultima frase: “Adesso serve invertire la rotta, il più rapidamente possibile”, per evitare che l’economia sociale di mercato tedesca si trasformi in una pigra economia semi-pianificata.
Scholz esce di scena: erediteremo qualcosa di buono?
Olaf Scholz: War nicht alles schlecht (Die Zeit)
A pochi giorni dall’uscita di scena di Olaf Scholz, la Zeit traccia un bilancio agrodolce del suo breve cancellierato. “Solitudine e impopolarità” segnano la fine del suo mandato: con soli 3 anni in carica, Scholz sarà uno dei cancellieri più brevi di sempre. Eppure, nota l’analisi di Michael Schlieben, “presto lo sguardo sul cancelliere uscente potrebbe cambiare”. Nonostante la sconfitta elettorale e la percezione diffusa di un leader poco comunicativo, ci sono aspetti positivi della sua gestione che potrebbero essere rivalutati col tempo. L’articolo riconosce a Scholz competenza e approccio riformista in molte politiche. Ad esempio, viene elogiata la sua conoscenza tecnica e la perseveranza nel portare avanti riforme, dal salario minimo aumentato al pacchetto climatico (sebbene incompleto), fino alla svolta sulla difesa (Zeitenwende). Anche il suo stile sobrio e “senza vanità” viene rivalutato positivamente: Scholz ha saputo incassare sconfitte (come le battute d’arresto nei Länder) senza isterismi, mantenendo sempre un “atteggiamento democratico” e rispetto istituzionale. La Zeit riporta inoltre che, secondo alcuni suoi collaboratori, Scholz avrebbe gettato semi di riforme che daranno frutti solo più avanti. Ad esempio, sul clima e la digitalizzazione avrebbe impostato trasformazioni di lungo periodo non immediatamente “visibili o misurabili”. Certo, il cancelliere uscente lascia il potere “solo e non amato”, come rileva Schlieben, ma la domanda finale è se col tempo non si giudicherà il suo operato meno severamente. La conclusione aperta suggerisce che “non tutto è stato negativo”: alcune scelte di Scholz potrebbero essere rivalutate come giuste quando la polvere della battaglia politica si sarà posata. Ad esempio, la decisione di investire massicciamente nella difesa e nell’energia pulita – inizialmente contestata – potrebbe rivelarsi lungimirante. In definitiva, l’articolo invita a guardare oltre l’inevitabile sconfitta elettorale: la legacy di Scholz potrebbe emergere in una luce migliore con il senno di poi, mostrando che il suo cancellierato “non è stato poi tutto da buttare”.
„Dieser Tiefschlag wird Merz noch lange schmerzen“
"Questo colpo duro farà male a Merz ancora a lungo" (FAZ).
Un editoriale della FAZ commenta il problematico esordio di Friedrich Merz come cancelliere. Dopo aver fallito il primo voto parlamentare – primo caso nella storia tedesca – Merz è stato eletto al secondo tentativo, ma la mancanza di disciplina nella sua stessa coalizione (CDU/CSU e SPD) ha inflitto un danno profondo. L’articolo osserva che la sfiducia interna manifestata da una dozzina di deputati della coalizione indebolisce Merz e ne minaccia la capacità di governare con decisione. Per recuperare credibilità, secondo l’analisi, Merz dovrà riunire la sua coalizione e produrre risultati di governo concreti, così da compensare il “colpo” subito e dissipare i dubbi sulla tenuta dell’esecutivo. Solo un’azione di governo efficace potrà sanare la ferita e dimostrare che il fallimento iniziale non si tradurrà in una crisi di stato duratura, ridimensionando gli allarmismi.
„Es ist eine einzige Blamage“
È un completo fiasco (Die Zeit)
In questo commento su Die Zeit, Fabian Reinbold definisce la mancata elezione di Merz al primo scrutinio come una figuraccia storica per la nuova coalizione. Pur avendo sulla carta una maggioranza di 12 seggi, CDU/CSU e SPD non sono riusciti a compattarsi al momento decisivo. Il pezzo accusa i partner di coalizione di irresponsabilità: i franchi tiratori hanno “giocato col fuoco” e rafforzato il pregiudizio di un sistema incapace di agire, di cui l’AfD si alimenta. Questa “coalizione dell’instabilità” – con Merz e il vicecancelliere Klingbeil contestati persino nelle proprie file – lascia il paese in sospeso proprio mentre la situazione internazionale è instabile. Il commento esorta il governo a partire al più presto con l’azione di governo, perché l’incertezza mina la fiducia dei cittadini e la credibilità internazionale della Germania. Merz dovrà ricostruire la fiducia all’interno del suo schieramento; in caso contrario – conclude provocatoriamente l’autore – qualcuno più capace dovrà assumersi la responsabilità di guidare il paese.
„Jetzt schlägt Europas Stunde der Wahrheit“
Ora scocca l’ora della verità per l’Europa" (Die Welt)
In questo commento su Die Welt, si sposta lo sguardo sul contesto internazionale, sostenendo che è arrivato il momento in cui l’Europa deve dimostrare unità e determinazione. L’editoriale parte dal prolungarsi della guerra in Ucraina e dalla relativa incertezza della postura occidentale. Secondo l’autore, le esitazioni e divisioni trascorse devono finire: l’“ora della verità” impone ai leader europei di prendere decisioni chiare sul sostegno all’Ucraina e sulla propria sicurezza. Viene sottolineato come la credibilità dell’Europa sia in gioco: eventuali tentennamenti o compromessi al ribasso verrebbero sfruttati dalla Russia di Putin. Il commento richiama quindi l’UE alla coesione strategica, dalla difesa comune al piano energetico, perché solo parlando con una voce sola e assumendosi responsabilità l’Europa potrà superare la prova. In definitiva, l’articolo invoca un nuovo spirito di unità europea di fronte alle sfide globali, considerandolo l’unico antidoto all’irrilevanza geopolitica del continente.
Politica estera e sicurezza
“Lamentarsi ogni giorno di Trump non è una politica estera”
„Sich jeden Tag über Trump aufzuregen, ist keine Außenpolitik“ (Die Welt)
In un’intervista a Die Welt, l’ex presidente della CDU Armin Laschet – accreditato di un ruolo di primo piano nella nuova politica estera tedesca – sostiene che la Germania debba mantenere la calma e la cooperazione transatlantica anche sotto la nuova presidenza Trump. “Limitarsi a indignarsi quotidianamente per Trump non costituisce una politica estera”, dichiara Laschet in un passaggio chiave. Egli richiama la necessità di “tenere salda la partnership con gli USA anche in condizioni difficili”, anziché indulgere in continue invettive contro le uscite di Trump. Allo stesso tempo, dice Laschet, l’Europa deve prepararsi allo scenario in cui gli Stati Uniti potrebbero venir meno al ruolo di garanti: “dobbiamo attrezzarci per l’eventualità – che speriamo non si avveri – di essere lasciati soli dagli americani”. L’intervista, trasmessa dall’emittente ntv, rivela anche che Laschet ha recentemente compiuto un viaggio con l’ancora ministra degli Esteri Baerbock, perfino in Siria – segno di una continuità bipartisan nella diplomazia tedesca. Ciò suggerisce che Laschet potrebbe assumere incarichi governativi (si parla di lui come possibile nuovo Ministro degli Esteri): il suo messaggio è quindi programmatico. Egli ribadisce la sua esperienza pluridecennale in politica estera e lascia intendere di voler assicurare continuità: “la mia missione a Damasco con Baerbock va letta come segno di continuità di linea”, avrebbe detto. Il tema centrale però è il rapporto con Washington. Laschet difende l’importanza di collaborare con l’alleato d’oltreoceano anche se la Casa Bianca adotta toni ostili: “Bisogna mantenere la partnership transatlantica, pur in condizioni difficili”, piuttosto che limitarsi a inveire contro Trump. L’articolo nota come tali posizioni riflettano l’orientamento della futura coalizione CDU-SPD: fermezza verso la Russia e la Cina, ma anche pragmatismo verso gli USA di Trump, per non compromettere NATO e sicurezza europea. In conclusione, Laschet – destinato a un ruolo di governo – lancia un chiaro segnale: la Germania non inseguirà polemiche quotidiane con Trump, bensì punterà a “prepararsi al peggio” (un possibile disimpegno americano) senza però rompere la cooperazione storica. Questo equilibrio, afferma, è l’unica strategia credibile: lamentarsi non basta, occorre costruire piani europei di difesa autonoma mentre si cerca di tenere legati gli USA all’Europa.
Merz a Bruxelles: rassicurazioni e gaffe sul controllo delle frontiere
Merz’ Antrittsbesuche bei EU und Nato: Optimistischer Blick auf die USA und Europapolitik „wieder Chefsache“ (Tagesspiegel)
Appena insediato, il nuovo cancelliere Friedrich Merz ha scelto Bruxelles per le sue prime visite ufficiali: ha incontrato i vertici dell’UE e della NATO promettendo un “ottimistico sguardo verso gli USA” e dichiarando che la politica europea torna “priorità della Cancelleria”. L’accoglienza è stata calorosa – “Merz è stato ricevuto a braccia aperte” dalla presidente von der Leyen – ma non sono mancate alcune tensioni iniziali. Il Tagesspiegel riferisce che Merz ha dovuto “mettere subito alcune cose in chiaro”: in patria, il suo governo ha annunciato controlli di frontiera rafforzati e respingimenti di migranti, provocando critiche di violazione del diritto UE. A Bruxelles, Merz ha ribadito che “i controlli alle frontiere non sono un’iniziativa isolata tedesca”, ma misure concordate e compatibili con il quadro europeo. Questa precisazione era necessaria perché diversi partner temevano per la libera circolazione Schengen. Inoltre, Merz ha dovuto smentire – apparendo “un po’ infastidito” – alcune indiscrezioni di stampa secondo cui avrebbe voluto dichiarare lo “stato di emergenza nazionale” per l’immigrazione. “Nessuno nel governo, tantomeno io personalmente, ha proclamato un’emergenza nazionale”, ha assicurato seccamente. Superato questo avvio “zoppicante”, la visita è proseguita in un clima costruttivo: Merz ha garantito che la politica europea sarà “affare di capo” (Chefsache), segnalando un maggior impegno diretto del Cancelliere nei dossier UE rispetto al passato. L’articolo nota che “il clima alla visita di Merz a Bruxelles era un po’ offuscato dall’uscita maldestra in materia d’asilo”, ma nonostante ciò “l’accoglienza è stata estremamente cordiale”. Merz ha promesso “miglioramenti” nella comunicazione d’ora in poi. Sul fronte NATO, ha confermato l’impegno tedesco al 2% del PIL per la difesa e un approccio duro verso la Russia, allineandosi al corso atlantico. In sintesi, questa prima missione all’estero di Merz ha mostrato continuità nella collocazione filo-occidentale della Germania (sguardo fiducioso agli USA, stretto legame con UE e NATO), ma anche evidenziato che il nuovo governo dovrà gestire con attenzione i dossier interni – come l’asilo – per non creare attriti in Europa. L’Europa resta “ottimista” su Merz, ma si aspetta da lui una diplomazia più calibrata sulle sensibilità europee.
Unità occidentale a Kiev: Merz e altri leader in visita da Zelensky
Vier Regierungschefs besuchen Selenskyj in Kiew (Welt)
Subito dopo la formazione del nuovo governo tedesco, il cancelliere Merz si è unito ai colleghi di Francia, Regno Unito e Polonia per una visita congiunta a Kiev, in segno di solidarietà europea. “Quattro capi di governo visitano Zelensky a Kiev” titola Welt. Questo viaggio – avvenuto ai primi di maggio – è altamente simbolico: Merz ha voluto dimostrare continuità nel sostegno all’Ucraina nonostante il cambio di governo a Berlino. Insieme al presidente francese Macron, al premier britannico Starmer e al polacco Tusk, Merz ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per ribadire l’appoggio occidentale unanime. La delegazione ha portato un messaggio chiaro: anche con un’amministrazione USA meno impegnata (Donald Trump preme per negoziati), “l’Europa resta solidale con Kiev”. Durante la visita, Zelensky ha ringraziato la Germania per il nuovo pacchetto di aiuti militari (vd. supra) e ha chiesto di accelerare la consegna di armamenti pesanti in vista di una possibile offensiva russa estiva. I quattro leader hanno anche discusso del piano di pace su cui insisterebbe Trump: secondo fonti diplomatiche, Macron e Merz hanno convenuto che nessuna pace potrà prescindere dalla sovranità ucraina e che “nessun accordo sarà fatto scavalcando Kiev”. Inoltre, la presenza di Merz – che ha incontrato Zelensky a meno di 48 ore dal suo insediamento – serve a rassicurare sull’allineamento atlantico del nuovo esecutivo tedesco. Welt sottolinea la portata storica di questo viaggio multiplo: “Solidarietà europea – quattro leader in visita” era in streaming live, segno dell’attenzione pubblica. Al termine, Merz ha dichiarato che “non farà nulla di diverso” dal governo precedente sul fronte ucraino, anzi intende intensificare gli sforzi diplomatici per convincere paesi scettici (come Ungheria) a sostenere più attivamente le sanzioni antirusse. Complessivamente, la missione ha evidenziato l’unità dell’Occidente nel sostenere l’Ucraina: malgrado i cambi politici interni (Merz e Starmer sono nuovi nei loro ruoli), il fronte transatlantico resta compatto nel fronteggiare la Russia. È un segnale sia a Mosca che a Washington: l’Europa non arretrerà, e anzi si prepara a tenere duro anche se gli USA dovessero tentennare.
Merz zu erster Reise als Kanzler aufgebrochen – zuerst Paris, dann Warschau – "Merz partito per il primo viaggio da cancelliere – prima Parigi, poi Varsavia" (Handelsblatt)
Appena insediato, il cancelliere Friedrich Merz ha seguito la tradizione tedesca compiendo la sua prima visita ufficiale all’estero in Francia, seguita subito dopo da un viaggio in Polonia. A Parigi Merz è stato ricevuto dal Presidente Macron, con cui ha promesso un “nuovo inizio” nei rapporti franco-tedeschi puntando a rilanciare la cooperazione in difesa, un possibile “scudo nucleare” europeo e una linea comune in politica commerciale. Subito dopo, a Varsavia, Merz ha incontrato il Primo Ministro Donald Tusk, in un chiaro segnale di attenzione verso l’Europa orientale. I colloqui in Polonia, definiti da Merz come “tra pari”, si sono focalizzati sul coordinamento nella sicurezza europea – con Merz che ha rassicurato sul continuo impegno tedesco sul fianco est della NATO – ma hanno toccato anche temi spinosi. In particolare Tusk ha criticato il nuovo governo tedesco per i piani di irrigidimento della politica migratoria (sostenuti dal ministro dell’Interno Dobrindt, CSU) che Varsavia vede con preoccupazione. Nonostante queste divergenze, la visita ha prodotto segnali di cooperazione concreta: Germania e Polonia hanno annunciato investimenti congiunti, ad esempio l’ammodernamento di collegamenti ferroviari transfrontalieri, per avvicinare ancora di più i due paesi. Nel complesso, le prime missioni all’estero di Merz indicano la volontà di riaffermare la leadership tedesca in Europa rafforzando sia l’asse storico con Parigi sia il dialogo con i partner dell’Est.
Steinmeier wirft Putin „Geschichtslügen“ und Trump „Wertebruch“ vor – "Steinmeier accusa Putin di ‘menzogne storiche’ e Trump di ‘tradimento dei valori’" (Tagesspiegel)
In un solenne discorso al Bundestag per l’80° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale, il Presidente federale Frank-Walter Steinmeier ha lanciato dure accuse sia verso la Russia di Putin sia verso l’ex presidente USA Donald Trump. Steinmeier ha denunciato la propaganda del Cremlino, che giustifica l’invasione dell’Ucraina presentandola falsamente come “continuazione della lotta al fascismo”: una grossolana distorsione storica – ha detto – poiché la guerra di Putin contro un paese libero non ha nulla a che vedere con la liberazione dal nazismo. Allo stesso tempo, senza nominare Trump direttamente, il Presidente tedesco ha parlato di “valori traditi” da parte degli Stati Uniti negli anni recenti: vedere proprio gli USA – artefici dell’ordine internazionale liberale del dopoguerra – allontanarsi da quei valori democratici è stato “uno shock del tutto nuovo”. Con questo riferimento Steinmeier criticava la deriva isolazionista e nazionalista dell’era Trump, giudicandola un grave strappo rispetto ai principi condivisi dell’Occidente. Nel suo discorso, accolto da applausi, Steinmeier ha anche ribadito il debito di gratitudine della Germania verso gli Alleati (americani, britannici, francesi e anche l’Armata Rossa) che con enormi sacrifici liberarono l’Europa dal nazismo. Di fronte alle sfide attuali, il Presidente ha esortato la Germania a trarre lezione dalla storia: aiutare attivamente a ristabilire la pace dove è minacciata – riferimento all’Ucraina – e allo stesso tempo rafforzare le proprie capacità di difesa insieme ai partner europei, “non per fare la guerra, ma per prevenire la guerra”.
„Demonstration der Stärke – Europas Anführer setzen Putin ein Ultimatum“ – "Dimostrazione di forza – i leader europei danno un ultimatum a Putin" (Die Welt)
Questo reportage del Welt descrive un importante vertice informale di alcuni leader europei – definito la “coalizione dei volenterosi” – durante il quale è stato lanciato un messaggio molto duro alla Russia. Riuniti per coordinare il supporto all’Ucraina, i capi di governo di diversi paesi UE (tra cui Polonia, Stati baltici, Finlandia e sostenuti dalla Gran Bretagna) hanno voluto dare una dimostrazione di unità e determinazione: secondo l’articolo, hanno concordato di porre a Putin un ultimatum preciso sui suoi futuri passi nella guerra. In particolare, gli alleati europei avrebbero avvertito il Cremlino che, se entro una certa scadenza non si fossero registrati progressi verso un cessate-il-fuoco o se la Russia avesse oltrepassato alcune linee rosse (come l’uso di armi non convenzionali), l’Europa reagirebbe con misure straordinarie. Fra queste, il pezzo cita la possibilità di inasprire drasticamente le sanzioni economiche fino quasi all’isolamento totale della Russia, nonché di aumentare ulteriormente la fornitura di armamenti avanzati all’Ucraina. Viene evidenziato come questo fronte europeo – sostenuto in pieno dagli Stati Uniti – miri a far capire a Putin che il tempo non gioca a suo favore: al contrario, l’unità occidentale è solida e pronta a qualsiasi escalation pur di fermare la sua aggressione. L’ultimatum, di cui non vengono resi noti i dettagli esatti (anche per mantenere pressione psicologica su Mosca), rappresenta secondo Welt un tentativo di forzare il corso degli eventi: spingere Putin a riconsiderare la sua strategia, mostrando che l’Europa non arretrerà e anzi è disposta a tutto pur di difendere l’ordine internazionale.
„Massive Verschärfung der Sanktionen“ – Merz droht Putin bei Kiew-Besuch – "‘Un inasprimento massiccio delle sanzioni’ – Merz minaccia Putin durante la visita a Kiev" (Die Welt)
Nel corso di una visita a Kiev effettuata a sorpresa, il cancelliere Friedrich Merz ha assunto toni molto duri verso Mosca. Merz – che si è recato in Ucraina appena due giorni dopo il suo insediamento, volendo testimoniare immediatamente vicinanza al paese invaso – ha incontrato il presidente Zelensky e garantito la continuità del sostegno tedesco con forniture militari e aiuti finanziari. Durante la conferenza stampa congiunta, Merz ha lanciato un monito diretto al Cremlino: se Putin continuerà la guerra e intensificherà l’offensiva, la Germania si adopererà affinché l’Occidente attui una “massiccia escalation delle sanzioni” contro la Russia. Secondo Merz, le attuali sanzioni – già molto estese – possono e devono essere portate a un livello ancora superiore per colpire in modo devastante l’economia russa e privare Putin dei mezzi per proseguire l’aggressione. Nei suoi colloqui a Kiev, il cancelliere ha inoltre assicurato che la nuova coalizione a Berlino non modificherà la linea di pieno appoggio all’Ucraina seguita dal precedente governo Scholz. Zelensky, da parte sua, ha ringraziato Merz per la visita tempestiva e le parole chiare: la presenza del leader tedesco a Kiev è stata interpretata come un segnale politico importante verso Mosca. Infine, Merz ha visitato alcuni sobborghi di Kiev colpiti dai missili russi, condannando fermamente i crimini di guerra commessi e ribadendo che la Russia dovrà risponderne. La visita ha dunque mostrato un cancelliere Merz determinato a mantenere il ruolo di primo piano della Germania nell’appoggiare l’Ucraina e nel tenere alta la pressione internazionale su Putin.
Questioni militari
Zehn Milliarden Euro mehr?“ – Pistorius will Verteidigungsetat offenbar deutlich erhöhen – "Dieci miliardi in più? – Pistorius a quanto pare vuole aumentare sensibilmente il bilancio della Difesa" (Tagesspiegel)
A pochi giorni dall’insediamento del nuovo governo, emergono indiscrezioni sulle richieste del ministro della Difesa Boris Pistorius in sede di preparazione del bilancio federale 2025. Secondo fonti riservate citate dal Tagesspiegel, Pistorius avrebbe chiesto alla coalizione di destinare oltre 60 miliardi di euro alla Difesa nel 2025, circa 10 miliardi in più rispetto ai 53 previsti dal precedente esecutivo SPD-Verdi-FDP. Il ministro SPD punta infatti a compensare i noti buchi nelle capacità dell’esercito dopo decenni di sotto-finanziamento: gli ulteriori fondi servirebbero ad accelerare l’acquisto di munizioni, armamenti moderni e il potenziamento delle truppe. Pistorius vorrebbe fissare questa crescita non solo per il 2025 ma anche nelle previsioni pluriennali, rendendola permanente. Fonti governative confermano l’indirizzo (“le informazioni vanno nella direzione giusta” ha detto un alto funzionario) ma ammettono che resta da sciogliere il nodo di come spendere efficacemente tali somme extra. Già lo scorso anno, infatti, il ministero della Difesa non è riuscito a impiegare pienamente il budget stanziato (~52 miliardi) a causa di riti burocratici e colli di bottiglia industriali, faticando persino a rispettare l’obiettivo NATO del 2% del PIL. Pistorius è deciso a invertire la rotta, ma la sua richiesta di fondi incontra i vincoli della disciplina di bilancio (la Schuldenbremse) e qualche resistenza nei partner di governo. L’esito finale si vedrà con la presentazione della Finanziaria: se anche non otterrà interamente i +10 miliardi, è evidente la volontà politica di riorientare il bilancio a favore della Difesa, segnando un cambio di passo rispetto al passato.
„Die Rüstungsindustrie erreicht eine Auftragsflut“ / Linken-Chef empört sich über Kursgewinne mit Rheinmetall – "L’industria bellica travolta da un’ondata di ordini" / "Il leader della Linke indignato per i guadagni con le azioni Rheinmetall" (Frankfurter Allgemeine Zeitung)
I bilanci delle aziende della difesa tedesche riflettono la nuova era di riarmo: col riaccendersi delle tensioni internazionali, colossi come Rheinmetall registrano commesse e profitti da record. In un dibattito al congresso del partito Die Linke a Chemnitz, il co-leader Jan van Aken – noto pacifista – ha rivelato di possedere (per scopi attivisti) due azioni Rheinmetall acquistate 8 anni fa e di aver constatato con disgusto che il loro valore è decuplicato. “È ripugnante guadagnare sui morti e sulle sofferenze altrui”, ha tuonato van Aken, invocando una tassa sugli extraprofitti bellici per impedire a chi produce armi di arricchirsi dalla guerra. I dati finanziari danno sostanza alle sue parole: nel primo trimestre 2025 Rheinmetall ha aumentato il fatturato di circa +46% su base annua, a 2,3 miliardi di euro, e l’intero settore difesa tedesco vive un boom grazie al drastico incremento della spesa militare nazionale ed estera. Un dossier della FAZ conferma la crescente pioggia di ordinativi per l’industria bellica: i paesi NATO hanno avviato mega-contratti per veicoli corazzati, munizioni e sistemi d’arma, e Rheinmetall in particolare vanta portafogli ordini mai visti. Va ricordato che il governo Scholz aveva già creato un fondo speciale di 100 miliardi per la Bundeswehr nel 2022; ora la nuova coalizione CDU-SPD intende stabilizzare la spesa su livelli elevati. Questo scenario offre prospettive floride ai produttori di armamenti tedeschi, ma – come sottolineato dalla Linke – solleva anche questioni etiche e richieste di un maggior controllo pubblico sugli utili generati dalla corsa al riarmo.
„Wir müssen militärisch stärker werden… um Krieg zu verhindern“ – "‘Dobbiamo diventare militarmente più forti… per impedire la guerra’" (dal discorso di Steinmeier, 08.05.2025)
Nel suo discorso dell’8 maggio al Bundestag, il Presidente Steinmeier – pur rinnovando l’impegno tedesco per la pace – ha difeso esplicitamente i piani di potenziamento delle Forze Armate tedesche. Ha affermato che la Germania, insieme ai partner europei, deve fare “tutto il necessario” per fermare l’imperialismo aggressivo di Putin, e ciò include il rafforzamento militare: “Dobbiamo diventare più forti militarmente, non per fare la guerra, ma per impedirla” ha dichiarato. Steinmeier ha così dato un importante appoggio istituzionale al riarmo intrapreso con la “Zeitenwende”. Questa posizione riflette un consenso ormai ampio tra i partiti di governo: anche l’opposizione Verde-Linke, tradizionalmente più pacifista, di fronte alla guerra in Ucraina riconosce la necessità di una Bundeswehr più efficiente. Nel concreto, la Bundeswehr sta intensificando esercitazioni con gli alleati (recentemente l’aeronautica tedesca ha guidato una grande esercitazione NATO in Alaska simulando scenari di difesa collettiva) e aggiornando i propri arsenali. Inoltre, la nuova coalizione si è impegnata a fissare per legge l’obiettivo NATO del 2% del PIL in spesa per la difesa ogni anno, al di là del fondo straordinario. Il messaggio di Steinmeier – “armarsi per la pace” – sintetizza il paradosso della fase attuale: dopo decenni di riduzioni, la Germania torna ad investire massicciamente nella propria difesa, presentando ciò non come militarismo, ma come investimento in sicurezza preventiva per sé e per l’Europa.
Bundeswehr: Milliarden ungenutzt, riforme urgenti – "Bundeswehr: miliardi non utilizzati, riforme urgenti" (Zeit Online)
Mentre fioccano nuovi fondi, la Difesa tedesca deve affrontare i suoi problemi strutturali. Un rapporto menzionato da Zeit Online rivela che nel 2024 il ministero di Pistorius non è riuscito a spendere 4,6 miliardi di euro stanziati a bilancio: ciò a causa di iter di acquisto lenti, capacità produttive limitate e burocrazia. Questo dato evidenzia che l’ostacolo principale al riarmo non sono solo i soldi, ma il sistema di procurement. Pistorius ha annunciato di aver fatto della munizionamento “questione di capo” (Chefssache): ha istituito task force per velocizzare gli ordini di munizioni – di cui la Bundeswehr avrebbe scorte per appena 1-2 giorni di combattimenti intensi, secondo stime trapelate. La grande coalizione ha promesso leggi per semplificare le gare d’appalto militari e tagliare la burocrazia, anche ricorrendo a procedure d’urgenza finché dura la guerra in Europa. Intanto, prosegue il rinnovamento degli equipaggiamenti: dopo il via libera all’acquisto di 35 caccia F-35 americani (in consegna dal 2027) per il ruolo nucleare condiviso NATO, la Luftwaffe ha di recente deciso di dotarsi anche di elicotteri pesanti Chinook dal 2026, sostituendo i vecchi CH-53. La Marina investirà in sottomarini convenzionali avanzati insieme alla Norvegia. Tuttavia, questi programmi richiedono anni: perciò il governo sta anche cercando sul mercato internazionale materiali disponibili a breve (ad esempio veicoli e munizioni da paesi alleati) per colmare i gap immediati di prontezza. In sintesi, sebbene la Germania abbia stanziato fondi senza precedenti per le forze armate, la vera sfida è spenderli bene e in fretta: senza una radicale modernizzazione delle procedure e dell’industria di difesa nazionale, la “Zeitenwende” rischia di tradursi in risorse non utilizzate e obiettivi mancati.
Auftragsflut aus dem Ausland: Bundeswehr-Industrie am limite – "Pioggia di ordini dall’estero: l’industria della difesa tedesca al limite" (Handelsblatt)
La guerra in Ucraina non ha solo spinto la Germania a riarmarsi, ma ha anche fatto schizzare la domanda internazionale di armamenti “Made in Germany”. Secondo un’approfondita analisi del Handelsblatt, le aziende tedesche del settore – da Rheinmetall a Krauss-Maffei Wegmann (carri armati) fino a Diehl (missilistica) – sono impegnate a evadere commesse sia per l’Bundeswehr sia per eserciti alleati, e iniziano a segnalare colli di bottiglia produttivi. I magazzini di materiali e munizioni della Bundeswehr, svuotati dagli invii all’Ucraina, devono essere riempiti con urgenza (il governo ha stanziato 20 miliardi extra a tal fine). Nel contempo, molti paesi dell’est Europa stanno ordinando sistemi d’arma tedeschi per rimpiazzare l’equipaggiamento di era sovietica donato a Kiev. Ad esempio, riferisce l’articolo, la Repubblica Ceca e la Slovacchia hanno firmato contratti per decine di carri armati Leopard 2 e veicoli da combattimento Marder di nuova produzione. Anche Paesi extra-NATO guardano alla tecnologia tedesca: un importante ordine dall’Australia per veicoli cingolati Boxer e cannoni semoventi è in trattativa. Questa mole di richieste ha portato la capacità produttiva al limite: Rheinmetall sta assumendo migliaia di operai e progettando l’apertura di nuovi stabilimenti (ad esempio una fabbrica di polveri da sparo in Ungheria) per far fronte all’ondata di ordini senza precedenti. Il Handelsblatt sottolinea che questa situazione offre all’economia tedesca opportunità notevoli (export militare in forte crescita), ma necessita anche di scelte politiche: servono investimenti in nuovi impianti e snellimenti normativi (es. velocizzare le autorizzazioni per linee produttive di materiale bellico) per evitare colli di bottiglia che potrebbero durare anni. Insomma, la Germania si trova di fronte alla necessità di ricostruire un complesso militare-industriale efficiente, dopo averlo ridimensionato dalla fine della Guerra Fredda: una sfida industriale oltre che strategica, che richiederà tempo e determinazione.
Politica interna e questioni sociali
Populistischer Unfug“ – Heftige Kritik aus der Union an Bas’ Rentenvorstoß – "‘Sciocchezza populista’ – Dure critiche dall’Unione alla proposta di Bas sulle pensioni" (Die Welt)
Bärbel Bas, esponente SPD nominata nuovo ministro del Lavoro, ha proposto di allargare la base contributiva del sistema pensionistico obbligatorio includendo in futuro anche funzionari pubblici, lavoratori autonomi e parlamentari. In un’intervista, Bas ha sostenuto che “tutti dovrebbero contribuire” alla previdenza statale per rafforzarne le entrate e renderla più equa. La reazione dell’opposizione conservatrice (CDU/CSU) è stata immediata e feroce: il capogruppo dell’Unione Thorsten Frei ha bollato l’idea come “un’idea populista che non risolve i problemi”. Secondo la CDU, far confluire categorie finora con regimi separati (come i dipendenti pubblici a sistema retributivo) nel fondo pensioni generale sarebbe tecnicamente complesso e non basterebbe a colmare le sfide demografiche. I critici accusano Bas di voler “vendere come innovativo” un vecchio cavallo di battaglia SPD senza attendere le conclusioni della commissione di esperti sulle pensioni, attesa a breve. Esponenti della CSU hanno definito la mossa uno spot politico di breve respiro. Al contrario, la proposta di Bas ha incassato un plauso inaspettato: la leader di La Sinistra (BSW) Sahra Wagenknecht l’ha definita “assolutamente giusta” e ha evidenziato come la previdenza pubblica sia stata “depauperata per decenni”, sostenendo che un sistema veramente solidale deve prevedere che “tutti versino – anche politici, autonomi e funzionari”. Ciò nonostante, Wagenknecht dubita che la nuova coalizione CDU-SPD realizzerà mai una riforma così radicale. In sintesi, la sortita di Bas ha riacceso il dibattito pensionistico tedesco: da un lato chi invoca un modello universale su base contributiva per sostenere la tenuta del sistema in era di invecchiamento, dall’altro chi teme che sia fumo negli occhi e invita a soluzioni strutturali (ad esempio incentivi a fondi integrativi o più nascite). Il governo per ora prende tempo: Bas ha annunciato che porterà la discussione in sede di commissione pensioni, ma la forte resistenza politica rende incerto il destino della proposta.
Linke-Parteitag in Chemnitz: Alte Konfliktlinien brechen auf – "Congresso della Linke a Chemnitz: riemergono vecchie linee di conflitto" (Süddeutsche Zeitung)
Rinfrancato dal buon risultato elettorale di febbraio (la Linke è tornata in Bundestag), il partito della sinistra radicale si è riunito in congresso a Chemnitz per definirne la linea. La due-giorni è stata inizialmente segnata da un clima di euforia e unità ritrovata, ma proprio nel finale è riesploso il divisivo tema del conflitto mediorientale. Durante la discussione di una mozione sulla politica estera, delegati di opposte sensibilità si sono scontrati sull’atteggiamento verso Israele e Palestina: l’ala filoisraeliana chiedeva di condannare senza ambiguità Hamas per gli attentati e l’antisemitismo, mentre l’ala filo-palestinese insisteva nel denunciare l’“apartheid” israeliana a Gaza. Ne è nato un acceso dibattito che ha interrotto la quiete del congresso. Alla fine, la Linke ha approvato un documento di compromesso che chiede un rapido cessate-il-fuoco in Medio Oriente e dialogo di pace, evitando però termini troppo sbilanciati. Tuttavia, l’episodio ha mostrato che le vecchie faglie ideologiche interne (fra tradizionalisti internazionalisti e pragmatici orientati al governo) permangono. Ciò nonostante, il nuovo gruppo dirigente intorno alla co-segretaria Ines Schwerdtner ha cercato di mantenere il partito su una rotta responsabile: Schwerdtner ha persino aperto all’idea di collaborare “alla pari” con la CDU su riforme costituzionali, purché non vi siano intese parallele con l’AfD. Questa posizione – impensabile fino a poco fa – indica la volontà della Linke di contare di più in Parlamento, uscendo dall’angolo. In conclusione, il congresso di Chemnitz ha certificato sia la ritrovata rilevanza della Linke (dopo aver superato lo sbarramento elettorale) sia la persistenza di tensioni interne sulle grandi questioni di principio. La sfida sarà mantenere l’unità conquistata per presentarsi come una sinistra radicale ma credibile e influente nell’arena politica nazionale.
SPD-Landesparteitag: Klingbeil unter Beschuss in NRW – "Conferenza SPD regionale: Klingbeil sotto tiro in NRW" (taz / Rheinische Post)
La tenuta interna della SPD è messa alla prova dall’adesione al governo con la CDU. Al congresso del potente SPD Nordreno-Vestfalia, il leader federale Lars Klingbeil ha dovuto affrontare critiche serrate dalla base. Delegati e dirigenti locali hanno rimproverato alla dirigenza di aver condotto il partito al governo a prezzo di grosse concessioni programmatiche e di un’erosione dell’identità di sinistra. In particolare, esponenti dell’ala progressista hanno accusato Klingbeil di aver “perso di vista i valori socialdemocratici” accettando, ad esempio, rigide politiche di bilancio e sicurezza care alla CDU. Secondo resoconti della Rheinische Post, in platea non sono mancati fischi e richiami a spostare la SPD nuovamente a sinistra. Klingbeil, visibilmente sotto pressione, ha difeso la scelta della Große Koalition come atto di responsabilità per garantire stabilità al paese, e ha assicurato che la SPD farà valere il proprio peso su temi sociali come salario minimo e investimenti pubblici. Tuttavia ha anche chiarito che non intende spostare il partito più a sinistra nonostante le proteste: “Non rincorreremo la Linke”, ha detto in sostanza. Alla fine il congresso NRW ha approvato una risoluzione che esorta la leadership a dare più voce ai territori e a marcare con forza l’identità SPD nel governo (per evitare di venire fagocitati dalla CDU), ma senza mettere in discussione la partecipazione alla coalizione. Questo episodio mette in luce la dialettica interna nella SPD: da un lato governare al centro insieme ai cristiano-democratici, dall’altro mantenere il radicamento tra gli elettori tradizionali di sinistra. Klingbeil dovrà lavorare per tenere unito il partito, ascoltando le istanze della base – soprattutto in grandi federazioni come l’NRW – affinché la SPD non perda ulteriori consensi verso sinistra alle prossime elezioni.
„Sie verachten unsere Leute, und deswegen verachten wir ihre Politik“ – AfD frohlockt über Merz-Fehlstart – "‘Disprezzano la nostra gente, quindi noi disprezziamo la loro politica’ – l’AfD gongola per la falsa partenza di Merz’" (Die Welt / Tagesspiegel)
L’incidente parlamentare costato a Merz la mancata elezione al primo turno ha offerto all’AfD – terzo partito all’opposizione – un’occasione per attaccare duramente l’establishment. Alla notizia dei voti mancanti a Merz, nel gruppo AfD è scoppiata un’esultanza: il co-capogruppo Leif-Erik Holm ha parlato di “caos nella coalizione di governo” definendolo “un segno che CDU e SPD disprezzano la volontà popolare, e vengono puniti” (riprendendo il mantra AfD secondo cui i partiti tradizionali ignorano il popolo). Anche a livello regionale l’AfD ha sfruttato l’evento: in un comizio in Sassonia, il leader Björn Höcke ha arringato la folla dicendo che “i partiti di Berlino si sputtanano da soli” e che “finalmente il sistema scricchiola”. La reazione dell’AfD è stata definita “jubelndes Siegesgeheul” (grida premature di vittoria) dal segretario generale della CDU Carsten Linnemann, il quale ha ammonito che l’AfD farebbe meglio a non cantare vittoria: “questo inciampo non significa che vinceranno loro”. La CDU ha accusato l’AfD di strumentalizzare la vicenda per dipingere un quadro di ingovernabilità, mentre invece – ha sostenuto Linnemann – “il sistema ha retto e Merz è stato eletto legalmente pochi giorni dopo, segno di forza della democrazia parlamentare”. Intanto, l’AfD continua nei sondaggi intorno al 20%, e trae giovamento da ogni segno di instabilità dei grandi partiti. Questo episodio evidenzia come l’AfD – definita da un ex-presidente come un problema “da combattere per terra, per mare e per aria” – prosperi sulle difficoltà altrui. Per contrastarla, i partiti di governo e opposizione moderata insistono sulla necessità di mostrare stabilità ed efficacia: ogni fallimento del “sistema” diventa infatti immediatamente alimento per la retorica anti-sistema dell’AfD.
Questioni economiche e finanziarie
Bundesregierung kappt Wachstumsprognose auf 0,0 % – Stagnation erwartet – "Il governo taglia la previsione di crescita allo 0,0% – attesa stagnazione" (Handelsblatt)
Nella sua proiezione economica di primavera, il governo federale ha drasticamente rivisto al ribasso le stime di crescita per il 2025: dal +1,3% ipotizzato nell’autunno scorso si passa ora ad un magro +0,0%, cioè nessuna crescita. In pratica, Berlino si aspetta un altro anno di stagnazione economica. La revisione riflette vari fattori negativi emersi negli ultimi mesi: il rallentamento dell’economia globale, l’inflazione ancora elevata che frena i consumi interni, e soprattutto la debolezza dell’industria manifatturiera tedesca di fronte a costi energetici alti e domanda mondiale incerta. Già nel 2023 la Germania era stata l’unica grande economia a contrarsi leggermente (-0,3% PIL); ora rischia un terzo anno consecutivo senza crescita reale. Il ministro dell’Economia designato, Christian Dürr (FDP), ha definito la situazione “sfidante ma recuperabile”: ha sottolineato segnali positivi come il calo dell’inflazione (prevista al 3% nel 2025, in discesa dal 5% del 2024) e il mercato del lavoro solido. Tuttavia, ha ammesso che la combinazione di bassa crescita e tassi di interesse più alti rende difficile aumentare gli investimenti pubblici. Quattro trimestri consecutivi di stagnazione sono uno scenario problematico anche politicamente, perché rendono arduo finanziare le varie promesse della coalizione senza sforare la “Schuldenbremse” (vincolo di bilancio). Gli analisti invitano il governo a varare misure per rilanciare la crescita: tagli fiscali mirati per imprese e ceto medio, accelerazione dei progetti infrastrutturali e alleggerimento burocratico. Il taglio della previsione segnala la presa d’atto che la Germania sta attraversando una fase economica di debolezza prolungata, da affrontare con politiche di stimolo per evitare che la stagnazione diventi la “nuova normalità”.
Deutsche Unternehmen überraschen mit kräftigem Produktionsplus – "Le imprese tedesche sorprendono con un vigoroso balzo della produzione" (Die Welt)
In controtendenza rispetto al quadro stagnante generale, a marzo la produzione industriale tedesca ha registrato un aumento insolitamente forte, il primo così marcato dall’ottobre 2021. Secondo i dati diffusi dall’Ufficio statistico, l’output dell’industria manifatturiera è cresciuto di oltre il 4% su base mensile, trainato soprattutto dall’automotive e dalla meccanica. Molte case automobilistiche hanno finalmente superato i colli di bottiglia nelle forniture di componenti elettronici, riuscendo ad incrementare l’assemblaggio di vetture per soddisfare gli ordini arretrati. Anche i macchinari industriali hanno visto un rimbalzo delle commesse dall’estero, in particolare dagli USA. Questo rimbalzo produttivo – definito una sorpresa positiva dagli economisti – fa sperare che l’economia tedesca possa evitare una recessione tecnica nella prima metà del 2025. Già a gennaio-febbraio la produzione era risalita leggermente, ma il dato di marzo è andato oltre le attese. Alcuni analisti avvertono di non essere eccessivamente ottimisti: una rondine non fa primavera e il contesto resta difficile, con ordini esteri incerti e costi elevati. Tuttavia, il Ministero dell’Economia ha parlato di “primi segnali di stabilizzazione” nel settore industriale. Se la produzione reggerà nei prossimi mesi, l’impatto sul PIL potrebbe essere migliore del previsto. Questo sprazzo di vitalità industriale conferma l’importanza del comparto manifatturiero come volano: persino in una fase di stagnazione dei servizi e consumi fiacchi, l’industria può dare un contributo decisivo all’andamento economico, una volta risolte le strozzature che l’hanno frenata negli ultimi due anni.
„So einfach ist es nicht“ – Vattenfall-Chef warnt Koalition vor unrealistischen Versprechen (Strompreise) – "‘Non è così semplice’ – Il CEO di Vattenfall avverte la coalizione di non fare promesse irrealistiche (sui prezzi elettrici)" (Die Welt)
Nel contratto di coalizione, CDU e SPD hanno promesso una riduzione delle bollette elettriche per famiglie e imprese, ma l’amministratore delegato di Vattenfall Germania, Helmar Rendez, mette in guardia: abbassare sensibilmente i costi dell’energia è un compito complesso. In un’intervista, Rendez ricorda che oggi la maggior parte (circa il 75%) del prezzo finale dell’elettricità in Germania è determinato da tasse, oneri di rete e altri balzelli pubblici, non dal puro costo di generazione. “Se davvero il governo vuole tagliare i prezzi in bolletta, deve intervenire su quelle voci – ha spiegato – ma così facendo dovrà pur trovare altrove le risorse per coprirle”. Infatti, eliminare o ridurre oneri come la tassa sull’energia (Stromsteuer) o i contributi per le rinnovabili significherebbe minori entrate per lo Stato e per i gestori di rete. Rendez sottolinea anche che i prezzi all’ingrosso dell’energia restano volatili: negli ultimi mesi sono scesi rispetto ai picchi del 2022, ma la transizione verde comporta investimenti ingenti che qualcuno deve pagare. “Non si possono illudere i cittadini che esista la bacchetta magica per dimezzare la bolletta” – ha dichiarato – “bisogna essere onesti: i costi della transizione energetica e del potenziamento delle reti resteranno per ora nel sistema”. Il manager invita quindi il governo a moderare le aspettative e piuttosto a spiegare quali misure intende prendere: ad esempio, spostare parte dei costi sul bilancio generale (finanziandoli con le tasse, più progressive), oppure allungare i tempi degli ammortamenti per diluire gli oneri. Rendez ha infine confermato l’impegno di Vattenfall a investire nelle energie rinnovabili in Germania, ma ha ammonito che servono procedure più snelle per gli impianti e stabilità normativa. In sintesi, questo intervento dal settore energetico suona come un reality check: abbassare le tariffe elettriche è possibile solo agendo sulle componenti regolatorie, e ciò richiede scelte politiche difficili su chi deve sostenerne il peso.
EU-Prognose: Deutschland Schlusslicht beim Wachstum 2025 – "Previsioni UE: Germania fanalino di coda nella crescita 2025" (Handelsblatt)
La Commissione europea, nelle sue previsioni economiche di primavera pubblicate a Bruxelles, dipinge un quadro poco incoraggiante per la Germania: il PIL tedesco nel 2025 dovrebbe crescere appena dello 0,1%, il tasso più basso tra tutti i paesi UE insieme alla Finlandia (0,0%). Quasi tutte le altre economie avanzate europee dovrebbero fare meglio – la Francia +0,8%, l’Italia +0,5%, la Spagna addirittura +1,4% – consolidando l’immagine di una Germania in difficoltà. Fattori interni come l’elevata inflazione core e la scarsità di manodopera qualificata deprimono la domanda interna e gli investimenti, mentre fattori esterni (crescita globale moderata, incertezza geopolitica) pesano sull’export, tradizionale motore tedesco. Inoltre, la stretta monetaria della BCE colpisce particolarmente un sistema economico fondato sul credito alle imprese come quello tedesco. La Commissione osserva anche che l’incertezza politica interna – il cambio di governo e le tensioni sulle politiche economiche tra CDU e SPD – potrebbe ritardare riforme pro-crescita. Vengono comunque citati alcuni spiragli positivi: la discesa dei prezzi dell’energia rispetto al 2022 e l’alleggerirsi delle strozzature di offerta dovrebbero favorire la produzione industriale (in linea con il balzo di marzo registrato dalla Germania). Inoltre l’inflazione, pur alta, dovrebbe moderare dal 4,5% nel 2024 a circa 3% nel 2025, dando respiro ai consumi. La Commissione invita Berlino a sfruttare questi margini per stimolare investimenti privati – ad esempio con incentivi alla transizione digitale ed ecologica – e per attuare le riforme strutturali (fisco, pensioni, burocrazia) necessarie a rivitalizzare il potenziale di crescita. Se ciò avverrà, la Germania potrà risalire la china dal 2026. Nel frattempo, però, i dati UE confermano che la locomotiva d’Europa sta andando più lenta del convoglio: un campanello d’allarme per il governo Merz, che ha fatto della ripresa economica una delle sue priorità.
Finanzierung für Start-ups zieht wieder an – Deutschland auf Platz 4 weltweit – "Torna a crescere il finanziamento delle start-up – Germania al 4° posto mondiale" (KfW/Tracxn)
Dopo un 2023 molto difficile, nei primi mesi del 2025 si intravedono segnali di ripresa per l’ecosistema delle start-up tedesche. Secondo il Venture Capital Dashboard della KfW, nel primo trimestre 2025 le nuove imprese tech in Germania hanno raccolto circa 1,6 miliardi di euro in finanziamenti, distribuiti su 295 round di investimento. Il dato – pur lontano dai livelli record del 2021 – indica un rinnovato interesse dei venture capitalist, specialmente sui progetti più solidi: infatti ben 5 operazioni in Germania hanno superato i 100 milioni di dollari in Q1 2025, mentre un anno prima non se ne era vista nessuna. Un rapporto della piattaforma Tracxn evidenzia che ciò colloca la Germania al quarto posto globale per investimenti in start-up tech nel trimestre, dietro solo a USA, India e UK. Tra i casi di rilievo: la Marvel Fusion (energia da fusione) e la Tado° (domotica per il risparmio energetico) hanno ottenuto round importanti a Monaco; a Berlino, la fintech Upvest e la piattaforma di AI industriale Sereact hanno attratto capitali esteri significativi. Analisti della WHU osservano che il ridimensionamento delle valutazioni avvenuto nel 2022-23 sta rendendo di nuovo appetibile investire nelle giovani imprese, ora valutate a multipli più ragionevoli. Inoltre, alcuni fondi pubblici di co-investimento (come il Zukunftsfonds da 10 miliardi varato dallo Stato) iniziano a dispiegare effetti, mitigando i rischi per gli investitori privati. Permangono comunque sfide: il livello di investimenti early-stage in Germania resta inferiore a quello di USA e UK, e molte start-up tedesche lamentano carenza di capitali nelle fasi di scale-up. Per questo, associazioni del settore chiedono al nuovo governo misure come incentivi fiscali ai business angels e snellimenti per le stock option ai dipendenti. In generale però il trend inizio 2025 appare moderatamente incoraggiante: dopo la “fase orso” del venture capital, l’ecosistema tedesco sembra aver toccato il fondo e iniziato una risalita, con investitori di nuovo disposti a scommettere sull’innovazione “made in Germany”.
Tecnologia, imprese e innovazione
Autobauer bekommen mehr Zeit für die EU-Klimavorgaben – "Le case automobilistiche ottengono più tempo per gli obiettivi climatici UE" (Die Welt)
Buone notizie per l’industria automobilistica tedesca da Bruxelles: la Commissione europea ha deciso di posticipare di tre anni l’entrata in vigore di alcune stringenti norme ambientali per il settore auto. In particolare, il nuovo standard Euro 7 sulle emissioni inquinanti dei veicoli, inizialmente previsto dal 2025, verrà applicato solo dal 2028, e le case avranno fino al 2035 per adeguarsi completamente. Inoltre, gli obiettivi di riduzione della CO₂ per le flotte auto 2025-30 saranno leggermente attenuati. Questa mossa – accolta con sollievo dai costruttori – è motivata dalle difficoltà tecniche e di costo nel rispettare scadenze troppo ravvicinate, specialmente in un momento in cui il settore è già impegnato nella transizione verso l’elettrico. I produttori tedeschi (VW, BMW, Mercedes) avevano fatto pressing attraverso il governo perché venisse concessa una proroga, avvertendo del rischio di calo occupazionale e rincaro eccessivo dei modelli tradizionali. La Commissione ha bilanciato queste preoccupazioni con quelle ambientali, ritenendo che il beneficio di standard leggermente più tardivi sarà compensato da una maggiore fattibilità: le aziende avranno il tempo di sviluppare tecnologie di abbattimento emissioni (motori termici più puliti) senza distogliere investimenti dall’elettrificazione. Entro il 2035, comunque, rimane fissato lo stop alla vendita di nuove auto a combustione in UE. Questa dilazione concede ai costruttori tedeschi respiro competitivo nel breve termine: potranno tenere a listino per qualche anno in più motorizzazioni tradizionali (ancora richieste, soprattutto all’estero) senza incorrere in multe, e nel frattempo concentrare risorse sull’innovazione elettrica e digitale. Gli ambientalisti hanno criticato la decisione definendola un regalo alla lobby dell’auto, ma la maggioranza dei governi – compreso quello tedesco – l’ha sostenuta. Si tratta di un equilibrio tipico: la Germania, leader nell’automotive, punta a coniugare ambizioni climatiche e salvaguardia della sua industria principale, concedendo a quest’ultima un percorso di adattamento più graduale.
Studie: KI-Akzeptanz hängt von Führungskultur ab – "Studio: l’accettazione dell’IA dipende dalla cultura di leadership" (Frankfurter Allgemeine Zeitung)
Una ricerca congiunta dell’Università Goethe di Francoforte e del Centro Tedesco per l’Intelligenza Artificiale (DFKI) ha indagato come i lavoratori tedeschi percepiscono l’uso dell’Intelligenza Artificiale nelle decisioni aziendali. Dal sondaggio, pubblicato sulla FAZ, emerge che c’è una buona apertura verso strumenti di AI in attività di supporto (ad es. assistenti virtuali per il customer service, o algoritmi per riassumere testi): queste applicazioni sono viste come utili e non minacciano i dipendenti. Al contrario, la fiducia crolla se si parla di lasciare all’AI decisioni autonome su questioni sensibili di personale, come assunzioni, licenziamenti o valutazioni di performance. I lavoratori temono criteri opachi e disumanizzazione. Un fattore cruciale però è risultato essere la “digital fitness” dei dirigenti: nelle aziende dove il management è competente in materia digitale e trasparente nel spiegare l’uso degli algoritmi, l’accettazione dell’AI tra i dipendenti è molto più alta. In pratica, la fiducia verso l’AI va di pari passo con la fiducia verso i capi: se i leader dimostrano di capire e saper governare questi strumenti, i team li percepiscono come strumenti e non come minacce. Lo studio suggerisce dunque che introdurre sistemi di Intelligenza Artificiale in azienda non è solo una questione tecnica, ma soprattutto di cultura organizzativa: servono formazione specifica per i manager e una comunicazione chiara sul ruolo dell’AI, sottolineando che resta sotto controllo umano e serve a supportare, non a sostituire, il fattore umano. Infine, la ricerca rileva un dato interessante: la maggior parte degli intervistati non teme per il proprio posto di lavoro a causa dell’AI (la si vede più come un collega che come un rimpiazzo), ma chiede regole etiche sul suo utilizzo. Questo spingerà probabilmente molte imprese tedesche a dotarsi di linee guida interne sull’AI e i limiti al decision-making algoritmico, per rassicurare i lavoratori e sfruttare al meglio le opportunità senza creare conflitti.
Intel-Fabrik in Magdeburg kommt später – Großprojekt verzögert – "La fabbrica Intel a Magdeburgo slitta più in là – maxiprogetto in ritardo" (Handelsblatt)
Nuvole sul fronte dell’innovazione industriale: la gigantesca fabbrica di microchip Intel prevista a Magdeburgo potrebbe subire un significativo rinvio. Secondo indiscrezioni riportate da fonti di settore, il colosso americano dei semiconduttori avrebbe deciso di posticipare l’avvio dei cantieri al 2029-2030, contro il 2025 inizialmente ipotizzato. Intel aveva annunciato nel 2022 l’intenzione di investire 30 miliardi di € per costruire il più grande impianto di chip in Europa su 500 ettari di terreno in Sassonia-Anhalt – progetto sostenuto dal governo tedesco con circa 10 miliardi di sussidi. Tuttavia, vari fattori stanno rallentando l’operazione: la domanda globale di chip si è ridimensionata dopo il boom pandemico, i costi energetici e di costruzione in Germania restano alti, e permangono ostacoli autorizzativi ambientali (nell’area vivono specie protette come il criceto di campo, cosa che ha richiesto misure di tutela). Già nel 2024 Intel aveva temporaneamente sospeso i lavori preliminari sul sito, e ora fonti internazionali parlano di un rinvio pluriennale. Ufficialmente Intel non conferma, ma ha dichiarato di star “rivedendo la timeline in base alle condizioni di mercato”. Per la Germania è un colpo: la mega-fabbrica era il fulcro della strategia per l’autonomia europea nei chip e avrebbe creato migliaia di posti di lavoro high-tech. Il ministro dell’Economia Dürr è volato negli Stati Uniti per incontrare il CEO di Intel Pat Gelsinger e ribadire il supporto tedesco, nel tentativo di scongiurare la marcia indietro. Berlino si è detta anche pronta a incrementare gli incentivi se necessario, pur di salvare l’investimento. Esperti notano che Intel sta rinegoziando simili progetti anche in altri paesi, e potrebbe usare la leva del ritardo per ottenere più aiuti. Nel frattempo, la superficie a Magdeburgo destinata alla fabbrica – spianata e bonificata – è tornata temporaneamente a uso agricolo (un agricoltore locale la sta coltivando a cereali). La speranza delle autorità è che si tratti solo di un rinvio e non di una cancellazione: l’obiettivo dichiarato resta avere le prime produzioni Intel in Germania entro la fine del decennio, anche se con 3-4 anni di ritardo sul piano iniziale.
TransHyDE 2.0: Neue Initiative für die europäische Wasserstoff-Infrastruktur – "TransHyDE 2.0: nuova iniziativa per l’infrastruttura europea dell’idrogeno" (Bundesforschungsministerium)
A Berlino è stato lanciato “TransHyDE 2.0”, un progetto congiunto di istituzioni scientifiche e aziende volto a sviluppare la rete di trasporto dell’idrogeno in Germania e in Europa. Nell’ambito dei Forschungsnetzwerke Energie promossi dal Ministero federale della Ricerca, esperti hanno presentato al governo le linee guida per realizzare entro il 2030 una dorsale infrastrutturale dedicata all’idrogeno, integrata con le reti gas esistenti. Il fulcro è convertire gradualmente parte dei gasdotti oggi usati per il metano in condotte per idrogeno puro, creare impianti di compressione e stoccaggio ad hoc e standardizzare i sistemi di sicurezza. L’idrogeno verde (prodotto da rinnovabili) è considerato un vettore essenziale per decarbonizzare settori difficili come l’industria siderurgica, la chimica e il trasporto pesante: ma senza infrastrutture adatte, non può essere distribuito su larga scala. TransHyDE 2.0, che coinvolge tra gli altri il Fraunhofer Institute e l’azienda energetica Uniper, mira a collaudare tecnologie di trasporto dell’H₂ liquido e gassoso su lunghe distanze, incluse soluzioni innovative (ad esempio l’uso di vettori chimici liquidi per movimentare l’idrogeno in forma non criogenica). Il progetto riceverà finanziamenti iniziali per diversi milioni di euro dal governo tedesco e punta a coordinarsi con iniziative UE analoghe per creare un “backbone” europeo dell’idrogeno. La partenza di TransHyDE 2.0 segnala la forte spinta della Germania sull’idrogeno come pilastro della transizione energetica: parallelamente, il governo Merz ha confermato l’intenzione di investire almeno 4 miliardi di € entro il 2026 in elettrolizzatori e hub d’idrogeno domestici, nonché di importare idrogeno verde da partner internazionali (accordi sono in corso con Canada, Norvegia e Paesi arabi). Gli osservatori commentano che la costruzione di un’infrastruttura H₂ richiederà sforzi analoghi a quelli fatti per il gas naturale negli scorsi decenni, ma che la Germania vuole giocare un ruolo guida per non dipendere da tecnologie straniere. Un network efficiente di trasporto idrogeno contribuirà inoltre a rendere economicamente sostenibili i tanti progetti di produzione di idrogeno verde pianificati nel nord della Germania e lungo le coste, facilitandone l’integrazione nei centri industriali dell’entroterra.
Deutschland bleibt Mobilfunk-Spätzünder: Digitalministerium unter Druck – "Germania ancora in ritardo sul mobile: Ministero Digitale sotto pressione" (Handelsblatt)
Un rapporto pubblicato dall’agenzia federale delle reti (BNetzA) evidenzia come la Germania sia in ritardo nell’implementazione delle reti mobili di ultima generazione, in particolare il 5G standalone. Solo il 68% del territorio è coperto da segnale 5G pienamente autonomo (che offre basse latenze e alta capacità), contro oltre l’85% della Francia e quasi il 95% della Corea del Sud. Ampie zone rurali tedesche restano in 4G o addirittura 3G. Questa situazione mette sotto pressione il neocostituito Ministero per la Digitalizzazione, affidato alla liberal-democratica Bettina Stark-Watzinger: la creazione stessa di un dicastero ad hoc era un punto programmatico per accelerare sul digitale. Stark-Watzinger ha convocato i CEO dei tre operatori (Deutsche Telekom, Vodafone e Telefónica) intimando loro di colmare i gap di copertura rapidamente, pena possibili sanzioni o interventi regolatori. Gli operatori dal canto loro lamentano lungaggini burocratiche (ci vogliono in media 18 mesi per autorizzare una nuova antenna, tra permessi edilizi e opposizioni locali), nonché difficoltà a reperire siti adatti soprattutto nelle zone boschive o montuose. Il ministero sta valutando di semplificare le procedure autorizzative e di imporre il roaming interno: obbligare gli operatori a condividere le infrastrutture nelle aree poco abitate, così che ogni nuova torre serva i clienti di tutte le compagnie, aumentando l’efficienza. Inoltre, sono stati stanziati incentivi per circa 1 miliardo di € per costruire ripetitori in circa 5.000 “buchi di rete” ancora presenti. Secondo il piano governativo, entro fine 2025 almeno il 90% del paese deve avere copertura 5G. La transizione digitale è un punto d’onore per la Germania che vuole recuperare terreno: non a caso anche nelle trattative UE Berlino spinge per regole che coinvolgano i big tech (come Google, Meta) nel contribuire ai costi delle reti, così da liberare risorse per gli investimenti. Il Ministero Digitale, appena nato, è quindi già sotto esame: il successo nel colmare il digital divide mobile sarà un test chiave della sua efficacia, in un paese che ambisce a scrollarsi di dosso la fama di gigante industriale ma pigro sul digitale.