Quello che segue è il Monitoraggio della stampa tedesca, curato dalla redazione di Stroncature, su commissione della Fondazione Hanns Seidel Italia/Vaticano. Il monitoraggio ha cadenza settimanale ed è incentrato sui principali temi del dibattito politico, economico e sociale in Germania. Gli articoli sono classificati per temi.
Stroncature produce diversi monitoraggi con taglio tematico o geografico personalizzabili sulla base delle esigenza del committente.
Analisi e commenti
“Coalizione nero-rossa al via: unità di facciata, ma prime tensioni interne”
Holpriger Start der neuen Koalition: Auch Schwarz-Rot streitet – aber anders als die Ampel
Dopo l’elezione travagliata di Friedrich Merz a cancelliere (mancata al primo scrutinio per alcuni franchi tiratori), la nuova grande coalizione CDU-SPD prometteva stabilità e meno litigi rispetto al precedente governo “semaforo”. Tuttavia, già nel primo fine settimana emergono divergenze: la ministra SPD Bas (Lavoro) ha avanzato senza consultazione la proposta di riforma pensionistica, irritando la CSU. Il leader CSU Söder ha garantito che questa coalizione non replicherà le lotte intestine dell’esecutivo precedente, ma la risposta piccata del capogruppo CSU Hoffmann (definendo la proposta Bas “fola populista che non risolve nulla”) ha subito ricordato ai cittadini i litigi dell’era Scholz. L’analisi conclude che la coalizione nero-rossa rischia tensioni simili, anche se di natura diversa: le linee programmatiche vaghe del contratto di governo lasciano spazio a contrasti su visioni di fondo, come evidenziato dal caso Bas.
“NATO, 5% del PIL alle armi: una scelta avventata”
Fünf Prozent für die NATO: Ein Blankoscheck für die Rüstungsindustrie
Le dichiarazioni del nuovo ministro degli Esteri Johann Wadephul (CDU) – che a un vertice NATO ha proposto di elevare le spese per la difesa tedesche al 5% del PIL – hanno suscitato reazioni allarmate. Questo editoriale di taglio progressista critica tali “giochi di numeri” come il “punto più basso” per la neonata coalizione nero-rossa. Secondo l’autore, un obiettivo rigido del 5% equivarrebbe a un assegno in bianco per l’industria bellica, difficilmente tollerabile per l’SPD. Il commento ricorda che lo stesso Merz in campagna elettorale predicava moderazione – definendo secondario se spendere 2,5% o 5% e puntando piuttosto a definire i compiti strategici delle Forze Armate – salvo ora cambiare rotta sotto la pressione di dover compiacere Donald Trump in vista del vertice NATO. La SPD viene messa in difficoltà: accettare un traguardo di spesa così elevato sarebbe per i socialdemocratici “inaccettabile”. Il pezzo invoca prudenza e un dibattito strategico invece di rincorrere percentuali simboliche.
“Merz e il dilemma Adenauer: governare al centro o rischiare l’ala destra?”
Das Konrad-Adenauer-Dilemma des Friedrich Merz
Nel suo discorso d’insediamento, il cancelliere Merz ha evocato Konrad Adenauer come modello, promettendo di guidare la Germania con pragmatismo e ancoraggio atlantico. L’analisi rileva però il “dilemma Adenauer” di Merz: da un lato presentarsi come statista moderato per unire il Paese, dall’altro soddisfare l’ala conservatrice e i falchi interni che lo sostengono. Adenauer seppe bilanciare visione occidentale e fermezza anti-comunista; Merz oggi deve bilanciare realismo di governo – in una coalizione con la SPD – e tentazioni di destra per non perdere consensi verso AfD. L’articolo sottolinea come Merz abbia attenuato i toni populisti in pubblico, ma nel “nido preparato per l’AfD” (citando un delegato Linke) la CDU rischia di vedere la sua apertura a destra strumentalizzata. Insomma, Merz è chiamato a governare da moderato responsabile, mentre una parte del suo elettorato e partito scalpita per svolte conservatrici più nette – un equilibrio delicato che definirà il suo cancellierato.
“Funzionari pubblici, merito da premiare senza aumentare i costi”
Bezahlung von Beamten: Weniger Dienst nach Vorschrift!
Il commento affronta il tema dell’efficienza nella Pubblica Amministrazione tedesca. L’autore argomenta che l’attuale sistema retributivo del pubblico impiego non incentiva abbastanza l’impegno: bonus e riconoscimenti per prestazioni eccezionali sono scarsi, con il risultato che molti dipendenti si limitano al minimo sindacale – il classico “Dienst nach Vorschrift” (servizio secondo le regole, senza iniziativa). Pur senza aumentare la spesa totale per gli stipendi pubblici, secondo Klenner occorre riallocare le risorse per premiare chi si assume responsabilità extra o offre servizi di qualità superiore. “Meno inerzia burocratica, più merito” è la ricetta: rompere la piaga del formalismo passivo nella PA tedesca migliorando i meccanismi premianti, il tutto a costo zero per le casse dello Stato grazie a un uso più efficiente dei fondi. L’editorialista invita dunque il governo a correggere un sistema che oggi appiattisce verso il basso la produttività nel settore pubblico.
Merz ha fatto il falco solo in campagna elettorale
Den Falken gab Merz nur im Wahlkampf
Il nuovo cancelliere Friedrich Merz, noto per i toni accesi quando era all’opposizione, sta mostrando un approccio più pragmatico ora al governo. Un’analisi della FAZ evidenzia che Merz, pur avendo invocato politiche rigide su economia e migrazione in campagna elettorale, ha delineato nel suo discorso di governo misure meno radicali di quanto ci si aspettasse. In particolare, ha collegato la ripresa economica alla capacità della Germania di esercitare leadership internazionale, sottolineando che una economia forte è carburante per la stabilità democratica e la sicurezza nazionale. Il commento conclude chiedendosi se Merz avrà realmente il potere politico per realizzare queste ambizioni, dato che il suo governo di coalizione con l’SPD comporta compromessi e moderazione rispetto alla retorica da “falco” adottata in precedenza.
A questo inizio non c’è alcuna magia
Diesem Anfang soll kein Zauber innewohnen
In un commento sulla Süddeutsche Zeitung, Henrike Roßbach valuta la prima dichiarazione di governo di Merz, notando un tono pragmatico e privo di enfasi visionaria. Merz, ora alla guida di una coalizione nero-rossa (CDU-SPD), ha abbandonato le polemiche elettorali per rivolgersi al paese con promesse di stabilità e “pane nero” (ossia misure basilari senza fronzoli). Nel suo discorso, più lungo del previsto ma sostanzialmente in linea col contratto di coalizione, il neo-cancelliere ha toccato i temi principali senza proporre svolte radicali. Il commento rileva come Merz invochi uno “sforzo collettivo” per rilanciare il paese, ma sottolinea anche lo scetticismo su quanto di “magico” ci sia in questo nuovo inizio: le riforme annunciate sono moderate e resta da vedere quanta parte di esse troverà il pieno appoggio dell’SPD.
Un nuovo tono di Merz a cui i Verdi dovranno abituarsi
Auf diesen neuen Merz-Sound müssen sich die Grünen erst einmal einstellen
Secondo un’analisi su Die Welt, Merz ha sorpreso molti con un tono insolitamente conciliante nella sua prima dichiarazione di governo. Il nuovo cancelliere ha evitato provocazioni e polemiche, adottando uno stile sobrio lontano dall’“indignazione” esibita in passato. Ha ribadito una linea di fermezza verso la Russia aggressore, promettendo una politica di forza a supporto dell’Ucraina, ma al contempo ha riconosciuto esplicitamente la Germania come paese di immigrazione. Questo approccio pragmatico e meno ideologico ha spiazzato l’opposizione ecologista: i Verdi, ora fuori dal governo, dovranno confrontarsi con un Merz che preferisce toni moderati e appelli all’unità nazionale piuttosto che lo scontro frontale. L’editoriale evidenzia come il “nuovo suono” di Merz miri a disarmare le critiche e a cercare consenso trasversale, il che rappresenta una sfida soprattutto per i Verdi abituati alle sue invettive passate.
Appelli non bastano: serve una cultura della ripartenza
Kanzler-Appelle reichen nicht – Deutschland braucht eine Aufbruchskultur
Il direttore del Handelsblatt Sebastian Matthes commenta che i richiami di Merz all’impegno collettivo, pur importanti, non saranno sufficienti senza un profondo cambio di mentalità nel paese. Merz ha tracciato la visione di una Germania proiettata nel futuro e ha invocato una “enorme sforzo” per rilanciare il paese, ma la vera sfida sarà creare un’autentica cultura della ripartenza. Molti tedeschi sembrano rassegnati a una “narrazione di declino” – citando infrastrutture carenti (“la Bahn! i ponti!”) e timori per l’industria automobilistica – preferendo profetizzare catastrofi anziché esplorare le opportunità del futuro. Il commento sostiene che non basta invocare rivoluzioni politiche: anche il mondo economico e la società civile devono fare la loro parte nel sostenere il nuovo inizio del governo Merz. Per uscire dalla stagnazione serve un cambio di atteggiamento collettivo: trasformare il cinismo diffuso in fiducia nelle possibilità di innovazione. Solo con questa “Aufbruchskultur” – un clima di nuovo inizio – gli appelli del cancelliere potranno tradursi in azioni concrete e risultati tangibili.
“Non tutto è stato negativo”: bilancio dell’era Scholz
Olaf Scholz: War nicht alles schlecht
Nel congedarsi dalla cancelleria, Olaf Scholz lascia un bilancio sfumato della sua breve legislatura. Un’analisi su Die Zeit rileva che Scholz esce di scena in modo discreto e poco amato, essendo rimasto in carica solo poco più di tre anni (solo due cancellieri nella storia della Repubblica Federale hanno governato per meno tempo). Eppure, il giudizio su di lui potrebbe ammorbidirsi col tempo. L’articolo sottolinea i lati positivi del suo operato: Scholz ha dimostrato competenza tecnica e un approccio riformista in molte politiche, oltre a mantenere sempre un forte rispetto delle istituzioni democratiche anche nelle sconfitte. Pur definito spesso poco comunicativo e “solitario”, Scholz ha gestito con serietà alcune crisi, come il lancio del programma Zeitenwende di modernizzazione militare, anche se quel progetto non ha raggiunto i risultati sperati. Il suo successore Lars Klingbeil – ora vicecancelliere e considerato più aperto e ottimista – beneficia di un’eredità non del tutto negativa: l’analisi suggerisce che con il giusto distacco storico si potrebbe riconoscere che “non tutto è stato sbagliato” sotto Scholz e che alcune basi poste dal suo governo potrebbero rivalutarsi in futuro. Resta però l’incertezza se Scholz verrà ricordato come un cancelliere fallito o semplicemente sottovalutato.
Politica estera e sicurezza
“Merz a Kiev: l’Europa chiede tregua, Mosca prende tempo”
Merz in Kiew eingetroffen – europäisches Quartett will Druck auf Moskau erhöhen
A soli tre giorni dalla sua elezione, il cancelliere Friedrich Merz si è recato a Kiev insieme a Macron, Starmer e Tusk, in una dimostrazione di sostegno europeo all’Ucraina. Il quartetto di leader – Germania, Francia, Regno Unito e Polonia – ha chiesto alla Russia di accettare un cessate-il-fuoco di 30 giorni come passo iniziale verso i negoziati. Merz, al suo debutto internazionale, ha dichiarato che “lo spargimento di sangue deve finire”, cercando di presentarsi come assertivo mediatore europeo. Mosca ha però reagito freddamente: il Cremlino “chiede maggiori dettagli” sulla proposta, segnale di un tredua. L’iniziativa – nata dal viaggio congiunto a Kiev dei quattro leader occidentali – evidenzia la volontà europea di aumentare la pressione diplomatica su Putin. Tuttavia, la risposta russa dilatoria mostra quanto sia arduo smuovere il Cremlino: nessuna apertura immediata alla tregua, mentre sul campo la guerra prosegue. L’articolo sottolinea infine che Merz, alla prima visita da cancelliere in Ucraina, ha voluto rimarcare la continuità dell’impegno tedesco, ma dovrà confrontarsi con la dura realtà di una Russia poco incline a cedere.
“Trump tra bastone e carota: l’azzardo USA in cerca di pace in Ucraina”
Trump und Putin: Zuckerbrot und Peitsche
Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2025, la strategia statunitense verso la guerra in Ucraina ha preso una piega singolare. Prima Washington ha forzato Kiev ad accettare l’idea di negoziati con Mosca anche senza un previo cessate-il-fuoco, premendo sul presidente Zelensky affinché sedesse al tavolo delle trattative nonostante i combattimenti in corso. Poi, in rapida successione, Trump ha offerto il “carotone” a Putin: ha lasciato intendere che potrebbe partecipare di persona a futuri colloqui di pace a Istanbul, un incentivo diretto al leader russo. L’analisi descrive questa tattica del bastone e della carota con l’obiettivo di sbloccare uno stallo militare prolungato. La visita di Trump in Medio Oriente e le sue telefonate con Putin confermano un approccio non convenzionale: da un lato pressioni su Kiev perché moderi le pretese, dall’altro lusinghe a Mosca perché accetti un compromesso. L’articolo fa emergere i rischi di tale linea: c’è il timore che concedere troppo al Cremlino (come allentare sanzioni o riconoscere conquiste territoriali) possa minare l’ordine di sicurezza europeo. La Germania osserva con cautela, sostenendo l’idea di negoziati ma insistendo sulla necessità che “nulla sia deciso sull’Ucraina senza l’Ucraina”. In definitiva, la mossa di Trump – alzare la posta diplomatica con la sua possibile presenza al tavolo – è vista come un’azzardo che potrebbe tanto portare a uno spiraglio di pace quanto spiazzare gli alleati europei, preoccupati da eventuali concessioni eccessive a Putin.
“Droni contro un convoglio umanitario per Gaza: Berlino sotto accusa dalla sinistra”
Drohnen sollen Schiff mit Gaza-Hilfslieferungen attackiert haben – Linke kritisieren Bundesregierung
Un episodio avvenuto al largo di Gaza ha scatenato reazioni in Germania: secondo fonti locali, droni (presumibilmente israeliani) avrebbero attaccato una nave carica di aiuti umanitari diretti a Gaza. In patria, il partito Die Linke ha colto la palla al balzo per criticare duramente il governo tedesco. Esponenti della sinistra radicale accusano Berlino di complicità passiva: la nuova coalizione CDU-SPD viene ritenuta troppo allineata a Israele e troppo silenziosa di fronte all’escalation militare. I portavoce della Linke chiedono che la Germania eserciti maggiore pressione su Tel Aviv affinché rispetti il diritto internazionale e consenta il passaggio degli aiuti umanitari. La Bundesregierung, dal canto suo, ha espresso preoccupazione per le vittime civili a Gaza e ribadito il sostegno alla soluzione dei due Stati, ma evita di puntare il dito pubblicamente contro Israele, considerandolo parte della “Ragion di Stato” tedesca. Questa prudenza viene però interpretata dalla Linke come una mancanza di coraggio morale. L’episodio – con immagini delle fiamme su ciò che resta del convoglio umanitario – alimenta il dibattito interno: fin dove può spingersi la “solidarietà incrollabile” della Germania verso Israele quando in gioco vi sono vite di civili palestinesi? La questione tocca un nervo scoperto nella politica estera tedesca, divisa tra la storica responsabilità verso Israele e la difesa del diritto umanitario universale.
“Armi segrete: Berlino vuole discrezione sui rifornimenti all’Ucraina”
Schweigen über Waffenlieferungen hat vielleicht profanen Grund
Il governo Merz ha deciso di classificare come segrete le informazioni dettagliate sulle armi inviate all’Ucraina. Dietro questa mossa – che interrompe la precedente prassi di annunciare pubblicamente ogni tipo di sistema d’arma fornito – ci sarebbe un motivo più pratico che politico. Secondo indiscrezioni raccolte dal Handelsblatt, il “segreto” servirebbe a evitare problemi logistici e di sicurezza: non dando dettagli, si complica la vita all’intelligence russa e si tutela meglio il trasporto dei sistemi verso il fronte. Inoltre, mantenere riservatezza sui quantitativi protegge il governo da critiche interne (sia di chi vorrebbe inviare di più, sia di chi è contrario agli aiuti militari). La decisione ha un precedente nella scelta di altri alleati di adottare maggior discrezione sulle forniture belliche. Ovviamente non mancano polemiche dall’opposizione: i liberali dell’FDP e la Linke accusano Merz di mancanza di trasparenza verso il Parlamento e i cittadini, sottolineando che la fiducia democratica richiede un dibattito aperto anche su queste delicate scelte. Il governo ribatte che il Parlamento continua a essere informato nelle sedi opportune (commissioni segrete) e che l’unità dell’Occidente sull’Ucraina resta salda – solo, non si vuole più fare “pubblicità” gratuita a Mosca su cosa aspettarsi sul campo di battaglia.
“Parlamento UE per l’Ucraina: si preme per un tribunale internazionale sui crimini di guerra”
I ministri degli Esteri dell’UE, riuniti a Bruxelles, hanno concordato sulla necessità di istituire un tribunale speciale per perseguire i crimini di guerra commessi durante l’aggressione russa all’Ucraina. La mossa nasce dall’impasse all’ONU: il veto di Mosca in Consiglio di Sicurezza blocca la strada a una Corte internazionale classica. L’iniziativa prevede la creazione di un meccanismo ad hoc, sostenuto dall’Europa e da partner affini, per raccogliere prove e istruire processi contro gli alti responsabili delle atrocità – potenzialmente fino ai vertici del Cremlino. La Germania appoggia con forza l’idea: il ministro Wadephul ha dichiarato che “l’impunità non è un’opzione” e che l’Europa deve farsi promotrice della giustizia internazionale. Tuttavia, ci sono anche nodi giuridici da sciogliere – ad esempio, trovare una base legale condivisa o il possibile ruolo della Corte Penale Internazionale. Il servizio ricorda le complessità: senza mandato ONU, un tribunale speciale avrebbe legittimità limitata agli Stati aderenti e rischierebbe di essere visto da alcuni Paesi emergenti come “giustizia dei vincitori”. Ciononostante, l’UE appare determinata ad andare avanti, con Berlino in prima linea per assicurare che le atrocità – dalle stragi di civili alle deportazioni – non restino senza conseguenze legali. L’obiettivo morale e politico è chiaro: mandare a Putin il segnale che l’Europa non dimentica e prepara il terreno per futuri processi, anche se la realizzazione pratica richiederà tempo e consenso internazionale.
Merz e l’Ucraina: perché tace sui missili Taurus?
Merz und die Ukraine: Was steckt hinter Merz’ Schweigen zum Taurus?
Durante l’opposizione Friedrich Merz era stato un fiero sostenitore dell’invio immediato di missili da crociera Taurus all’Ucraina. Ora, da cancelliere, adotta invece la “strategia del silenzio” su questo tema. Un’analisi del FAZ evidenzia la brusca inversione: Merz evita dichiarazioni pubbliche sulla fornitura dei Taurus – armi di precisione a lungo raggio che Kiev richiede – sostenendo di non voler “rivelare strategie”. Dietro questo silenzio ci sono almeno due motivazioni possibili. Da un lato potrebbe trattarsi di ambiguità strategica, per non anticipare le mosse a Mosca e non escludere a priori l’opzione (come suggerito dall’ambasciatore ucraino, che ha lodato Merz come “bravo scacchista” per non scoprire le carte in anticipo). Dall’altro lato potrebbe celare continuità con la prudenza del governo precedente: in assenza di consenso politico interno, anche Merz finora nega all’Ucraina i missili Taurus, nonostante le sue critiche passate alla segretezza del governo Scholz in materia di armamenti. L’articolo conclude che il “non detto” di Merz serve a mantenere flessibilità: il cancelliere potrebbe decidere in futuro l’invio dei Taurus senza aver creato aspettative pubbliche, oppure continuare a evitarlo senza smentire promesse – una tattica deliberata che riflette le responsabilità di governo ben diverse dalla retorica da oppositore.
Cancellieri in missione a Kiev: asse europeo per la tregua
Merz in Kiew eingetroffen – europäisches Quartett will Druck auf Moskau erhöhen
A soli tre giorni dalla sua elezione, il cancelliere Merz si è recato in Ucraina insieme a un gruppo di leader europei di primo piano. Il 10 maggio Merz è giunto in treno a Kiev al fianco del presidente francese Emmanuel Macron, del premier polacco Donald Tusk e del primo ministro britannico Keir Starmer. Questo quartetto europeo ha lanciato un forte appello congiunto a Mosca affinché accetti un cessate-il-fuoco di 30 giorni. La mossa – la prima visita congiunta di capi di governo di queste quattro nazioni in Ucraina – mira ad aumentare la pressione diplomatica sulla Russia in vista di possibili negoziati. Il Cremlino per ora ha risposto chiedendo maggiori dettagli ma senza impegnarsi. La Süddeutsche Zeitung sottolinea la rilevanza politica della missione: Merz, appena insediato, sceglie di mostrarsi subito quale “Kanzler außenpolitico”, coordinandosi con i principali alleati europei per segnalare unità e determinazione nel sostegno a Kiev. L’articolo nota anche il cambio di ruolo di Merz: da critico dell’azione del precedente governo ora è direttamente coinvolto in prima linea diplomatica. L’iniziativa ha un significato simbolico e pratico – consolidare l’asse euro-atlantico (erano presenti anche rappresentanti USA a Istanbul per colloqui paralleli) e sondare la disponibilità russa a una pausa umanitaria nelle ostilità.
Roma, intesa Meloni-Merz: migrazione e asilo fuori dall’UE
„Wir werden nicht mehr auf der Bremse stehen“, verspricht Merz in Rom
Nel suo primo viaggio da cancelliere in Italia, Friedrich Merz ha espresso pieno interesse per la linea dura di Giorgia Meloni sul controllo dell’immigrazione irregolare. In un colloquio a Roma, Merz ha dichiarato di poter immaginare procedure d’asilo in Paesi extra-UE, sostenendo che l’idea italiana di esaminare le domande in Albania rimane “un’opzione” nonostante gli ostacoli legali incontrati. Merz ha assicurato che il suo governo “non metterà più il piede sul freno” nelle politiche migratorie europee, segnalando una svolta rispetto all’esecutivo precedente, più cauto. Ha elogiato l’approccio di Meloni come un contributo per “rendere il problema più piccolo” e ha ribadito che la Germania “non può accettare” di farsi carico di una quota sproporzionata di migranti se i partner non collaborano. Durante l’incontro – avvenuto in occasione dell’intronizzazione di Papa Leone XIV, evento che ha ritardato uno sciopero dei trasporti in Italia – Merz e Meloni hanno discusso anche di Ucraina: il cancelliere tedesco ha dichiarato che l’ipotesi di inviare truppe UE in missione di pace in Ucraina è “molto lontana”, raffreddando speculazioni al riguardo. L’intesa italo-tedesca su migrazione e sicurezza dei confini mostra un asse rafforzato tra governi conservatori in Europa, con Merz deciso a “non restare più fermo” e a spingere l’UE verso una politica d’asilo più severa, in linea con le richieste interne di maggior controllo.
“Cancelliere di seconda scelta”: il fronte interno dopo il discorso di Merz
Merz: „Unser Land ist stark“ – SPD und AfD reagieren zur Regierungserklärung
La prima dichiarazione di governo di Merz ha suscitato reazioni contrastanti sul fronte interno tedesco. Mentre il cancelliere concludeva il suo discorso con l’appello “Il nostro Paese è forte”, dall’opposizione di estrema destra arrivava lo scherno: per la leader dell’AfD Alice Weidel, Merz non sarebbe che un “Kanzler der zweiten Wahl”, un “cancelliere di seconda scelta” sostenuto da un’alleanza di sistema. Al tempo stesso, l’SPD – ora partner di coalizione ma indebolita dal risultato elettorale – ha mostrato un entusiasmo contenuto. Esponenti socialdemocratici hanno apprezzato i toni più moderati di Merz rispetto al passato, ma hanno subito messo in chiaro che non seguiranno ciecamente l’agenda della CDU. Il vicecancelliere Lars Klingbeil, ad esempio, ha frenato pubblicamente sulle proposte di aumentare drasticamente la spesa per la difesa: “Nessuno corra avanti speculando su cifre”, ha avvertito, ricordando agli alleati di destra che decisioni su budget e riarmo vanno concordate con giudizio. Sul piano parlamentare, la nuova maggioranza ha escluso esponenti dell’AfD dalla guida delle commissioni più importanti, ma ciò non ha impedito al partito di assicurarsi comunque la presidenza di due commissioni chiave (Bilancio e Finanze) grazie a votazioni segrete – un segnale d’allarme per l’intesa CDU-SPD che intendeva “rimpicciolire” l’AfD tenendola ai margini. Nel complesso, l’esordio di Merz come cancelliere – offuscato dal mancato raggiungimento della maggioranza assoluta al primo scrutinio di investitura – ha evidenziato tanto le aspettative di unità nazionale evocate nel suo discorso, quanto le prime crepe e diffidenze all’interno della stessa coalizione e verso l’opposizione. Il successo del suo governo dipenderà dalla capacità di Merz di tradurre i proclami di forza in azioni concrete senza alienarsi né l’SPD né quell’elettorato inquieto che ha rafforzato l’AfD.
Questioni militari
“Boom senza precedenti: ordinativi record per l’industria bellica tedesca”
Von Rekord zu Rekord: Die Rüstungsindustrie erreicht eine Auftragsflut
Nel pieno della ri-militarizzazione europea causata dalla guerra in Ucraina, i produttori di armamenti tedeschi stanno vivendo un’età dell’oro. Colossi come Rheinmetall registrano volumi di ordini mai visti – vere e proprie “cascate” di commesse. Il pezzo descrive come l’azienda, nota per i carri armati Leopard e i veicoli corazzati, abbia saturato la capacità produttiva per i prossimi anni: governi alleati fanno a gara per rifornire i propri arsenali e sostenere Kiev. “Di record in record”, la crescita del portafoglio ordini pone però sfide concrete: bottleneck produttivi, carenza di manodopera specializzata e catene di fornitura sotto stress. I manager del settore assicurano che l’industria difesa sta ampliando gli impianti e formando nuovo personale, ma si interrogano se riusciranno a evadere tutti gli ordini nei tempi previsti. Nonostante ciò, l’ottimismo regna: finché la situazione globale rimane tesa, la domanda resterà alta. Il governo tedesco, dal canto suo, sta snellendo alcune procedure per le forniture e incoraggiando partnership europee per aumentare la capacità. In sostanza, per il comparto difesa tedesco questa è una nuova “Wirtschaftswunder”: un miracolo economico trainato dalle esigenze di sicurezza – sebbene, sottolinea l’autore, un miracolo dal retrogusto amaro, poiché alimentato da un conflitto devastante.
“Obiettivo 5% del PIL alla difesa: la grande scommessa (e rischio) di Berlino”
Außenminister Wadephul: Verteidigungsausgaben auf fünf Prozent des BIP erhöhen
L’annuncio del ministro degli Esteri Johann Wadephul al meeting NATO in Turchia – portare la spesa militare tedesca al 5% del PIL – ha scosso la politica di difesa europea. Si tratterebbe di oltre 215 miliardi di euro l’anno, più del doppio degli attuali stanziamenti, collocando la Germania di gran lunga al primo posto in Europa. La mossa, letta come segnale verso Donald Trump, intende mostrare una Germania pronta a farsi carico della propria e altrui sicurezza, diventando l’“arsenale dell’Europa unita”. I commentatori del Handelsblatt notano che Regno Unito e Francia, storiche potenze militari UE, sono gravate da debito e incapaci di aumentare le spese, per cui “ora tocca alla Germania” assumere il ruolo guida. Eppure, anche tra le fila della CDU-CSU il piano Wadephul ha creato sconcerto: passare dal 2 al 5% provoca “sussulti” a Berlino e rischia di spaccare la coalizione. La SPD, infatti, giudica “insostenibile” un obiettivo così alto. Mentre i falchi della sicurezza plaudono alla prospettiva di una Bundeswehr potenziata (Merz parla di fare dell’esercito tedesco “il più forte d’Europa”), esperti indipendenti avvertono: uno shock di spesa simile va gestito con cura, per evitare sprechi e inefficienze. La sfida è epocale: la Germania potrebbe trasformarsi nel pilastro militare occidentale sul continente, ma la politica interna dovrà accompagnare l’aumento di bilancio con riforme strutturali e consenso pubblico – niente affatto scontati.
“La Germania come arrsenale d’Europa”
(Presseschau) “Deutschland als Arsenal des vereinten Europas”
I più autorevoli quotidiani economici tedeschi interpretano la svolta di governo sulla difesa come un inevitabile riposizionamento strategico. Il Handelsblatt osserva che finora Gran Bretagna e Francia erano le principali potenze militari europee, ma entrambe faticano ad aumentare la spesa bellica per vincoli di bilancio. Di fronte a minacce crescenti, “ora tocca alla Germania”. Parafrasando un concetto storico, il giornale afferma: così come gli USA divennero l’‘arsenale della democrazia’ nella Seconda Guerra Mondiale, oggi è compito della Repubblica Federale diventare l’‘arsenale dell’Europa unita’. Ciò implica investire massicciamente in armamenti, munizioni e tecnologia militare, divenendo fornitore di sicurezza non solo per sé ma per tutto l’Occidente europeo. Un ruolo del genere segnerebbe una svolta epocale per una Germania tradizionalmente restia a proiezioni di potenza militare. L’editoriale invita però a non farsi illusioni: assumere questa responsabilità richiederà scelte politiche coraggiose, dal reperimento delle risorse (tagli altrove o nuove entrate) al superamento di tabù culturali interni. Il concetto di “Zeitenwende” – svolta dei tempi – si arricchisce così di un nuovo capitolo: accanto al rinnovamento etico (sostegno all’Ucraina) c’è quello materiale-industriale, con la Germania pronta a diventare la fucina bellica d’Europa per difendere i valori comuni.
“Più soldati e più segreti: Berlino vuole la Bundeswehr prima in Europa”
(Notiziario) “Bundeswehr zur stärksten Armee Europas machen”
Nella sua prima dichiarazione programmatica, il cancelliere Merz ha delineato un obiettivo ambizioso: fare della Bundeswehr la forza armata più potente d’Europa. Per conseguirlo, la nuova coalizione nero-rossa prevede un aumento organico significativo – più effettivi nelle truppe – e l’accelerazione dei programmi di modernizzazione (dai nuovi caccia F-35 ai sistemi anti-missile). In parallelo, come già attuato, si manterrà riservatezza sulle forniture militari all’estero, in primis quelle all’Ucraina, per ragioni di sicurezza. L’idea di Merz è che la Germania debba assumere un ruolo guida nella difesa europea, colmando i vuoti lasciati da altri partner. Questo implica non solo investimenti in armamenti e personale, ma anche riforme organizzative: snellimento della burocrazia negli appalti militari, cooperazione industriale europea più stretta (ad esempio su droni e carri di nuova generazione) e una nuova strategia di comunicazione verso i cittadini, tradizionalmente scettici su un riarmo massiccio. Il piano ha suscitato reazioni contrastanti: apprezzamento dagli alleati NATO che chiedevano da tempo a Berlino di fare di più, perplessità da parte di chi teme una corsa agli armamenti eccessiva. Il governo insiste che una Bundeswehr forte è garanzia di pace e dissuasione. La partita si giocherà anche sul terreno politico interno: Merz dovrà persuadere l’opinione pubblica che, in tempi di guerra alle porte d’Europa, “più sicurezza” giustifica i sacrifici economici e un cambio di paradigma rispetto alla moderazione militare del passato.
Politica interna e questioni sociali
“Cambio ai vertici SPD: Saskia Esken lascia la guida del partito”
SPD-Chefin Saskia Esken tritt nicht mehr an
Dopo quasi sei anni alla testa dell’SPD, Saskia Esken ha annunciato che non si ricandiderà al congresso di fine giugno. Esken, 63 anni, ha dichiarato in TV di voler “fare spazio al rinnovamento”, auspicando che soprattutto giovani donne emergano nella leadership SPD. Rimarrà comunque deputata al Bundestag, ruolo che ricopre dal 2013. La decisione chiude settimane di speculazioni sul suo futuro politico: Esken era sotto pressione interna, complice l’esclusione dalla nuova coalizione di governo (nessun incarico ministeriale per lei). Co-leader dal 2019 (inizialmente con Walter-Borjans, poi con Klingbeil), Esken ha attraversato la turbolenta fase finale dell’era Scholz e la cocente sconfitta elettorale del 2025. Proprio Lars Klingbeil, ora vicecancelliere e ministro delle Finanze, resta l’unico presidente in carica: dovrà gestire la transizione. Esken ha rivendicato con orgoglio i suoi anni alla guida di una SPD “venerabile ma vivace”, ma molti nel partito chiedevano un cambio di passo dopo il crollo al 16,4%. Si parla di volti nuovi per la successione – forse la ministra federale Klingbeil (omonima del segretario) o altri esponenti emergenti. Intanto, la scelta di Esken di farsi da parte viene commentata come un atto “di responsabilità” per agevolare il rinnovamento, evitando lotte fratricide. Resta da vedere se questo basterà a ridare slancio a una SPD ora junior partner di governo e in cerca di identità.
“AfD all’attacco: ricorso contro l’etichetta di ‘estrema destra’ e terremoto in Brandeburgo”
AfD Brandenburg klagt gegen Einstufung als rechtsextremistisch
Il Land Brandenburg è epicentro di una battaglia legale e politica attorno all’AfD. Il partito di destra ha presentato un ricorso d’urgenza al tribunale amministrativo di Potsdam contro la recente classificazione della sua sezione regionale come “sicuramente di estrema destra” da parte dell’intelligence interna (Verfassungsschutz). L’AfD chiede di annullare tale etichetta, imposta ad aprile dall’Ufficio per la Protezione della Costituzione del Land. La vicenda ha già provocato uno scossone politico: la ministra dell’Interno del Brandeburgo, Katrin Lange (SPD), ha licenziato il capo dell’intelligence locale accusandolo di aver agito senza informarla adeguatamente. Lange stessa è finita sotto il fuoco delle critiche per la gestione opaca del dossier ed è stata costretta a dimettersi il 17 maggio. Al suo posto è stato nominato un nuovo ministro (René Wilke). Nel frattempo, l’AfD cavalca la situazione: denuncia un complotto politico per metterla al bando e intanto ha avviato azioni legali simili anche altrove – contro la classificazione nazionale e in altri Länder (Turingia, Sassonia, Sassonia-Anhalt) dove i rispettivi uffici l’hanno dichiarata estremista “accertata”. Questo status giuridico più grave rispetto al semplice “caso sospetto” consente alle autorità di sorvegliare strettamente il partito (intercettazioni, infiltrazioni). L’AfD teme danni d’immagine e possibili passi verso la messa al bando. Il braccio di ferro è solo all’inizio: la prima vittoria parziale per l’AfD è una “promessa di moratoria” ottenuta in tribunale a Colonia che sospende eventuali sanzioni finché non sarà deciso il ricorso. Sullo sfondo, la vicenda solleva interrogativi sul confine tra tutela dell’ordine democratico e strumentalizzazione politica della sicurezza interna.
“Maggioranza dei tedeschi favorevole a mettere al bando l’AfD”
Mehrheit der Deutschen befürwortet AfD-Verbotsverfahren
Un sondaggio nazionale pubblicato dalla Welt rivela che oltre il 50% dei cittadini tedeschi sostiene l’avvio di una procedura legale per vietare l’AfD. L’idea di un Verbotsverfahren – l’iter costituzionale per mettere al bando un partito considerato eversivo – circola da tempo, ma era rimasta marginale. Adesso, complice la radicalizzazione percepita dell’AfD e le recenti classificazioni dei servizi segreti interni (che parlano apertamente di tendenze estremiste certe nel partito), l’opinione pubblica sembra essersi spostata a favore di misure drastiche. Il sondaggio segnala comunque una società divisa: una maggioranza relativa approva il ban, mentre un consistente segmento è contrario o incerto, temendo forse che bandire un partito parlamentare possa alimentare frustrazione e vittimismo. L’articolo ricorda che mettere fuorilegge l’AfD richiederebbe un pronunciamento della Corte Costituzionale federale, con un processo lungo e con esiti incerti (in passato i tentativi di bandire partiti estremisti, come quello neonazista NPD, sono falliti per mancanza delle condizioni richieste). Ciononostante, il fatto che la maggioranza dei tedeschi sia favorevole costituisce un dato politico rilevante: potrebbe incoraggiare il governo o i Länder a valutare seriamente il passo, e indica l’alto livello di preoccupazione nella popolazione verso le posizioni dell’AfD. Quest’ultima ovviamente denuncia l’idea del bando come “attacco antidemocratico” voluto dall’establishment. La questione è destinata a rimanere al centro del dibattito, riflettendo la tensione tra difesa dell’ordine liberale e tutela del pluralismo.
“Asilo, la polizia di frontiera frena Merz: ‘Respingimenti totali impraticabili’”
Polizeigewerkschaft widerspricht Merz – „Werden jeden Asylsuchenden zurückweisen“
Nei suoi primi giorni da cancelliere, Merz ha promesso una stretta sulla politica migratoria, ventilando l’idea di respingere sistematicamente ai confini chi tenta di entrare illegalmente. Ma il sindacato di polizia (GdP) ha reagito subito, definendo irrealistico “respingere ogni richiedente asilo” come auspicato da Merz. In un comunicato, i rappresentanti degli agenti di frontiera sottolineano che vincoli legali e pratici impediscono respingimenti di massa: la Germania è tenuta a esaminare le domande d’asilo per chi proviene da zone di guerra o persecuzione, in base alle convenzioni internazionali. Inoltre, la GdP avverte che i valichi di frontiera non dispongono delle risorse per gestire dinieghi indiscriminati – servirebbe aumentare enormemente personale e strutture detentive temporanee. La dichiarazione sindacale suona come una smentita pubblica di Merz: “Non potremo e non vorremo violare la legge respingendo tutti – faremo rispettare le regole, ma caso per caso”. Dietro la fermezza retorica del cancelliere (volta forse a contenere l’emorragia di voti verso AfD sul tema migranti), affiora dunque la realtà operativa di un sistema di asilo complesso. Merz ha replicato moderando i toni: l’intenzione del governo è rafforzare i controlli alle frontiere interne (specie con Polonia e Repubblica Ceca) e velocizzare le procedure di rimpatrio per chi non ha diritto, in accordo con i partner UE. Ma la “sparata” iniziale – e la relativa correzione di rotta forzata dalle forze dell’ordine – evidenzia la delicatezza del dossier immigrazione, dove slogan semplici si scontrano con limitazioni giuridiche e umanitarie.
“Caso Hohenzollern: accordo storico, finito il contenzioso centenario coi principi”
Haus Hohenzollern und öffentliche Hand legen fast 100 Jahre langen Vermögensstreit bei
Si chiude dopo quasi un secolo una delle dispute legali più annose della Germania: la famiglia Hohenzollern – eredi dell’ultimo Kaiser – e lo Stato (federale e del Brandeburgo) hanno raggiunto un accordo extragiudiziale sulle ingenti richieste di risarcimento e restituzione di beni sottratti ai principi dopo il 1918. Il “patto di riconciliazione” prevede che la Casa Hohenzollern rinunci alle pretese di proprietà su palazzi, collezioni d’arte e terreni in cambio di un indennizzo simbolico e del riconoscimento del suo ruolo storico. In particolare, vengono definitivamente archiviate le richieste di rientrare in possesso di castelli e opere d’arte oggi in musei pubblici. In cambio, la famiglia otterrà la possibilità di esporre parte dei suoi beni in mostre temporanee e di collaborare con le istituzioni culturali nel racconto della storia imperiale. La controversia si trascinava dagli anni ’20, passando per varie fasi (dalle espropriazioni di epoca repubblicana all’occupazione sovietica). Negli ultimi anni il dibattito era divenuto acceso: gli Hohenzollern rivendicavano ingenti compensazioni, suscitando opposizioni nel mondo accademico (che li accusa di aver simpatizzato col nazismo, circostanza che – se provata – annulla ogni diritto risarcitorio). L’accordo, salutato dalla stampa come un “momento di pace con la Storia”, evita un lungo processo e viene visto come vittoria del buon senso: lo Stato conserva il patrimonio culturale per il pubblico e i principi ottengono il riconoscimento della dignità storica senza privilegi materiali. Il Land Brandeburgo e il governo federale sottolineano che questa intesa “toglie un’ombra” dalle relazioni tra Repubblica e antiche dinastie, chiudendo simbolicamente i conti con l’era imperiale in modo consensuale.
Merz chiama alla riscossa, ma quanto collaborerà l’SPD?
Merz’ Appell an alle – Hat Merz die Macht dazu?
Nel suo discorso programmatico in Parlamento, il cancelliere Merz ha promesso di rendere di nuovo la Germania un paese prospero e dinamico. Tuttavia, un editoriale della FAZ si domanda se Merz disponga davvero del potere per attuare queste ambiziose riforme, dato che governa in una Grande Coalizione con l’SPD. Il contratto di coalizione CDU-SPD, infatti, è improntato a “riforme moderate all’interno e a una sostanziale continuità in politica estera”. Nel suo intervento Merz non si è discostato da tali linee: ha parlato più a lungo del previsto ma senza aggiungere molto a quanto già concordato con i socialdemocratici. Il commento evidenzia la sfida implicita: Merz ha lanciato un appello a “tutti” – cittadini, opposizione e soprattutto partner di governo – per rimettere in moto il Paese. Ma sarà cruciale capire “fino a che punto l’SPD ci starà”: ovvero, quanto i socialdemocratici, pur sconfitti alle urne, siano disposti a seguire la visione di Merz. Già si profilano possibili attriti, ad esempio sulla spesa militare (dove l’SPD invita alla cautela su aumenti troppo rapidi). In sintesi, Merz ha l’autorità formale per governare, ma il vero potere di trasformazione dipenderà dalla capacità di convincere l’alleato SPD ad andare oltre il minimo comune denominatore del loro accordo di coalizione.
Rapporto choc: i servizi segreti confermano l’AfD come estrema destra
Gutachten zur AfD steht im Netz – Was steht im Bericht des Verfassungsschutzes?
Uno studio interno di oltre 1100 pagine dell’Ufficio federale per la Protezione della Costituzione (Verfassungsschutz), che motiva la classificazione dell’AfD come partito di estrema destra accertata, è stato integralmente pubblicato online. Il rapporto, fino ad ora riservato, è trapelato attraverso media di destra, costringendo il nuovo ministro dell’Interno Alexander Dobrindt (CSU) a prenderne atto pubblicamente. La relazione passa al setaccio slogan, programmi e dichiarazioni dei dirigenti AfD, documentando una linea coerente con l’ideologia nazionalista e xenofoba al punto da giustificarne il monitoraggio come minaccia per l’ordine democratico. Ad esempio, si citano i manifesti elettorali dell’AfD che evocano scenari apocalittici di “sopravvivenza etnica” e attaccano i principi fondamentali della convivenza democratica – elementi che il Verfassungsschutz considera prove del carattere “assicuratamente estremista” dell’AfD. L’uscita allo scoperto di questo documento ha colto di sorpresa il ministro Dobrindt: solo pochi giorni prima egli aveva dichiarato in TV di voler valutare con attenzione cosa eventualmente rendere pubblico del dossier. Ora, invece, si trova di fronte al fatto compiuto. La diffusione del rapporto potrebbe avere due effetti: da un lato fornire all’opinione pubblica (e ai tribunali, qualora si consideri un futuro bando del partito) una base dettagliata su come e perché l’AfD viene ritenuta un pericolo per la democrazia; dall’altro, l’AfD sta già urlando al complotto, usando la pubblicazione come arma propagandistica per posizionarsi come vittima dell’“establishment”. Il ministero dell’Interno ha deplorato il leak, ma ha confermato la piena fiducia nelle conclusioni dell’intelligence: l’AfD – afferma Dobrindt – “non è un normale partito conservatore, ma un caso di estremismo di destra che va preso molto sul serio”.
Questioni economiche e finanziarie
“Dazi USA offuscano le prospettive: Daimler Truck rivede al ribasso le vendite”
US-Zölle: Trübe Aussichten am amerikanischen Markt belasten Daimler Truck
Il costruttore di veicoli industriali Daimler Truck lancia un profit warning legato al mercato nordamericano. A causa di nuovi dazi doganali USA su componenti e mezzi pesanti importati, l’azienda di Stoccarda prevede un calo delle vendite negli Stati Uniti. Nel contempo, la domanda in Europa continua a stagnare, col settore logistico prudente negli investimenti. Nonostante questo duplice colpo – tensioni commerciali oltreoceano e debolezza congiunturale domestica – Daimler Truck mantiene invariati i suoi obiettivi di profitto per l’anno: il management confida di compensare il calo americano con altri mercati (America Latina e Asia) e con un controllo dei costi più rigoroso. L’articolo sottolinea tuttavia la sfida strategica: il mercato statunitense è tradizionalmente uno dei più redditizi per i camion di Daimler (col famoso brand Freightliner). Se la barriera tariffaria dovesse persistere, l’azienda potrebbe dover ricalibrare la produzione trasferendo più assemblaggio localmente negli USA per evitare i dazi. Viene citata anche la tenuta dei margini: malgrado il contesto avverso, Daimler Truck punta a centrare i target di redditività grazie a listini più alti (traslazione parziale dei costi sui clienti) e all’efficientamento della supply chain. In sintesi, “fosche prospettive” sul mercato americano pesano sul titolo in Borsa, ma il colosso dei camion intende navigare attraverso la tempesta protezionistica senza deragliare dai suoi obiettivi finanziari.
“Creativi sotto i dazi: l’industria aeronautica aggira i muri commerciali”
Umgehung von Zöllen: Die Luftfahrtindustrie wird kreativ – und bangt
Anche l’industria aeronautica europea risente del clima di guerre commerciali incrociate (dazi USA-Cina, sussidi contesi UE-USA). Il settore “si è fatto creativo” per aggirare i nuovi dazi, spiega l’articolo. Ad esempio, alcuni produttori di componenti stanno delocalizzando temporaneamente l’assemblaggio di parti negli stessi Stati Uniti per poi re-importarle come prodotto locale, evitando le tariffe; altri sfruttano triangolazioni via Paesi non colpiti dalle misure. Dietro le quinte, le lobby aerospaziali premono per soluzioni diplomatiche: a Bruxelles “i fili sono incandescenti” – ossia fervono trattative – per disinnescare la nuova ondata di dazi prima che faccia danni permanenti. L’industria però “trema” (bangt): teme che se le tensioni non rientrano, i costi saliranno e la competitività europea calerà. In particolare, le compagnie aeree e di leasing guardano con ansia all’aumento dei prezzi di aerei e pezzi di ricambio dovuto ai dazi incrociati. L’articolo cita un dirigente secondo cui il settore aeronautico, già provato dalla pandemia, “non può permettersi un’altra tempesta protezionistica”. L’approccio creativo insomma è solo una pezza temporanea: la vera soluzione sarebbe negoziare via libera commerciale almeno in ambiti strategici (ad esempio un accordo tariffario specifico su aerei civili). Finché ciò non avverrà, la parola d’ordine resta arrangiarsi con flessibilità – ma con il fiato sospeso.
“Tregua commerciale USA-Cina: aziende tedesche brindano, tech e automotive sugli scudi”
La Welt analizza l’euforia di Borsa seguita all’annuncio di un accordo commerciale tra Stati Uniti e Cina che pone fine – almeno temporaneamente – a una lunga disputa tariffaria. Diverse società quotate, soprattutto tedesche ed europee, hanno visto i propri titoli impennarsi. Si citano alcuni casi eccellenti: un produttore tedesco di macchinari industriali con grande esposizione sul mercato cinese ha registrato un +116% di potenziale di rialzo secondo gli analisti, riflesso nei forti acquisti di azioni. Anche gruppi dell’auto premium (si pensi a BMW, Mercedes) e fornitori di componentistica elettronica hanno tratto beneficio: la prospettiva di dazi ridotti e maggior accesso al mercato cinese migliora nettamente le loro prospettive di utili. Le materie prime hanno reagito positivamente, con il prezzo del rame – fondamentale nell’elettronica e nelle auto elettriche – in risalita per l’attesa di maggior domanda asiatica. L’articolo evidenzia come la distensione USA-Cina tolga un grosso peso anche alle aziende tedesche esportatrici: venendo meno il clima da guerra commerciale globale, torna la fiducia per gli scambi internazionali. Tuttavia, gli esperti mettono in guardia: i mercati festeggiano, ma l’accordo potrebbe essere fragile e soggetto all’umore politico. Il consiglio implicito agli investitori è di godersi il rally ma con prudenza, poiché le tensioni geopolitiche non sono scomparse magicamente. In ogni caso, per ora molte aziende tedesche – da chi vende auto di lusso ai grandi costruttori di macchine utensili – beneficiano del nuovo scenario: meno dazi, più export, come riflesso dall’entusiasmo delle piazze finanziarie.
“Pressione fiscale: si riaccende il dibattito sui tagli alle tasse per le imprese”
“Reiche drängt auf umfangreiche Steuersenkungen für Firmen”
Reinhold von Eben-Worlée, presidente dell’associazione degli imprenditori familiari (Die Familienunternehmer) – cognome che significa letteralmente “Reiche” (i ricchi) – ha esortato il governo Merz a varare ampie riduzioni delle tasse per le imprese. Secondo von Eben-Worlée, l’attuale carico fiscale e contributivo soffoca la competitività delle aziende tedesche, in particolare delle PMI a conduzione familiare che costituiscono l’ossatura dell’economia. L’appello arriva in un momento in cui la Germania rischia la stagnazione economica: tagliare le imposte societarie e gli oneri su lavoro e investimenti sarebbe, per gli imprenditori, il modo migliore per rilanciare la crescita e attrarre investimenti. Si fa notare che negli Stati Uniti e in altri Paesi la tendenza recente è stata di alleggerire la pressione fiscale sulle imprese, e la Germania non deve restare indietro se vuole restare “locomotiva economica” d’Europa. La notizia registra però anche scetticismo: l’SPD, partner di governo, è fredda su possibili regali fiscali ai “già abbienti” in un periodo in cui servono risorse per il welfare e la difesa. Inoltre, il ministero delle Finanze (guidato da Klingbeil, SPD) ha vincoli di bilancio stringenti: dopo la sospensione del freno all’indebitamento per le spese straordinarie, si punta a tornare a un percorso di rigore. Merz, da parte sua, in campagna elettorale aveva promesso riforme pro-business e potrebbe cercare un compromesso: ad esempio incentivi fiscali mirati all’innovazione o un abbassamento graduale dell’aliquota societaria standard (attualmente intorno al 30% cumulando imposta federale e locale). Il tema è dunque sul tavolo: la pressione di “ridurre le tasse per crescere” sarà un banco di prova per la coesione della coalizione e per la capacità del governo di stimolare l’economia senza sguarnire le casse pubbliche.
“Addio Bürgergeld: in arrivo una nuova indennità con più obblighi per i disoccupati”
(FR/Südkurier) Bürgergeld abschaffen – Neue Grundsicherung mit harten Sanktionen geplant
Il governo Merz, d’intesa con la SPD, intende eliminare l’attuale sussidio di cittadinanza (Bürgergeld) introdotto dalla precedente coalizione, sostituendolo con una “Nuova Grundsicherung” – un sistema di base per disoccupati – caratterizzato da regole più rigide. In particolare, il nuovo schema reintrodurrà sanzioni severe per chi non rispetta gli obblighi: i beneficiari dovranno accettare offerte di lavoro e formazione o rischieranno tagli e sospensioni dell’assegno. È previsto il ritorno del “Verpflichtung zur Bewerbung” – l’obbligo di un numero minimo di candidature di lavoro – e di controlli stringenti sulla disponibilità al lavoro. Questa svolta segna un netto cambio di rotta rispetto al Bürgergeld di Scholz, che aveva ammorbidito le sanzioni puntando più sulla cooperazione con il disoccupato. Secondo Merz, “torniamo al vecchio principio: chi riceve aiuto deve anche impegnarsi attivamente”. Gli esperti tuttavia nutrono dubbi sull’efficacia di un approccio punitivo: alcuni temono che sanzioni troppo dure possano spingere le persone ai margini invece di integrarle nel lavoro. La Süddeutsche Zeitung riporta scetticismo sulla fattibilità tecnica della riforma, date le complessità burocratiche e l’opposizione che potrebbe emergere in Bundesrat (dove i Länder guidati dai Verdi e dalla Linke potrebbero ostacolare la revisione). La “nuova sicurezza di base” è comunque un punto centrale del programma di Merz per segnare discontinuità con la precedente gestione SPD-Verdi-FDP: inviare un messaggio di rigore e incentivo al lavoro, in linea con la filosofia conservatrice, sostenuta sorprendentemente anche da parte della SPD che vuole riconquistare l’elettorato più filo-operoso dopo la débâcle elettorale.
La BCE taglia i tassi, pesa l’ombra dei dazi di Trump
Zinsentscheidung: Die EZB senkt die Leitzinsen um einen Viertelprozentpunkt
La Banca Centrale Europea ha deciso ad aprile una riduzione dei tassi di interesse di 0,25 punti base, portando il tasso principale al 2,25%. È la terza diminuzione consecutiva del 2025, invertendo la precedente fase restrittiva. La scelta di tagliare i tassi – in luogo di una pausa che fino a poche settimane fa sembrava probabile – è motivata dal rallentamento dell’inflazione nell’Eurozona ma anche dai rischi crescenti per la crescita. In particolare, spiega il FAZ, ha inciso la nuova ondata di protezionismo commerciale dagli Stati Uniti: il presidente Trump ha imposto dazi significativi che minacciano di far salire i prezzi e frenare l’economia europea. La mossa di Trump ha cambiato il clima nelle riunioni di Francoforte, spingendo l’Eurotower ad un taglio “difensivo” per sostenere la domanda interna di fronte a potenziali shock esterni. La decisione della BCE è accolta con favore dai mercati obbligazionari, mentre suscita critiche in Germania da parte di chi teme effetti collaterali su risparmi e rendite. La Bundesbank, dal canto suo, monitora l’andamento dei prezzi: l’inflazione tedesca è in calo verso il 3%, permettendo maggiore accomodamento monetario. Tuttavia, la stabilità dei prezzi non è ancora assicurata al 2%, e la BCE ribadisce di restare “determinata a riportare l’inflazione al target nel medio termine”. Gli analisti prevedono ulteriori lievi ribassi dei tassi se le tensioni commerciali con gli USA persisteranno e l’economia europea stenterà – il che sembra probabile dato che Trump, in un inedito scontro istituzionale, minaccia persino l’indipendenza della Fed per costringerla a politiche allineate ai suoi obiettivi politici.
Largo ai cantieri: dieci mosse per salvare l’edilizia tedesca
Mit diesen zehn Maßnahmen will die Branche die Baukrise beenden
Il settore edile in Germania è in piena crisi: da circa due anni nuovi progetti calano e molti cantieri sono fermi a causa di costi esplosivi, tassi d’interesse alti e carenza di investimenti. La federazione dell’industria delle costruzioni ha presentato un piano in dieci punti per sbloccare la situazione, rivolgendosi direttamente al nuovo governo Merz. Tra le misure proposte figurano: forti snellimenti burocratici per accelerare permessi e approvazioni (oggi servono spesso anni per avviare un progetto); incentivi fiscali alla costruzione di alloggi, come ammortamenti accelerati e sgravi sull’IVA per la nuova edilizia residenziale; l’abbassamento temporaneo degli standard energetici troppo onerosi per le nuove costruzioni (pur mantenendo gli obiettivi ecologici nel lungo termine). Inoltre, la lobby chiede al governo di intervenire sui costi dei materiali – possibilmente calmierando i prezzi o facilitando l’import – e di promuovere l’innovazione come le case prefabbricate modulari, che stanno guadagnando quota di mercato durante la crisi grazie a tempi e costi ridotti. Il settore enfatizza anche la necessità di manodopera: propone programmi di formazione e immigrazione mirata di operai specializzati per colmare la carenza cronica di personale nei cantieri. Il Handelsblatt nota che l’esecutivo precedente aveva fissato un obiettivo ambizioso di 400.000 nuove abitazioni l’anno, mai raggiunto; anzi, per il 2025 le stime parlano di appena ~230.000 nuove case, aggravando il deficit abitativo. La Branchenverband avverte che senza interventi immediati “la voragine nell’edilizia abitativa si farà sempre più grande” – un monito che il ministro dell’Edilizia (ora la socialdemocratica Klara Geywitz) e il cancelliere Merz non possono ignorare se vogliono mantenere la promessa di “abitazioni accessibili per tutti”.
Tecnologia, impresa e innovazione
“Bain: ‘Onore al made in Germany’, l’industria tedesca pronta a risorgere”
„Hut ab vor der deutschen Industrie“ – Walter Sinn, Deutschlandchef von Bain
Walter Sinn, amministratore delegato di Bain & Company Germany, esprime un forte ottimismo sulla tenuta e il futuro dell’industria tedesca. Pur riconoscendo la recente congiuntura fiacca, Sinn sottolinea che la sua società di consulenza continua a crescere a doppia cifra in Germania – indice che le aziende stanno investendo in trasformazione e strategie di crescita nonostante tutto. Nell’intervista (dal titolo: “Tanto di cappello all’industria tedesca”), il consulente sfata i timori di declino: i fondamentali del settore manifatturiero rimangono solidi e molte imprese stanno innovando con successo. Discussi anche i rapporti con il nuovo governo: Sinn giudica positivamente l’approccio pro-business di Merz e Klingbeil, aspettandosi sburocratizzazione e incentivi all’innovazione. Tra le sfide, cita la transizione ecologica e digitale: le imprese tedesche devono accelerare sulla sostenibilità e sulla digitalizzazione dei processi, campi in cui Bain assiste molti clienti. C’è spazio per migliorare, ma non si deve sottovalutare la resilienza teutonica: dai fornitori auto che passano all’elettrico, alla chimica verde, alla meccanica che abbraccia l’AI, Sinn vede numerosi esempi virtuosi. Infine, l’intervista tocca la competizione internazionale: per il manager, la Germania può mantenere la leadership in settori chiave (auto premium, macchinari, chimica) se continua a puntare su formazione tecnica, qualità e investimenti in R&S. In sintesi, un messaggio di fiducia: la “locomotiva” industriale tedesca ha rallentato ma non deragliato, anzi è pronta a ripartire più innovativa di prima.
“Pacchi dalla Cina: l’assalto di Temu e Shein scuote il commercio tedesco”
Temu und Shein: Droht jetzt eine noch heftigere Paketflut aus China?
La FAZ analizza il fenomeno di Temu e Shein, due piattaforme e-commerce cinesi ultra low-cost che stanno invadendo il mercato occidentale. La domanda provocatoria – “arriverà ora un’ondata di pacchi ancor più massiccia dalla Cina?” – nasce dal fatto che il presidente USA ha preso di mira questo modello di business. L’amministrazione americana accusa Temu e Shein di concorrenza sleale e condizioni di lavoro misere nelle fabbriche dei fornitori, minacciando misure restrittive. Se gli USA stringono le maglie, le due aziende potrebbero spostare l’attenzione ancor più sull’Europa e sulla Germania. Clienti tedeschi, attratti da prezzi stracciati per abbigliamento e gadget, hanno già generato un flusso enorme di piccoli pacchi spediti dalla Cina (favorito dalle generose soglie duty-free UE finora vigenti). I numeri sono impressionanti: milioni di plichi arrivano ogni settimana, ponendo sfide logistiche e doganali. L’articolo spiega che Berlino e Bruxelles stanno correndo ai ripari: dal 2025 non ci sarà più esenzione IVA per i beni sotto 150€, colpendo il modello Temu/Shein basato su micro-ordini a costo infimo. Inoltre, si studiano controlli più severi sulla conformità dei prodotti e accordi con la Cina per responsabilizzare i giganti del fast e-commerce. L’effetto combinato delle mosse USA e UE potrebbe rallentare la “flusso di pacchi” dalla Cina, ma non è detto che i consumatori rinuncino: Temu e Shein potrebbero adeguarsi aprendo magazzini locali o assorbendo in parte i costi doganali pur di mantenere appetibile la loro offerta. I rivenditori tedeschi (dai piccoli negozi ai colossi online europei) osservano con preoccupazione: l’ennesima ondata di concorrenza asiatica digitale rischia di erodere ulteriormente quote di mercato. La battaglia è aperta, e coinvolge anche la politica commerciale globale tra Occidente e Cina.
“Torna il dirigibile: dalla Germania un nuovo Zeppelin solca i cieli”
Neues Luftschiff: Let’s Zeppelin
Sul lago di Costanza è tornato a librarsi in volo un Zeppelin di nuova generazione. Dopo due anni di costruzione, la società Zeppelin NT ha completato un modernissimo dirigibile, che ha effettuato i primi voli di collaudo con successo. L’articolo, intitolato con un gioco di parole “Let’s Zeppelin”, descrive l’evento come un incrocio tra nostalgia e alta tecnologia: il maestoso aeromobile – lungo decine di metri – fluttua con grazia, ricordando l’epoca d’oro dei dirigibili, ma al suo interno racchiude tecnologia avanzata frutto di progettazione computerizzata e materiali compositi. Il nuovo Zeppelin è pensato per scopi turistici e di ricerca: grazie al volo stabile e silenzioso può portare passeggeri in crociere panoramiche oppure strumenti scientifici per monitoraggi ambientali. “Il suo placido librarsi è frutto di ingegneria sopraffina”, nota l’articolista, sottolineando innovazioni come un sistema di propulsione orientabile per decolli e atterraggi più agili e un involucro di tessuto high-tech a tenuta di elio. Il progetto ha richiesto investimenti non indifferenti e il sostegno di sponsor pubblici e privati, motivati anche dalla volontà di tenere in vita una tradizione tedesca leggendaria (i dirigibili di Friedrichshafen). Il successo dei test fa sperare che possa aprirsi un nuovo mercato di nicchia per i dirigibili nel 21° secolo: mezzi aerei ecologici, a basso consumo, per trasporto speciale e attrazione turistica. “Tranquillità ed eleganza in cielo” – così viene descritto il volo inaugurale – a riprova che, a volte, innovazione significa anche recuperare tecnologie del passato e ripensarle con occhi moderni.
“Germania digitale in ritardo: la lezione danese sulla scuola 4.0”
Land ohne Frauen? / Der Fall Dänemark offenbart Deutschlands Irrtum von der digitalen Schule
Un approfondimento del Welt mette a confronto le strategie di digitalizzazione scolastica di Germania e Danimarca, evidenziando come quest’ultima riesca dove Berlino fallisce. In Danimarca l’informatica e le tecnologie didattiche sono integrate nei programmi da oltre un decennio, con ottimi risultati: competenze digitali diffuse tra gli studenti e miglioramenti nei metodi di apprendimento. La Germania, invece, ha investito miliardi nel piano “Digitalpakt Schule” ma con scarsi risultati visibili: molte scuole tedesche restano senza connessioni stabili, i docenti poco formati all’uso di tablet e LIM, e spesso la digitalizzazione si è limitata a distribuire hardware senza una visione pedagogica chiara. L’articolo parla di “Irrtum” (errore/illusione) tedesco: aver creduto che bastasse comprare computer perché la scuola diventasse digitale. Il caso Danimarca smonta questa presunzione: la chiave del successo scandinavo è stato investire in formazione degli insegnanti e sviluppo di contenuti digitali, più che nei soli dispositivi. Inoltre, la Danimarca ha coinvolto attivamente famiglie e comunità nel processo, mentre in Germania spesso ci si scontra con burocrazia e diffidenze. L’analisi invita la politica tedesca a un cambio di rotta concettuale: invece di misurare il progresso in numero di tablet consegnati, occorre creare un ecosistema dove la tecnologia sia realmente al servizio della didattica e dove ci sia supporto continuo alle scuole. Il rischio, altrimenti, è ritrovarsi con “scuole 4.0” solo di nome ma non di fatto, e con una generazione di studenti meno preparati di altri Paesi europei in competenze chiave per il futuro.
“Niente tesori dai fondali: finanza e industria scelgono la biodiversità”
Tiefseebergbau: Reich werden ohne den Schatz am Meeresboden
Per anni alcune imprese e startup hanno inseguito il sogno di arricchirsi estraendo nodule di manganese e minerali preziosi dai fondali oceanici. Ma oggi quel sogno sembra sfumare: un crescente numero di investitori e società finanziarie, incluso in Germania, sta prendendo posizione contro il deep sea mining, preferendo proteggere gli ecosistemi marini. Il pezzo spiega che inizialmente l’industria vedeva nei fondali una “nuova frontiera” per reperire metalli rari (cobalto, nichel) cruciali per batterie e tecnologie pulite. Tuttavia, i timori per l’impatto ambientale – habitat unici distrutti, specie sconosciute forse annientate – hanno portato a una forte pressione dell’opinione pubblica e di ONG. Di conseguenza, anche attori economici insospettabili hanno cambiato rotta: banche, fondi d’investimento e persino giganti minerari tradizionali hanno annunciato che non finanzieranno progetti di estrazione mineraria in acque profonde. Questa sorta di “codice etico” volontario mira a spingere verso un accordo globale che vieti o sospenda l’avvio di miniere sottomarine almeno finché non se ne comprendono a fondo le conseguenze. Il dossier cita il paradosso: rinunciare a quei minerali potrebbe sembrare controintuitivo, visto il boom della domanda per l’elettrificazione (dove servono proprio cobalto, ecc.). Ma l’orientamento prevalente è che la transizione ecologica non debba venir fatta a scapito di un altro delicato ecosistema. “Diventare ricchi senza quel tesoro sui fondali” significa dunque puntare su riciclo dei metalli, miniere terrestri più sostenibili e magari su innovazioni che riducano il fabbisogno di tali materiali. La Germania, in particolare, sostenuta dalla propria opinione pubblica ambientalista, è in prima linea nel promuovere questa linea prudente a livello internazionale. L’articolo conclude che, sebbene alcune aziende avessero fiutato l’affare nei mari profondi, oggi la salvaguardia della biodiversità sta prevalendo: un segnale forte di come i criteri ESG (ambientali, sociali e di governance) stiano plasmando le scelte industriali del nuovo decennio.