Rassegna della stampa tedesca #131
Quello che segue è il Monitoraggio della stampa tedesca, curato dalla redazione di Stroncature, su commissione della Fondazione Hanns Seidel Italia/Vaticano. Il monitoraggio ha cadenza settimanale ed è incentrato sui principali temi del dibattito politico, economico e sociale in Germania. Gli articoli sono classificati per temi.
Stroncature produce diversi monitoraggi con taglio tematico o geografico personalizzabili sulla base delle esigenza del committente.
In breve
La rassegna della stampa tedesca tra il 30 giugno e l’8 luglio 2025 evidenzia una fase di consolidamento della postura strategica della Germania su più fronti, ma anche le contraddizioni irrisolte tra ambizioni e capacità effettive. Il cancelliere Merz si propone come figura guida in Europa, sostenendo la piena assunzione di responsabilità tedesca in politica estera e sicurezza, ma gli editoriali sottolineano il divario tra dichiarazioni e risultati: l’influenza effettiva resta limitata, soprattutto nei confronti di Washington. La spinta alla riqualificazione della Bundeswehr e il dibattito sul ritorno alla leva obbligatoria si inseriscono in una strategia di rafforzamento nazionale che mira al rispetto degli impegni NATO e alla deterrenza autonoma. In parallelo, si registra un tentativo di “normalizzazione” istituzionale dell’AfD, accompagnato dalla polarizzazione sul Bürgergeld, dalla riorganizzazione dei Verdi all’opposizione e dal confronto simbolico sull’identità democratica tedesca. Sul piano economico, il dibattito fiscale interno si intreccia con le tensioni commerciali globali: da un lato i segnali di stabilizzazione della fiducia delle imprese e la tenuta dei fondamentali industriali (Bosch e startup in crescita), dall’altro la fragilità strutturale di settori come il credito e l’edilizia commerciale, aggravata da contesti esterni instabili.
Tra i temi ricorrenti emerge il rafforzamento della dimensione duale – militare e tecnologica – della politica industriale tedesca. La difesa non è più solo un capitolo del bilancio, ma una componente trasversale della politica estera, della ricerca scientifica e dell’innovazione industriale. La spinta al riarmo è accompagnata da una riflessione sulla filiera produttiva (acciaio speciale, munizioni, droni), sulla logistica militare e sulla cooperazione transnazionale nel settore (come gli impianti ucraino-danesi). In parallelo, il rilancio del 6G, il ritorno del nucleare come energia “umanitaria” nei paesi emergenti e la tensione tecnologica con Pechino segnalano che l’innovazione è sempre più parte della competizione geopolitica. L’azione del governo tedesco si muove quindi in un contesto di ridefinizione della sovranità industriale, ma le resistenze normative e i ritardi decisionali interni ne limitano l’efficacia. La rassegna restituisce così un quadro di transizione, in cui l’ambizione strategica della Germania sconta una faticosa riconciliazione tra esigenze di adattamento al nuovo ordine globale e vincoli politici interni ancora forti.
Analisi e commenti
Merz vuole guidare l’Europa: le belle parole non bastano
Merz will Europa leiten: Schöne Worte reichen nicht
Il nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz ambisce a un ruolo di leadership europea per la Germania, ma un commento sul Tagesspiegel avverte che alle dichiarazioni altisonanti devono seguire i fatti. Nei primi mesi da capo del governo, Merz ha sfoggiato un attivismo in politica estera “fulminante”: si è presentato ai vertici internazionali come il “decisore” dopo il periodo esitante del suo predecessore Scholz. Sollecitato anche dall’UE (l’Alto Rappresentante Kaja Kallas ha chiesto esplicitamente a Berlino più responsabilità), Merz ha proclamato che la Germania assumerà la guida economica, politica e militare del continente. Tuttavia, l’editorialista Knut Krohn sottolinea i primi scivoloni di Merz sulla scena mondiale: durante una visita mediatica a Kiev, Merz aveva lanciato un ultimatum a Putin perché cessasse la guerra, ma Mosca ha risposto con una pioggia di missili – e le sanzioni “massicce” minacciate da Merz non si sono viste affatto. Inoltre, nonostante i vanti di un rapporto privilegiato con Donald Trump, il cancelliere tedesco è stato gelidamente informato da Washington che gli interessi europei non verranno considerati: Trump sta tagliando gli aiuti militari all’Ucraina e revocando sanzioni alla Russia senza consultare gli alleati. Tutto ciò dipinge Merz – secondo il Tagesspiegel – come un leader dai toni roboanti ma risultati scarsi, che rischia di perdere credibilità. Se la Germania vuole davvero essere accettata come Führungsmacht europea, Merz dovrà dimostrare concretezza, in particolare sul fronte della difesa: ha promesso miliardi per rafforzare la Bundeswehr, ma ora occorre spenderli con efficacia. Insomma, “le belle parole non bastano”: Merz è chiamato a colmare il divario tra annunci e azioni, altrimenti la sua pretesa leadership rimarrà vuota retorica.
I più potenti banchieri centrali sorprendono per il loro ottimismo
Die mächtigsten Banker überraschen mit Zuversicht
Lars Feld osserva come, nonostante un contesto segnato da incertezza economica e debolezza politica in Germania, i principali attori della finanza internazionale mantengano un atteggiamento sorprendentemente fiducioso. La proroga dei dazi USA accresce l’incertezza per le esportazioni europee, mentre la politica economica tedesca appare priva di direzione. La CDU/CSU guadagna consenso sul piano politico, ma lascia alla SPD la conduzione economico-finanziaria, favorendo un’espansione della spesa pubblica senza riforme concrete. La riduzione della tassa sull’energia e interventi sul Bürgergeld sono stati abbandonati a favore di misure redistributive. Al forum della BCE a Sintra, i banchieri centrali si sono detti cautamente ottimisti per i progressi sul fronte inflazionistico, ma restano preoccupati per la stagnazione della produttività e gli squilibri strutturali dell’eurozona. La politica fiscale è stata poco discussa, nonostante l’eccesso di debito sia una criticità crescente. Feld richiama la necessità di tornare ai principi dell’ordoliberalismo.
Merz deve governare anche sul piano interno, non solo come “cancelliere di politica estera”
Merz muss auch im Innern führen
Secondo Jochen Buchsteiner, Friedrich Merz ha dato finora prova di grande visibilità sulla scena internazionale, ma rischia di trascurare la leadership politica interna. Mentre viaggia tra vertici NATO e incontri diplomatici, in patria prevale una gestione lasciata al compromesso tra i partner di coalizione: SPD, CSU e CDU. Il primo grande accordo governativo – scambio tra rinuncia alla riduzione della tassa sull’energia e anticipo della Mütterrente – rivela un ritorno a logiche di scambio settoriale, a scapito di vere riforme. La strategia di Merz punta su una narrazione a lungo termine, fondata su sicurezza, stabilità europea e rafforzamento della democrazia. Tuttavia, l’inerzia su temi strutturali interni – dall’eccesso di regolazione all’asilo – rischia di minare la credibilità complessiva del governo. Il successo diplomatico non può compensare un Paese che non si risolleva. Per questo, l’autore conclude, Merz deve esercitare la guida anche sulla politica interna, pena un fallimento che nessuna agenda estera potrà correggere.
Justin Wolfers smonta la politica economica di Trump
Ein Professor zerlegt Trumps Wirtschaftspolitik
Justin Wolfers, docente di economia all’Università del Michigan, è diventato uno dei critici più influenti delle politiche economiche di Donald Trump. Attraverso un linguaggio accessibile e spesso ironico, Wolfers dimostra come le tariffe introdotte da Trump danneggino soprattutto i consumatori americani, senza raggiungere gli obiettivi dichiarati. Secondo i suoi calcoli, ogni 100 dollari di dazi imposti generano circa 70 dollari di rincari sui prezzi al consumo. L’economista sottolinea che questa inflazione da dazi è più dannosa di quella pandemica, poiché non è accompagnata da aumenti salariali. Wolfers denuncia inoltre gli attacchi di Trump alle università e agli studenti stranieri, definendoli ideologici e antiamericani. La sua capacità di comunicare efficacemente lo ha reso un punto di riferimento per la sinistra liberale americana. Per Wolfers, il trumpismo non solo mina l’economia, ma svuota l’essenza stessa del sogno americano fondato su conoscenza, apertura e ambizione.
I Verdi vittime della propria strategia sull’AfD
Die Grünen werden zum Opfer ihrer AfD-Strategie
Nel tentativo di ottenere l’istituzione di una commissione d’inchiesta sul ruolo di Jens Spahn nella cosiddetta “mascherina-affäre”, i Verdi si trovano intrappolati dalla loro stessa linea politica: rifiutare qualsiasi cooperazione con l’AfD. Anche se la maggioranza necessaria in Parlamento potrebbe arrivare con l’appoggio dei deputati di destra, i Verdi si rifiutano di accettarla, pur continuando a considerare l’inchiesta necessaria. Secondo Jasper von Altenbockum, ciò mina la coerenza dell’azione politica: se si ritiene che la verità sia prioritaria, allora non si può rinunciare alla sua ricerca per motivi tattici. In questo modo, l’AfD finisce per dettare i confini della legittimità parlamentare, anche quando non è determinante. Il caso rivela la difficoltà dei partiti democratici nel gestire la presenza istituzionale dell’AfD, senza farsi strumentalizzare né rinunciare al proprio ruolo di controllo.
Infrastrutture e democrazia: tempi lunghi e legittimità a rischio
Kurze Verfahren schützen die Demokratie
Secondo Reinhard Müller, la fatiscenza delle infrastrutture in Germania – come il caso emblematico dei ponti – è anche il risultato di una distorsione dei processi democratici: le procedure urbanistiche e ambientali, nate per rafforzare la partecipazione civica, generano spesso frustrazione e sfiducia. L’esempio di progetti come Stuttgart 21 dimostra che tempi eccessivamente lunghi minano la legittimità delle decisioni pubbliche. Il nuovo fondo speciale per infrastrutture e neutralità climatica non sarà sufficiente se i processi autorizzativi resteranno lenti e farraginosi. La democrazia ha bisogno anche di efficienza visibile: strade, ferrovie e ponti funzionanti sono parte integrante della fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Più che aumentare le risorse, serve ridurre i tempi delle procedure, senza sacrificare le garanzie ambientali ma evitando che la tutela di ogni singolo coleottero si traduca in paralisi strutturale.
Il falso etichettamento del bilancio secondo Klingbeil
Klingbeils Etikettenschwindel mit dem Haushalt 2025
In un commento critico sul bilancio federale 2025, Claus Hulverscheidt accusa il ministro delle Finanze Lars Klingbeil di mascherare la realtà dietro una retorica di modernizzazione e responsabilità. Secondo l’autore, Klingbeil si presenta come “ministro degli investimenti” ma non adempie ai suoi compiti fondamentali: né riforma né consolida. Il bilancio da 500 miliardi di euro è reso possibile solo grazie alla sospensione della Schuldenbremse per le spese militari e all’introduzione di fondi speciali interamente basati su nuovo debito. Hulverscheidt critica la mancanza di selezione nelle priorità di spesa, la dipendenza da risorse straordinarie e l’assenza di riforme strutturali sul lungo termine. Il bilancio, secondo lui, è politicamente astuto ma tecnicamente superficiale, e proietta un'immagine illusoria di rigore e investimento. In definitiva, viene messo in dubbio che l’attuale approccio riesca a garantire né stabilità finanziaria né una vera modernizzazione dello Stato.
Politica estera e sicurezza
Cinque per cento per il suo buonumore
Fünf Prozent für seine gute Laune
Al vertice NATO dell’Aia, Donald Trump ottiene l’impegno formale dei membri dell’Alleanza a destinare il 5% del PIL alla difesa, obiettivo da lui promosso e sostenuto dal neo-cancelliere tedesco Merz. La formula, ideata da Rutte, distingue tra spesa militare diretta (3,5%) e investimenti in infrastrutture strategiche (1,5%). Non tutti gli alleati, come la Spagna, sono pronti a soddisfare questa soglia, e il linguaggio della dichiarazione finale resta volutamente ambiguo. Trump domina la scena con dichiarazioni su Iran e NATO, mentre l’Europa accetta il nuovo obiettivo come necessità autonoma di deterrenza, non solo per compiacere Washington. Rutte e altri evitano ogni critica al recente intervento armato americano contro l’Iran. La questione della legalità internazionale dell’attacco è aggirata. L’obiettivo di fondo resta rafforzare la capacità europea di difesa, ma il vertice si chiude come una messinscena centrata sull’umore presidenziale statunitense.
La Germania verso una linea più dura con Pechino: in visita il diplomatico cinese Wang Yi
Härtere Gangart? Erster Test für die neue deutsche China-Politik
All’inizio di luglio si è svolta a Berlino la visita di Wang Yi, massimo responsabile della politica estera cinese, considerata il primo banco di prova per la nuova strategia tedesca nei confronti di Pechino. Secondo un’analisi dell’Handelsblatt, il governo Merz intende adottare una “gangart” più decisa verso la Cina, dopo anni di approccio prudente. In cima all’agenda dei colloqui vi sono stati i temi spinosi del commercio e della tecnologia: Pechino ha appena imposto controlli sulle esportazioni di metalli rari (come gallio e germanio) cruciali per l’industria occidentale, mettendo in allarme Berlino. La delegazione tedesca – guidata probabilmente dal ministro degli Esteri Johann Wadephul e dal ministro dell’Economia – ha sollevato la questione, chiedendo alla Cina garanzie sul flusso di materie prime strategiche. Inoltre, questo incontro bilaterale ha preparato il terreno per il vertice UE-Cina previsto a fine luglio. Gli “argomenti critici non mancano”, nota il giornale, elencando anche i diritti umani e la situazione a Taiwan. Merz stesso, riferisce un esperto, non sarebbe rimasto impressionato dalla recente telefonata con Xi Jinping, durante la quale il presidente cinese avrebbe tenuto un lungo “discorso ammonitore” senza concessioni. Ciò avrebbe rafforzato in Merz la convinzione che serva maggiore fermezza: Handelsblatt indica che la Germania potrebbe coordinarsi con Francia e partner UE per ridurre alcune dipendenze da Pechino (ad esempio diversificando le catene di fornitura) e per definire “linee rosse” da non oltrepassare nei rapporti con il regime cinese. La visita di Wang Yi, conclusa senza incidenti ma nemmeno svolte sostanziali, è dunque servita a marcare la posizione: Berlino ribadisce impegni commerciali con la Cina, ma fa capire di non voler più evitare i nodi controversi, inaugurando una stagione di rapporti più schietti e orientati alla reciprocità.
Confini controllati: l’UE impotente di fronte ai nuovi blocchi intra-europei
Grenzkontrollen in Europa: Die EU reagiert machtlos
A partire dal 3 luglio, diversi paesi dell’UE hanno reintrodotto controlli alle frontiere interne, mettendo alla prova la libera circolazione di Schengen. La Süddeutsche Zeitung riferisce che la Polonia ha iniziato a presidiare 52 valichi al confine con la Germania, affiancando i controlli già in vigore dal lato tedesco. Varsavia sostiene di voler colpire solo i trafficanti di migranti, assicurando che i “normali viaggiatori non hanno nulla da temere”. Anche il Belgio si appresta a ripristinare controlli con i vicini, mentre altri paesi (come Austria e Danimarca) già li attuano da tempo. Bruxelles, tuttavia, osserva impotente: la Commissione UE “reagisce in modo inoffensivo” di fronte a queste deroghe unilaterali a Schengen, non avendo strumenti efficaci per opporsi alle decisioni nazionali motivate dalla sicurezza. Intanto, il governo tedesco – in particolare il ministro dell’Interno Alexander Dobrindt – spinge per un ulteriore irrigidimento delle politiche europee sull’asilo. Proprio su iniziativa tedesca si terrà a breve un insolito “vertice dell’asilo” sulla vetta dello Zugspitze, simbolicamente in alta quota, per concordare nuove misure restrittive a livello UE. Il commento allegato avverte che Dobrindt “si spinge su un terreno pericoloso” – alludendo sia alla location glaciale che al rischio politico di fratturare ulteriormente l’Europa. Nel complesso, l’articolo dipinge una Unione Europea divisa: i controlli nazionali ai confini interni si moltiplicano, segno che la fiducia reciproca è in calo, e Bruxelles non riesce a impedire questa erosione del principio di libera circolazione sancito dai trattati.
Le principali dichiarazioni del cancelliere Merz sulla politica estera
Die wichtigsten Botschaften aus Merz’ Regierungserklärung
Nel suo intervento al Bundestag prima della partenza per il vertice NATO all’Aia, il cancelliere Friedrich Merz ha delineato la linea del governo in materia di politica estera e sicurezza. Ha promesso un impegno deciso contro la minaccia russa in Ucraina e ha affermato che la Germania deve rafforzare il proprio contributo alla NATO. Ha criticato Israele per l’intensità della risposta militare a Gaza, pur ribadendo il diritto di difesa, e ha messo in guardia il presidente Trump contro scelte unilaterali che minacciano la coesione transatlantica. Merz ha dichiarato che Berlino deve mantenere autonomia e credibilità nei confronti sia di Washington che di Tel Aviv. Sul piano economico ha difeso le scelte della coalizione in tema di investimenti e riforme. Dall’opposizione sono arrivate critiche sul tono troppo “bellicoso” e sulla mancanza di visione diplomatica. Il discorso segna un tentativo di posizionamento assertivo della Germania nello scenario globale, con richiami all’autonomia strategica e alla difesa multilaterale.
Possibili piani di attacco in Germania: arrestato una presunta spia iraniano
In Teherans Visier
La SZ descrive l’arresto in Danimarca di un sospetto agente iraniano, Ali S., accusato di aver ricercato siti ebraici e israeliani in Germania con l’obiettivo di possibili attentati. Il BKA tedesco aveva segnalato alti rischi di «azioni asimmetriche» da parte della Brigata Al-Quds contro obiettivi israeliani o ebrei sul suolo tedesco. Tra i luoghi sorvegliati vi erano la sede della Società Germania-Israele e l’ufficio del presidente degli ebrei tedeschi Josef Schuster. Gli investigatori ritengono che il sospetto, prima di essere catturato, stesse fotografando possibili obiettivi per ordine della Quds-Brigade iraniana. L’ambasciata di Teheran a Berlino ha smentito le accuse, ma l’articolo cita l’opinione degli esperti sulla lunga serie di attività di spionaggio iraniano in Germania. Si evidenzia inoltre che a seguito degli attacchi israeliani all’Iran di metà giugno le autorità tedesche avevano aumentato le misure di sicurezza per le istituzioni ebraiche, confermando il timore di ritorsioni.
Ora Israele punta su una milizia anti-Hamas
Jetzt setzt Israel auf eine Anti-Hamas-Miliz
Die Welt segnala che a inizio giugno il premier Netanyahu ha confermato l’addestramento da parte di Israele di una milizia palestinese antihadista nella Striscia di Gaza. La milizia, chiamata “Forze Popolari” ed guidata dal leader beduino Jasser Abu Schabab, conta circa 300 miliziani. Essa opera in zone parzialmente controllate da Israele e dispone di basi attrezzate dentro i territori riconquistati da Tel Aviv. L’articolo riferisce che Abu Schabab e il suo clan avevano già un’influenza locale nel sud di Gaza. La creazione di queste unità antiterrorismo filoisraeliane è giustificata come forma di protezione per i soldati israeliani e come elemento di stabilizzazione nelle aree liberate. Tuttavia, la formazione di queste milizie è controversa: alcuni analisti temono che possano alimentare divisioni interne o mettere a rischio i civili. In sintesi, il pezzo sottolinea la novità della «milizia popolare anti-Hamas» come sviluppo del conflitto, motivando la scelta di Israele con la necessità di integrare forze locali nell’azione militare.
Ministro degli Esteri a Kiev: Germania e Ucraina vogliono rafforzare la cooperazione militare
Außenminister in Kiew: Deutschland und Ukraine wollen Rüstungskooperation ankurbeln
Secondo Die Zeit, il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul (CDU) ha promesso all’Ucraina un aumento della cooperazione nel settore armamenti, alla luce dei pesanti attacchi russi con droni e razzi. Wadephul ha definito questa alleanza militare bilaterale un «vero asso nella manica»: scambiando tecnologie, “con il vostro ingegno miglioreremo anche noi” ha detto, proponendo progetti congiunti nell’industria bellica. Il presidente Zelensky ha chiesto ulteriori sistemi missilistici Terra-Aria Iris-T (sei già consegnati, dieci promessi). Wadephul ha poi ribadito l’impegno tedesco a difendere l’Ucraina con forniture di difesa aerea e aiuti economici, affermando che «la libertà e il futuro dell’Ucraina sono la più importante missione» della Germania. In sintesi, l’articolo evidenzia come Berlino intenda ampliare la collaborazione militare con Kiev, sostenendo il rafforzamento delle capacità difensive ucraine attraverso forniture e partenariati tecnologici.
Bundesregierung vuole accelerare gli acquisti militari
Nachrichten im Ukraine-Krieg: Bundesregierung will Aufrüstung beschleunigen
Un aggiornamento taz segnala che il governo federale tedesco intende accelerare gli acquisti di difesa per la Bundeswehr. Il vicecapogruppo della CDU nel governo Merz ha avvertito che la sicurezza del Paese non va data per scontata, sollecitando ulteriori misure in ambito Difesa: «Non ci possiamo cullare in una falsa sicurezza». Anche il ministro Wadephul ha ammonito che il conflitto ucraino è una minaccia diretta alla pace tedesca. Inoltre si riferisce che la Baviera abbia propost uno straordinario potenziamento degli armamenti (migliaia di droni, carri armati, aerei, sistemi missilistici) per rafforzare la difesa nazionale. In sintesi, la taz delinea una crescente urgenza interna tedesca di rafforzare l’apparato militare, in risposta alle minacce del conflitto in Ucraina.
A partire dal 7 luglio: la Polonia introduce controlli al confine con la Germania
Ab dem 7. Juli: Polen führt Kontrollen an der Grenze zu Deutschland ein
Secondo il Tagesspiegel, il premier polacco Tusk ha annunciato che dal 7 luglio la Polonia attiverà controlli temporanei al confine con Germania e Lituania. La decisione è definita una “contromisura” dopo che la Germania aveva già imposto proprie verifiche anti-immigrati. Tusk ha spiegato che lo scopo è limitare i flussi migratori incontrollati e ha dichiarato di avere avvisato il governo tedesco già a marzo. Il cancelliere Merz ha commentato auspicando una soluzione comune europea al problema: «Voglio che risolviamo questo problema insieme». L’articolo ricorda che in area Schengen di norma non ci sono controlli di frontiera interni, ma la pratica tedesca di respingere migranti era già controversa. Si riportano anche tensioni politiche in Polonia (proteste del partito di destra PiS e di gruppi ultranazionalisti alla frontiera). In sintesi, il pezzo segnala un’escalation diplomatica tra Varsavia e Berlino sulle politiche migratorie ai confini, con la Polonia che reagisce alle restrizioni tedesche introducendo propri controlli.
Politica interna e questioni sociali
L’AfD si “ingentilisce” (a parole): codice di condotta per sembrare pronta a governare
AfD-Bundestagsfraktion beschließt Verhaltenskodex
Per la prima volta dalla sua entrata in Parlamento, il gruppo parlamentare dell’AfD si è dotato di un codice di condotta interno mirato a migliorare l’immagine e la disciplina dei propri deputati. Durante una riunione a porte chiuse a Berlino, i parlamentari dell’Alternativa per la Germania hanno convenuto regole che impongono un comportamento più moderato e decoroso durante le sedute del Bundestag. Il capogruppo nonché copresidente del partito, Tino Chrupalla, ha dichiarato che l’AfD intende presentarsi d’ora in poi come una forza “responsabile” e pronta a governare, abbandonando toni eccessivamente polemici o provocatori in Aula. Il codice impegna i membri a evitare conflitti di interesse e qualsiasi condotta potenzialmente corruttiva, ma soprattutto li esorta ad un “atteggiamento unito e moderato” per garantire credibilità all’azione politica del gruppo. Dietro questa svolta c’è la strategia dei vertici AfD – Alice Weidel e Chrupalla – di sdoganare il partito come partner di coalizione a livello federale in futuro. Non a caso, Weidel nei giorni scorsi ha attaccato i promotori di un possibile bando dell’AfD (inclusi alcuni esponenti CDU) paragonandoli ai censori della Germania nazista, un’affermazione controversa che tuttavia mira a dipingere l’AfD come vittima di ostracismo politico. La stampa nota l’ambiguità: da un lato l’AfD vuole apparire più istituzionale – rinunciando magari alle invettive urlate in plenaria e alle provocazioni contro gli altri partiti – dall’altro i suoi leader continuano a utilizzare retorica incendiaria (il paragone con il regime hitleriano è stato aspramente criticato). Molti osservatori rimangono scettici che un semplice Verhaltenskodex possa modificare la natura radicale di certi membri AfD. Tuttavia, nei sondaggi il partito vola e supera il 20%, e questa mossa riflette la volontà di rassicurare quell’elettorato borghese che chiede stabilità. Se davvero i deputati AfD “abbasseranno i toni” in Parlamento, sarà interessante vedere come reagiranno gli altri gruppi: alcuni temono che così facendo l’AfD riesca ancor più a normalizzarsi agli occhi degli elettori, guadagnando ulteriore terreno nel dibattito politico tedesco.
Verdi all’opposizione: “più combattivi, più ecologisti, più… bagni nelle scuole!”
Strategie der Grünen: Mehr Kampf, mehr Klima, mehr Schulklo
Dopo l’uscita dal governo, il partito dei Grünen sta ridefinendo la propria identità all’opposizione con una parola d’ordine: combattività. In un’intervista e durante la riunione programmatica del gruppo parlamentare verde il 30 giugno, le due capogruppo Britta Haßelmann e Katharina Dröge hanno dichiarato che la linea dei Verdi sarà d’ora in avanti “più battagliera” su tutti i fronti. Ciò significa, innanzitutto, accentuare ancor di più i temi ecologici: i Verdi promettono di incalzare il governo Merz ogni giorno sull’emergenza climatica, opponendosi a qualsiasi passo indietro rispetto agli obiettivi di riduzione CO₂. Dröge ha esplicitamente detto che il partito “imparerà a sopportare il vento contrario” – riferendosi probabilmente alle critiche e allo scherno subiti durante la partecipazione al governo – e che anzi risponderà alzando la voce su questioni come energie rinnovabili, mobilità sostenibile e tutela della biodiversità. Non solo clima: “più lotta” per i Verdi significa anche difendere con vigore diritti civili e politiche sociali progressiste. L’ironica aggiunta “più bagni scolastici” nel motto (che dà il titolo a un articolo su FAZ) allude al fatto che i Verdi vogliono radicarsi nei problemi concreti della gente: ad esempio, hanno lanciato campagne per migliorare le infrastrutture nelle scuole (simbolo ne sono i servizi igienici spesso fatiscenti). Passare all’opposizione, dopo l’esperienza tormentata nel governo Scholz, ha rivitalizzato la base ecologista – sostiene Haßelmann – e ora il partito può tornare a essere “la spina nel fianco” del potere sui suoi temi chiave. Certo, restano sfide aperte: i sondaggi post-elettorali davano i Verdi in calo, e parte dell’elettorato ambientalista si è rifugiato nell’astensione o persino nell’AfD. Per riconquistarlo, la nuova strategia punta sulla visibilità (interventi duri in Bundestag, presenza nelle piazze a fianco dei movimenti per il clima) e sulla chiarezza identitaria. In parole povere, i Verdi tornano alle origini militanti: meno compromessi, più ideali – “più lotta, più clima”. Con questa ricetta sperano di recuperare consensi e di tornare a influenzare l’agenda politica tedesca anche stando tra i banchi dell’opposizione.
Welfare nel mirino: il governo pensa a tagli al Bürgergeld, sindacati in rivolta
Il nuovo esecutivo Merz sta valutando una linea più rigorosa sulle politiche sociali, in particolare sul Bürgergeld (il sussidio di disoccupazione/reddito minimo introdotto dalla precedente coalizione). In un’intervista, Carsten Linnemann (CDU) – considerato il “falco” sul welfare nel gabinetto Merz – ha affermato che “il Bürgergeld così com’è non funziona: va ridotto per stimolare il ritorno al lavoro”. Voci di corridoio indicano che il governo potrebbe reintrodurre sanzioni più dure per i beneficiari che rifiutano offerte di lavoro: ad esempio, tagli del 30% dell’assegno per tre mesi in caso di diniego ingiustificato di un impiego. Inoltre, si studiano risparmi di “alcune decine di miliardi” sul bilancio sociale entro il 2026, destinando parte di queste risorse a finanziare la riduzione della Stromsteuer di cui sopra. I sindacati e le associazioni di categoria sono insorti. La DGB (Confederazione dei Sindacati Tedeschi) ha pubblicato il 7 luglio una nota dura: “Chi taglia il Bürgergeld favorisce la povertà, non il lavoro”, ha dichiarato il leader regionale Hessen-Thüringen, criticando anche l’idea di scambiare risparmi sul welfare con un calo delle tasse sull’energia. I Ver.di (sindacato dei servizi) hanno ricordato che già oggi le prestazioni sociali tedesche sono ai minimi storici in rapporto al costo della vita, e che in molte città il Bürgergeld non copre nemmeno gli affitti. Dal canto suo, Lars Klingbeil (SPD) ha segnalato che il suo partito si opporrà a qualunque “sforbiciata sociale” sproporzionata: “Non permetteremo che si faccia cassa sulla pelle dei disoccupati per finanziare le promesse fiscali della CDU”, ha dichiarato in Parlamento. L’ala liberale (FDP), all’opposizione, invece incalza il governo a procedere: Christian Lindner ha twittato che “il Bürgergeld va superato: il lavoro deve convenire di più dell’assistenza”. Il dibattito è quindi rovente. La popolazione è spaccata: un sondaggio di fine giugno mostra che il 35% è favorevole a sanzioni più dure e tagli al sussidio, mentre circa la metà ritiene adeguate le regole attuali. Merz, consapevole della delicatezza del tema, ha istituito una commissione mista governo-maggioranza per formulare proposte entro l’autunno. In sintesi, il welfare tedesco è in fase di revisione restrittiva, e il confronto politico-sociale si preannuncia aspro: da un lato chi invoca rigore e incentivi al lavoro, dall’altro chi teme un aumento della povertà e della disuguaglianza.
Polonia pronta a rimuovere i controlli se la Germania farà lo stesso
Polen will Grenzkontrollen wieder aufheben, wenn Deutschland mitzieht
Varsavia ha annunciato che ritirerà i controlli alla frontiera con la Germania se Berlino farà lo stesso. Il ministro dell’Interno Tomasz Siemoniak ha sottolineato l’attaccamento polacco alla libertà di circolazione nell’UE, ma ha anche ribadito la necessità di rafforzare le frontiere esterne, non quelle interne. La Germania aveva introdotto controlli rafforzati nel 2023 per contrastare l’immigrazione illegale, misura poi prorogata nel 2025. In risposta, la Polonia ha avviato proprie verifiche di frontiera, limitate nel tempo ma potenzialmente estendibili. Il governo polacco insiste sulla responsabilità condivisa nella gestione dei confini UE, chiedendo a Lituania e Lettonia di rafforzare la sorveglianza. La dichiarazione riapre il dibattito interno tedesco su Schengen, asilo e sicurezza, in un contesto di tensioni bilaterali crescenti.
I Verdi dell’Assia chiedono 100 milioni per sostenere le università regionali
Hessische Hochschulen sollen von Lockerung der Schuldenbremse profitieren
In Assia si riaccende lo scontro sulla finanziabilità del nuovo Hochschulpakt, il patto triennale per le università regionali. Il capogruppo dei Verdi, Mathias Wagner, propone di stanziare già nel 2025 un fondo straordinario di 100 milioni di euro per compensare l’aumento delle retribuzioni del personale universitario. Secondo Wagner, il margine aggiuntivo di indebitamento creato dalla recente riforma federale sulla Schuldenbremse consente ora di agire. Il nuovo tetto consentirebbe all’Assia un margine di circa un miliardo di euro annuo. Il ministro SPD Timon Gremmels ha però ricordato che l’attuale quadro finanziario deriva da un accordo sottoscritto anche dai Verdi nella precedente legislatura. La proposta dei Verdi non risolverebbe il deficit strutturale nel finanziamento 2026–2031, ma eviterebbe tagli immediati a posti di lavoro, cattedre e corsi di studio già nel semestre invernale 2025/26. La misura resta politicamente controversa e riflette una crescente tensione sulla tenuta delle infrastrutture accademiche regionali.
La nuova tattica dell’AfD: continuità di contenuto, cambio di tono
Ganz die Alten, aber anders: Die neue Taktik der AfD ist riskant
L’AfD ha annunciato l’intenzione di moderare la propria immagine per avvicinarsi all’elettorato conservatore e rendersi potenzialmente compatibile con la CDU. Tuttavia, le dichiarazioni di Alice Weidel, che ha accusato il governo di “tradimento elettorale” e paragonato l’SPD a Hitler, contraddicono l’intento dichiarato. Il partito mira a mantenere un doppio registro: rassicurare la propria base radicale e al contempo mostrarsi istituzionalmente affidabile. L’eliminazione del termine “Remigrazione” dal nuovo programma sulla sicurezza nazionale non implica un ripensamento dei contenuti, ma solo una strategia di comunicazione più pragmatica. La dirigenza spera di guadagnare nuovi voti senza perdere il consenso del blocco duro, ma la linea è fragile. All’interno del partito cresce il dissenso: alcuni esponenti, come Björn Höcke, respingono ogni tentativo di adattamento. La leadership cerca un equilibrio tra visibilità, provocazione e normalizzazione, ma il rischio di frammentazione interna rimane elevato.
«Il Bundestag non è un tendone da circo»: la frase di Merz scatena polemiche
„Kein Zirkuszelt“: Merz-Aussage sorgt für Empörung
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha suscitato forti critiche con la sua dichiarazione secondo cui il Bundestag «non è un tendone da circo», riferendosi al divieto di issare la bandiera arcobaleno in occasione del Christopher Street Day. Le sue parole, pronunciate durante un talk show ARD, sono state giudicate offensive da esponenti del suo stesso partito e soprattutto dal partner di coalizione SPD, che ha chiesto un ripensamento. La responsabile federale per le politiche queer ha definito l’affermazione irrispettosa, mentre SPDqueer e l’associazione LSVD hanno chiesto pubbliche scuse. Alcuni esponenti della sinistra sono arrivati a definire Merz un «clown alla guida del Paese». La frase è stata interpretata come segnale di arretramento culturale, proprio mentre crescono in Germania episodi di ostilità contro le minoranze LGBTI+. La polemica mette in luce una frattura simbolica ma significativa all’interno della coalizione di governo.
Wagenknecht: “La CDU dovrebbe considerare un’alleanza con l’AfD”
„Eigentlich sollte die CDU Interesse haben, mit der AfD zu koalieren“, sagt Wagenknecht
In un’intervista a Welt TV, Sahra Wagenknecht ha affermato che la CDU dovrebbe prendere in considerazione un’alleanza di governo con l’AfD, sostenendo che la strategia dell’isolamento si è rivelata fallimentare. La leader di BSW ha criticato le cosiddette "coalizioni di tutti contro uno" come sterili e incapaci di rispondere al malcontento diffuso nel Paese. Secondo Wagenknecht, una parte rilevante dell’elettorato, specialmente nell’est della Germania, si sente abbandonata e cerca rappresentanza proprio nell’AfD. Pur negando contatti ufficiali tra BSW e AfD a livello federale, ha ammesso la presenza di scambi a livello parlamentare regionale. Le sue dichiarazioni hanno suscitato forti reazioni, anche all’interno del proprio partito, dove la co-leader Amira Mohamed Ali ha escluso ogni possibilità di cooperazione. Le posizioni di Wagenknecht alimentano il dibattito sul futuro della cosiddetta “Brandmauer” e sulla legittimità politica dell’AfD.
Industria della Difesa e questioni militari
Bilancio record per la difesa: sette brigate corazzate e centinaia di nuovi tank
Aufrüstung der Bundeswehr: Hunderte Panzer für die Bundeswehr geplant
La grande coalizione CDU-SPD sta stanziando risorse senza precedenti per la modernizzazione delle forze armate tedesche. Secondo dati di bilancio riportati dalla stampa, nel solo 2025 saranno spesi circa 95 miliardi di euro in difesa – somma che include sia il budget ordinario sia attingimenti dal fondo speciale – e ben 649 miliardi complessivi entro il 2029. Questo sforzo finanziario ha un obiettivo preciso: permettere alla Germania di soddisfare il nuovo requisito NATO di investire il 5% del PIL nella difesa e di schierare sette nuove brigate corazzate entro il 2030. Ciò implica l’acquisto di un enorme quantitativo di mezzi: oltre 600 carri armati Leopard 2 di ultima generazione (necessari per equipaggiare 7 battaglioni corazzati) e quasi 400 nuovi veicoli da combattimento per fanteria (Puma o successori). In aggiunta, i media (tra cui Bild e Bloomberg) riferiscono che il ministro Pistorius sta per finalizzare un “mega-ordine” da 25 miliardi di euro destinato a 2.500 veicoli blindati ruotati Boxer per la trasporto truppe. Le commesse andranno a beneficio dei costruttori nazionali: la produzione dei Leopard sarà affidata a KNDS (Krauss-Maffei) a Monaco, mentre Rheinmetall fornirà i mezzi ruotati e altri sistemi. Il piano di potenziamento impressiona per scala e velocità: le spese militari tedesche passeranno da ~62 miliardi nel 2024 a oltre 118 miliardi nel 2026 e 129 miliardi nel 2027. Questo rilancio, impensabile solo pochi anni fa, viene giustificato con la minaccia russa (“la brutale aggressione di Putin in Europa” è definita un monito nel documento finanziario). Le forze armate tedesche, dopo decenni di tagli, si preparano dunque a un’epoca di espansione: più soldati, più armamenti pesanti e una presenza rafforzata sul terreno (come dimostra la prima brigata corazzata inviata stabilmente in Lituania a maggio). I critici avvertono però che spendere molto non garantisce automaticamente risultati: sarà cruciale impiegare questi fondi con efficienza, evitando i ritardi e gli sprechi che spesso hanno afflitto i programmi militari in passato.
Il piano di Pistorius per il servizio militare: quando la volontarietà diventa obbligo
Pistorius’ Wehrdienst-Plan: Wann aus Freiwilligkeit Pflicht wird
Il ministro della Difesa Boris Pistorius ha presentato una proposta di legge per riformare il servizio militare, mirando a colmare il grave deficit di personale della Bundeswehr. Il modello prevede un approccio misto ispirato alla Svezia, con una prima fase su base volontaria e un meccanismo di transizione alla coscrizione obbligatoria se non si raggiungono gli obiettivi numerici o se la situazione geopolitica lo richiede. La leva potrebbe diventare obbligatoria anche in assenza di un formale stato di emergenza, con decisione del Bundestag. La proposta non stabilisce però soglie quantitative vincolanti, sollevando critiche dall’Unione (CDU/CSU), che denuncia l’assenza di chiarezza e urgenza. Attualmente mancano circa 90.000 soldati per soddisfare gli impegni NATO entro il 2035. Il compenso per i coscritti sarà superiore ai 2.000 euro netti. Restano forti resistenze all’interno della SPD e possibili ricorsi alla Corte costituzionale per disparità nell’obbligo di leva. Il piano cerca un equilibrio tra efficacia e consenso, ma i tempi stringono.
“Non ho scrupoli a premere il grilletto”: volontari tedeschi in prima linea in Ucraina
Deutscher im Krieg: „Ich habe keine Skrupel, den Abzug zu betätigen“
Un reportage esclusivo di Die Welt segue da vicino alcuni cittadini tedeschi arruolatisi volontari in Ucraina per combattere l’esercito russo. Nel battaglione internazionale Azov, un’unità d’élite ucraina, militano anche giovani tedeschi, come il 21enne soprannominato “Shiny”, originario del Meclemburgo-Pomerania. Il giornalista Steffen Schwarzkopf li ha accompagnati sul fronte orientale, descrivendo in dettaglio la brutalità dei combattimenti e la costante vicinanza della morte. I volontari raccontano di essersi uniti per convinzione: difendere l’Ucraina contro l’aggressione di Mosca è per loro una scelta di principio, pur sapendo di mettere in gioco la propria vita in un paese “straniero”. “Non ho alcuno scrupolo ad aprire il fuoco” confessa uno di loro – segno della determinazione assoluta con cui affrontano il nemico russo. Il pezzo mette in luce anche l’aspetto organizzativo: i tedeschi combattono inquadrati nell’Azov International e ricevono un addestramento essenziale, ma le condizioni al fronte sono estreme. Si dorme in trincea o in rifugi di fortuna, costantemente sotto tiro dell’artiglieria. Eppure, questi volontari europei restano motivati: citano ragioni ideali (fermare l’imperialismo russo) e personali (alcuni hanno origini ucraine o amici sul posto). Il reportage sottolinea come la guerra in Ucraina attiri combattenti occidentali che accettano di oltrepassare ogni esitazione morale: chi è sul campo, affermano, non può permettersi dubbi – deve premere il grilletto per sopravvivere e proteggere i commilitoni. L’articolo offre quindi uno spaccato crudo e umano del coinvolgimento diretto di cittadini tedeschi nel conflitto, un fenomeno poco noto che però lega ancora di più la Germania alle vicende della guerra.
Accusa tedesca alla Cina: laser militare contro un aereo della Bundeswehr nel Mar Rosso
Chinesischer Laserangriff auf deutsches Flugzeug
Il governo tedesco ha convocato l’ambasciatore cinese a Berlino dopo che un aereo impiegato dalla Bundeswehr nella missione europea Aspides è stato colpito da un laser militare cinese nel Mar Rosso. L’aeromobile, operato da un fornitore civile con personale militare tedesco a bordo, è stato “illuminato” da una fregata cinese senza preavviso, costringendo l’equipaggio a interrompere la missione per precauzione. Il velivolo è atterrato in sicurezza a Gibuti. Berlino considera il gesto un atto ostile e pericoloso per il personale. L’incidente si inserisce in un contesto di crescente assertività cinese nella regione: Pechino mantiene una base navale a Gibuti e gode di trattamento preferenziale da parte della milizia Huthi. Parallelamente, la Cina è stata accusata da Washington di supportare con immagini satellitari le operazioni dei ribelli yemeniti. Il Mar Rosso è cruciale per il commercio marittimo cinese con l’Europa, e la pressione diplomatica tedesca riflette l’interesse strategico europeo per la libertà di navigazione nella regione.
Steinmeier da Riga: «La Germania non deve cedere all’autosvalutazione»
Steinmeiers Warnung vor deutschen Selbstzweifeln
Durante una visita ufficiale nei Paesi Baltici, il presidente federale Frank-Walter Steinmeier ha ribadito l’impegno della Germania per la sicurezza della NATO sul fianco orientale, sottolineando la presenza della corvetta tedesca Braunschweig a Riga come prova concreta della solidarietà verso la Lettonia. Accompagnato dal presidente lettone Rinkēvičs, Steinmeier ha visitato la base e incontrato rappresentanti dell’industria bellica tedesca, confermando i piani di Rheinmetall per uno stabilimento in Lettonia. Pur rifiutando di ritrattare le sue critiche del 2016 alle esercitazioni NATO in Europa orientale, Steinmeier ha riconosciuto che l’attuale contesto è mutato radicalmente. Ha inoltre sollecitato maggiore coesione interna in Germania e meno sfiducia nei confronti dell’impegno tedesco, avvertendo che il vero rischio proviene dal calo del sostegno americano. La visita rafforza l’immagine di una Germania attivamente impegnata nella deterrenza, nella cooperazione industriale e nella sicurezza collettiva in Europa orientale.
Perché il settore della difesa rischia una carenza di acciaio
Warum droht der Rüstungsindustrie ein Stahlengpass
La FAZ analizza il rischio di carenza di acciaio specifico per le imprese di armamenti. Si nota che la produzione di acciaio per blindati avviene in volumi molto bassi ma con forti margini di profitto, rendendola poco redditizia per le fonderie ordinarie. Nonostante un’eccedenza di produzione globale, gli stabilimenti della difesa possono rimanere scoperti perché solo pochi fornitori realizzano l’acciaio speciale richiesto per carri armati e veicoli corazzati. L’articolo cita anche la visita del ministro della Difesa Pistorius in una fonderia di produzione di acciaio militare, sottolineando l’importanza strategica di mantenere una filiera affidabile nell’industria bellica. In sintesi, si evidenzia come, in un contesto di aumento degli ordini di armamenti, la disponibilità di materie prime essenziali – in particolare acciai speciali – potrebbe diventare un collo di bottiglia per la capacità produttiva militare.
Il segnale più chiaro a Putin: riattivare subito la leva obbligatoria
Die Wehrpflicht so schnell wie möglich reaktivieren
In un commento pubblicato sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, Berthold Kohler sostiene che il modo più efficace per rafforzare la credibilità della Germania in ambito NATO e lanciare un messaggio chiaro a Mosca consista nella riattivazione immediata della leva obbligatoria. Il piano del ministro della Difesa Boris Pistorius prevede, in prima istanza, un servizio militare volontario reso più attrattivo grazie a un aumento significativo della paga, ma non esclude il ricorso alla coscrizione qualora non si raggiungano i numeri promessi all’Alleanza: 260.000 soldati attivi e 200.000 riservisti entro il 2035. Secondo Kohler, la resistenza interna alla SPD, fondata su un pacifismo datato, rischia di ostacolare la preparazione concreta alla deterrenza. Serve invece, afferma, un piano vincolante con scadenze e obiettivi precisi, evitando ogni rinvio: non si può attendere che la minaccia si materializzi alle frontiere baltiche. Solo la reintroduzione tempestiva della leva, conclude, garantirebbe la credibilità del dispositivo di difesa nazionale.
Danimarca: leva obbligatoria anche per le donne, selezione tramite lotteria
Dänemark ruft Frauen per Lotterie zum Dienst
Dal 1° luglio 2025, la Danimarca ha esteso la leva obbligatoria anche alle donne, trasformando il precedente servizio volontario in un sistema paritario. Il Parlamento ha inoltre deciso di allungare il servizio da 4 a 11 mesi, con sei mesi di formazione operativa dopo i cinque di base. I coscritti potranno essere impiegati anche in missioni all’estero, come nel battaglione danese di stanza in Lettonia. La riforma risponde al mutato contesto strategico causato dall’invasione russa dell’Ucraina e riflette la linea dura della premier Mette Frederiksen, che ha fissato la spesa per la difesa al 3% del PIL. Il personale resta però una criticità: le forze armate, con soli 9.000 professionisti, devono reclutare più riservisti, nonostante le difficoltà dovute alla piena occupazione. La selezione dei coscritti avviene per sorteggio, secondo un modello simile a quello norvegese, ma le limitazioni logistiche fanno sì che il numero dei reclutati diminuisca temporaneamente. La riforma implica anche l’adattamento alle esigenze delle soldatesse, in aumento da anni.
La Bundeswehr prepara il sistema sanitario tedesco allo scenario di guerra
Bewaffnete Ärzte, die sich und ihre Patienten verteidigen
Secondo il generale medico Ralf Hoffmann, la Germania deve prepararsi a uno scenario di guerra che potrebbe coinvolgere direttamente il territorio nazionale. Lo scenario delineato prevede quattro fasi: attacchi ibridi, mobilitazione nemica, attivazione della clausola NATO e minaccia al territorio tedesco. La Bundeswehr stima fino a 1000 soldati feriti al giorno, cui si aggiungerebbero vittime civili e alleate. I cinque ospedali militari tedeschi non sono sufficienti, quindi la responsabilità ricadrebbe principalmente sulle strutture sanitarie civili. Hoffmann sottolinea l’importanza della medicina ambulatoriale, dell’integrazione con le cliniche universitarie e della collaborazione tra Stato e Länder. Mancano personale, attrezzature, capacità ospedaliere e una catena logistica farmacologica sicura. Il governo lavora a un nuovo Gesetz zur Gesundheitssicherung, dopo che la proposta precedente è fallita. Nel frattempo, il servizio sanitario militare prevede l’acquisto di treni per evacuazioni, il dispiegamento di medici armati al fronte e l’uso di droni per il recupero di feriti. L’obiettivo è rafforzare la resilienza sanitaria in caso di conflitto.
Difesa: la Germania deve parlare di uno scudo nucleare
Verteidigung: Deutschland muss über einen atomaren Schutzschirm sprechen
Un editoriale sulla SZ commenta la proposta di Jens Spahn (CDU) di discutere un possibile “scudo nucleare europeo” autonomo dagli USA. L’autore, Nicolas Richter, ammette che Spahn è noto per provocazioni, ma ritiene che il tema meriti confronto. Alcuni esperti sostengono già da tempo la necessità di una deterrenza atomica propria dell’Europa. Si sottolinea che attualmente gli arsenali Usa garantiscono la protezione nucleare del Vecchio Continente, ma che un dibattito sull’indipendenza potrebbe servire a rafforzare l’autonomia strategica europea. In sintesi, l’articolo spinge affinché la Germania e i suoi partner Ue valutino una linea di difesa nucleare comune, senza tabù ideologici, visto l’attuale contesto di tensione internazionale.
Rivoluzione delle armi tedesche: la Bundeswehr stila una lista di priorità
Verteidigung: Bundeswehr erstellt Prioritätenliste für Beschaffungsprojekte
Die Zeit riferisce che la Bundeswehr, dopo l’allentamento del tetto al debito per la spesa militare, ha preparato una lista di priorità per i nuovi sistemi d’arma. Il generale Carsten Breuer, ispettore generale, ha indicato che in cima alle priorità ci sono i droni e i sistemi per la loro difesa, nonché capacità di rete e nuove soluzioni per l’antiaerea e attacchi di precisione. Altri acquisti urgenti includono munizioni, veicoli di trasporto per le truppe e equipaggiamenti speciali per le unità del genio. Breuer ha annunciato anche test prossimi di droni semi-autonomi. La notizia evidenzia che la Germania punta a modernizzare rapidamente le Forze Armate investendo in tecnologia avanzata: ad esempio, CDU e SPD intendono accelerare le forniture di equipaggiamento militare e presentare presto un elenco di sistemi urgenti. In sintesi, l’articolo descrive una svolta nella politica di difesa tedesca, con piani di acquisto coordinati che privilegiano capacità chiave per il 2029, come droni e difesa aerea.
Cresce solo una cosa: la massiccia frustrazione all’interno della Bundeswehr
„Derzeit wächst nur eines: massive Frustration innerhalb der Bundeswehr“
In questa intervista il professore Neitzel analizza la Bundeswehr come un “caso da riformare”, denunciando l’alta frustrazione esistente tra i soldati. Si sostiene che la politica trascuri i problemi reali dell’esercito e che il desiderio di Putin di aggredire la NATO va preso sul serio. Neitzel avverte che non bisogna illudersi sulla sicurezza nazionale. L’articolo evidenzia la necessità di riforme interne alla difesa tedesca per aumentare la prontezza e la capacità di deterrenza, ricordando che serve preparare il paese a possibili scenari aggressivi (come quello russo). In sintesi, Neitzel conclude che, senza interventi concreti, la Bundeswehr resterà indebolita a causa del malcontento interno e che la Germania deve intensificare gli sforzi per non sottovalutare le minacce dell’est.
Fornaci militari ucraine nasceranno in Danimarca
Ukrainische Rüstungsfabriken entstehen in Dänemark
Il Tagesspiegel informa che l’Ucraina aprirà stabilimenti di produzione di armamenti in Danimarca. A Copenaghen è stato firmato un accordo bilaterale per costituire impianti congiunti, dove alcune tecnologie militari ucraine verranno assemblate direttamente sul posto. È la prima volta che Kiev estende la propria industrializzazione bellica al di fuori del proprio territorio, passando da semplici esportazioni all’insediamento produttivo. In concreto, il ministro della Difesa strategica Herman Smetanin e l’omologo danese Bødskov hanno annunciato che fabbriche comuni lavoreranno su sistemi di difesa. In sintesi, questo sviluppo rappresenta un importante passo di internazionalizzazione dell’industria bellica ucraina, teso a potenziare la produzione tramite collaborazioni estere.
Clausole “civili” sotto pressione: l’esercito spinge nelle università
Zivilklauseln unter Druck: Das Militär drängt an die Unis
La taz segnala che il dibattito sulle clausole di ricerca «solo civile» nelle università si è riacceso a un anno dalle elezioni. Molte università (circa il 20%) si impegnano per statuto a vietare ricerca militare. Ma alcune forze politiche di governo intendono eliminare questo divieto: il candidato Cancelliere Verdi Habeck propone di riconsiderare la netta separazione tra ricerca civile e militare, mentre CDU e FDP vogliono abolire le clausole e creare istituti di ricerca militare stile USA. L’articolo descrive l’aumento delle esercitazioni dell’esercito nei campus (esempio alla TUM di Monaco) e la pressione politica perché le università possano fornire risultati anche a fini militari. In sintesi, si evidenzia il contrasto tra l’imposizione della guerra totale (gli Usa chiedono una cooperazione scientifica con finalità dual-use) e la resistenza tradizionale delle università tedesche: il clima politico attuale spinge verso la rimodulazione delle clausole civili per favorire la ricerca bellica.
Missione Kiev: il ministro Wadephul rilancia cooperazione e supporto militare tedesco
Wadephul in der Ukraine: Er hat nicht nur Rüstungsvertreter im Schlepptau
Appena insediato, il nuovo ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul si è recato in Ucraina per dimostrare l’impegno concreto di Berlino nella difesa del paese aggredito. Come riferisce FAZ, Wadephul è giunto a Kiev accompagnato non solo da diplomatici ma anche da rappresentanti dell’industria bellica tedesca, a indicare la volontà di intensificare la cooperazione militare con l’Ucraina. Sullo sfondo di edifici sventrati dai missili russi – Wadephul è stato fotografato accanto a un palazzo distrutto insieme al vice capo dell’ufficio di presidenza ucraino, Ihor Zhovkva – il ministro ha ribadito il pieno sostegno di Berlino alla resistenza ucraina. In particolare, ha annunciato iniziative per accelerare le forniture di armi e munizioni e per avviare partnership industriali: l’obiettivo è sia aiutare Kiev a respingere l’invasione, sia gettare le basi per una cooperazione nel settore della difesa a lungo termine. Wadephul ha sottolineato l’importanza di riportare l’attenzione internazionale sulla guerra in Ucraina (“den Fokus wieder auf den Abwehrkrieg lenken”), in un momento in cui altre crisi rischiano di distogliere l’Occidente. La visita è servita inoltre a discutere di programmi di addestramento aggiuntivi per i soldati ucraini e di possibili coproduzioni di armamenti sul suolo europeo. Secondo FAZ, Wadephul – pur essendo in carica solo da poche settimane – ha voluto dare un segnale di continuità e persino di rafforzamento rispetto alla Zeitenwende: la Germania di Merz non solo continuerà a fornire equipaggiamento militare avanzato (dai carri Leopard ai missili anti-aerei), ma intende anche coinvolgere l’industria privata per garantire all’Ucraina un flusso costante di mezzi bellici. In sintesi, la missione a Kiev mostra che Berlino sta legando strettamente il proprio comparto difesa al sostegno ucraino, investendo sia sul piano politico sia su quello industriale nella vittoria di Kiev.
Servizio militare “new style”: il piano Pistorius per avere 260 mila soldati
Bundeswehr: Pistorius strebt Bundeswehr mit 260.000 aktiven Soldaten an
Il ministro della Difesa Boris Pistorius (SPD) ha presentato un progetto di riforma volto a rafforzare significativamente gli organici della Bundeswehr, introducendo un nuovo modello di servizio militare volontario e preparando il terreno a un eventuale ritorno della leva obbligatoria. Come riportato da Die Zeit, l’idea è di far partire nella primavera 2026 un “Wehrdienst” rinnovato, della durata di 6 o 12 mesi, aperto a giovani volontari che riceverebbero incentivi (ad esempio uno stipendio netto di oltre 2.000 euro mensili). L’obiettivo quantitativo è ambizioso: reclutare 114.000 volontari entro il 2029 e, grazie a questi e a nuovi arruolamenti, portare il numero di effettivi in servizio attivo a circa 260.000 entro il 2035 (dagli attuali ~182.000). Il piano – delineato in un briefing riservato ai deputati di CDU/CSU e SPD – prevede di sottoporre il relativo disegno di legge al Parlamento entro fine agosto 2025. Contestualmente, Pistorius mantiene aperta l’ipotesi di reintrodurre formalmente la coscrizione obbligatoria più avanti, almeno per alcuni ruoli, anche se la questione resta politicamente controversa. La motivazione principale è rispettare i nuovi impegni NATO: come annunciato al vertice di Vilnius, gli Alleati puntano ad espandere le forze – per la Germania, significherebbe 60.000 soldati in più – e garantire una presenza robusta sul fianco est. Il commento delle forze armate è prudente: rendere appetibile il servizio volontario non sarà facile e molti dubitano che basti per colmare le carenze di personale. Tuttavia, il governo è determinato: dopo aver avviato il massiccio riarmo tecnologico, ora si investe sul fattore umano. Pistorius, forte del consenso guadagnato come ministro operativo, intende così realizzare la promessa che “la Bundeswehr diventerà l’esercito più forte d’Europa”.
Questioni economiche e finanziarie
Allarme insolvibilità: boom di crediti deteriorati nelle banche tedesche
Insolvenzen und Immobilien: Faule Kredite in deutschen Bankbilanzen steigen stark an
Uno studio della società di consulenza BearingPoint, citato dalla Süddeutsche Zeitung, rivela che la Germania nel 2024 ha registrato il più alto aumento di crediti bancari a rischio d’insolvenza di tutta Europa. I cosiddetti Non-Performing Loans (NPL) nei bilanci delle banche tedesche sono cresciuti del 24,9% in un anno, un balzo impressionante rispetto alla media europea di appena +1,1%. La causa principale è il combinato disposto di due fattori: da un lato il forte incremento delle procedure fallimentari aziendali in Germania nel 2024 (dopo anni di calo, molte imprese indebitate non hanno retto l’aumento dei tassi di interesse e i costi energetici), dall’altro la crisi del settore immobiliare commerciale, con massicce svalutazioni e insolvenze di operatori edili e fondi immobiliari. In particolare, costruttori e investitori in uffici e centri commerciali hanno subito perdite pesanti a causa di tassi in rialzo e riduzione della domanda, lasciando crediti inesigibili nelle casse delle banche. Questa situazione preoccupa non solo gli istituti di credito ma anche gli economisti: un aumento così significativo dei crediti deteriorati potrebbe indurre le banche a irrigidire l’erogazione di finanziamenti, frenando la crescita economica generale. La SZ osserva che i dati smentiscono il luogo comune di una Germania virtuosa sul fronte bancario: se durante la pandemia le insolvenze erano state artificialmente contenute da aiuti statali, con la normalizzazione post-Covid sta emergendo un “effetto arretrato” di fallimenti. Il governo è consapevole del problema: il ministro delle Finanze Klingbeil ha incontrato a fine giugno i vertici di Deutsche Bank e Commerzbank per valutare la tenuta del sistema, ottenendo rassicurazioni sulla solidità patrimoniale. Tuttavia, l’articolo nota come nessun altro grande paese UE – nemmeno l’Italia tradizionalmente afflitta dagli NPL – abbia visto un balzo simile nel 2024. Ciò significa che la Germania sta attraversando una fase di correzione economica più brusca, con settori prima floridi ora in difficoltà (edilizia su tutti). La speranza è che il peggio sia concentrato nel 2024: se nel 2025 l’economia si stabilizzerà (il PIL è previsto quasi fermo), le banche potranno gestire gli NPL accumulati senza ulteriori shock. Resta però il monito: “attenzione alla coda lunga delle crisi”, conclude l’analista, perché i nodi finanziari vengono sempre al pettine con qualche tempo di ritardo.
Meno incertezze per le imprese: segnali di stabilizzazione nell’economia tedesca
ifo-Umfrage: Deutsche Unternehmen spüren mehr Planungssicherheit
Buone notizie sul fronte della fiducia economica: un sondaggio congiunturale dell’istituto Ifo rileva che le aziende tedesche percepiscono una diminuzione dell’incertezza e una maggiore capacità di pianificare il futuro. A giugno 2025, solo il 20% delle imprese dichiarava di avere difficoltà a fare previsioni sulla propria attività – la percentuale più bassa dall’aprile 2023. Un anno prima, in piena crisi energetica e inflattiva, quasi il 30% segnalava grossa difficoltà di visibilità. Ora questo indicatore è migliorato di mese in mese in primavera (era 28% in aprile, 23% in maggio, sceso a 20% in giugno). I motivi? Secondo Klaus Wohlrabe, responsabile indagini Ifo, le recenti decisioni politiche a Berlino hanno effetti stabilizzanti. Le imprese apprezzano ad esempio l’approvazione (dopo mesi di stallo) della legge di bilancio 2025 con stanziamenti chiari, nonché le indicazioni del governo Merz di voler ridurre alcuni costi (come appunto la Stromsteuer) e investire in infrastrutture. Anche l’allentamento dei prezzi del gas e dell’elettricità – dopo i picchi del 2022, ora calmierati – aiuta la pianificazione finanziaria. Il miglioramento è particolarmente netto nel settore manifatturiero: l’incertezza nell’industria è calata sensibilmente, segno che le catene di approvvigionamento si sono stabilizzate e gli ordini dall’estero sono più prevedibili. Alcuni settori però vanno in controtendenza: la chimica, ad esempio, fatica ancora e riporta difficoltà a programmare investimenti (complice la concorrenza USA e cinese e i costi ambientali elevati in UE). Anche il commercio al dettaglio resta cauto, perché la domanda dei consumatori è altalenante. Invece il comparto costruzioni trae beneficio dai piani governativi di spesa in infrastrutture: grandi progetti pubblici (ponti, ferrovie, edilizia scolastica) danno ossigeno all’edilizia e quindi fiducia alle imprese del settore. Ovviamente, avverte l’Ifo, pesano ancora rischi geopolitici – primo fra tutti l’irrisolta disputa commerciale con gli USA e la guerra in Ucraina – che potrebbero rapidamente far tornare l’incertezza. Ma, almeno sul breve termine, l’economia tedesca sembra aver superato la fase peggiore di “buio economico”: dopo la lieve recessione tecnica di fine 2024, si intravede una stabilizzazione nel 2025, tanto che molti analisti ora si aspettano una modesta crescita già dal 2026. In sintesi, le aziende tedesche – pur realistiche sulle sfide – tirano un sospiro di sollievo rispetto a un anno fa: il clima di fiducia si sta rasserenando, elemento cruciale perché ripartano investimenti e assunzioni.
Bosch ancora n.1, ma i fornitori cinesi incalzano: il settore auto tedesco in bilico
Autozulieferer: Bosch spürt die chinesische Konkurrenz – bleibt aber Nummer eins
Una nuova analisi del settore dei componenti auto, riportata da Handelsblatt, mostra che Bosch resta il maggiore fornitore automobilistico al mondo, ma il vantaggio sui concorrenti si sta assottigliando rapidamente. Nel 2024 il colosso tedesco ha registrato un fatturato globale di 56 miliardi di euro nella divisione Mobility, confermandosi al vertice della classifica dei top 100 supplier mondiali. Tuttavia, la crescita di Bosch è stagnante e i ricavi sono persino calati rispetto all’anno precedente – a causa del rallentamento europeo e di problemi nelle catene di fornitura – mentre i fornitori cinesi avanzano a grandi passi. Ben quattro aziende cinesi (come Huizhou Desay e Ningbo Tuopu, oltre al gigante tecnologico Huawei che sta entrando nel settore) sono entrate per la prima volta tra i primi 100, evidenziando la dinamica dell’industria automotive cinese. In Cina il mercato interno è in forte espansione e le case automobilistiche locali (come BYD, Geely, Great Wall) favoriscono sempre più componentisti domestici. Ciò erode la quota di mercato di gruppi tradizionali europei e americani. La studio citato (della società Berylls) avverte che se Bosch e altri non innovano e diversificano rapidamente, potrebbero perdere la leadership entro pochi anni. Bosch sta già reagendo con investimenti in software, elettronica e nuove aree (es. sistemi per energie rinnovabili), ma deve fronteggiare anche sfide immediate: il calo della domanda di auto elettriche in Europa sta penalizzando i produttori di batterie come CATL, LG e Samsung SDI – partner e clienti di Bosch – i cui fatturati 2024 sono crollati dal 12% fino al 40%. Insomma, la transizione elettrica globale si sta rivelando turbolenta: c’è rischio di overcapacity nelle batterie e al contempo i produttori tradizionali di motori endotermici vedono calare gli ordini ma non così velocemente da compensare le perdite nel nuovo. Il risultato è che i fornitori tedeschi (Bosch, ma anche Continental e ZF) si trovano “tra due fronti”: da una parte devono ancora mantenere le produzioni classiche con margini risicati, dall’altra investire nelle nuove tecnologie dove però i cinesi stanno già eccellendo (ad esempio elettronica di potenza, ADAS, componenti per EV). I prossimi anni saranno decisivi: secondo Handelsblatt, Bosch rimane per ora in testa ma il suo distacco “si sta rapidamente riducendo”, segno che la supremazia tedesca nella componentistica auto – un pilastro del modello industriale nazionale – non è più scontata.
Scontro sulla “tassa elettrica”: per l’SPD è un regalo elettorale troppo costoso della CDU
Streit um Stromsteuer: SPD-Chefhaushälter kritisiert „extrem teure Wahlgeschenke“ der Union
Nella maggioranza di governo tedesca emergono tensioni sulla politica fiscale ed energetica. L’SPD attacca la proposta dei partner della CDU/CSU di abbassare ulteriormente la tassa sull’energia elettrica (Stromsteuer) generalizzando uno sgravio finora riservato all’industria. Johannes Kahrs, esperto di bilancio SPD, ha definito “estremamente costoso” questo “regalo elettorale” che l’Unione vorrebbe fare a tutti i consumatori. Secondo calcoli del Ministero delle Finanze, portare la Stromsteuer al minimo UE per famiglie e imprese dal 2026 costerebbe circa 5,4 miliardi di euro l’anno di minori entrate. L’SPD – pur favorevole ad alleggerire le bollette – sostiene che simili tagli d’imposta vadano compensati con misure finanziarie credibili, per non aumentare il debito pubblico. I cristiano-democratici ribattono che, con l’inflazione energetica ancora sensibile, ridurre stabilmente la tassa sull’elettricità è doveroso per alleviare i costi di cittadini e piccole imprese. La questione ha anche una sfumatura politica: la CDU aveva promesso in campagna elettorale ampi tagli fiscali, inclusa la Stromsteuer, e ora preme per realizzarli. Dall’altro lato l’SPD, più prudente sui conti, teme di replicare gli squilibri visti con l’abolizione totale della EEG-Umlage (altra componente tariffaria abolita nel 2022). In Consiglio dei ministri, il socialdemocratico Lars Klingbeil – oggi ministro delle Finanze – avrebbe espresso riserve sullo sgravio generalizzato, proponendo piuttosto aiuti mirati solo alle fasce vulnerabili. La stampa sottolinea il paradosso: proprio mentre la Germania investe decine di miliardi nella difesa e nella transizione verde, una misura popolare come il taglio della Stromsteuer causa attrito interno sul come finanziarla. Per ora il cancelliere Merz mantiene un profilo basso, rinviando la decisione alla legge di bilancio autunnale. Ma il “braccio di ferro” tra SPD e Unione su questo punto è indicativo – commenta Handelsblatt – delle differenti priorità: rigore finanziario e giustizia sociale vs. sollievo fiscale generalizzato. La questione rimane aperta e sarà un test per la coesione della coalizione Merz.
Klingbeil difende il bilancio: “Agiamo con responsabilità verso i contribuenti”
„Gehen verantwortungsvoll mit dem Geld der Bürger um“, sagt Klingbeil
Presentando al Bundestag il progetto di bilancio federale 2025, il ministro delle Finanze e vicepresidente Lars Klingbeil (SPD) ha difeso l’impianto contabile come espressione di una politica responsabile, orientata alla modernizzazione e al rafforzamento economico del paese. Il piano prevede 503 miliardi di euro di spesa, con investimenti record pari a 115 miliardi. Klingbeil ha sottolineato l’intenzione del governo di investire in infrastrutture, riforme strutturali e tecnologie verdi, pur mantenendo il vincolo della Schuldenbremse, ora parzialmente superato grazie a modifiche costituzionali. L’opposizione ecologista ha tuttavia criticato la mancata riduzione della tassa sull’energia e il mancato utilizzo dei fondi climatici per progetti realmente sostenibili. La destra (AfD) ha denunciato invece una politica fiscale oppressiva e accusato CDU e SPD di tradire gli elettori. La discussione riflette le tensioni crescenti sulle priorità del bilancio e sulla legittimità delle scelte redistributive.
Tecnologia, impresa e innovazione
Energia atomica “buona”? La Banca Mondiale torna a finanziare il nucleare per lo sviluppo
Weltbank finanziert erstmals seit Jahrzehnten Atomkraft – aus humanitären Gründen
Dopo oltre trent’anni, la World Bank ha revocato il divieto interno di investire nel nucleare civile e ha annunciato un programma di finanziamento per nuovi piccoli reattori nei paesi in via di sviluppo. Come riporta Die Welt, l’istituzione con sede a Washington ha siglato uno storico accordo con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) per sostenere l’installazione di SMR (Small Modular Reactors) in economie emergenti, in particolare in Africa e Asia. La motivazione addotta è sorprendente: “ragioni umanitarie”. In pratica, l’ultima edizione del World Energy Report evidenzia che senza il contributo del nucleare sarà quasi impossibile garantire elettricità a basso costo e senza emissioni a oltre un miliardo di persone ancora prive di accesso affidabile all’energia. La svolta ha suscitato dibattito: per decenni la Banca Mondiale, su pressione soprattutto europea, aveva escluso l’energia atomica dai suoi progetti, privilegiando rinnovabili e gas. Ora invece – probabilmente anche sotto l’influenza dell’amministrazione Trump, che spinge la tecnologia nucleare USA all’estero – considera l’atomo come parte della soluzione per lo sviluppo sostenibile. Saranno finanziati inizialmente reattori modulari di piccola taglia (fino a 300 MW), considerati più sicuri e veloci da costruire, in paesi come Ghana, Kenya, Bangladesh, ecc. L’articolo nota che questa decisione va incontro alle richieste di molte nazioni emergenti, che da tempo chiedono di poter usare il nucleare per alimentare la crescita senza aggravare la crisi climatica. Sullo sfondo, c’è anche la competizione con la Cina e la Russia: finora Pechino e Rosatom hanno dominato l’export di reattori nei paesi poveri. Ora la World Bank, con capitali occidentali, offre un’alternativa. In Germania la notizia è accolta con reazioni miste: l’industria (Siemens Energy e altre) spera di cogliere opportunità in questo nuovo mercato, mentre gli ambientalisti storcono il naso temendo che l’AI “umanitaria” sia un cavallo di Troia per rilanciare il nucleare su larga scala. Resta il fatto che è un cambiamento epocale nelle politiche energetiche globali: il nucleare torna “finanziabile” con l’etichetta di energia per lo sviluppo e il clima. Nei prossimi anni vedremo se questo approccio darà i frutti sperati – centrali nucleari più piccole e diffuse in paesi finora privi di know-how – o se incapperà in problemi noti (costi, sicurezza, scorie). La Banca Mondiale, intanto, mette sul piatto prestiti e garanzie per miliardi: l’era del tabù anti-nucleare nel mondo dello sviluppo sembra giunta al termine.
Ecosistema startup in fermento: boom di nuove imprese a Monaco e Berlino
Zahl der neuen Start-ups steigt stark, München und Berlin kämpfen um Rang 1
Il 2025 sta segnando una rinascita dell’imprenditoria innovativa in Germania: secondo i dati aggiornati a metà anno, il numero di nuove startup fondate è aumentato sensibilmente rispetto allo scorso anno. In particolare Monaco di Baviera e Berlino si contendono il primato di capitale delle startup tedesche. Come riporta Focus Online, nei primi sei mesi del 2025 sono nate in Germania circa il 20% in più di startup rispetto allo stesso periodo del 2024. Monaco ha visto un vero balzo, trainato dal settore high-tech e biotech: l’area metropolitana bavarese, grazie anche alla presenza di poli universitari come la TUM e investitori internazionali (SoftBank ha aperto un hub a Monaco), potrebbe superare Berlino per numero di nuove aziende innovative entro fine anno. Berlino tuttavia resta in vantaggio come ecosistema: continua ad attirare la maggior parte dei capitali di venture capital (circa il 40% del totale nazionale) e offre un ambiente cosmopolita che richiama fondatori da tutto il mondo. Il Ministero dell’Economia ha salutato con favore questi numeri, vedendo nei nuovi imprenditori un motore per la modernizzazione del paese (digitalizzazione, transizione verde, ecc.). In particolare, è in forte crescita il settore deep-tech e AI: molte startup emergenti lavorano su intelligenza artificiale applicata all’industria manifatturiera e alla logistica, settori in cui la Germania può unire la tradizione industriale con le nuove tecnologie. D’altro canto, a stimolare il boom c’è anche l’iniziativa pubblica: il governo precedente aveva lanciato un fondo da 10 miliardi di euro per startup (Zukunftsfonds), i cui effetti si stanno vedendo ora con maggiori finanziamenti seed e di serie A disponibili. Non mancano però le sfide: Focus sottolinea che la Germania deve migliorare sul fronte burocratico e fiscale (aprire una startup qui richiede ancora troppa carta rispetto a paesi come l’Estonia). Inoltre, se Monaco e Berlino volano, altre regioni restano indietro: ad esempio il rapporto startup/popolazione è basso nei Länder orientali. Il governo Merz ha promesso una “Strategia Start-up 2025” per diffondere la cultura imprenditoriale anche fuori dalle metropoli. Ma intanto, i numeri testimoniano un trend incoraggiante: il fermento creativo è tornato e la Germania sembra essere di nuovo terreno fertile per innovatori, dopo un periodo 2020-2022 di relativa stagnazione. La sana competizione tra Monaco e Berlino, conclude Focus, è un ottimo segnale: entrambe le città puntano a essere hub europei – e questa gara farà solo bene all’intero ecosistema tedesco delle startup.
Pechino risponde: sanzioni cinesi sui prodotti medicali UE dopo i controlli tech europei
China verhängt Revanche-Zölle auf EU-Medizinprodukte
La “guerra fredda tecnologica” tra Cina e Occidente vive un nuovo episodio: il 6 luglio Pechino ha annunciato dazi punitivi su apparecchiature medicali e farmaceutiche provenienti dall’Unione Europea, in ritorsione per le politiche europee considerate discriminatorie verso l’industria cinese. Questa mossa – definita dai media cinesi “misura difensiva per garantire equità” – arriva poche settimane dopo che Bruxelles ha varato un meccanismo di controllo sugli investimenti in tecnologie critiche verso la Cina e ha minacciato restrizioni sull’export di macchinari per semiconduttori. Pechino ha colpito un settore dove l’Europa è forte: macchinari per diagnostica, apparecchiature medicali avanzate, strumenti chirurgici e alcuni farmaci di punta prodotti da aziende tedesche, francesi e svedesi. I dazi aggiuntivi, del 20-40%, renderanno questi prodotti meno competitivi sul mercato cinese. La misura rischia di danneggiare colossi come Siemens Healthineers, Philips Medical o Bayer, che hanno una quota significativa di vendite in Cina. La Commissione Europea ha espresso “rammarico” per la decisione, definendola non giustificata e segnale di escalation. Dietro le quinte, però, si respira tensione: la Cina mostra di poter rispondere colpo su colpo alle restrizioni occidentali, bersagliando settori sensibili (in questo caso, la salute). Per ora non si parla di negoziati specifici su questo contenzioso, che rientra nel quadro più ampio delle dispute commerciali e tecnologiche. Gli analisti notano che Pechino ha scelto bene il target: l’UE, e specialmente la Germania, dipendono dall’export di apparecchi medicali in Cina (un mercato in crescita e molto lucrativo). Quindi questi dazi fungono da pressione su Berlino, affinché moderi la linea dura su chips e 5G. La vicenda evidenzia come innovazione e geopolitica siano ormai intrecciate: ciò che prima era cooperazione (la Cina era grande importatrice di tecnologie mediche europee) diventa terreno di scontro quando c’è di mezzo l’egemonia tecnologica. I prossimi mesi saranno cruciali: se UE e Cina non trovano un modus vivendi, potrebbero seguire altre ritorsioni incrociate su veicoli elettrici, batterie, telecomunicazioni – colpendo duramente imprese da entrambe le parti. Il timore è una frammentazione del mercato globale dell’hi-tech in blocchi separati. Intanto, i pazienti cinesi potrebbero dover pagare di più (o attendere a lungo) per certe apparecchiature salvavita importate. Il prezzo delle guerre commerciali si misura anche in termini umani.
Berlino capitale del 6G: ricerca, industria e politica a convegno sul futuro delle reti
Berlin 6G Conference 2025: Wie das DFKI vertrauenswürdige KI in Netzen stärkt
Dal 1º al 3 luglio Berlino ha ospitato la Conferenza annuale sul 6G, un importante forum internazionale dedicato alla prossima generazione di reti di telecomunicazione. Ricercatori, aziende hi-tech e rappresentanti governativi si sono riuniti per discutere degli sviluppi del 6G, atteso intorno al 2030. Il Deutsches Forschungszentrum für Künstliche Intelligenz (DFKI) ha presentato le ultime ricerche su come integrare intelligenza artificiale affidabile nelle infrastrutture di rete di nuova generazione. Infatti il 6G non riguarderà solo velocità più elevate (si parla di picchi di 1 Terabit al secondo) e latenze quasi azzerate, ma vedrà un uso massiccio di AI per gestire in modo dinamico e autonomo il traffico dati, l’allocazione di risorse frequenziali e la sicurezza delle comunicazioni. Una sfida chiave emersa alla conferenza è proprio la “trustworthy AI” nelle reti: come garantire che gli algoritmi di machine learning che controlleranno porzioni critiche del network siano sicuri, robusti contro attacchi e privi di bias. Gli esperti del DFKI hanno illustrato metodi per verificare formalmente il comportamento di questi algoritmi e per inserire “circuit breakers” in caso di malfunzionamenti, così da prevenire blackout di rete. Un altro tema caldo è stata la sostenibilità: il 6G integrerà tecnologie come il reconfigurable intelligent surfaces (superfici intelligenti riconfigurabili) per ottimizzare le onde radio, e l’uso di frequenze THz. Berlino, con questa conferenza, si è proposta come hub del 6G europeo: a margine dell’evento, i ministri tedeschi hanno ricordato che grazie alla EU Chips Act e ad altri programmi, la Germania investirà miliardi sia in R&S sia nelle prime implementazioni pilota entro il 2025. Non a caso, la start-up Xelera di Dresda ha annunciato proprio durante la conferenza una collaborazione con Nokia e Ericsson per testare componenti di rete 6G in ambienti urbani. Il motto della conferenza è stato “il futuro delle reti come bene comune”: i partecipanti hanno auspicato standard aperti e globali per il 6G, evitando frammentazioni geopolitiche. Tuttavia, dietro l’ottimismo, c’è consapevolezza della competizione: Cina, USA, Europa e Corea del Sud sono già in corsa per la supremazia sul 6G. La Berlin 6G Conference 2025 ha mostrato che la Germania vuole giocare un ruolo da protagonista, puntando sulle proprie eccellenze in AI e ingegneria delle telecomunicazioni per plasmare la prossima rivoluzione mobile fin dalle fondamenta.