Rassegna della stampa tedesca #135
Quello che segue è il Monitoraggio della stampa tedesca, curato dalla redazione di Stroncature, su commissione della Fondazione Hanns Seidel Italia/Vaticano. Il monitoraggio ha cadenza settimanale ed è incentrato sui principali temi del dibattito politico, economico e sociale in Germania. Gli articoli sono classificati per temi.
Stroncature produce diversi monitoraggi con taglio tematico o geografico personalizzabili sulla base delle esigenza del committente.
Sintesi per temi di questo numero
La rassegna stampa tedesca della settimana 26 luglio – 2 agosto 2025 riflette una fase di transizione strutturale della Germania, segnata da uno spostamento strategico verso un’economia di guerra e da un mutamento linguistico e politico che rende esplicita la volontà di prepararsi a scenari di alta intensità. Emergono con insistenza i temi della riabilitazione semantica del termine “kriegstüchtig”, della centralità crescente dell’industria della difesa come volano economico e della trasformazione della Bundeswehr in forza armata operativa su scala europea. In parallelo, si registrano forti tensioni istituzionali tra CDU e SPD, con rischi per la tenuta della coalizione, e un’espansione senza precedenti delle ambizioni della ministra Reiche, che spinge per il riarmo e la riforma del sistema pensionistico. La crisi fiscale dei comuni e il rallentamento della locomotiva economica tedesca si saldano con la fragilità occupazionale, mentre l’AfD si consolida come fattore destabilizzante del sistema. L’intero panorama è attraversato da un lessico nuovo, fatto di deterrenza, riarmo selettivo, revisione del welfare e ritorno della leva, in un quadro in cui le priorità geopolitiche ridefiniscono il patto sociale tedesco.
Analisi e commenti
Politica ed economia non possono fare a meno dei simboli
Politik und Wirtschaft kommen ohne Symbole nicht aus
Süddeutsche Zeitung – 1 agosto 2025
Una “politica dei simboli” non è un vezzo superficiale, ma un elemento cruciale per riallacciare il rapporto tra governo e settore imprenditoriale. Questo saggio argomenta che i tradizionali incontri formali – come le foto di rito del cancelliere con delegazioni di imprenditori – hanno un impatto che va oltre l’apparenza. In Germania spesso si guarda con sospetto alle iniziative simboliche, ritenute vuote di contenuto; eppure, sostiene l’autore, questa diffidenza è un errore. La fiducia reciproca tra politica e mondo economico è minata da anni di incomprensioni e misure calate dall’alto. Per colmare questo divario si invocano regole chiare e trasparenza, ma tali strumenti tecnici non bastano. Le iniziative simboliche – gesti, visite, tavole rotonde pubbliche – possono invece creare un clima di collaborazione e mostrare un impegno reciproco tangibile. L’articolo cita ad esempio la recente campagna governativa “Invest for Germany”, accompagnata da foto di Merz con imprenditori al Kanzleramt, come segnale di svolta: lungi dall’essere semplice propaganda, questi gesti intendono comunicare che Berlino riconosce il contributo del settore privato e vuole rafforzare il dialogo. In conclusione, dopo anni di scetticismo verso la “politica spettacolo”, si riconosce che politica ed economia hanno bisogno di simboli condivisi: essi stimolano la fiducia, gettano le basi per riforme sostanziali e aiutano a superare diffidenze radicate.
Bisogna usare la parola “pronto alla guerra”?
Soll man das Wort „kriegstüchtig“ verwenden?
taz – die tageszeitung – 2 agosto 2025
Nel dibattito pubblico tedesco la terminologia militare è stata a lungo evitata per ragioni storico-culturali. Questo commento riflette sul termine “kriegstüchtig” (letteralmente “abile alla guerra”), recentemente impiegato dal ministro della Difesa Pistorius per descrivere lo stato desiderato della Bundeswehr. L’autore, dopo aver constatato che parlare seriamente di difesa in certi ambienti di sinistra è ancora considerato moralmente sospetto, sostiene che occorre un cambio di paradigma. La riluttanza tedesca verso parole come “guerra” o “combattimento” affonda le radici nella traumatica esperienza del XX secolo e ha contribuito alla cultura pacifista della Repubblica Federale. Tuttavia, di fronte all’aggressione russa in Europa e all’indebolimento delle garanzie USA, questa ritrosia linguistica diventa controproducente. Definire la Bundeswehr “kriegstüchtig” – ossia capace di condurre realmente un conflitto difensivo – significa chiamare le cose col loro nome. Non si tratta affatto di promuovere avventure belliciste (nessuno invoca aggressioni ad altri paesi, nota l’autore), ma di riconoscere che essere in grado di combattere è condizione necessaria per deterrenza e sicurezza. Continuare a edulcorare i termini (parlando solo di “capacità di difesa”) rischia di alimentare un’illusione pericolosa. L’articolo conclude che la società tedesca deve trovare il coraggio di usare parole schiette come “kriegstüchtig”: solo guardando in faccia la realtà – ovvero ammettere che il paese deve sapersi difendere militarmente – si evitano tabù paralizzanti e si onora la svolta storica (Zeitenwende) imposta dall’aggressione in Ucraina. In sintesi, il lessico della difesa va aggiornato: chiamare la guerra con il suo nome non rende meno pacifici, ma più onesti e preparati di fronte alle nuove minacce.
L’AfD vuole il potere: cosa ci aspetta se ci riuscirà
Die AfD will an die Macht: Was uns droht, wenn sie es schafft
Der Tagesspiegel – 30 luglio 2025
L’Alternativa per la Germania (AfD) continua a crescere nei sondaggi, ma il dibattito pubblico ignora spesso le conseguenze di un suo possibile arrivo al governo. Questa colonna analizza in dettaglio lo scenario di una partecipazione dell’AfD al potere a livello federale, tratteggiando un quadro allarmante. Innanzitutto, l’autore invita a non minimizzare il rischio: considerare la prospettiva di un governo AfD come “remota” o rimuoverla per disagio è un errore, perché “il momento in cui ciò potrebbe accadere potrebbe essere meno lontano di quanto si creda”. Se i populisti di destra dovessero entrare nell’esecutivo, gli effetti si manifesterebbero a catena in diversi ambiti. Sul piano economico, una coalizione con la destra radicale minerebbe la fiducia di investitori e imprese: l’instabilità politica causata dall’AfD – notoriamente euro-scettica e ostile alle istituzioni – allontanerebbe capitali e progetti di investimento dalla Germania. La prevedibile fuga di aziende e cervelli (il cosiddetto brain drain) deprimerebbe crescita e gettito fiscale, creando un circolo vizioso di declino. Anche gli stessi elettori dell’AfD ne sarebbero vittime: l’articolo sottolinea che non solo minoranze e gruppi vulnerabili, ma “la stragrande maggioranza di coloro che oggi credono che l’AfD rappresenti i loro interessi” ne soffrirebbe. In ambito sociale e culturale, un governo a partecipazione AfD porterebbe a un clima internazionale di isolamento: l’autore prefigura un drastico calo del turismo e dell’appeal globale della Germania – “chi vorrebbe visitare un paese in cui, dopo 80 anni, tornano al potere gli estremisti di destra?”. Sul fronte interno, verrebbero probabilmente smantellati i meccanismi di tutela delle minoranze e invertite le politiche di integrazione, con danni duraturi al tessuto democratico. La conclusione è un monito sia agli elettori sia ai partiti tradizionali: prendere sul serio la minaccia dell’AfD è urgente. Bisogna spiegare agli elettori, con argomenti concreti e non solo morali, che un voto a quella forza politica equivale a pregiudicare il proprio benessere e il futuro del paese. L’articolo termina invitando a rompere il tabù: discutere adesso, apertamente, di cosa succederebbe se l’AfD governasse può contribuire a evitarlo, smascherando in anticipo i falsi miti di quel partito.
“Made for Germany”: quale lobby serve davvero all’economia tedesca
Welche Lobbyarbeit der Wirtschaftsstandort wirklich braucht
Frankfurter Allgemeine Zeitung – 27 luglio 2025
Un gruppo di imprenditori e investitori ha presentato a fine luglio l’iniziativa “Made for Germany” al cancelliere Friedrich Merz, con l’obiettivo dichiarato di rilanciare l’attrattività economica del Paese. In questo commento, il quotidiano si interroga sull’efficacia di simili operazioni di lobby ad alto livello e individua le vere priorità per il “sistema Germania”. L’iniziativa – che propone misure come tagli fiscali mirati e sburocratizzazione – ha ricevuto critiche immediate, accusata di essere l’ennesimo “manifesto di richieste” particolareggiate al governo. Eppure, secondo l’editorialista, la direzione di marcia indicata non è affatto da respingere: il messaggio di fondo – rendere la Germania più competitiva – è corretto, al di là di alcuni interessi specifici dei proponenti. L’articolo ricorda che negli ultimi anni la Germania ha sofferto un calo di investimenti esteri e una stagnazione della produttività. Più che favori fiscali ad hoc o sussidi settoriali, servirebbe “un miglioramento generale del clima imprenditoriale”: tempi di autorizzazione più rapidi, certezza del diritto, investimenti in infrastrutture moderne. Il commento loda la franchezza con cui Merz ha accolto il gruppo – evitando facili promesse – e nota come lo scetticismo dell’opinione pubblica verso le lobby industriali sia giustificato dalle troppe richieste di aiuti degli ultimi anni. Tuttavia, conclude l’editoriale, la vera lobby di cui l’economia tedesca ha bisogno non è un nuovo gruppo di pressione, bensì un patto autentico tra politica e industria per attuare le riforme già note: fisco più competitivo, formazione di manodopera qualificata, transizione energetica pragmatica. Il titolo stesso suggerisce la domanda chiave: di quale lobby “il sito economico Germania” ha davvero bisogno? La risposta implicita è: di una lobby che guardi al bene comune e al lungo termine, anziché alle agevolazioni per pochi. In sintesi, “Made for Germany” sarà utile solo se stimolerà il governo a fare ciò che finora è mancato – creare condizioni quadro ottimali – evitando però una politica industriale guidata dai desiderata dei singoli gruppi di interesse.
Crescono i dubbi all’interno dell’SPD
In der SPD wachsen die Zweifel
Süddeutsche Zeitung – 1 agosto 2025
A meno di cento giorni dall’insediamento del nuovo governo di grande coalizione CDU-SPD guidato da Friedrich Merz, all’interno del Partito Socialdemocratico (SPD) serpeggia un profondo malcontento verso i partner conservatori. In questa approfondita analisi politica, due corrispondenti da Berlino descrivono i retroscena di tensione e sfiducia che agitano la SPD, con potenziali ripercussioni sulla tenuta del governo. Il casus belli immediato è il duro scontro sulla nomina di un giudice costituzionale: la CDU/CSU, pur formalmente in coalizione, ha bloccato in Parlamento la candidata SPD Frauke Brosius-Gersdorf, nonostante un accordo di maggioranza in suo favore. Questo episodio – definito “incredibile” e “offensivo” perfino dalla ministra della Giustizia SPD Stefanie Hubig – ha fatto precipitare il clima, già reso teso da differenze programmatiche su temi sociali ed economici. Nel gruppo parlamentare SPD “ribolle” il risentimento: il capogruppo Matthias Miersch fatica a contenere i deputati, che vedono nella mossa della CDU un tradimento dello spirito di coalizione. Gli autori rivelano che durante riunioni interne “le cose si sono mosse” (cioè si sono dette parole grosse) e che persino un autorevole leader regionale SPD (il brandeburghese Dietmar Woidke) ha suggerito di abbandonare la candidatura contestata e nominarne tre nuove assieme alla CDU. Ma la linea ufficiale SPD, sostenuta da Miersch, è opposta: tenere il punto su Brosius-Gersdorf e pretendere che la Cancelliera – qui chiamata espressamente in causa – imponga disciplina ai suoi. Il cancelliere Merz finora ha minimizzato la vicenda, ma dalla base SPD emergono dubbi sempre più profondi sulla lealtà dei conservatori: “ci si chiede se ci si possa fidare della CDU”, confida un dirigente anonimo. Il pezzo sottolinea che la frattura sulla Corte costituzionale è simbolica di un malessere più ampio: l’SPD teme di essere egemonizzata dalla CDU su sicurezza e politica estera (dove Merz detta la linea dura) e al contempo di non riuscire a far passare le proprie priorità sociali. “Le cose diventano pericolose” – avverte l’articolo – quando il conflitto si sposta “a un livello più alto”: cioè quando dubitare dell’alleato significa mettere in discussione la stessa alleanza di governo. E questo è già pericoloso anche per Merz. La conclusione è che, tra i socialdemocratici, “bolle qualcosa”: se la CDU non darà segnali di reale collaborazione – ad esempio cedendo sulla nomina contestata e su qualche dossier sociale – la grande coalizione potrebbe trovarsi in crisi ancor prima dell’autunno.
Perché d’un tratto Friedrich Merz appare così simpatico sui social media
Warum Friedrich Merz auf Social Media plötzlich so sympathisch wirkt
Handelsblatt – 30 luglio 2025
Dopo un inizio di mandato caratterizzato da una comunicazione asciutta e istituzionale, il cancelliere Friedrich Merz sta sorprendendo osservatori e cittadini con un cambio di stile nella sua presenza online. Video informali su Instagram, tweet empatici e toni più colloquiali stanno rendendo Merz e i suoi ministri “insolitamente affabili” sulle piattaforme social. Questo articolo indaga la strategia di comunicazione dietro la svolta social del governo. Secondo fonti vicine alla Cancelleria, c’è una precisa regia: l’idea è di contrastare l’immagine elitaria e distante associata a Merz (uomo politico maturo, di formazione conservatrice) mostrando un lato più umano e risoluto al tempo stesso. Ad esempio, un recente video su TikTok riprende Merz mentre scherza con studenti durante una visita scolastica, colonna sonora pop in sottofondo – contenuto impensabile qualche mese fa. La redazione social del governo è stata potenziata, coinvolgendo giovani social media manager con esperienza nel marketing politico americano. E qui, rileva l’analisi, entra in gioco l’ombra di Donald Trump: proprio l’ex presidente USA – oggi di nuovo in carica – ha dimostrato come la percezione pubblica di un leader possa essere plasmata sui social con messaggi studiati. Merz, che all’inizio criticava la “twitter-diplomacy”, pare averne tratto lezione: ora utilizza i social non solo per annunci di governo, ma per creare empatia e identificazione, cercando di parlare direttamente alla “pancia” degli elettori. I critici insinuano che questa metamorfosi sia poco autentica, una mera operazione di immagine. L’Handelsblatt però fa notare che la popolarità personale di Merz è in crescita da quando adotta questo registro più caldo e popolare. Post in cui appare rispondere a domande comuni degli utenti o mostra uno scorcio della sua vita quotidiana ottengono decine di migliaia di interazioni. In conclusione, la nuova strategia di Merz sui social sta pagando in termini di simpatia percepita e forse di consenso: resta da vedere se dietro i video e gli hashtag seguiranno risultati politici concreti. Ma una cosa è certa – la comunicazione politica tedesca sta cambiando volto, abbracciando linguaggi e tattiche un tempo alieni a Berlino, nel tentativo di avvicinare i governanti ai governati in un’epoca di sfiducia.
Politica estera e sicurezza
Intesa commerciale con gli USA: l’Europa capitola davanti a Donald Trump
Handelsdeal mit den USA: Europa kapituliert vor Donald Trump
Der Spiegel – 28 luglio 2025
Un accordo di principio tra Stati Uniti ed Unione Europea ha posto fine a mesi di guerra dei dazi, ma alle condizioni imposte da Donald Trump. Questo è il verdetto impietoso del Der Spiegel, che in un editoriale di primo piano analizza il compromesso raggiunto a Turnberry (Scozia) tra il presidente USA e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. L’accordo prevede l’applicazione di un dazio generale del 15% sulle importazioni verso gli Stati Uniti – un livello ben al di sotto del 30% minacciato in precedenza da Trump, ma comunque triplo rispetto alle tariffe preesistenti. In cambio, l’UE si impegna ad acquisti straordinari di gas naturale liquido e altri prodotti energetici americani per 750 miliardi di dollari e ad aumentare gli investimenti in USA di ulteriori 600 miliardi. La bilancia dell’intesa, nota il commento, pende decisamente a favore di Washington: “Gli europei dovranno accettare un sovrapprezzo del 15% su quasi tutte le loro esportazioni, mentre gli americani potranno continuare a vendere in Europa quasi senza dazi”. In pratica Bruxelles ha ceduto per evitare il peggio, una “capitolazione” che l’articolo definisce umiliante ma realistica. Il contesto di sicurezza ha pesato: le minacce di Trump di rimettere in discussione l’impegno NATO in caso di escalation commerciale hanno creato panico soprattutto nei Paesi dell’Est Europa, timorosi di perdere il sostegno militare USA di fronte alla Russia. Così, diversi governi UE – Germania in testa con il cancelliere Merz – hanno spinto per “qualunque accordo, purché veloce e semplice”, accettando condizioni dure pur di scongiurare nuovi dazi ancora più alti dal 1° agosto. Lo Spiegel critica però la mancanza di visione strategica europea: “L’UE si è piegata al ricatto, perdendo credibilità”. La conclusione è un appello: l’Europa deve diventare più forte e autonoma per non trovarsi sempre costretta a cedere ai diktat – commerciali o militari – di Washington. In altre parole, questa vicenda dimostra che senza unione politica e potenza economica, l’Europa resterà un gigante dai piedi d’argilla nelle mani di Trump.
Il ministro degli Esteri Wadephul in Medio Oriente: non lesina franchezza
Außenminister Wadephul im Nahen Osten: Er scheut keine offenen Worte
taz – die tageszeitung – 2 agosto 2025
Inviato d’urgenza in Medio Oriente dal cancelliere Merz, il nuovo ministro degli Esteri Johann Wadephul (CDU) ha intrapreso una missione delicata tra Israele e i Territori Palestinesi nel pieno della crisi di Gaza. La taz ne racconta la seconda giornata di viaggio, mettendo in luce l’approccio diretto e sincero del ministro. Dopo aver incontrato a Gerusalemme i vertici israeliani – ai quali ha ribadito il sostegno tedesco alla sicurezza di Israele e la condanna degli attacchi di Hamas del 7 ottobre scorso – Wadephul si è recato nel villaggio palestinese cristiano di Taybeh, in Cisgiordania, per toccare con mano la realtà sul campo. Qui il ministro è stato avvicinato da residenti e leader religiosi locali che gli hanno mostrato le conseguenze della violenza dei coloni israeliani: chiesa storica bruciata, uliveti incendiati, scritte minacciose sui muri (“Torniamo di nuovo”, recita una, riferendosi agli estremisti ebrei). Wadephul ha ascoltato un anziano che implorava aiuto – “La prego, aiuti il nostro villaggio” – e ha risposto: “Per questo sono qui”. Il reportage evidenzia come Wadephul non abbia evitato parole dure neanche verso l’alleato israeliano: in colloqui riservati con il premier e il presidente israeliani, avrebbe sollecitato misure contro i coloni violenti e soprattutto un maggiore impegno per alleviare la catastrofe umanitaria a Gaza. La Germania – scrive la taz – è sotto pressione sia interna che esterna: a Berlino cresce la voce di chi chiede sanzioni a Israele per le sofferenze inflitte ai civili di Gaza, mentre i partner europei spingono per un intervento più deciso. Wadephul, già rientrato dalle ferie per questa missione, ha portato tre messaggi principali: necessità di corridoi umanitari e tregue tattiche a Gaza, disponibilità tedesca a contribuire (infatti, proprio durante il viaggio, è partita la prima missione di aviolancio di aiuti della Bundeswehr sul Gaza – la famosa “luftbrücke” promessa da Merz), e parallelamente linea ferma su Hamas (disarmo completo dell’organizzazione come condizione per la stabilità futura). In sintesi, Wadephul sta cercando di bilanciare solidarietà e franchezza: “La Germania sta dalla parte di Israele” – ha ripetuto – “ma proprio per questo vi parlo con onestà: la situazione dei civili a Gaza deve migliorare subito”. Sarà sufficiente questo linguaggio diretto? Il resoconto conclude che il ministro riferirà nel weekend al Consiglio di Sicurezza nazionale tedesco le sue “impressioni sul campo”. La speranza è che Berlino, forte della speciale relazione con Israele, possa contribuire ad una svolta umanitaria, per quanto limitata, nel conflitto.
Guerra in Ucraina: la consegna dei Patriot all’Ucraina può partire
Krieg in der Ukraine: Patriot-Lieferung an die Ukraine kann anlaufen
Die Zeit – 1 agosto 2025
La Germania ha sbloccato un nuovo e significativo contributo militare alla difesa ucraina: l’invio di due sistemi missilistici Patriot completi per rafforzare la protezione dai raid russi. Il ministro della Difesa Boris Pistorius (SPD) ha annunciato che “sono state soddisfatte le condizioni” per procedere immediatamente con la consegna: Washington ha garantito a Berlino la sostituzione rapida dei sistemi ceduti, così che la Germania possa mantenere i propri obblighi di difesa NATO. In particolare – spiega l’articolo – gli Stati Uniti forniranno a partire dal prossimo anno batterie Patriot di ultima generazione alla Bundeswehr, permettendo così alla Germania di girare subito agli ucraini due delle sue attuali nove batterie senza indebolire la propria difesa aerea. Nel dettaglio, la consegna avverrà in due fasi: nei prossimi giorni la Luftwaffe invierà in Ucraina alcuni lanciatori Patriot (“Launcher”) e relative unità radar, seguiti entro due o tre mesi dal trasferimento di tutti gli altri componenti per rendere operative due batterie complete. Questo approccio “in due tempi” consente a Kiev di iniziare subito a schierare i lanciatori aggiuntivi, mentre il personale ucraino continua l’addestramento sugli altri elementi del sistema. Pistorius ha sottolineato che l’intesa con gli USA per il rimpiazzo accelerato dei Patriot è frutto di una “stretta consultazione” bilaterale e con gli alleati NATO: l’accordo è stato gettato durante la sua visita a Washington a metà luglio e finalizzato con l’assenso diretto del Presidente Trump. Il cancelliere Merz aveva anticipato ottimisticamente qualche giorno fa che “una soluzione era vicina”, e infatti ora Berlino può rivendicare di essere “il maggiore contributore alla difesa aerea di Kiev”. Con questa mossa – spiega la Zeit – la Germania anticipa i tempi: inizialmente intendeva acquistare sistemi extra dagli USA per poi girarli all’Ucraina, ma data l’urgenza (solo a luglio la Russia ha lanciato oltre 250 missili e 3800 droni d’attacco secondo Zelenskyj) si è deciso di cedere subito dall’inventario nazionale. Berlino lancia però un appello agli altri partner occidentali: “mentre noi andiamo in anticipo, altri seguano fornendo ulteriori sistemi”, ha dichiarato Pistorius. La notizia è accolta con sollievo a Kiev, dove i Patriot hanno già dimostrato la loro efficacia abbattendo missili balistici russi. In parallelo però cresce l’attenzione a non scoprirsi in patria: il ministero della Difesa tedesco assicura che la Bundeswehr resterà pienamente operativa, potendo contare su 7 batterie proprie rimanenti e sulle batterie alleate schierate in Europa. In definitiva, la Germania compie un ulteriore passo da protagonista nel sostegno all’Ucraina, bilanciando solidarietà e precauzione strategica.
Proteste contro Israele: le affermazioni degli attivisti sono militanti
Demos gegen Israel: Die Aussagen der Aktivisten sind militant
Frankfurter Allgemeine Zeitung – 27 luglio 2025
Nel corso dell’ultima settimana di luglio, manifestazioni pro-Palestina hanno avuto luogo in diverse città europee – tra cui Berlino – degenerando in slogan estremisti e tensioni con le autorità. In questo commento, la FAZ riflette con preoccupazione sulla piega “militante” di tali proteste in Germania, distinguendole nettamente da legittime espressioni di critica politica. A Berlino, un gruppo di attivisti ha “dirottato” un evento pubblico su tutt’altro tema per intonare cori contro Israele e sventolare striscioni con scritte come “No Pride in Israeli Apartheid”. L’editorialista osserva che non si tratta di normali manifestanti pacifisti: “non sono civili pro-palestinesi, ma militanti anti-israeliani”. Le dichiarazioni ascoltate – ad esempio l’invocazione della “remigrazione” (cioè l’espulsione di massa) degli ebrei da Israele – tradiscono, secondo la FAZ, un pensiero di estrema destra travestito da attivismo di sinistra. Si rileva con sgomento l’inedito intreccio tra frange della sinistra radicale europea e figure dell’estrema destra internazionale come Martin Sellner, leader identitario austriaco, che sui social ha incitato contro qualsiasi “moderazione” dell’AfD invitando a mantenere toni duri su Israele (con minaccia di fondare un partito concorrente se l’AfD “ammorbidisce” la sua linea). Questa saldatura ideologica tra estremisti di opposti schieramenti – entrambi ferocemente anti-israeliani – viene definita inquietante. Il commento critica anche l’inerzia delle autorità locali: a Berlino, le forze dell’ordine sono parse esitanti nell’intervenire, forse timorose di alimentare ulteriori disordini o di essere accusate di limitare la libertà di espressione. Ma per la FAZ, la tolleranza ha un limite: “Quando in piazza risuonano appelli violenti o antisemiti, lo Stato di diritto deve reagire con decisione”. La conclusione è netta: Germania e Austria (citata l’analoga protesta a Salisburgo) devono vigilare affinché il conflitto mediorientale non venga importato e strumentalizzato dai loro estremisti interni. Tali attivisti non cercano pace o giustizia, bensì “rottura e provocazione”. La società civile e le istituzioni, sostiene l’articolo, sono chiamate a isolare questi elementi militanti e a difendere un dibattito critico su Israele che sia però civile nei toni e rispettoso dei limiti democratici.
La Bundeswehr lancia i primi aiuti sul cielo di Gaza
Bundeswehr wirft erste Hilfsgüter über Gaza ab
Der Tagesspiegel – 1 agosto 2025
Nel tentativo di alleviare la drammatica emergenza umanitaria nel Gaza sotto assedio, la Germania ha dato avvio a una rischiosa ma simbolicamente importante operazione di ponte aereo. Come riferisce il Tagesspiegel, venerdì 1 agosto due aerei da trasporto A400M dell’Aeronautica militare tedesca hanno effettuato i primi lanci di viveri e forniture mediche sui cieli della Striscia. In queste missioni iniziali – coordinate con le Nazioni Unite e l’Aeronautica giordana – sono stati paracadutati complessivamente 34 pallet, per un totale di circa 14 tonnellate di aiuti umanitari (generi alimentari di base e farmaci d’emergenza). Il governo tedesco, che aveva annunciato nei giorni precedenti la disponibilità ad agire unilateralmente per portare soccorso ai civili di Gaza, ha precisato tuttavia che gli “airdrops” non possono che essere un contributo limitato: “Sappiamo bene che i lanci dal cielo sono solo un piccolo aiuto per alleviare le sofferenze a Gaza”, ha dichiarato il cancelliere Merz, “per questo continuiamo a lavorare con tutte le forze per aprire vie di terra”. Le operazioni aeree, infatti, sono costose e incerte: secondo l’UNRWA, distribuire aiuti lanciandoli col paracadute costa almeno 100 volte di più che farli arrivare via camion. Inoltre, vi è il timore che una parte dei beni non raggiunga i destinatari più bisognosi – il Tagesspiegel parla di “preoccupazioni sulla distribuzione”: c’è il rischio che milizie come Hamas o bande locali si impossessino di parte del carico. Nonostante ciò, l’iniziativa tedesca è stata accolta con gratitudine dal segretario generale dell’ONU e dall’OMS, che auspicano ulteriori missioni del genere da parte di paesi terzi. La Germania ha annunciato che, compatibilmente con la sicurezza degli equipaggi, proseguirà i lanci nei prossimi giorni e sta incoraggiando altri partner europei a fare lo stesso (si segnala l’intenzione dell’Italia di unirsi con voli analoghi). Si tratta, sottolinea l’articolo, di un segnale politico oltre che pratico: Berlino intende dimostrare che non resterà inerte di fronte al rischio carestia a Gaza, pur mantenendo la sua linea di vicinanza a Israele sul piano militare. “È un dovere umanitario” – hanno ribadito esponenti governativi tedeschi – “che ci assumiamo ben sapendo che non basta: per questo la nostra diplomazia è al lavoro giorno e notte per un cessate-il-fuoco e corridoi via terra”. La luftbrücke (ponte aereo) per Gaza, piccola ma coraggiosa, riporta alla memoria il celebre ponte aereo di Berlino del 1948: un paragone evocato non a caso dai media tedeschi, a sottolineare la valenza morale di questa operazione.
Zelenskyj atteso in Germania per colloqui con Merz
Selenskyj zu Besuch in Deutschland erwartet (fonte: Der Spiegel)
Der Spiegel – 31 luglio 2025
Secondo indiscrezioni riportate dallo Spiegel, il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj sarebbe in procinto di recarsi in Germania per incontrare il cancelliere Friedrich Merz e discutere di possibili spiragli negoziali nel conflitto con la Russia. La visita – non confermata ufficialmente per ragioni di sicurezza – avverrebbe a metà agosto e segnerebbe la prima missione di Zelenskyj a Berlino da quando Merz è diventato cancelliere. Le fonti citate indicano che Merz intende proporre all’ospite un piano di “facilitazione del dialogo”: in pratica, la Germania offrirebbe Kiev come sede per colloqui preliminari indiretti con Mosca, con la garanzia di mediatori neutrali europei. L’idea nasce dalla convinzione – diffusa nei servizi d’intelligence occidentali – che l’escalation militare stia raggiungendo un punto di stallo sanguinoso, e che occorra preparare il terreno per trattative quando l’occasione si presenterà. Merz, finora sostenitore della linea dura (armi all’Ucraina e pressione massima su Putin), sembra ora voler assumere “una iniziativa diplomatica”, anche per rispondere alle pressioni interne (dall’SPD e dai Verdi) per una strategia politica oltre l’aiuto militare. Durante i colloqui, il cancelliere tedesco – riferisce il Spiegel – rassicurerà Zelenskyj che nulla sarà deciso senza l’Ucraina, ma nello stesso tempo potrebbe sondare una maggiore flessibilità su punti finora irrinunciabili (ad esempio sul futuro status della Crimea o su eventuali cessate-il-fuoco locali). L’articolo sottolinea che Merz ha investito molto capitale politico in questa mossa: convincere Zelenskyj a fidarsi della Germania come facilitatore richiede credibilità, dopo che Berlino negli ultimi anni ha in parte perso ruolo (complice anche la fine del formato Normandia). Tuttavia, alcuni segnali incoraggianti ci sono: Zelenskyj avrebbe apprezzato l’annuncio tedesco sulla fornitura di missili Patriot e – cosa meno nota – la pressione congiunta esercitata da Merz e Macron su Washington affinché non escluda un cessate-il-fuoco “congelato” come possibile primo passo. In cambio, la Germania chiede a Kiev trasparenza (meno resistenza a condividere informazioni di intelligence sulle operazioni belliche in corso) e moderazione comunicativa – l’obiettivo è evitare che provocazioni verbali rendano ancora più difficile un eventuale percorso negoziale. Se la visita si concretizzerà, Zelenskyj parteciperà anche a un incontro con i presidenti Steinmeier e Macron (ospiti anch’essi a Berlino) in una sorta di mini-vertice europeo pro-Ucraina. L’articolo conclude prudentemente che le speranze di pace sono ancora lontane, ma la diplomazia tedesca si sta muovendo: dopo mesi in cui la parola d’ordine era “armi invece di parole”, ora a Berlino si torna a pensare che “parlare non è arrendersi”, e che preparare il dialogo sia parte integrante del sostegno all’Ucraina.
Industria della difesa e questioni militari
L’industria avvia la gara per un drone d’attacco in profondità made in Germany
Industrie startet Wettbewerb um deutsche Deep-Strike-Drohne
Handelsblatt – 28 luglio 2025
La Germania si prepara a dotarsi di droni da combattimento a lungo raggio in grado di colpire obiettivi nel profondo del territorio nemico, colmando così una lacuna strategica emersa con la guerra in Ucraina. Come rivela un’inchiesta del Handelsblatt, il Ministero della Difesa ha inviato alla fine di giugno una richiesta ufficiale (Request for Proposals) alle principali aziende del settore e ad alcune start-up, avviando un concorso di idee per lo sviluppo di un sistema denominato provvisoriamente “Deep Strike Drone”. Tre diversi consorzi industriali si sono immediatamente formati per rispondere alla sfida. Il primo vede protagonista Airbus Defence & Space in partnership con la start-up statunitense Kratos Defense, specializzata in droni bersaglio e UAV veloci. Il secondo raggruppa il colosso tedesco Rheinmetall insieme alla californiana Anduril Industries, nota per i suoi droni autonomi e l’uso avanzato di intelligenza artificiale. Il terzo consorzio fa capo alla promettente start-up di Monaco Helsing, che già fornisce software di combattimento basati su AI alla Bundeswehr. Tutti stanno elaborando concept di drone a raggio esteso (oltre 500 km) capace di penetrare difese aeree e colpire bersagli strategici – come depositi di munizioni o centri di comando – minimizzando i rischi per i piloti umani. Fonti ministeriali confermano al giornale che colloqui preliminari si sono già tenuti e che la fase di studio procede spedita, pur mancando ancora un bando formale di gara. Il Handelsblatt sottolinea la portata storica del progetto: per la prima volta dalla Guerra Fredda la Germania pianifica uno strumento d’offesa “in profondità”, un tabù finora per le sue forze armate difensive. La spinta viene dall’esperienza ucraina: Kiev, con l’aiuto di droni forniti anche dalla stessa Germania, ha dimostrato l’efficacia di colpire centri logistici russi ben oltre la linea del fronte. Berlino vuole ora dotarsi di simili capacità in proprio. Naturalmente, l’impresa presenta sfide tecniche e finanziarie: occorrono droni stealth ad alta autonomia, sistemi di guida avanzati e – dettaglio non trascurabile – l’integrazione con i cacciabombardieri F-35 che la Luftwaffe acquisirà. Il Ministero ha confermato al Handelsblatt che i primi colloqui esplorativi si sono svolti e che vi è “piena consapevolezza dell’urgenza”, ma anche prudenza: al momento non esiste un ordine ufficiale e i portavoce si affrettano a precisare che “nessuna decisione è stata presa”, pur riconoscendo l’importanza della capacità in oggetto. Ciò che è chiaro è che la Germania non vuole più dipendere da soli assetti alleati per lo strike a lungo raggio. L’articolo si chiude notando come, simbolicamente, questo progetto segni un ulteriore passo nella Zeitenwende: la Bundeswehr del 2025 guarda a sistemi offensivi sofisticati – un’evoluzione impensabile solo pochi anni fa, ma resa inevitabile dalle nuove minacce.
Reiche istituisce una task force di esperti per l’industria della difesa
Reiche richtet Beraterkreis für Verteidigungsindustrie ein
Handelsblatt – 28 luglio 2025
Il governo tedesco compie una mossa concreta per potenziare l’industria nazionale degli armamenti: la ministra dell’Economia Katherina Reiche (CDU) ha convocato un gruppo di esperti indipendenti incaricati di consigliare il ministero sulle strategie per rendere la Germania più “difendibile” e la sua base industriale militare più competitiva. Come riporta il Handelsblatt, la “task force” – composta da quattro figure di alto profilo nel campo tecnologico e produttivo – avrà il compito di elaborare entro fine anno un pacchetto di raccomandazioni per rafforzare il settore difesa e migliorare la prontezza delle Forze Armate tedesche. Reiche, nel presentare l’iniziativa, ha sottolineato che per troppo tempo l’industria bellica nazionale è stata “sottovalutata e trascurata”: dopo la Guerra Fredda molte capacità sono state lasciate decadere, credendo erroneamente che non servissero più. Ora, alla luce della guerra in Ucraina, è chiaro che “il Paese deve potersi difendere” e che una solida filiera industriale della difesa è un pilastro irrinunciabile della resilienza economica e sicurezza nazionale. I quattro esperti nominati – i cui nomi emergono in parte dall’articolo – includono un ex dirigente di Rheinmetall, una professoressa di ingegneria militare, un generale in pensione con esperienza logistica e un esperto di start-up nel settore aerospaziale. Essi lavoreranno a stretto contatto con la struttura ministeriale, ma Reiche ha assicurato che godranno di libertà di analisi: l’idea è che possano indicare con franchezza colli di bottiglia e inefficienze nella produzione di armamenti, senza le pastoie burocratiche interne. Tra i temi su cui il Beraterkreis (circolo di consulenti) dovrà esprimersi: come accelerare la produzione di munizioni e componenti chiave (dopo i noti ritardi nel rifornimento di proiettili d’artiglieria), come stimolare l’innovazione (droni, cyberdifesa) magari facilitando collaborazioni con start-up, e come migliorare l’integrazione tra esigenze delle Forze Armate e offerta industriale. Quest’ultimo punto è cruciale: spesso in passato si sono progettati sistemi sofisticati ma poco rispondenti alle necessità pratiche dei militari. Reiche vuole evitare tali discrepanze, specialmente ora che la Germania investe molto di più in difesa. “Politica economica e sicurezza nazionale vanno di pari passo” – ha dichiarato la ministra durante la presentazione, ribadendo che economia e difesa sono intrecciate. L’articolo del Handelsblatt evidenzia anche il contesto politico: la mossa di Reiche, esponente CDU, potrebbe servire a placare le critiche dell’opposizione verde e di sinistra, mostrando che il governo non affida solo alla retorica la Zeitenwende ma sta creando strumenti concreti per renderla realtà. In definitiva, il “Beraterkreis” è un segnale: Berlino si sta muovendo per fare della Germania non solo il “Paese leader in Europa per investimenti militari”, ma anche per capacità produttiva d’avanguardia, in grado di sostenere se stessa e gli alleati in tempi di crisi.
MBDA prepara la ripresa della produzione del missile Taurus
MBDA bereitet Wiederaufnahme der Taurus-Produktion vor
Handelsblatt – 1 agosto 2025
Il missile da crociera Taurus, considerato uno dei più potenti dell’arsenale tedesco, tornerà probabilmente in produzione dopo oltre un decennio di stop. Lo riferisce il Handelsblatt citando dichiarazioni del Dr. Thomas Gottschild, amministratore delegato di MBDA Deutschland, l’azienda che aveva sviluppato il Taurus negli anni 2000. Il manager ha rivelato che MBDA “è pronta ad avviare immediatamente la produzione, se arriverà un ordine dal cliente” – il cliente in questione è ovviamente il Ministero della Difesa tedesco. Il contesto: dopo averne acquistati 600 esemplari entro il 2010, la Bundeswehr non aveva più finanziato nuovi Taurus, concentrandosi sulla manutenzione di quelli esistenti. Tuttavia, molti di quei missili oggi non sono operativi: una parte consistente necessità di aggiornamenti e revisioni profonde, tanto che negli ultimi anni solo poche dozzine risultavano effettivamente pronte all’uso. L’aggressione russa all’Ucraina ha riacceso l’interesse verso queste armi a lungo raggio (il Taurus può colpire obiettivi a oltre 500 km, penetrando anche bunker fortificati grazie alla sua testata tandem). L’Ucraina stessa ha più volte richiesto alla Germania la fornitura di alcuni Taurus per colpire in profondità le retrovie russe, ma finora Berlino ha esitato temendo un’escalation – richiesta *“senza successo finora”, nota l’articolo. In parallelo, però, è emersa l’esigenza di rimpinguare le scorte nazionali e modernizzarle: a fine 2024 il Bundestag ha commissionato a MBDA un programma di manutenzione straordinaria per rimettere in efficienza i vecchi missili e aggiornarne l’elettronica. Ora, Gottschild annuncia che l’azienda è pronta al passo successivo: riaprire la linea produttiva per costruire nuovi Taurus, eventualmente in versione migliorata. “Il Taurus avrà ancora un ruolo centrale come arma stand-off” – ha detto il CEO – “perché permette di colpire bersagli ben difesi restando fuori dal raggio delle difese nemiche”. La testata esplosiva del Taurus è in grado di distruggere bunker e infrastrutture sotterranee, come depositi di munizioni o centri di comando. L’ultimo conflitto ha dimostrato l’importanza di tali capacità: la Russia stessa ha lanciato migliaia di missili contro città ucraine, mentre Kiev – con i missili a disposizione – è riuscita a colpire una base aerea russa a oltre 600 km di distanza. La Germania, dal canto suo, vuole assicurarsi di non restare indietro. Il via libera politico alla nuova produzione non è ancora formalizzato, ma l’anticipazione data al Handelsblatt suggerisce che il governo Merz intenda procedere. Un aspetto interessante: MBDA produce in consorzio internazionale (coinvolgendo partner svedesi e spagnoli), ma la decisione di riprendere la produzione sarebbe comunque un forte stimolo all’industria bellica locale, coinvolgendo decine di fornitori tedeschi di componentistica ad alta tecnologia. In conclusione, il Taurus tornerà a volare dalle catene di montaggio: un segnale del riarmo selettivo ma deciso che la Germania sta intraprendendo in risposta a un contesto di sicurezza molto più instabile.
Servizio militare: cresce l’interesse per la Bundeswehr
Wehrdienst: Interesse an der Bundeswehr wächst
Die Zeit – 1 agosto 2025
A dispetto del lungo dibattito sulla carenza di volontari nelle Forze Armate, il 2025 sta registrando un inatteso boom di reclute per la Bundeswehr. Secondo dati del Ministero della Difesa citati dalla Zeit, nei primi sette mesi dell’anno sono già stati arruolati circa 13.750 nuovi soldati, il 28% in più rispetto allo stesso periodo del 2024. È un’inversione di tendenza notevole, attribuita a due fattori principali: da un lato le intense campagne di reclutamento lanciate di recente (pubblicità mirate, programmi nelle scuole, incentivi economici), dall’altro il mutato clima geopolitico che rende più attrattivo il servizio per i giovani motivati a difendere il proprio paese. Nel complesso, la Bundeswehr conta ora circa 183.100 donne e uomini in uniforme, duemila in più rispetto a un anno fa. In particolare, il servizio militare volontario (la ferma breve introdotta in sostituzione della leva obbligatoria) ha visto 11.350 adesioni, segnando un +15%. Questo dato sta dando nuova linfa al dibattito sulla possibile reintroduzione di una qualche forma di servizio obbligatorio. Il governo Merz, su spinta soprattutto della CDU, ha in cantiere un disegno di legge – da decidere a fine agosto – che mira a reclutare fino a 15.000 giovani all’anno in un “servizio per la patria” flessibile (militare o civile a scelta). La SPD, partner di coalizione, rimane scettica e critica il piano come costoso e poco attuabile, preferendo puntare sulla volontarietà potenziata. Nella maggioranza, però, c’è chi – come il ministro dell’Interno Wöller (CDU) – vorrebbe spingersi oltre, proponendo addirittura la riattivazione della leva obbligatoria qualora il reclutamento volontario non copra il fabbisogno. Tale eventualità è al momento esclusa dall’accordo di governo, ma la discussione è aperta. Intanto, i successi nel reclutamento attuale sono legati anche al contesto di sicurezza: l’invasione russa dell’Ucraina ha fatto crescere la percezione che servire nelle Forze Armate sia non solo onorevole ma necessario. Il ministero riferisce di un “maggiore senso civico nei giovani” e di una spinta patriottica che non si vedeva da tempo. Sul fronte opposto, però, alcuni osservatori mettono in guardia: quest’ondata potrebbe essere temporanea, favorita anche dalla congiuntura economica (il lavoro sicuro in divisa attrae di più in tempi di incertezza). Per stabilizzarla, sarà fondamentale l’approvazione delle riforme proposte: migliori condizioni di servizio, caserme moderne, equipaggiamenti adeguati – tutte misure in discussione che, se varate, consolideranno la fiducia dei giovani nella nuova Bundeswehr. Di certo, conclude l’articolo, la Germania sta vivendo un momento storico: dopo anni di tagli e disinteresse, “la truppa cresce di nuovo”. Ora la sfida è mantenere questo slancio e tradurlo in una forza armata effettivamente più numerosa, addestrata e motivata, all’altezza delle aumentate esigenze difensive del Paese.
Reiche: l’industria bellica è essenziale per l’economia tedesca
Reiche: Rüstungsindustrie essenziell für deutsche Wirtschaft
Die Zeit – 1 agosto 2025
In visita allo stabilimento di Kassel del gruppo KNDS (consorzio tedesco-francese produttore del carro armato Leopard 2), la ministra dell’Economia Katherina Reiche ha espresso una presa di posizione netta: “l’industria degli armamenti è un componente essenziale di un’economia nazionale resiliente”. Le sue parole – riportate dalla Zeit – segnano un cambiamento di prospettiva, dopo decenni in cui il settore difesa era considerato marginale o addirittura scomodo nel dibattito economico. Reiche ha ammesso che “nei decenni passati, dopo la caduta del Muro, probabilmente abbiamo sottovalutato” l’importanza di mantenere capacità industriali nel settore militare. Il nuovo scenario geopolitico – con la guerra in Ucraina – ha invece reso evidente che “un Paese deve sapersi difendere” e che ciò richiede un’industria in grado di fornire equipaggiamenti moderni ed efficienti alle proprie Forze Armate. Economia e sicurezza, ha aggiunto la ministra, “sono inscindibili”: investire nella difesa non significa solo spendere per la sicurezza, ma anche stimolare crescita tecnologica e posti di lavoro qualificati. I numeri le danno ragione: negli ultimi due anni, sulla scia del fondo speciale di 100 miliardi e dell’aumento del bilancio difesa, le aziende belliche tedesche hanno registrato tassi di crescita elevati e forti avanzamenti tecnologici. Reiche ha citato esempi di innovazione (“salti tecnologici”) nel settore, sottolineando come esso possa fungere da volano anche per l’economia civile (tramite ricadute tecnologiche). La ministra ha poi toccato il tema della presenza dello Stato nell’industria: alla domanda se Berlino intenda entrare nel capitale di KNDS (voce circolata dopo l’interesse manifestato dal ministro della Difesa Pistorius), Reiche ha glissato dichiarando che la questione è di competenza del suo collega alla Difesa. Ha però ribadito la necessità di rafforzare la cooperazione europea nel settore: sistemi interoperabili tra alleati NATO e UE e joint venture come la stessa KNDS sono la strada da seguire. In concreto, il governo sta già muovendosi: la settimana precedente, il Consiglio dei Ministri ha approvato emendamenti normativi per snellire e accelerare le procedure di acquisizione di armamenti da parte della Bundeswehr. Inoltre, è stata formalmente allentata la rigida disciplina del “Schuldenbremse” (vincolo di bilancio) per permettere l’aumento significativo della spesa militare nei prossimi anni. Tutte misure, ha detto Reiche, per rendere la Germania “difensivamente robusta” e al contempo “economicamente più forte”. L’articolo evidenzia come queste affermazioni, provenendo dalla ministra dell’Economia, assumano un peso particolare: è il segnale che in Germania la difesa è ormai vista non solo come costo necessario, ma come investimento strategico nell’economia del Paese.
Il governo approva un disegno di legge per accelerare gli acquisti della Bundeswehr
Kabinett billigt Entwurf für schnellere Beschaffung bei der Bundeswehr (fonte: Die Zeit)
Die Zeit – 31 luglio 2025
Il Consiglio dei Ministri tedesco ha dato il via libera a un pacchetto legislativo che rivoluziona le procedure di approvvigionamento delle Forze Armate, con l’obiettivo di tagliare drasticamente i tempi necessari all’acquisizione di nuovi sistemi d’arma e materiali. Come riportato dai media nazionali, il disegno di legge – elaborato dal Ministero della Difesa in coordinamento con il Ministero dell’Economia – introduce deroghe e semplificazioni sostanziali al diritto vigente degli appalti pubblici in ambito militare. In particolare, per i programmi ritenuti “ad alta priorità strategica” (come munizioni critiche o equipaggiamenti legati agli impegni NATO) sarà possibile evitare lunghe gare europee e procedere tramite affidamenti diretti o procedure negoziate rapide, pur nel rispetto di standard di trasparenza. Il ministro Pistorius ha spiegato che si tratta di “rompere gli ingorghi burocratici” che finora hanno rallentato pesantemente la Zeitenwende: ad esempio, un ordine di missili antiaerei che potrebbe essere evaso in 6 mesi ne ha richiesti 24 per colpa di iter amministrativi. Con la nuova legge, simili acquisti dovranno essere completati “nel più breve tempo tecnicamente possibile”. Un’altra novità è l’innalzamento delle soglie monetarie sotto le quali la Bundeswehr può procedere a ordini senza bando pubblico: questo permetterà di rifornire più rapidamente scorte di ricambio e materiali di consumo (dalle uniformi ai componenti elettronici), settori in cui recentemente si sono verificati colli di bottiglia. Viene inoltre istituita una “task force appalti” con poteri speciali presso il Ministero, incaricata di monitorare e sbloccare i programmi critici. L’aspetto forse più innovativo – e potenzialmente controverso – è una clausola che consente di aggirare ricorsi e contestazioni legali: finora le gare pubbliche potevano essere impugnate in tribunale da aziende escluse, congelando tutto per mesi; d’ora in poi, per i contratti militari prioritari, l’eventuale contenzioso non sospenderà la fornitura, che andrà avanti “sotto revisione”. Il governo assicura che ciò avverrà solo in casi eccezionali e comunque garantendo compensazioni se il ricorso venisse accolto a posteriori. Critiche arrivano dall’opposizione, timorosa di minori controlli e possibili sprechi: la sinistra (Linke) ha parlato di “liberi pass per le lobby delle armi”. Ma la maggioranza difende il provvedimento come indispensabile: “Non possiamo permetterci una burocrazia in tempo di pace mentre attorno a noi la situazione è da tempo da tempo di crisi”, ha detto un deputato CDU. L’aspettativa è che con queste misure la Bundeswehr recuperi rapidamente efficienza, potendo ricevere equipaggiamenti chiave in tempi utili. Il testo ora passa al Parlamento, dove si prevede un’approvazione rapida grazie all’accordo di coalizione sul tema.
Pistorius intende dotare la Bundeswehr di un nuovo sistema missilistico USA
Verteidigungsminister Pistorius will Bundeswehr mit US-Raketensystem ausstatten
Süddeutsche Zeitung – 1 agosto 2025
La Bundeswehr potrebbe presto aggiungere al proprio arsenale un ulteriore pezzo pregiato di tecnologia americana. Il ministro della Difesa Boris Pistorius ha infatti manifestato la volontà di acquisire per l’esercito tedesco un moderno sistema lanciarazzi campale statunitense. Secondo indiscrezioni filtrate da un briefing al Bundestag, Pistorius guarda con interesse agli HIMARS – i lanciarazzi mobili già forniti con successo all’Ucraina – oppure ai sistemi missilistici tattici di teatro (ATACMS), sempre di fabbricazione USA, capaci di colpire obiettivi a 300 km di distanza. L’obiettivo sarebbe duplice: da un lato, colmare una lacuna nelle capacità di fuoco a lungo raggio dell’esercito tedesco (attualmente i missili terra-terra tedeschi arrivano al massimo a 70-80 km), dall’altro rafforzare l’integrazione con la dottrina NATO, che fa largo uso di questi assetti. La decisione non è ancora presa formalmente, ma Pistorius ne avrebbe già discusso con l’omologo americano in occasione della sua recente visita a Washington. Il ministro – SPD ma su posizioni di difesa molto assertive – sta di fatto proseguendo sulla linea del suo predecessore, ampliando il ventaglio di armamenti strategici. La notizia ha suscitato reazioni variegate: negli ambienti militari tedeschi c’è entusiasmo, perché un sistema come l’HIMARS darebbe all’esercito la capacità di colpire rapidamente e con precisione bersagli cruciali (depositi, concentrazioni di truppe) ben oltre la linea del fronte, aumentando il potere di dissuasione. Alcuni analisti notano che dotarsi di tali sistemi significherebbe anche poterli condividere più facilmente in operazioni con gli alleati – è un segnale di “ancoraggio atlantico”. Le perplessità riguardano i costi: ogni lanciatore HIMARS e relative munizioni hanno prezzi elevati, e inserirli in organico richiederebbe addestramento specifico e catene logistiche dedicate. Ma l’argomento economico sembra pesare meno in questa fase di riarmo. Pistorius dovrà comunque ottenere il benestare del Parlamento per un acquisto del genere; per ora ha ottenuto l’ok del Consiglio di Sicurezza federale a procedere con trattative esplorative con gli USA. In parallelo – rivela l’agenzia DPA – la Germania sta trattando anche con Israele l’acquisizione del sistema di difesa antimissile Arrow-3: insomma, da un lato vuole colpire lontano, dall’altro proteggersi in alto. Il panorama che emerge è quello di una Bundeswehr in piena trasformazione: “vogliamo avere l’esercito convenzionalmente più forte d’Europa”, ha dichiarato il cancelliere Merz qualche giorno fa, e le mosse di Pistorius suonano come un’eco pratica di quella promessa.
Politica interna e questioni sociali
Scuola: troppi svantaggi per gli studenti di origine straniera, avverte l’OCSE
Schulen in Deutschland: Pisa-Chef beklagt Nachteile für Schüler mit Migrationshintergrund
Frankfurter Allgemeine Zeitung – 27 luglio 2025
Nonostante alcuni progressi, il sistema scolastico tedesco continua a penalizzare gli alunni provenienti da famiglie immigrate. A lanciare l’allarme è Andreas Schleicher, direttore del programma PISA dell’OCSE, in un’intervista ripresa dalla FAZ. Schleicher osserva che negli ultimi anni la quota di studenti con background migratorio è cresciuta significativamente nelle scuole tedesche (in alcune aree urbane supera il 30-40%), ma la scuola pubblica non è riuscita ad adeguarsi: tali studenti restano “indietro in modo preoccupante” nei risultati, anche a parità di condizioni socio-economiche. Il capo del PISA evidenzia in particolare il fenomeno delle “scuole ghetto”: istituti situati in quartieri svantaggiati dove si concentrano bambini di origine straniera spesso con scarsa padronanza del tedesco. “Intere scuole rischiano di perdere l’equilibrio” – afferma – se troppi alunni hanno difficoltà linguistiche, gli insegnanti sono sovraccarichi e il livello generale ne risente. Invece di colmare i divari, il sistema li accentua. Schleicher richiama quindi la politica a interventi decisi: più insegnanti specializzati in tedesco L2 (come seconda lingua) sin dall’asilo, classi con meno alunni nelle zone difficili, incentivi per attirare docenti esperti proprio nelle scuole a maggiore presenza migratoria. Attualmente – nota l’articolo – accade spesso il contrario: i docenti più giovani e meno formati finiscono nelle scuole più problematiche, mentre i più esperti cercano trasferimento altrove. Il risultato è un circolo vizioso di qualità più bassa proprio dove servirebbe la migliore. L’OCSE suggerisce anche di anticipare l’obbligo scolastico: l’istruzione prescolare (dai 3 ai 5 anni) è cruciale per i bambini di famiglie straniere, ma oggi molti la iniziano troppo tardi o con frequenza ridotta. Non mancano, comunque, esempi positivi: alcune scuole tedesche, grazie a progetti mirati e al coinvolgimento delle comunità locali, sono riuscite a colmare il “gap” di apprendimento tra nativi e figli di immigrati. Ciò dimostra – sottolinea Schleicher – che il destino scolastico non è segnato dall’origine, ma servono volontà politica e risorse. La FAZ aggiunge che questo dibattito si intreccia con questioni più ampie di politica sociale: l’integrazione per via educativa è considerata la chiave per evitare in futuro tensioni e creare coesione. Eppure, finora nessun governo ha varato un piano organico contro le diseguaglianze scolastiche etniche. La speranza è che, con la nuova consapevolezza pubblica (i media se ne occupano molto, soprattutto dopo gli ultimi test Invalsi/PISA con risultati deludenti per gli studenti migranti), il tema entri con forza nell’agenda federale e regionale. In conclusione, l’appello è condiviso: investire ora nell’istruzione dei bambini migranti – attraverso insegnanti qualificati, classi inclusive ma ben supportate, e un forte sostegno linguistico – è indispensabile per evitare che le differenze di background si traducano in esclusione e fallimento scolastico su larga scala.
Prestazioni sociali: molti più casi di frode organizzata nel reddito di cittadinanza (Bürgergeld)
Sozialleistungen: Deutlich mehr Fälle von bandenmäßigem Missbrauch beim Bürgergeld registriert
Frankfurter Allgemeine Zeitung – 27 luglio 2025
Le autorità tedesche hanno scoperto un forte aumento dei casi di truffa ai danni del sistema di welfare, in particolare relativi al Bürgergeld – il reddito minimo garantito introdotto nel 2023 in sostituzione del vecchio Hartz IV. Secondo i dati dell’Agenzia Federale per l’Impiego citati dalla FAZ, nel 2024 si sono registrati ben 454 casi di sospetto “abuso in banda organizzata” delle prestazioni di Bürgergeld, rispetto ai 272 casi dell’anno precedente. Ciò rappresenta un incremento di oltre il 60%. La definizione “bandenmäßiger Missbrauch” indica situazioni in cui gruppi criminali, spesso strutturati a livello sovraregionale, orchestrano frodi sistematiche: ad esempio presentando domande di sussidio con identità fittizie o prestanome, oppure simulando inesistenti nuclei familiari numerosi per massimizzare gli importi erogati. Il cancelliere Friedrich Merz ha reagito con durezza ai nuovi dati, parlando di strutture “mafiose” dietro questi fenomeni. In effetti, alcuni casi scoperti somigliano a sceneggiature da film criminale: un’indagine in Baviera ha portato all’arresto di una banda che, con documenti falsi, aveva intascato indebitamente oltre 1 milione di euro in Bürgergeld spacciando per disoccupati decine di persone in realtà inesistenti. Un altro schema riguarda dipendenti pubblici corrotti che, dietro compenso, avrebbero inserito dati fasulli nei sistemi di erogazione. Il governo federale ha annunciato una stretta sui controlli: l’Agenzia per l’Impiego avrà nuovi poteri di verifica incrociata dei dati con altre banche dati (fisco, anagrafe), e verrà creato un task force con polizia e autorità giudiziarie per perseguire specificamente le frodi organizzate. Alcuni critici osservano che l’allentamento di certe maglie burocratiche nel passaggio da Hartz IV a Bürgergeld (voluto per ridurre lo stigma sui beneficiari) potrebbe aver involontariamente aperto spazi ai truffatori. Ad esempio, oggi i controlli patrimoniali iniziali sono meno stringenti di un tempo, e c’è una maggiore fiducia sulle autodichiarazioni: lacune di cui i criminali hanno approfittato. La ministra del Lavoro (SPD) difende però la riforma e invita a non gettare discredito sul Bürgergeld: “la stragrande maggioranza di chi riceve l’aiuto ne ha pienamente diritto”. Conferma però tolleranza zero verso i truffatori: “Ogni euro rubato al welfare è un euro sottratto ai bisognosi”. Nel frattempo alcune regioni (es. Nord Reno-Westfalia) stanno conducendo verifiche straordinarie su migliaia di pratiche sospette. Il tema è diventato terreno di scontro politico: l’opposizione conservatrice (CSU e AfD) attacca accusando il governo di aver creato un “sistema troppo generoso facile da imbrogliare”, mentre la coalizione respinge l’accusa e ribalta la questione sulla necessità di strumenti investigativi più efficaci. Per ora, l’unico dato certo è che nel 2024 i danni stimati per frodi accertate al Bürgergeld ammontano a circa 8,2 milioni di euro – più del doppio del 2023. Una cifra non enorme in valore assoluto, ma dal forte impatto simbolico. Su pressione di Merz, la questione verrà discussa in seno alla conferenza Stato-Regioni per coordinare gli sforzi di vigilanza. L’obiettivo è dare un segnale chiaro: il welfare aiuta chi ha bisogno, non i furbi, e lo Stato tedesco è determinato a colpire chi se ne approfitta organizzando raggiri su larga scala.
SPD sollecita la CDU a un colloquio con Brosius-Gersdorf – nessun confronto in vista
SPD fordert Union zu Gespräch mit Brosius-Gersdorf auf – kein Austausch geplant
Süddeutsche Zeitung – 2 agosto 2025
Si inasprisce lo scontro all’interno della grande coalizione di governo sulla spinosa vicenda della nomina dei nuovi giudici della Corte Costituzionale Federale. La Süddeutsche Zeitung riferisce che la leadership del gruppo parlamentare SPD ha formalmente invitato i colleghi dell’alleata CDU/CSU ad un incontro chiarificatore con la candidata socialdemocratica Frauke Brosius-Gersdorf, ma da parte cristiano-democratica “non c’è alcuna intenzione di confrontarsi”. In giugno, la commissione parlamentare competente (il Richterwahlausschuss) aveva indicato con larga maggioranza il nome di Brosius-Gersdorf per uno dei tre seggi vacanti alla Corte, affiancandole altri due candidati (una proposta SPD e una della CDU). Tuttavia, al momento del voto finale al Bundestag a metà luglio, le schede segrete hanno riservato un colpo di scena: la giurista non ha raggiunto la maggioranza dei due terzi richiesta, mancando presumibilmente diverse decine di voti – proprio tra le fila della CDU/CSU, stando ai conti. È prassi consolidata che i due partner di coalizione si spartiscano consensualmente i posti alla Corte (che è organo super partes), rispettando le indicazioni l’uno dell’altro. La rottura di questa consuetudine ha creato gelo nei rapporti di coalizione. La SPD continua a sostenere con forza la propria candidata – “una giurista eccellente”, la definisce il capogruppo SPD Matthias Miersch – e pretende che la controparte conservatrice le dia almeno la chance di presentarsi e dissipare eventuali “dubbi ideologici”. Si sospetta infatti che alcuni ambienti CDU abbiano boicottato Brosius-Gersdorf giudicandola troppo vicina a posizioni progressiste (in passato ha scritto a favore dei diritti LGBTQ+ e dell’uguaglianza di genere). Dal canto suo, la CDU – come trapela da fonti ufficiose – ritiene la giurista “non sufficientemente super partes”. Ha proposto di trovare tre nomi nuovi, uno per parte, soluzione che però la SPD vede come resa incondizionata e cedevolezza irricevibile. Nelle scorse ore, la ministra federale della Giustizia Stefanie Hubig (SPD) ha rincarato la dose, denunciando pubblicamente “l’incredibile modo in cui” Brosius-Gersdorf è stata attaccata nella campagna mediatica condotta da alcuni circoli conservatori, parlando di “attacchi personali estremi” volti a delegittimarla. Hubig ha ammonito che simili “campagne” scoraggiano candidati validi e “non possiamo permettercelo”. La ministra ha definito “più che irritante” l’atteggiamento dell’alleato su questa vicenda: in una grande coalizione – ha detto – è fondamentale fidarsi e rispettare gli accordi, soprattutto su nomine istituzionali di tale rilevanza. Intanto, a causa di questo stallo, anche gli altri due giudici designati (uno proposto dalla SPD, l’altra dalla CDU) non sono stati votati: i seggi alla Corte rimangono vacanti, un fatto eccezionale. La SPD insiste: “Merz e la sua frazione devono concedere un colloquio a Frau Brosius-Gersdorf per farsi un’idea reale”, ma finora la CDU/CSU – irritata a sua volta per essere stata dipinta come retrograda – non arretra, affermando che “la posizione è chiara: servono tre nomi nuovi”. La vicenda, apparentemente tecnica, è diventata un braccio di ferro politico che rischia di minare la fiducia reciproca nel governo. Nei corridoi del Bundestag si parla di “veleni” che circolano tra i deputati di maggioranza. La soluzione dovrà arrivare probabilmente con un compromesso: circola l’ipotesi di confermare almeno un giudice su tre e trovarne due nuovi. Ma al momento i negoziati sono in un vicolo cieco, e la SPD – come scrive SZ – vede aumentare “i dubbi e il risentimento” verso gli alleati, a tal punto da mettere a rischio la coesione della coalizione se non si troverà presto una via d’uscita.
Reiche insiste: il dibattito sulle pensioni mette in difficoltà il cancelliere
Reiche lässt nicht locker: Renten-Debatte bringt den Kanzler in Bedrängnis
Handelsblatt – 30 luglio 2025
La dirompente proposta della ministra dell’Economia Katherina Reiche di innalzare l’età pensionabile continua a scuotere la politica tedesca, trascinando il cancelliere Merz in uno scontro inatteso con il partner di coalizione SPD. Il Handelsblatt spiega che Reiche – esponente di punta della CDU – ha riacceso il dibattito sull’allungamento della vita lavorativa nei giorni scorsi, suggerendo pubblicamente di portare l’età di pensionamento oltre gli attuali 67 anni in considerazione dell’invecchiamento demografico e delle tensioni sui conti pubblici. Questa sortita ha messo “in forte imbarazzo” il cancelliere Merz, il quale si è trovato stretto tra le pressioni dell’ala conservatrice del suo partito, favorevole alla misura, e la ferma opposizione dell’SPD, contraria a qualsiasi ritocco. La SPD ha reagito duramente: il vicecancelliere Klingbeil (SPD) ha escluso categoricamente modifiche, ricordando che “nel contratto di coalizione è scritto nero su bianco che non toccheremo l’età pensionabile”. Merz inizialmente ha cercato di smorzare la questione, definendola “non sul tavolo”, ma Reiche non ha mollato la presa – da qui il titolo “lässt nicht locker”. In interviste successive, la ministra ha ribadito che il sistema pensionistico tedesco “non è sostenibile” senza riforme coraggiose, e che “non si può ignorare la realtà per quieto vivere politico”. Questa insistenza ha irritato la SPD e aperto una “crepa” nel governo: i socialdemocratici accusano Reiche di provocare un nuovo conflitto di coalizione in cerca di visibilità. Nel frattempo, fuori dal Parlamento, anche i sindacati (DGB) hanno attaccato la proposta definendola “socialmente ingiusta”, mentre le associazioni imprenditoriali l’hanno accolta favorevolmente. Il cancelliere Merz appare in difficoltà perché ogni opzione comporta un costo politico: sconfessare pubblicamente la sua ministra dell’Economia lo esporrebbe a critiche interne sulla leadership; assecondarla significherebbe infrangere un impegno con l’SPD e rischiare la stabilità del governo. Merz ha dunque adottato finora una linea attendista, lasciando che i due partiti dibattano. Ma, nota l’articolo, questa ambiguità alla lunga è insostenibile. Reiche sembra quasi voler “forzare la mano” a Merz affinché abbracci la causa dell’età pensionabile flessibile (magari portandola a 69 anni entro il 2035). L’SPD, dal canto suo, inizia a dubitare dell’affidabilità del cancelliere: il capogruppo SPD Miersch ha dichiarato ai giornali che “questa discussione non sarebbe mai dovuta partire; ora Merz la chiuda una volta per tutte”. Il cancelliere si è impegnato a convocare a breve un vertice di coalizione per chiarire la questione. Nel frattempo, l’opposizione (Verdi e Linke) gongola per la discordia altrui e incalza Merz perché prenda posizione. In conclusione, la “Renten-Debatte” (dibattito pensionistico) sollevata da Reiche ha creato un grattacapo serio al leader del governo: dovrà mediare tra le istanze di sostenibilità finanziaria e la tenuta sociale e politica. Il retroscena, sottolinea il Handelsblatt, è la situazione di bilancio: con buchi crescenti (vedi la sezione Economica), per Merz sarà difficile ignorare il tema pensioni ancora a lungo. La scelta è se affrontarlo ora, rischiando una crisi nella maggioranza, o rinviarlo, col rischio però di accentuare i problemi futuri. Una “posizione scomoda” per il cancelliere, appunto, resa ancor più critica dall’ostinazione (politicamente astuta) della ministra Reiche.
Niente moderazione: i sostenitori radicali mettono l’AfD sotto pressione
Bloß keine Mäßigung: Radikale Unterstützer setzen die AfD unter Druck
Der Tagesspiegel – 29 luglio 2025
Mentre la leadership dell’AfD tenta timidamente di ripulire l’immagine pubblica del partito in vista di possibili responsabilità di governo, il suo entourage più estremista fa di tutto per impedirlo. In questo reportage/analisi, il Tagesspiegel svela come attivisti e figure di riferimento dell’ultradestra stiano reagendo con furia a ogni segnale di “moderazione” proveniente dai vertici AfD. Ad esempio, nelle ultime settimane l’AfD ha ridotto l’uso pubblico del termine “Remigrazione” – il rimpatrio forzato di massa di immigrati – su suggerimento di consulenti che lo ritengono controproducente. Questa mossa ha scatenato l’ira di personaggi come Martin Sellner, leader della Identitäre Bewegung austriaca e ideologo molto seguito nell’ambiente dell’ultradestra europea. Su Telegram, Sellner ha accusato l’AfD di “comportarsi in modo del tutto poco professionale” cercando di apparire più moderata e di tradire così i propri principi. Ha lanciato un avvertimento: se il partito tedesco abbandona concetti come “Remigrazione”, “perde la sua ragion d’essere” e alcuni di loro potrebbero persino creare un partito scissionista più radicale. La minaccia è presa sul serio: uno scenario del genere frammenterebbe il fronte della destra estrema e priverebbe l’AfD di risorse e militanti. Ecco perché i leader del partito – Alice Weidel e Tino Chrupalla – appaiono timorosi: oscillano tra dichiarazioni apparentemente moderate per rassicurare l’elettorato borghese (ad esempio condannando a parole atti violenti di estremisti) e momenti in cui tornano subito a utilizzare toni duri per placare la base fanatica. Il Tagesspiegel evidenzia come questa dinamica stia di fatto bloccando qualsiasi evoluzione “di sistema” dell’AfD. Ogni tentativo di Weidel di presentarsi come “presentabile” (salvo poi attaccare Scholz chiamandolo “bugiardo” – “Lügenkanzler” – nei comizi, vanificando lo sforzo) viene immediatamente vanificato dall’ala radicale interna ed esterna. Il “campo di supporto” dell’AfD – composto da youtuber ultranazionalisti, giornalisti di blog di destra, organizzazioni come One Percent – monitorizza costantemente il partito e lancia allarmi non appena fiuta cedimenti ideologici. Un tweet di un influencer vicino all’AfD definisce il partito in metamorfosi come “in via di mutazione verso un’Alt-Partei” (cioè un partito dell’establishment), giudicando ciò inaccettabile. L’articolo riporta anche testimonianze di ex simpatizzanti AfD ora delusi perché la dirigenza vorrebbe “rassicurare il sistema” invece di “scardinare tutto”. In conclusione, l’AfD è intrappolata tra la necessità di rendersi politicamente credibile per governare e la paura di perdere la sua anima – e il suo zoccolo duro – se rinuncia alla retorica estremista. La Tagesspiegel prevede che, finché la scena dell’estrema destra europea rimarrà così interconnessa e vigile (grazie ai social media), qualsiasi svolta moderata dell’AfD sarà stroncata sul nascere. Il paradosso è che proprio coloro che hanno portato l’AfD al successo (movimenti radicali e social media populisti) ora potrebbero impedirle di sfruttarlo pienamente entrando nell’area di governo. Per la democrazia tedesca, comunque, questo “freno interno” all’AfD è quasi rassicurante: finché resterà ostaggio dei suoi elementi più oscuri, difficilmente potrà veramente normalizzarsi e coalizzarsi con altri partiti.
Entro cinque anni: Söder minaccia di uscire dal fondo perequativo tra Länder
In spätestens fünf Jahren: Söder droht mit Ausstieg aus Länderfinanzausgleich
Süddeutsche Zeitung – 29 luglio 2025
Si inasprisce il contenzioso tra Baviera e resto della Germania sul Länderfinanzausgleich, il meccanismo di perequazione finanziaria tra regioni ricche e povere. Il ministro-presidente bavarese Markus Söder (CSU) ha dichiarato che la Baviera “nel giro di cinque anni al massimo rescinderà unilateralmente” la propria partecipazione al sistema se prima non sarà radicalmente riformato. Parole durissime, pronunciate durante un comizio a Saarbrücken, che rischiano di aprire uno scontro istituzionale senza precedenti. Söder ha definito l’attuale perequazione “profondamente ingiusta”: ha ricordato che la Baviera continua a esserne di gran lunga il maggior contributore (nel primo semestre 2025 ha versato già 6,7 miliardi di euro, “più di quanto mai fatto prima in un semestre” ha sottolineato). Tali fondi finiscono principalmente a sostenere Länder economicamente più deboli come Berlino, Brema o la Turingia. “Non possiamo essere il bancomat eterno della Repubblica” – ha tuonato Söder, suscitando applausi tra i sostenitori. La reazione delle altre regioni non si è fatta attendere: il ministro delle Finanze della Turingia, Katja Wolf (del partito di sinistra BSW), ha definito “irrealizzabile e incostituzionale” la minaccia bavarese. Ricorda che il fondo perequativo è sancito da leggi federali approvate da Bundestag e Bundesrat, e che un Land non può uscirne a piacimento. “C’è molta retorica populista” nella sparata di Söder, ha affermato Wolf, invitando invece a discutere seriamente di eventuali aggiustamenti. Anche il sindaco-governatore di Berlino (SPD) ha stigmatizzato le parole di Söder come “propaganda pre-elettorale”, visto che in Baviera si vota l’anno prossimo e la CSU cavalca l’orgoglio bavarese. Non è la prima volta che la Baviera protesta: già nel 2013 sotto Seehofer intentò un ricorso presso la Corte Costituzionale proprio contro l’allora sistema di perequazione, salvo poi ritirarlo dopo una revisione consensuale del meccanismo. L’attuale sistema, in vigore dal 2020, prevede che i Land con gettito fiscale pro-capite superiore alla media versino nel fondo, e quelli sotto media attingano. Negli ultimi anni Baviera, Baden-Württemberg, Assia e Amburgo sono stati contributori netti, con Baviera in testa (da sola copre oltre il 50% delle somme trasferite). La crescente frustrazione bavarese deriva anche dal fatto che Berlino e Brema – beneficiarie croniche – mostrano pochi miglioramenti di bilancio nonostante decenni di supporto. “C’è chi si culla sugli aiuti invece di risanare i conti”, dicono ambienti CSU. Dietro la retorica, però, molti notano che Söder sta cercando un tema identitario forte per recuperare consensi (insidiati a destra dall’AfD). Il governo federale, tramite il ministro delle Finanze Klingbeil (SPD), ha invitato alla calma: ha ricordato che è in agenda per il 2027 una revisione del sistema, in concomitanza con la scadenza di alcune norme transitorie, e che “tutti i Land saranno coinvolti in modo costruttivo”. Klingbeil ha riconosciuto che la Baviera paga molto, ma ha anche sottolineato come in passato anch’essa fu beneficiaria (negli anni ’80). La CDU, partner della CSU, si trova in posizione ambigua: da un lato in alcuni Länder orientali governa e difende la perequazione, dall’altro capisce le ragioni bavaresi. Il cancelliere Merz ha mediato affermando che “la solidarietà nazionale è un valore, ma ogni solidarietà va aggiornata ai tempi”. L’impressione è che lo scontro sia destinato più che altro a tavoli negoziali: nessuno crede davvero che la Baviera uscirà dal meccanismo unilateralmente – ciò violerebbe la Costituzione e scatenerebbe una crisi federale gravissima. Ma la sua pressione potrebbe portare a correttivi: ad esempio un tetto massimo ai contributi di un singolo Land, o l’introduzione di maggiori responsabilità per i Land beneficiari nell’uso dei fondi (vincoli di risanamento). In sostanza, la “minaccia” di Söder, pur se iperbolica, mette la questione sul tavolo con urgenza: nei prossimi anni la Germania dovrà ridisegnare in parte la sua solidarietà interna, cercando un equilibrio accettabile tra chi dà e chi riceve.
Questioni economiche e finanziarie
L’economia tedesca registra una lieve contrazione
Deutsche Wirtschaft schrumpft leicht
Handelsblatt – 31 luglio 2025
La locomotiva tedesca fatica a riprendere slancio: nel secondo trimestre 2025 il PIL della Germania è calato dello 0,1% rispetto ai primi tre mesi dell’anno, segnando il secondo trimestre consecutivo di flessione (dopo il -0,2% del primo trimestre). Tecnicamente il Paese è in una lieve recessione. Il Handelsblatt sottolinea come il quadro sia contrastato: da un lato, la recessione è molto più mite del previsto – appena decimale – e addirittura l’FMI ha rivisto al rialzo le stime annuali portandole da -0,3% a -0,1% di crescita per il 2025. Dall’altro, la Germania continua a essere il fanalino di coda tra le grandi economie: la media dell’Eurozona ha visto una crescita dello 0,2% nello stesso trimestre, con Francia e Spagna in espansione. A pesare è soprattutto la domanda interna debole: i consumi delle famiglie restano frenati dall’inflazione (ancora al 2% a luglio, nonostante il forte calo dai picchi di oltre il 5%). Molte famiglie, ancora scottate dall’aumento dei prezzi energetici del 2022-23, mantengono un atteggiamento prudente, risparmiando di più. Anche gli investimenti delle imprese sono tiepidi: i tassi d’interesse più alti e l’incertezza globale (dazi USA, guerra in Ucraina) inducono cautela. Unico lato positivo è il commercio estero, che ha dato segnali di ripresa: nel secondo trimestre le esportazioni tedesche sono leggermente aumentate, beneficiando di un euro più competitivo e di una domanda robusta dagli USA. Ma non abbastanza da trascinare l’intera economia in territorio positivo. Il governo Merz, insediato da circa 7 mesi, incassa così un risultato deludente, pur rivendicando di aver “evitato una recessione più grave”. Il ministro delle Finanze Klingbeil (SPD) evidenzia che l’FMI e la Commissione UE riconoscono l’efficacia di alcune misure del pacchetto di crescita varato a marzo: sussidi all’industria per l’energia, incentivi fiscali agli investimenti green, e soprattutto la fine della guerra commerciale con gli USA (lo Zoll-Deal di cui si è detto) che ha tolto un peso dalle spalle dell’industria. Tuttavia, il Handelsblatt avverte che la strada per tornare a crescere stabilmente è lunga. I “sorvegliati speciali” ora sono i consumi privati: con l’inflazione sotto controllo (2,0% a luglio, il valore più basso dal 2021) e i salari in ripresa grazie ai rinnovi contrattuali, potrebbe esserci una graduale normalizzazione della spesa. Se le famiglie tornassero a spendere, il PIL potrebbe risalire nella seconda metà dell’anno. Gli economisti governativi si attendono un rimbalzo moderato (+0,8% nel 2026). Intanto, la lieve recessione tedesca pesa sull’Eurozona, ma paradossalmente ha un effetto positivo per la BCE: con una crescita così fiacca, le pressioni inflazionistiche restano moderate e la Banca Centrale ha potuto mettere in pausa i rialzi dei tassi. La speranza è che la Germania stia vivendo il “fondo della valle” e che il peggio sia passato. Ma molto dipenderà dalla capacità del governo di implementare riforme strutturali: digitalizzazione, snellimento burocratico, investimenti in infrastrutture – misure di cui si parla da tempo ma che stentano a decollare, e che sono cruciali per rilanciare il potenziale di crescita oltre questo stagnante “zero virgola”.
Il bilancio federale rischia un buco di 170 miliardi fino al 2029
Bund droht Milliardenloch bis 2029
Süddeutsche Zeitung – 28 luglio 2025
Le finanze pubbliche tedesche si trovano ad affrontare una voragine di bilancio ben più ampia del previsto per gli anni a venire. Secondo un documento riservato del Ministero delle Finanze trapelato sui media, nella pianificazione finanziaria federale per il triennio 2027-2029 si profila un deficit cumulato di circa 170 miliardi di euro, contro i 144 miliardi stimati solo un mese prima. Il gap aggiuntivo di 26 miliardi è attribuito principalmente ai costi delle misure concordate nel recente Paket für Wachstum (pacchetto per la crescita) e all’estensione della cosiddetta Mütterrente (pensione integrativa per le madri). Queste politiche – sostenute rispettivamente da FDP/CDU e SPD – hanno aggravato la spesa futura, senza corrispondenti coperture. Il viceministro delle Finanze Sebastian Hille (portavoce del governo Merz) ha dovuto smentire ipotesi di un aumento dell’età pensionabile o tagli lineari immediati, ribadendo che il contratto di coalizione esclude interventi sulle pensioni (vedi però la sezione Politica interna sul conflitto su questo tema). Tuttavia, Hille ha confermato l’intenzione di introdurre una cosiddetta “Aktivrente”: un meccanismo di incentivi per spingere chi può a lavorare oltre l’età pensionabile, così da ridurre la pressione sui conti previdenziali. Questa misura, ancora da dettagliare, prevederebbe agevolazioni fiscali per chi prosegue l’attività dopo i 67 anni e contributi figurativi extra. Da sola però non basta a coprire il buco. Il ministro Klingbeil sta dunque preparando, per il Consiglio dei Ministri di mercoledì prossimo, un nuovo progetto di bilancio 2026 e piano pluriennale rivisto. Si parla di un “piano di risparmio generalizzato dal 2027”: in pratica, già dal 2026 verranno fissati tetti di spesa più bassi per tutti i ministeri negli anni successivi, cosicché “nel 2027 dovranno risparmiare tutti”, ha anticipato Klingbeil. I settori potenzialmente colpiti includono i sussidi energetici (che dovevano diminuire già dal 2025, ma la recessione li ha prolungati) e i programmi di investimento locale. I Länder e i comuni osservano con preoccupazione: la “finanzielle Lücke” del Bund potrebbe riflettersi in minori trasferimenti federali. Non a caso, governatori come Söder (Baviera) e Kretschmann (Baden-Württemberg) hanno intensificato le critiche: il primo minaccia di voler trattenere più risorse in regione (vedi Finanza locale), il secondo chiede di rivedere il freno all’indebitamento. Già, la Schuldenbremse: dal 2026 dovrebbe tornare pienamente in vigore, limitando il deficit strutturale a 0,35% del PIL. Con un buco di 170 mld all’orizzonte, appare impossibile rispettarla senza correzioni drastiche o sospensioni. Merz per ora esclude di abolirla, ma non è chiaro come concilierà le due cose. Intanto l’opposizione attacca: Verdi e Linke parlano di “collasso annunciato” delle finanze per colpa di tagli di tasse imprudenti (dazi tolti, sgravi industriali) e spese militari fuori controllo. La CDU risponde che il buco è in gran parte eredità del governo precedente (Scholz) e dello shock energetico, e che la strategia di crescita ridurrà il deficit in prospettiva. Resta il fatto che il tempo stringe: entro autunno il Parlamento dovrà approvare il bilancio 2026 con un credibile piano di rientro per gli anni successivi, pena perdere la fiducia dei mercati. Il Bundesrechnungshof (Corte dei Conti federale) ha già messo in guardia: “la Germania rischia di violare i propri stessi vincoli costituzionali se non aggiusta il tiro”. In sintesi, l’era dei soldi facili (debito a tassi zero) è finita e ora Berlino deve prendere decisioni impopolari ma necessarie: o maggiori entrate (tasse mirate) o minori spese, o più probabilmente un mix di entrambe.
Aumenta la crisi finanziaria dei comuni
Finanznot der Kommunen wächst
Handelsblatt – 28 luglio 2025
Le città e i comuni tedeschi stanno precipitando in una crisi finanziaria definita dal Handelsblatt “storicamente senza precedenti”. Secondo un rapporto congiunto delle associazioni dei comuni (Städtetag e Landkreistag), nel 2024 l’insieme degli enti locali ha visto un calo delle entrate e un’esplosione delle spese sociali tale da generare deficit diffusi, anche in regioni tradizionalmente virtuose. Nelle casse comunali sta venendo meno l’apporto di alcuni tributi chiave: la Gewerbesteuer (tassa sulle attività produttive) ristagna a causa della debolezza economica generale, e l’imposta sugli immobili (Grundsteuer) ha avuto un gettito inferiore alle attese dopo la sua riforma. Parallelamente, sul fronte delle spese, due voci stanno mettendo in ginocchio molti bilanci comunali: l’assistenza ai rifugiati (i comuni lamentano di essere lasciati soli a gestire migliaia di nuovi arrivi con costi per alloggi e servizi) e gli oneri dell’inflazione su stipendi e bollette energetiche di scuole, asili, trasporti pubblici. Un sindaco del Nord Reno-Westfalia, citato dal giornale, parla di “caduta libera” dei conti: “abbiamo meno entrate e dobbiamo spendere molto di più per famiglie bisognose e rifugiati – se continua così, entro due anni saremo insolventi”. I numeri: la cassa di compensazione comunale (una sorta di fondo di solidarietà nazionale per i municipi) ha visto crescere i prelievi del 15% rispetto all’anno precedente, segno che sempre più comuni non riescono a far quadrare i bilanci con risorse proprie. Si teme che entro fine 2025 possano essere oltre un centinaio le città in “dissesto finanziario” de facto, concentrate soprattutto nella Ruhr, in Saarland e in Sassonia-Anhalt. Il governo federale riconosce la gravità della situazione: il ministro dell’Interno Alexander Dobrindt (CSU), competente per gli affari locali, ha incontrato i presidenti regionali per studiare misure straordinarie. Una proposta sul tavolo è un fondo speciale di almeno 5 miliardi di euro per aiutare i comuni più indebitati, finanziato in parte dal bilancio federale e in parte dai Länder. Ma qui sorge il conflitto: alcuni Länder ricchi (come Baviera e Baden-Württemberg) si oppongono a contribuire, sostenendo che tocca al governo centrale farsi carico (questo si collega anche al tema del Länderfinanzausgleich, vedi Politica interna). Intanto, i comuni corrono ai ripari come possono: tagliando investimenti (rinviate opere stradali, manutenzioni di edifici pubblici), aumentando tariffe di servizi locali (mense scolastiche, trasporti) e – mossa impopolare ma inevitabile per molti – ipotizzando aumenti delle imposte locali (ad esempio ritoccando al rialzo l’aliquota della tassa sugli immobili, di recente riforma). Già decine di città hanno annunciato per il 2026 un aumento della Grundsteuer dal X al Y per mille, suscitando proteste di proprietari e inquilini. Il Handelsblatt commenta che questa crisi municipale è “un campanello d’allarme”: se non si interviene, rischia di esplodere politicamente e socialmente, con servizi ai cittadini ridotti e maggior malcontento (terreno fertile per populismi). Il giornale ricorda come negli anni ’70 il governo federale intervenne con un “piano di aiuti ai comuni” per scongiurare default locali. Potrebbe essere necessario qualcosa di simile. Un consulente della Cancelleria lascia intendere che Merz sta valutando di utilizzare parte dei residui del Fondo Covid (rimasti inutilizzati alcuni miliardi) per dare ossigeno immediato agli enti locali entro fine anno, in attesa di riforme strutturali. Queste ultime potrebbero includere una revisione delle competenze di spesa: ad esempio, la proposta di regionalizzare alcune spese sociali (come l’alloggio dei rifugiati, togliendolo dai bilanci comunali) è in discussione. In sintesi, i comuni tedeschi – colonna vertebrale dell’amministrazione del welfare – stanno attraversando la peggior crisi finanziaria dal dopoguerra, e senza un intervento coordinato di Land e Bund, il 2025 potrebbe vedere una drammatica riduzione dei servizi pubblici a livello locale.
Profitti Mercedes-Benz dimezzati – forte calo anche per Porsche
Gewinn bei Mercedes-Benz bricht um mehr als die Hälfte ein – starker Rückgang auch bei Porsche
Deutschlandfunk – 30 luglio 2025
Le grandi case automobilistiche tedesche iniziano a sentire gli effetti del rallentamento economico e della transizione del settore: i risultati semestrali di Mercedes-Benz e Porsche evidenziano un netto deterioramento dei margini di profitto. Come riportato dal Deutschlandfunk, nel primo semestre 2025 l’utile netto di Mercedes-Benz AG è crollato di oltre il 50% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In altri termini, l’azienda di Stoccarda ha guadagnato poco più della metà rispetto al 2024, nonostante ricavi stabili. Analogamente, Porsche AG (parte del gruppo VW ma società separata in Borsa) ha visto il suo utile operativo ridursi di circa il 35-40%. Quali le cause? Innanzitutto, l’aumento dei costi: i prezzi delle materie prime (in particolare litio e nichel per le batterie) e dell’energia sono rimasti elevati nel 2024, erodendo i margini sulle vetture, soprattutto quelle elettriche. Inoltre, i costi del personale sono lievitati: i recenti contratti collettivi nell’industria metalmeccanica hanno portato a salari più alti (per attenuare l’inflazione), e questo ha inciso pesantemente sui conti delle aziende ad alta manodopera come le case auto. In parallelo, la domanda si è indebolita: in Cina, mercato chiave per Mercedes e Porsche, le vendite sono rallentate (soprattutto per le vetture di alta gamma) a causa della concorrenza dei marchi locali elettrici e di un’economia cinese meno vivace. In Europa, i tassi di interesse più alti hanno reso il credito auto più costoso, frenando gli acquisti. Di conseguenza, per vendere i veicoli in stock, le case hanno dovuto fare più sconti e promozioni, comprimendo ulteriormente i margini. Mercedes in particolare ha dovuto rivedere la sua strategia “dal volume al valore”: negli scorsi anni aveva ridotto gli sconti puntando sulla clientela premium disposta a pagare, ma ora questo approccio è diventato insostenibile per mantenere le quote di mercato, costringendola a tornare a politiche di prezzo più aggressive. Per Porsche, un problema specifico è il calo dei ricavi dalle sue auto sportive endotermiche: il marchio di Zuffenhausen sta investendo massicciamente nell’elettrico (la Macan elettrica arriverà nel 2026), ma nel frattempo le sue iconiche 911 a benzina subiscono restrizioni normative e rischiano di perdere fascino in alcune città. In sintesi, il “boom” post-pandemia dell’auto tedesca si è esaurito: se il 2021-22 aveva visto utili record grazie a prezzi alti e domanda robusta, ora si torna alla realtà di margini sotto pressione. Gli investitori hanno reagito vendendo i titoli: l’azione Mercedes ha perso il 3% in Borsa dopo i risultati, Porsche quasi il 5%. C’è preoccupazione anche per BMW e Volkswagen, che pubblicheranno i dati a breve: è probabile che anche loro mostrino segni di affaticamento. Il governo osserva con attenzione: l’automotive è ancora pilastro dell’export e dell’occupazione in Germania, e un suo indebolimento prolungato potrebbe aggravare la stagnazione economica. Alcuni politici CSU hanno invocato incentivi all’acquisto di auto elettriche per sostenere la domanda interna, ma finora la coalizione ha escluso nuovi bonus (dopo averli anzi ridotti nel 2023). I produttori dal canto loro stanno reagendo con piani di riduzione costi: Mercedes ha annunciato un taglio di 3.000 posti indiretti nel mondo entro fine anno e la semplificazione della gamma modelli; Porsche sta rallentando le assunzioni previste. L’industria automobilistica tedesca, nota il Deutschlandfunk, si trova nel mezzo di un delicato riequilibrio: deve investire miliardi nell’elettrico e digitale proprio quando i vecchi profitti dei motori termici calano. Il rischio è una “trappola della redditività” nei prossimi anni, se non compenserà con volumi e nuovi servizi. In conclusione, i conti dimezzati di Mercedes e ridotti di Porsche suonano come un campanello d’allarme: dopo anni di vacche grasse, è ora di stringere la cinghia e accelerare la trasformazione se si vuole evitare che la “Germania dell’auto” perda la sua leadership globale.
Ecco perché le aziende continuano a tagliare personale
Darum bauen Unternehmen weiter Personal ab
Handelsblatt – 30 luglio 2025
Nonostante qualche segnale di ripresa all’orizzonte, molte imprese tedesche rimangono caute e proseguono con piani di riduzione del personale, indice di una fiducia ancora fragile nelle prospettive economiche. Un’inchiesta del Handelsblatt raccoglie le testimonianze di responsabili HR di varie aziende industriali e di servizi: la parola ricorrente è “Trendwende nicht in Sicht” – “nessuna svolta di tendenza in vista”. In altre parole, i manager non credono (ancora) a un miglioramento stabile della congiuntura e preferiscono snellire gli organici per tenere sotto controllo i costi. Secondo un sondaggio della Bundesagentur für Arbeit, nel secondo trimestre 2025 la percentuale di imprese che pianificano tagli occupazionali supera di 12 punti quella di chi prevede assunzioni – un differenziale negativo in ampliamento rispetto all’inizio dell’anno. La logica è spiegata da un direttore del personale di un’azienda metalmeccanica berlinese: “Abbiamo aumentato la forza lavoro nel 2021-22 per far fronte agli arretrati post-Covid. Ora gli ordini sono tornati normali, ma i costi sono più alti (materie prime, salari). Dunque dobbiamo ridurre la struttura se vogliamo mantenere margini”. Molte imprese ritengono di avere accumulato “personale in eccesso” nei reparti non direttamente produttivi durante gli anni di forte crescita, e ora stanno razionalizzando. I settori più colpiti: l’industria chimica (diversi gruppi stanno tagliando centinaia di posti per la crisi energetica e concorrenza cinese), l’automotive (oltre ai programmi di uscite incentivate di case come Audi e Opel, c’è tutto l’indotto che sfoltisce), e anche la logistica (dopo il boom dell’e-commerce pandemico, ora c’è una flessione). Inoltre, il digitale: alcune startup e società IT – specie del fintech e delivery – riducono staff dopo anni di ipercrescita rivelatasi insostenibile. Non mancano però esempi contrari: l’articolo cita il settore costruzioni che, nonostante la crisi edilizia, ha ancora carenza di manodopera specializzata e dunque mantiene i livelli occupazionali; o l’assistenza sanitaria, dove cliniche e case di riposo cercano disperatamente personale. Questo dualismo fa sì che la disoccupazione non esploda (i licenziati dell’industria possono spesso ricollocarsi altrove), ma il clima generale nel mercato del lavoro è peggiorato. Un segnale significativo: nel luglio 2025 la cassa integrazione (Kurzarbeit) è tornata a livelli doppi rispetto a un anno prima, soprattutto in meccanica e impiantistica, segno che le imprese preferiscono ridurre l’orario – e i costi – in attesa di tempi migliori. Il Handelsblatt fa notare che questa ondata di tagli è in parte preventiva: i datori di lavoro tedeschi stanno “giocando di anticipo” temendo autunni difficili, memori di quando furono colti impreparati dal crollo del 2020. C’è però il rischio di autoavveramento: se troppi licenziano, i consumi calano e la recessione si protrae. Per questo il governo osserva con attenzione. Merz ha convocato un vertice con sindacati e imprenditori per settembre, con l’obiettivo di “evitare una spirale negativa occupazione-consumi”. Si discuterà ad esempio di come incentivare le aziende a trattenere i lavoratori qualificati (magari con formazione durante i periodi di minor lavoro) invece di licenziarli, così da poter reagire prontamente alla ripresa. In conclusione, le imprese tedesche tagliano personale perché restano scettiche sulla ripartenza: finché non vedranno un aumento consistente degli ordini e una stabilizzazione dei costi, preferiscono la prudenza. Solo un cambio di prospettiva – ad esempio grazie a un calo netto dei prezzi energetici o a un forte impulso dagli investimenti pubblici – potrà invertire questa mentalità attendista e far tornare i “Personalplaner” (pianificatori del personale) ad assumere con convinzione.
Tasso d’inflazione a luglio 2025 previsto al +2,0%
Inflationsrate im Juli 2025 voraussichtlich +2,0 %
Statistisches Bundesamt / Die Zeit – 31 luglio 2025
Buone notizie sul fronte dei prezzi: l’inflazione in Germania è tornata esattamente al 2%, il valore obiettivo della BCE, per la prima volta da quasi tre anni. Stando alle stime preliminari di Destatis (Istituto di statistica federale), a luglio 2025 l’indice dei prezzi al consumo è aumentato del 2,0% rispetto a luglio 2024 – lo stesso tasso registrato a giugno, segno di una stabilizzazione su livelli moderati. Questo risultato rappresenta un deciso raffreddamento rispetto ai picchi del biennio precedente (nel 2022 l’inflazione media fu 6,9%, nel 2023 5,9%). La Zeit spiega che diversi fattori hanno contribuito a ricondurre l’inflazione sotto controllo. Energia e carburanti hanno addirittura prezzi inferiori rispetto a un anno fa: a luglio l’energia costava il 3,4% in meno su base annua, proseguendo la tendenza calante iniziata nel 2023 grazie alla normalizzazione dei mercati internazionali di gas e petrolio. Anche gli alimentari, che erano stati un motore inflattivo potente, mostrano incrementi modesti (+2,2% annuo a luglio, mentre nella prima metà del 2023 galoppavano oltre il 10%). Ciò indica che lo shock sui beni essenziali si è esaurito. A sostenere ancora l’inflazione sono soprattutto i servizi, aumentati di un 3,1%. Qui incidono i forti aumenti salariali di molti contratti (si pensi ai trasporti, alla ristorazione, dove gli stipendi sono saliti e i prezzi si adeguano). Tuttavia, anche nei servizi si nota un rallentamento: gli aumenti erano maggiori nei mesi scorsi, ora c’è un assestamento. La BCE, che proprio a fine luglio ha sospeso i rialzi dei tassi dopo sette aumenti consecutivi, ha accolto con favore la notizia: un’inflazione al 2% significa obiettivo di stabilità dei prezzi raggiunto, consentendo eventualmente di mantenere invariati i tassi d’interesse d’ora in avanti (o persino abbassarli nel 2026 se l’economia ristagna troppo). Gli economisti parlano di “atterraggio morbido”: la Germania è riuscita a domare la fiammata dei prezzi senza cadere in una grave recessione. Si prevede che nei prossimi mesi l’inflazione tedesca fluttuerà attorno a questa soglia del 2%, forse scendendo leggermente in autunno grazie a ulteriori riduzioni dei costi energetici – la Bundesbank si aspetta valori tra 1,8 e 2,2%. I cosiddetti Wirtschaftsweise (Consiglieri economici del governo) stimano per l’intero 2025 un’inflazione media di poco superiore al 2%, un drastico ridimensionamento rispetto agli anni scorsi. Questo comporta rinnovato potere d’acquisto per le famiglie: i salari nominali, che quest’anno crescono di circa il 5% in molti settori, stanno finalmente aumentando più dei prezzi, traducendosi in salari reali positivi – un sollievo dopo due anni di perdita del potere d’acquisto. Infatti, nel primo semestre 2025 i consumi erano deboli proprio perché i redditi reali erano ancora in ripresa; ora, con l’inflazione al 2%, i consumatori potrebbero tornare a spendere più serenamente, sostenendo la congiuntura. L’articolo della Zeit nota però che un’inflazione così bassa ha anche un rovescio della medaglia: in caso di ulteriori cali, si sfiorerebbe la deflazione, scenario non auspicabile. Un tasso intorno al 2% è invece considerato ideale: abbastanza basso da non erodere i risparmi, ma sufficiente a evitare rinvii di spesa e stagnazione. Non a caso, la BCE vigilerà per mantenere questo equilibrio: come scrive la Zeit, con il 2,0% “l’Eurotower ha raggiunto il suo obiettivo”, ma deve stare attenta a non scendere molto sotto, per non frenare troppo la crescita. Nell’insieme, comunque, questa inflazione dimezzata rispetto a un anno fa è una delle poche notizie economiche decisamente positive per la Germania di oggi: dopo tanto tempo, prezzi stabili permettono di pianificare investimenti, stipulare contratti a lungo termine senza timori, e per le famiglie significano la fine di quella “tassa occulta” che aveva svuotato i portafogli nel 2022-23. Si tratta ora di consolidare questo traguardo, sperando che shock esterni (petrolio, geopolitica) non lo mettano nuovamente a rischio.
La Deutsche Bahn riduce le perdite
Bahn reduziert Verlust
Süddeutsche Zeitung – 29 luglio 2025
Dopo anni difficili, Deutsche Bahn (DB) – la compagnia ferroviaria statale – mostra segnali di miglioramento nei conti economici. Secondo indiscrezioni riportate dalla Süddeutsche Zeitung nella rubrica “News am Morgen”, nel primo semestre 2025 la DB ha registrato una riduzione della perdita netta rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Negli ultimi esercizi, la società aveva accumulato ingenti perdite a causa del calo di passeggeri durante la pandemia, dell’aumento dei costi energetici e delle spese straordinarie per la manutenzione della rete. Ora, grazie a una serie di fattori, il rosso di bilancio si sta restringendo: “die Bahn schreibt weniger rote Zahlen” – scrive la SZ, la Bahn “scrive meno cifre rosse”. In particolare, i ricavi nel segmento passeggeri sono in netta ripresa: i viaggiatori dei treni a lunga percorrenza (ICE e Intercity) sono quasi tornati ai livelli pre-Covid, complici il forte rincaro dei carburanti auto nel 2022-23 e la crescente sensibilità ecologica. Anche i servizi regionali, sostenuti dal biglietto semplificato Deutschlandticket (che con 49 euro mensili permette viaggi illimitati su bus e regionali), hanno visto un incremento di abbonati. Questo ha portato più entrate stabili nelle casse DB. Sul lato costi, la dirigenza ha implementato un rigoroso programma di efficienze: riduzione di spese generali, ritardo di alcune assunzioni e – soprattutto – la discesa dei prezzi dell’energia elettrica e diesel ferroviario ha dato sollievo. Si ricorda che nel 2022 la DB dovette far fronte a bollette energetiche quasi raddoppiate; ora con prezzi calmierati ha risparmi considerevoli. Il CEO Richard Lutz ha commentato che “la cura dimagrante inizia a dare effetti”, pur riconoscendo che l’azienda è ancora lontana dall’utile. Secondo fonti governative, per l’intero 2025 la DB potrebbe chiudere con una perdita attorno ai 500 milioni di euro, molto inferiore a quella di oltre 1,3 miliardi del 2024. Merito anche del sostegno pubblico: lo Stato sta investendo cifre record nell’infrastruttura ferroviaria (oltre 10 miliardi quest’anno) e ha ricapitalizzato la DB per consentirle di realizzare questi investimenti senza aggravare troppo il conto economico. Dunque la DB può dedicare risorse al miglioramento del servizio (nuovi treni, ristrutturazioni di linee) senza che ciò si traduca immediatamente in costi a bilancio operativo – un meccanismo che il governo ha messo in atto proprio per aiutare la ripresa aziendale. Certo, permangono sfide: la puntualità dei treni a lunga distanza rimane insoddisfacente (attorno al 70%, ancora lontana dall’obiettivo 80%); i cantieri diffusi per ammodernare la rete causano disagi e costi aggiuntivi temporanei. I sindacati del personale minacciano nuovi scioperi a fine anno per ottenere aumenti salariali in linea con altri settori. Tuttavia, l’intonazione di questo “bollettino mattutino” della SZ è fiduciosa: “Die Bahn ist auf dem richtigen Gleis” – la ferrovia è sul binario giusto, viene da dire con un gioco di parole. In prospettiva, se l’economia generale migliorerà e con essa il traffico merci (che ancora stenta), la DB potrebbe tornare all’utile entro il 2026, cosa che non accade dal 2019. Il governo Merz intende farne un fiore all’occhiello della svolta verde: investire nel trasporto su rotaia è fondamentale per gli obiettivi climatici, e poter mostrare che lo si fa rendendo l’azienda sostenibile anche finanziariamente sarebbe un doppio successo. I frutti iniziano a vedersi: perdite in calo significano meno necessità di sussidi d’emergenza e più capacità di autosostenersi. Per i cittadini, ciò potrebbe tradursi in un servizio migliore senza ulteriori aumenti tariffari. Resta naturalmente molto lavoro da fare, ma la Deutsche Bahn sembra aver imboccato la strada del risanamento, dopo un periodo in cui si temeva quasi un “deragliamento” finanziario. Il treno DB rallenta la sua corsa in discesa e punta a risalire la china.