Quello che segue è il Monitoraggio della stampa tedesca, curato dalla redazione di Stroncature, su commissione della Fondazione Hanns Seidel Italia/Vaticano. Il monitoraggio ha cadenza settimanale ed è incentrato sui principali temi del dibattito politico, economico e sociale in Germania. Gli articoli sono classificati per temi.
Stroncature produce diversi monitoraggi con taglio tematico o geografico personalizzabili sulla base delle esigenza del committente.
Analisi e commenti
1. La destra e il culto della mascolinità
AfD und Männlichkeitsbilder: Die Jungs müssen pumpen – Frankfurter Allgemeine Zeitung, 13 settembre 2025
Sintesi: Un’analisi approfondita evidenzia come l’estrema destra tedesca, in particolare l’AfD, costruisca parte del suo consenso promuovendo un’ideologia della “vera mascolinità”. Nel cosiddetto ambiente della “manosfera” online circolano miti secondo cui stili di vita considerati “moderni” indebolirebbero gli uomini (ad esempio, viene sostenuto falsamente che consumare soia farebbe calare il testosterone, facendo “diventare femminili”). Queste narrazioni trovano terreno fertile nell’immaginario dell’AfD, che esalta modelli di uomini muscolosi, combattivi e tradizionalmente forti. L’articolo sottolinea come tale culto della virilità serva a contrastare i progressi sociali in materia di uguaglianza di genere, dipingendo il femminile come debole e il maschile “classico” come ideale da recuperare. La retorica ultra-conservatrice sfrutta l’insicurezza identitaria di alcuni giovani, spingendoli a “pompare i muscoli” e a rifiutare valori liberali e femministi. Questo fenomeno – un misto di disinformazione pseudoscientifica e nostalgia di ruoli di genere tradizionali – viene abilmente cavalcato dall’AfD per alimentare un senso di rivalsa: la difesa di un ordine “naturale” minacciato da modernità e multiculturalismo. L’analisi conclude che questa costruzione ideologica della mascolinità non è un fenomeno superficiale: fa parte integrante della strategia dell’ultradestra per radicalizzare il dibattito sociale in Germania, opponendo un modello di “uomo forte” autoritario ai principi di uguaglianza ed inclusione propri di una società liberale.
2. Emergenza abitativa a Berlino: meglio costruire sugli orti che nei parchi
Fehlende Wohnungen in Berlin: Bebaut lieber Kleingärten als Grünanlagen! – Der Tagesspiegel, 14 settembre 2025
Sintesi: In un accorato saggio, un’editorialista del Tagesspiegel affronta la grave carenza di alloggi a Berlino proponendo una soluzione provocatoria: costruire nuove case sui terreni attualmente occupati dai giardini privati (Kleingärten) anziché sacrificare i parchi pubblici e le aree verdi aperte. L’autrice premette che la capitale tedesca si trova ad affrontare una crisi abitativa acuta – mancano migliaia di appartamenti – e che fino ad oggi le proposte si sono arenate in polemiche. Da un lato c’è chi vorrebbe edificare perfino su spazi emblematici come il vasto ex aeroporto dismesso di Tempelhof, oggi parco amatissimo dai berlinesi; dall’altro c’è la resistenza di gruppi ambientalisti e di cittadini che difendono queste ultime zone verdi in città. Secondo l’editorialista, la soluzione sta nel concentrare l’edilizia sui circa 71 milioni di metri quadrati occupati dagli orti urbani privati, spesso recintati e accessibili solo ai pochi assegnatari. Costruire sui Kleingärten – suggerisce – sarebbe socialmente più equo che costruire nei parchi pubblici: gli orti sono infatti usufruiti da un numero ristretto e relativamente privilegiato di persone, mentre le grandi aree come Tempelhofer Feld sono beni comuni preziosi per l’intera popolazione. L’articolo riconosce il valore storico e sociale dei giardini urbani berlinesi, ma li confronta con l’urgenza odierna: “è più giusto sacrificare i lussi individuali di pochi (il fazzoletto di verde privato) piuttosto che i benefici collettivi di molti (un parco cittadino)”. Vengono citati dati e confronti: convertire una parte minoritaria degli orti in aree edificabili potrebbe fornire spazio per decine di migliaia di nuovi appartamenti senza intaccare i parchi pubblici né consumare ulteriore suolo al di fuori della città. L’editorialista conclude invitando la politica cittadina ad avere il coraggio di sfidare i tabù: la crisi abitativa richiede scelte difficili, e ridurre alcuni privilegi (come l’orto privato in città) può essere preferibile a compromettere il verde condiviso che resta a disposizione di tutti.
3. “Schwarz-Rot” sotto pressione: l’illusione dei tagli sociali e la realtà dei conti
Kommentar: Dass Merz und Bas sich duzen, reicht nicht aus – taz, die tageszeitung, 5 settembre 2025
Sintesi: Questo commento politico analizza le tensioni interne alla grande coalizione di governo CDU-SPD (detta Schwarz-Rot) emerse nei primi mesi di mandato del cancelliere Friedrich Merz. L’autore osserva con scetticismo il tentativo di pacificazione tra i leader dopo settimane di scontri pubblici: Merz (CDU) e la vicecancelliera Bärbel Bas (SPD) hanno persino ostentato familiarità reciproca iniziando a darsi del “tu” – dettaglio che il commentatore liquida come operazione di facciata incapace di risolvere i nodi politici profondi. Merz era salito al potere promettendo una svolta “nettamente conservatrice” dopo l’era Merkel, ma finora ha dovuto prendere atto dei vincoli della realtà finanziaria: pur di stimolare l’economia stagnante ha di fatto sospeso l’intoccabile freno all’indebitamento (Schuldenbremse), contraddicendo la retorica rigorista del suo partito. Per riempire il “vuoto di senso” lasciato da questa retromarcia sul rigore – argomenta l’editoriale – Merz ha puntato su un nuovo bersaglio ideologico: sostenere che lo Stato sociale “non è più finanziabile” e proporre tagli drastici, a partire da 5 miliardi di euro in meno sul sussidio di cittadinanza (Bürgergeld). Bas, dal canto suo, guida una SPD sfibrata e povera di idee, ma non può accettare di “distruggere il welfare” pena l’estinzione politica: non a caso ha bollato come “una boiata” (“Bullshit”) l’affermazione che il sistema sociale tedesco sia insostenibile. Il commentatore sottolinea dunque l’impasse: se la CDU continua a fare promesse irrealistiche di tagli (come se fosse all’opposizione) e pretende che la SPD le avalli, la coalizione è destinata al fallimento. Il “buco” nei conti pubblici – stimato in circa 30 miliardi € per il 2027 – non si colma certo, avverte l’articolo, con semplici sforbiciate al welfare, anche perché vincoli legali (sentenze della Corte Costituzionale) impediscono di ridurre il Bürgergeld oltre un certo limite. La taz critica la comunicazione oscillante del governo, che ricorda quella della precedente coalizione “semaforo”: litigi duri in pubblico seguiti da riappacificazioni retoriche, un ciclo che erode la credibilità dell’esecutivo. In conclusione, l’editoriale esorta la coalizione nero-rossa a parlare chiaro e prendere decisioni serie: con l’economia in difficoltà e un deficit enorme da gestire, serve rivedere promesse onerose (come nuove pensioni o sconti fiscali) e valutare anche maggiori entrate, visto che due terzi degli stessi elettori conservatori sono favorevoli a più tasse per i redditi alti. Solo mettendo tutte le opzioni sul tavolo, anziché perseverare in annunci irrealizzabili, il governo Merz-Bas potrà evitare di fare la fine ingloriosa della precedente coalizione e riconquistare la fiducia dei cittadini.
Politica estera e sicurezza
1. Baerbock ipotizza i Caschi Blu ONU per un futuro accordo di pace in Ucraina
Putins Angriffskrieg in der Ukraine: Baerbock hält Friedenslösung mit Uno-Blauhelmtruppen für denkbar – Der Spiegel, 14 settembre 2025
Sintesi: La nuova presidente dell’Assemblea generale ONU, Annalena Baerbock – già ministra degli Esteri tedesca – ha dichiarato che un dispiegamento di truppe ONU potrebbe essere parte di una soluzione di pace in Ucraina. In un’intervista pubblicata su Bild am Sonntag, Baerbock ha delineato uno scenario in cui, qualora si arrivasse a un trattato di pace tra Kiev e Mosca, la comunità internazionale dovrebbe garantirne la tenuta con meccanismi solidi. Coinvolgere i Caschi Blu come forza di interposizione sarebbe, a suo avviso, “un’opzione per assicurare un cessate-il-fuoco duraturo”. Baerbock ha sottolineato che prima di tutto servono negoziati seri – per ora ostacolati dall’assenza di segnali di disponibilità da parte russa – ma che la discussione su come mantenere la pace fa già parte delle riflessioni tra gli alleati dell’Ucraina. La sua presa di posizione segna un’apertura significativa: fino ad oggi la Germania e la NATO si sono concentrate sul sostegno militare a Kiev e su garanzie di sicurezza bilaterali, mentre una missione ONU era considerata prematura. Baerbock – esponente dei Verdi tedeschi, nota per le posizioni interventiste pragmatiche – sembra voler preparare il terreno internazionale a una possibile fase post-bellica. L’articolo evidenzia come la proposta si inserisca in un dibattito più ampio sulla sicurezza futura dell’Ucraina: diversi esperti ritengono che, anche congelando il conflitto, servirebbero decine di migliaia di truppe di Paesi amici per prevenire nuovi attacchi russi. Nel frattempo – aggiunge il pezzo – Baerbock è stata eletta alla guida dell’Assemblea generale ONU per un anno, un ruolo più che altro simbolico ma che la tedesca potrebbe utilizzare per promuovere iniziative di pace multilaterali. Le sue parole indicano dunque la volontà di Berlino di mantenere alta l’attenzione diplomatica: se Putin non mostra segnali di voler trattare, come ha ribadito il presidente ucraino Zelenskyj accusando Mosca di “espandere volutamente il conflitto” con incursioni aeree verso Polonia e Romania, l’Occidente deve però iniziare a pensare al giorno in cui le armi taceranno – e a chi garantirà che ciò duri.
2. Kiev chiede altri aiuti: Berlino favorevole a usare i beni russi congelati
Putins Angriffskrieg: Ukraine benötigt laut Minister mindestens 120 Milliarden Euro für Verteidigung – Der Spiegel, 14 settembre 2025
Sintesi: A margine di una conferenza internazionale a Kiev, il primo ministro ucraino Denys Shmyhal (nel frattempo nominato ministro della Difesa) ha lanciato un appello accorato: per sostenere la guerra contro la Russia nel 2026 servono almeno 120 miliardi di dollari di finanziamenti. Tale somma – circa 102 miliardi di euro – sarebbe necessaria solo per mantenere l’attuale sforzo bellico e contrastare l’offensiva russa, ha spiegato Shmyhal, sottolineando che l’Ucraina già destina alla difesa un terzo del proprio PIL. Senza un massiccio sostegno aggiuntivo da parte dei partner occidentali, Kiev rischierebbe il collasso del fronte: “se non avremo abbastanza soldi per la guerra, potremmo perdere altro territorio”, ha avvertito Shmyhal. Per reperire risorse, il ministro ha rilanciato una proposta al centro di un dibattito europeo: utilizzare gli enormi beni russi congelati in Occidente. Si tratta di asset finanziari di oligarchi e istituzioni russe bloccati dalle sanzioni (centinaia di miliardi di euro in totale). Shmyhal suggerisce di confiscarli legalmente e destinarli come “riparazione” per finanziare la difesa e poi la ricostruzione del suo Paese. Il settimanale Der Spiegel rileva che la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen si è detta favorevole, proponendo un meccanismo di prestito garantito da tali fondi congelati. Questa soluzione incontra però ostacoli giuridici: i beni resterebbero formalmente di proprietà russa e l’UE vuole evitare di violare il diritto internazionale, optando per ora per investirne gli interessi a beneficio di Kiev. Nel frattempo – prosegue l’articolo – il presidente Zelenskyj ha esortato nuovamente gli alleati a stoppare completamente l’acquisto di petrolio e gas dalla Russia, condizione posta anche dal presidente americano Trump per aderire a nuove sanzioni. Un sondaggio citato dal Bild am Sonntag indica che l’opinione pubblica tedesca appoggia una linea dura: il 51% dei tedeschi è favorevole a impiegare i beni russi congelati per aiutare l’Ucraina e il 49% chiede l’embargo immediato di gas e petrolio russi. Infine, la rivista segnala che secondo analisti militari occidentali, senza un aumento consistente delle forniture (anche di armi sofisticate), il conflitto potrebbe protrarsi a lungo. In mancanza di uno spiraglio negoziale, si discute anche di possibili missioni di sicurezza europee o ONU a conflitto congelato – un’idea ripresa dalla stessa Baerbock come ipotesi futura. In sintesi, la Germania e l’Europa appaiono orientate a intensificare il sostegno economico bellico a Kiev, anche tramite strumenti eccezionali, in un momento che per l’Ucraina è cruciale per mantenere lo slancio sul campo nel prossimo anno.
3. Pistorius (Difesa): proseguire la missione navale UE nel Mar Rosso contro le milizie Houthi
Germany Pushes to Extend Naval Mission in Red Sea Against Houthi Threat – DefenceMirror, 11 settembre 2025
Sintesi: Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha chiesto al Parlamento di prorogare la partecipazione tedesca alla missione navale europea ASPIDES nel Mar Rosso fino alla fine del 2026. Parlando il 10 settembre al Bundestag, Pistorius ha sottolineato che la Germania deve restare “un partner affidabile nella sicurezza globale” e contribuire a proteggere le rotte marittime internazionali dagli attacchi dei ribelli Houthi dello Yemen. L’operazione ASPIDES, lanciata dall’UE nel 2024, mira infatti a prevenire gli assalti alle navi commerciali compiuti da queste milizie filo-iraniane nell’area strategica dello stretto di Bab el-Mandeb e dintorni. A causa di tali minacce, molte compagnie di navigazione erano state costrette a deviare le rotte dal Canale di Suez verso il Capo di Buona Speranza, con ingenti costi e ritardi. La Germania attualmente contribuisce alla missione con personale di comando a Gibuti e sorveglianza aerea marittima, oltre alla disponibilità di unità navali. Pistorius ha proposto di dimezzare il contingente massimo tedesco (da 700 a 350 militari) mantenendo però essenziali capacità – per esempio un aereo da pattugliamento marittimo e ufficiali nello staff di comando. Egli ha evidenziato che l’impegno tedesco “oltre l’Europa” in missioni come questa dimostra la volontà di Berlino di assumersi responsabilità anche nella regione del Medio Oriente allargato. Il prolungamento fino a ottobre 2026 è giustificato dal perdurare del conflitto in Yemen e dal rischio concreto per il traffico marittimo civile. Il voto finale del Bundestag sul rinnovo del mandato è atteso in seconda lettura nelle prossime settimane, ma il consenso bipartisan appare ampio. La notizia indica come, accanto al sostegno all’Ucraina, la Germania continui a partecipare attivamente anche alle missioni internazionali di sicurezza meno note al grande pubblico ma cruciali per la stabilità delle vie commerciali globali.
4. Nessuna fine vicina per la guerra: il cancelliere Merz esclude un conflitto breve
Merz: Krieg wird noch lange andauern – Deutschlandfunk, 9 settembre 2025
Sintesi: Nel dibattito pubblico tedesco si fa strada la convinzione che la guerra russo-ucraina sia destinata a prolungarsi. Il cancelliere Friedrich Merz ha dichiarato in un’intervista che “il conflitto potrebbe durare ancora a lungo”, non essendoci al momento segnali concreti di una svolta militare o diplomatica. Questa affermazione di Merz – evidenziata nella rassegna della stampa nazionale proposta da Deutschlandfunk – riflette un cambio di tono rispetto all’ottimismo cauto mostrato mesi fa da alcuni membri del governo. Merz avrebbe sottolineato due elementi: da un lato, la Russia di Putin continua a mobilitare risorse e uomini, pronta a sopportare una guerra di logoramento; dall’altro, l’Ucraina resiste anche grazie al supporto occidentale, ma nessuna delle parti è in condizione di prevalere in breve tempo. Il cancelliere ha quindi messo in guardia l’opinione pubblica tedesca dall’aspettarsi una rapida pace: “Dobbiamo essere preparati a sostenere Kiev a lungo termine”, sarebbe il succo del suo messaggio. Questa prospettiva trova eco nei commenti dei principali quotidiani tedeschi, riportati da DLF: la Frankfurter Allgemeine Zeitung osserva che il protrarsi della guerra accentua le tensioni all’interno della stessa coalizione di Merz (tra richieste di aumentare ancora la spesa militare e timori per le ripercussioni economiche), mentre la Süddeutsche Zeitung sottolinea come il “fronte interno” europeo debba restare unito e paziente per non dare un vantaggio strategico al Cremlino. L’analisi complessiva suggerisce che la leadership tedesca stia preparando il Paese a scenari di lungo periodo: più impegno nella produzione di armamenti, accordi per rifornimenti costanti all’Ucraina (anche nei prossimi anni) e una diplomazia mirata a mantenere la coesione transatlantica. In definitiva, Berlino esclude scorciatoie: salvo imprevedibili crolli politici a Mosca, la guerra rischia di diventare un conflitto “congelato ma non concluso”, e la Germania – conclude la rassegna – dovrà calibrarne il supporto militare e umanitario su questa nuova normalità dai tempi indefiniti.
5. Più armi “Made in Germany” all’Ucraina: produzione congiunta di droni e missili
Deutschland forciert „Deep Strike“-Initiative mit Kiew – RBC Ukraine, 12 settembre 2025
Sintesi: La Germania ha avviato una collaborazione industriale diretta con l’Ucraina per aumentare la fornitura di sistemi d’arma avanzati a Kiev. Il ministro della Difesa Pistorius, durante un incontro a Berlino con il suo omologo ucraino, ha annunciato la cosiddetta iniziativa “Deep Strike”, volta a sviluppare congiuntamente armamenti a lungo raggio. In base a questo programma, Berlino finanzierà e co-produrrà in stabilimenti ucraini droni d’attacco e munizioni guidate con gittata estesa, essenziali perché l’esercito ucraino possa colpire logistiche e basi russe lontano dal fronte. Pistorius ha rivelato che sono stati già firmati contratti per un totale di circa 300 milioni di euro con aziende della difesa ucraine, cifra che servirà ad allestire linee produttive locali sotto supervisione tedesca. Tra i progetti in corso, riportati da fonti di stampa ucraina, vi sarebbe la produzione su licenza di droni tedeschi di nuova generazione capaci di penetrare le difese elettroniche russe e di missili tattici aria-terra con 250–300 km di gittata. L’obiettivo, spiegano gli analisti, è duplice: da un lato accelerare i tempi di consegna, affiancando alla produzione in Germania anche quella sul suolo ucraino; dall’altro aiutare l’Ucraina a sviluppare una propria industria bellica moderna, rendendola meno dipendente in futuro dalle importazioni. Questa iniziativa segna un passo ulteriore nell’impegno tedesco: dopo aver fornito molti sistemi d’arma (dai carri Leopard alle batterie anti-aeree) e stanziato per il 2025 fino a 9 miliardi di euro di aiuti militari, ora Berlino investe direttamente nell’industria bellica ucraina. La scelta, pur coordinata con gli alleati NATO, ha un forte significato politico: mostra la volontà tedesca di sostenere Kiev in una strategia di lungo periodo per recuperare la superiorità tecnologica sul campo. Secondo quanto trapelato, l’iniziativa “Deep Strike” comprende anche programmi di formazione congiunta per tecnici e ingegneri ucraini, e potrebbe preludere, in futuro, alla costruzione in Ucraina di un impianto per veicoli corazzati in partnership con Rheinmetall (colosso tedesco della difesa).
6. Droni abbattuti e reazione NATO: la Germania si prepara all’eventualità
Kampfdrohnen-Abschuss über Polen: So hätte die deutsche Luftwaffe in diesem Fall reagiert – Der Tagesspiegel, 10 settembre 2025
Sintesi: Per la prima volta dall’inizio del conflitto ucraino, droni militari russi sono stati distrutti nello spazio aereo della NATO, nei cieli della Polonia orientale. L’episodio – definito da Berlino “una deliberata provocazione” di Mosca – ha spinto i membri dell’Alleanza ad interrogarsi sulle procedure di risposta e, in particolare, su come avrebbe reagito la Germania in circostanze simili. Un’inchiesta del Tagesspiegel rivela che la Bundeswehr era indirettamente coinvolta già in questo incidente: i radar Patriot tedeschi schierati in Polonia avevano tracciato i droni intrusi e per qualche momento si è persino considerato di attivare le batterie antiaeree tedesche. Alla fine, su decisione del centro di comando NATO, sono stati caccia F-16 polacchi e F-35 olandesi a neutralizzare l’incursione. L’articolo spiega nei dettagli il “piano di interoperabilità NATO” che scatterebbe se oggetti ostili penetrassero nel cielo tedesco: tutte le informazioni confluiscono nel Combined Air Operations Centre di Uedem (Renania), il cervello integrato della difesa aerea alleata in Europa. Da qui verrebbero coordinati sia i sistemi terra-aria (come i Patriot), sia gli scramble dei caccia Eurofighter tedeschi – due coppie in allerta permanente a Neuburg e Rostock-Laage. Il ministro della Difesa Pistorius ha rassicurato il Parlamento che “i nostri soldati sanno già cosa fare” se un attacco simile minacciasse il territorio tedesco: l’articolo conferma che le procedure sono state affinate negli ultimi mesi proprio in seguito a vari incidenti con droni e missili vaganti sui paesi confinanti (come Polonia, Romania e Moldova). Un dettaglio interessante è che la Germania ha recentemente acquistato nuovi sistemi anti-drone, come i cannoni Skyranger prodotti da Rheinmetall, già inviati anche in Ucraina. Ciò indica la consapevolezza, da parte di Berlino, di dover colmare rapidamente alcune lacune nella difesa a corto raggio del proprio spazio aereo. In sintesi, la reazione tedesca sarebbe rapida e coordinata con la NATO: radar condivisi, allerta immediata a Uedem, identificazione visiva tramite caccia e – se confermata la minaccia – ingaggio e abbattimento del velivolo ostile. L’approfondimento conclude che l’episodio in Polonia ha funzionato da stress test: ha mostrato che la maglia di protezione alleata tiene, ma anche che la Germania e gli altri partner devono restare vigili e investire per stare al passo con le tattiche russe, come l’uso di sciami di droni sempre più sofisticati.
7. Componente tedesca per i sottomarini indiani: Thyssenkrupp vicina a un maxi-accordo
TKMS verhandelt mit Neu-Delhi über U-Boote – Handelsblatt, 12 settembre 2025
Sintesi: La tedesca Thyssenkrupp Marine Systems (TKMS) è in trattative avanzate con il governo indiano per una commessa multimiliardaria di sottomarini. L’India ha avviato da tempo il progetto P-75I per dotare la propria marina di sei nuovi sottomarini convenzionali avanzati, e TKMS – uno dei leader mondiali del settore – è emersa come partner favorito. Secondo le indiscrezioni riportate dal Handelsblatt, i negoziati sul contratto dovrebbero concludersi entro fine mese. TKMS offrirebbe il suo collaudato modello Type-214 opportunamente customizzato: un sottomarino d’attacco diesel-elettrico dotato di sistema AIP (propulsione indipendente dall’aria) che garantisce notevole autonomia in immersione. L’accordo avrebbe un enorme valore strategico ed economico: si parla di oltre 5 miliardi di euro. La Germania – ricorda l’articolo – già in passato ha fornito tecnologie subacquee all’India, ma questa sarebbe la prima volta che Nuova Delhi acquista sottomarini tedeschi moderni, rompendo la consueta preferenza per materiale franco-russo. Uno snodo cruciale delle trattative riguarda il “Make in India”: TKMS si è detta disposta a costruire almeno in parte le unità nei cantieri indiani, trasferendo know-how e creando joint-venture locali. Ciò ha reso l’offerta tedesca molto appetibile per l’India, che mira a sviluppare la propria industria della difesa. Politicamente, l’intesa avrebbe il sostegno del governo federale tedesco, desideroso di approfondire i legami con l’India come partner indo-pacifico chiave in chiave anti-cinese. Berlino ha infatti recentemente elevato l’India al rango di “partner strategico preferenziale” fuori dalla NATO, promuovendo cooperazione militare e scambi di tecnologie sensibili. Se il contratto andrà in porto, sottolinea il quotidiano economico, TKMS garantirà anni di lavoro ai suoi siti di Kiel e Amburgo, con ricadute positive anche sull’indotto di alta tecnologia subacquea (elettronica, sensoristica, armamenti navali). Sarebbe un successo notevole per l’export tedesco della difesa, in un momento in cui l’azienda sta valutando persino uno spin-off per concentrarsi sulle commesse militari. In prospettiva, un solido asse navale Berlino–Nuova Delhi potrebbe aprire la strada ad ulteriori collaborazioni, ad esempio per navi di superficie e tecnologie antisiluro.
8. La Bundeswehr testa lo spiegamento lampo di truppe in Lituania
Bundeswehr testet Verlegung von Material nach Litauen – Tagesspiegel, 12 settembre 2025
Sintesi: In risposta al mutato scenario di sicurezza nell’Europa orientale, l’esercito tedesco sta potenziando la propria capacità di schieramento rapido sul fianco est della NATO. Nei giorni scorsi la Bundeswehr ha condotto una grande esercitazione logistica per simulare il trasferimento di un contingente pesante in Lituania in tempi ridottissimi. Colonne di carri armati Leopard 2, obici semoventi e decine di veicoli da supporto hanno lasciato le caserme in Germania per convergere verso i porti del Mar Baltico, dove sono stati imbarcati su navi roll-on/roll-off dirette a Klaipėda (Lituania). Parallelamente, un ponte aereo tattico con velivoli da trasporto A400M ha trasferito centinaia di soldati e materiale leggero direttamente nelle basi lituane. L’obiettivo dell’esercitazione – spiega il Tagesspiegel – era verificare la capacità tedesca di rinforzare entro 10 giorni il battaglione avanzato NATO già stanziato in Lituania, portandolo a livello di brigata. Questo impegno, preso da Berlino dopo l’aggressione russa all’Ucraina, mira a rassicurare gli alleati baltici e fungere da deterrente credibile verso Mosca. I test hanno evidenziato sia punti di forza sia criticità: da un lato, la disponibilità di sistemi mobili di alloggiamento e stoccaggio (le nuove “caserme campali” containerizzate fornite da Rheinmetall) ha permesso di approntare in appena due settimane infrastrutture logistiche per migliaia di uomini; dall’altro, sono emerse strozzature nel trasporto ferroviario – non tutti i convogli speciali hanno rispettato i tempi a causa dell’intenso traffico civile sulle linee tedesche. L’esercitazione ha toccato anche aspetti di comunicazione con la popolazione locale: in Lituania le colonne tedesche sono state accolte positivamente, segno che la presenza NATO è ben vista come garanzia di sicurezza. Questo “stress test” logistico, conclude il servizio, fa parte di una serie di misure con cui la Bundeswehr si prepara a scenari d’emergenza: essere pronti, se necessario, a rinforzare il fronte orientale della NATO nel giro di pochi giorni, in caso di improvvise minacce o provocazioni russe ai confini dell’Alleanza.
9. Servizio militare volontario 2.0: presentata la riforma Pistorius
Pistorius schlägt neues Modell für Freiwilligenwehrdienst vor – Süddeutsche Zeitung, 8 settembre 2025
Sintesi: Il ministro della Difesa Boris Pistorius ha illustrato una proposta di riforma del servizio militare volta ad aumentarne l’attrattiva senza reintrodurre immediatamente la coscrizione obbligatoria. Il piano, presentato in una bozza di disegno di legge, prevede un modello su due livelli: dapprima un volontariato militare “esteso”, con incentivi e percorsi flessibili, e come opzione finale la possibilità di richiamare una leva obbligatoria solo se il reclutamento volontario non garantisse gli effettivi necessari. In concreto, Pistorius intende istituire un nuovo programma di Freiwilligenwehrdienst (servizio militare volontario) di 12 mesi, arricchito rispetto a quello esistente: i volontari riceverebbero benefici aggiuntivi – ad esempio crediti formativi universitari, qualifiche professionali riconosciute e un sostegno economico maggiore – per rendere la scelta di arruolarsi temporaneamente più appetibile ai giovani. Al contempo, il ministero chiede al Parlamento di autorizzare, in caso di grave carenza di personale nelle forze armate, la predisposizione di un meccanismo di leva selettiva: verrebbero chiamati al servizio militare obbligatorio solo i cittadini di una certa fascia d’età, estratti a sorte qualora i volontari fossero insufficienti. Pistorius ha comunque enfatizzato che il suo auspicio è di coprire il fabbisogno di soldati esclusivamente tramite adesioni volontarie, puntando su campagne di reclutamento mirate e sul miglioramento delle condizioni nella Bundeswehr. Il contesto è quello di un’ambiziosa espansione delle forze armate tedesche: l’obiettivo NATO è portare la Bundeswehr a 203.000 effettivi entro il 2031 e persino a 260.000 entro il 2035. Attualmente i numeri sono ben al di sotto (circa 180.000) e la sospensione della leva nel 2011 ha reso difficile colmare il gap solo con i professionisti volontari. La SZ spiega che la riforma Pistorius è un tentativo pragmatico di “riattivare” lo strumento della leva senza scontrarsi frontalmente con la resistenza politica e sociale a un ritorno pieno del servizio obbligatorio. La proposta ha acceso il dibattito: favorevole la CDU di Merz (che però preferirebbe reintrodurre subito la leva per tutti i diciottenni), tiepida la SPD e contraria la Linke e buona parte dei Verdi, che la giudicano un passo indietro. Il ministero della Difesa intanto segnala primi timidi successi nel reclutamento: nel 2025 c’è stata una lieve inversione di tendenza, con più candidati alle carriere militari anche grazie al miglioramento salariale e d’immagine della Bundeswehr.
10. “Casermette” portatili: Rheinmetall rivoluziona il supporto logistico
Bundeswehr: Wie Rheinmetall in 14 Tagen mobile Kasernen aufbaut – Handelsblatt, 9 settembre 2025
Sintesi: Il quotidiano economico Handelsblatt getta luce su un aspetto spesso trascurato ma cruciale delle operazioni militari: la logistica campale, in particolare le infrastrutture per alloggiare le truppe in missione. Viene descritto come la Rheinmetall, colosso tedesco della difesa, abbia sviluppato moduli abitativi containerizzati che consentono di allestire, in soli 14 giorni, accampamenti completi per migliaia di soldati. La Bundeswehr ne ha già fatto uso in esercitazioni recenti (come il dispiegamento simulato in Lituania): si tratta di unità prefabbricate trasportabili facilmente via camion o treno, che una volta a destino vengono assemblate per formare dormitori climatizzati, mense da campo, cucine modulari e persino officine e infermerie, il tutto collegato a sistemi autonomi di energia e acqua. Secondo l’articolo, Rheinmetall ha ottenuto a fine agosto un contratto quadro dal ministero della Difesa per fornire e gestire queste “mobile Kasernen” (caserme mobili) su richiesta, nell’ambito di impegni NATO di rapido dispiegamento. Il contratto include anche servizi di manutenzione: l’azienda, quando attivata, non solo consegna i moduli ma invia squadre di tecnici che ne curano l’installazione e rimangono in loco per garantirne il funzionamento (generatori, sistemi sanitari, reti dati). Il giornale evidenzia i vantaggi di questa soluzione: in missioni all’estero (ad esempio in Mali o nei dispiegamenti in Europa orientale) finora si ricorreva a infrastrutture locali o tende, con disagi e rischi per il personale. Ora invece i soldati possono contare su alloggi dignitosi e sicuri anche in mezzo al nulla, con un impatto positivo sul morale e sull’operatività. Per Rheinmetall, inoltre, questo segmento logistico rappresenta un nuovo filone di business nel quadro della crescente domanda delle forze NATO di “deployability” rapida. L’articolo conclude citando una fonte della Difesa tedesca: “Con queste caserme mobili, la Bundeswehr guadagna in flessibilità strategica. Possiamo spedire un contingente ovunque sapendo che in due settimane avrà un campo base funzionante”. Un ulteriore segnale di come la Germania stia investendo per rendere le proprie forze armate più agili e pronte alle sfide attuali.
Politica interna e questioni sociali
1. FDP verso la “radicale metà”: il nuovo corso dopo la disfatta elettorale
Neuaufstellung bei den Liberalen: FDP soll Partei der „radikalen Mitte“ werden – Der Tagesspiegel, 14 settembre 2025
Sintesi: A quasi un anno dalla pesante sconfitta subita alle elezioni federali del 2024 (in cui la FDP non ha superato lo sbarramento restando fuori dal Bundestag), i Liberali tedeschi cercano un rilancio identitario. In un’intervista programmatica alla DPA, il neo-segretario Christian Dürr – succeduto a Christian Lindner alla guida del partito – delinea la strategia di “rifondazione al centro”. Dürr annuncia che la FDP vuole diventare la forza della “radikale Mitte”, cioè un centro radicale e riformatore: in concreto, intende promuovere un rigoroso programma di libero mercato con riforme coraggiose, sposando però contestualmente politiche sociali pragmatiche. Nel dettaglio, egli cita alcune priorità: sgravi fiscali e deregulation per far ripartire l’economia stagnante, investimenti massicci in innovazione tecnologica e transizione energetica di mercato, ma anche riforme del welfare per orientarlo più al lavoro e meno all’assistenza passiva. “In Germania c’è troppa paralisi, la gente ha perso fiducia che i partiti sappiano risolvere i problemi” afferma Dürr – con un implicito atto di accusa sia alla vecchia Grosse Koalition CDU-SPD sia all’esperimento “semaforo” con Verdi e SPD a cui la FDP stessa partecipò, uscitone però screditata. “Nel Paese regna la stagnazione – noi Liberali saremo l’antidoto radicale” è il mantra lanciato dal segretario. Il Tagesspiegel spiega che Dürr ha assunto la guida a maggio, dopo che Lindner ha lasciato in seguito al tracollo elettorale (appena il 4,3% dei voti). Nei sondaggi odierni la FDP langue ancora sotto il 5%, perciò il nuovo leader sente l’urgenza di rompere gli schemi: ha ammesso errori passati e promesso “onestà spietata” nel riconoscere i problemi interni. La linea della “radikale Mitte” proverà a distinguere nettamente i Liberali sia dalla destra populista (AfD) sia dalla sinistra, cercando consensi tra ceto medio produttivo, giovani professionisti, imprese innovative – elettorato un tempo tipico FDP, in parte fuggito verso l’astensione o altri partiti. L’articolo osserva che il percorso non sarà facile: la base FDP è demoralizzata e alcuni ex big come Lindner e Kubicki si sono defilati. Ma Dürr pare determinato: il congresso straordinario di partito previsto in ottobre dovrebbe consacrare questo nuovo manifesto politico e aprire le candidature per le elezioni europee del 2026, primo banco di prova della “rifondazione”. In definitiva, i Liberali puntano a tornare “piccoli ma essenziali”: un partito più agile, che non tema scelte impopolari (ad esempio su pensioni, lavoro e migrazione) pur di recuperare il ruolo di ago della bilancia nelle future coalizioni di governo.
2. Scontro sul welfare: Bas boccia l’idea di tagliare completamente il Bürgergeld
Bas erteilt Total-Streichung beim Bürgergeld eine Absage – Handelsblatt, 7 settembre 2025
Sintesi: Il dibattito sul futuro del Bürgergeld – il reddito di cittadinanza tedesco introdotto nel 2023 – diventa incandescente. Dopo che esponenti della CDU, con il segretario Carsten Linnemann, hanno proposto di “azzerare le prestazioni per chi rifiuta sistematicamente di lavorare”, arriva la netta replica della ministra del Lavoro (nonché presidente SPD) Bärbel Bas: “non è così semplice come Linnemann pensa”, ha dichiarato Bas, ricordando che la Corte Costituzionale garantisce un minimo vitale intoccabile. In altre parole, anche i beneficiari “inadempienti” (chi non accetta impieghi offerti o infrange gli obblighi) possono sì subire sanzioni e riduzioni, ma non si può toglier loro tutto il sussidio lasciandoli senza mezzi di sussistenza. Bas ha definito quella di Linnemann “una richiesta ad effetto, inapplicabile nella realtà”, sottolineando che la tutela del Existenzminimum (minimo esistenziale) è sancita dal 2019. La ministra SPD non ha mancato però di concordare sul fatto che chi “non collabora” debba sentire “conseguenze”: anche secondo Bas il sistema attuale va reso più incisivo nel far rispettare i doveri agli assistiti, ma senza violare la dignità umana né scadere in slogan. L’articolo dell’Handelsblatt ricostruisce il contesto: sotto pressione dell’ala conservatrice, la coalizione di governo (CDU-CSU e SPD) sta discutendo una possibile riforma restrittiva del Bürgergeld nell’ambito di un pacchetto più ampio di riforme sociali. Merz ha chiesto alla ministra Bas di trovare 5 miliardi di risparmi proprio sul budget del Bürgergeld, alimentando speculazioni su tagli radicali. Bas però – già definita dalla stampa “l’ultima rossa in un governo nero” – resiste: ha confermato che saranno introdotte modifiche per rendere il sussidio più orientato al reinserimento lavorativo (ad esempio percorsi più stringenti di formazione, offerte di lavoro mirate e controlli sulle disponibilità), ma ha escluso qualunque “Agenda 2030” in stile Schröder che smantelli il welfare. Nel frattempo, i dati mostrano che il numero di percettori di Bürgergeld è in aumento a causa del rallentamento economico – ulteriore elemento che rende politicamente delicato parlare di tagli incondizionati. L’Handelsblatt menziona infine un dettaglio politico: Linnemann aveva dato per scontato che Bas fosse “d’accordo” con la linea dura (dopo un vertice di coalizione), ma la smentita di Bas suggerisce che la SPD non intende suicidarsi elettoralmente varando misure percepite come punitive verso i più deboli. La questione rimane aperta e sarà oggetto di negoziato nelle prossime settimane: la posizione ferma di Bas ha però chiarito che il “no” alla cancellazione totale del sussidio è definitivo.
3. SPD Sassonia-Anhalt: un professore alla guida contro l’avanzata dell’AfD
SPD Sachsen-Anhalt wählt Kandidaten: Mit dem Professor über 7 Prozent – taz, die tageszeitung, 7 settembre 2025
Sintesi: In Sassonia-Anhalt – Land orientale dove la SPD è da tempo in difficoltà – il partito ha scelto il proprio capolista per le elezioni regionali del 2026, puntando sul ministro locale Armin Willingmann, 62 anni, professore di diritto ed economia. “Con il professore sopra il 7%” titola ironicamente la taz, alludendo al fatto che i socialdemocratici languono nei sondaggi intorno a quella percentuale (il 7%) e sperano con questa candidatura di superare almeno la soglia dell’irrilevanza. Willingmann, attuale ministro regionale dell’Economia e dell’Ambiente nel governo CDU-SPD del Land, è stato eletto all’unanimità come Spitzenkandidat in un congresso di partito privo di alternative: nessun altro nome si è fatto avanti. Ciò rispecchia una SPD locale “in crisi profonda, ma unita nella mancanza di opzioni” – come commenta l’articolo. L’atmosfera al congresso di Quedlinburg era sobria: sebbene il segretario federale Klingbeil (presente per sostenere Willingmann) abbia provato a motivare i delegati, l’applauso è stato “tiepido”, segno della consapevolezza delle sfide enormi. Infatti, alle ultime elezioni del 2021 la SPD ottenne uno storico minimo dell’8,4%, e ora rischia addirittura di scendere sotto. A incalzare è soprattutto l’AfD, molto forte in Sassonia-Anhalt: il suo giovane leader locale, Ulrich Siegmund, 34 anni, galvanizza i consensi anche tramite i social (su TikTok i suoi video raggiungono centinaia di migliaia di visualizzazioni) e punta dichiaratamente a diventare il primo presidente di Land dell’AfD. Siegmund ha già arruolato la retorica più dura: promette una “offensiva di espulsioni” contro gli immigrati irregolari e sogna una “giunta monocolore AfD” – prospettiva che allarma tutti gli altri partiti. Anche la CDU ha cambiato cavallo per cercare di arginare l’estrema destra: candida l’attuale ministro dell’Economia Sven Schulze, considerato erede dell’uscente Haseloff e garante di continuità moderata. In questo scenario polarizzato, la SPD con Willingmann intende profilarsi come forza “pragmatica e affidabile” – parole chiave del discorso del candidato, che ha rivendicato i risultati ottenuti al governo (investimenti universitari, politiche energetiche ragionevoli) e promesso di “assumersi la responsabilità per la Sassonia-Anhalt” invece di far volare slogan. La taz nota che Willingmann incarna uno stile tranquillo, costruttivo, lontano dagli eccessi populisti: “calmo, pragmatico, incline al compromesso”. Resta da vedere se queste qualità basteranno a offrire un’alternativa all’elettorato disilluso o se prevarrà la protesta incarnata dall’AfD. Il titolo stesso – “col professore sopra il 7%” – tradisce un misto di speranza e rassegnazione: l’obiettivo minimale è tenere la testa fuori dall’acqua. Per la SPD federale, inoltre, questo voto sarà un test importante: un ulteriore tracollo ad opera dell’AfD in un Land orientale suonerebbe l’ennesimo campanello d’allarme sulla perdita di contatto con una parte dell’elettorato popolare.
4. Rimpatri in Afghanistan: l’ONU critica, Bas frena sui progetti di Dobrindt
Abschiebungen nach Afghanistan – Rückkehr ohne Perspektive – Frankfurter Allgemeine Zeitung, 14 settembre 2025
Sintesi: Le deportazioni di richiedenti asilo afghani continuano a suscitare polemiche in Germania. Un reportage ricco di dati dà voce alle preoccupazioni dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) riguardo ai rimpatri forzati verso l’Afghanistan, definendoli “ritorni senza prospettive”. Mihyung Park, responsabile OIM a Kabul, spiega al quotidiano che molti dei rimpatriati “non hanno mai vissuto” nel nuovo Emirato talebano: alcuni sono giovani nati e cresciuti come rifugiati all’estero, altri hanno venduto tutto per fuggire o contratto debiti pesanti e ora “tornano al nulla”, spesso con famiglie a carico. Le donne, poi, si ritrovano in un paese dove è negato loro di lavorare o studiare oltre un certo grado. L’OIM ha temporaneamente sospeso il proprio supporto ai ritorni volontari in Afghanistan proprio perché lo scenario è troppo critico: l’articolo ricorda che gli Stati Uniti hanno tagliato tutti gli aiuti allo sviluppo al governo talebano, mentre gli altri paesi (Germania inclusa) spostano risorse dalla cooperazione civile alla spesa militare, a causa delle tensioni geopolitiche. Così gli aiuti umanitari scarseggiano e persino i servizi di base per chi rientra – come registrazione e prima accoglienza – funzionano a rilento per mancanza di fondi (un esempio paradossale: nei centri di frontiera afghani mancano computer e stampanti per registrare i rimpatriati, ma i paesi donatori non ne autorizzano l’acquisto per non “aiutare” il regime talebano). Il servizio riporta due sviluppi politici chiave in Germania: da un lato, il nuovo ministro dell’Interno Alexander Dobrindt (CSU) ha dichiarato che “nei prossimi mesi aumenteranno i rimpatri forzati di afghani”, in particolare uomini con precedenti penali, ritenendo che la situazione sia sufficientemente sicura da riprendere i voli charter verso Kabul. Dall’altro lato, la ministra del Lavoro Bas (SPD) – sebbene non competente in via diretta sul tema – ha espresso scetticismo su una massiccia ripresa delle espulsioni verso un paese dove “donne e ragazze sono private di ogni diritto” e molti ex collaboratori occidentali temono persecuzioni. In effetti l’Afghanistan resta il primo paese d’origine di richiedenti asilo in Germania: nei primi sei mesi del 2025, nota la FAZ, il Bundesamt ha deciso su oltre 23.000 domande di uomini e 5.700 di donne afghani, riconoscendo lo status di rifugiato in una quota nettamente più alta per le donne (segno che le richiedenti riescono a dimostrare persecuzioni di genere sotto i talebani). Finora la Germania ha rimpatriato con il contagocce solo uomini condannati per reati gravi, tramite voli speciali organizzati col Qatar. Dobrindt vorrebbe ora intensificare – magari coinvolgendo altri paesi UE – ma la coalizione di governo su questo è divisa e Bas sembra orientata a porre limiti umanitari chiari. L’ONU dal canto suo avverte: senza sviluppo e sicurezza, questi rimpatri sono destinati a fallire – “ritorni al punto di partenza” li definisce Park – e molti dei rimandati indietro tenteranno nuovamente la via della fuga.
5. Bollette elettriche: il governo coprirà i costi di rete nel 2026
Entwurf eines Gesetzes für einen Zuschuss zu den Übertragungsnetzkosten – Bundesregierung.de, 3 settembre 2025
Sintesi: Per alleviare il peso delle bollette energetiche su famiglie e imprese, il governo federale ha approvato un provvedimento che prevede un contributo statale ai costi di rete elettrica per l’anno 2026. Come riportato dal comunicato ufficiale di fine seduta del gabinetto (Kabinettssitzung del 3/9/2025), il disegno di legge stabilisce che una quota significativa delle tariffe di trasmissione dell’energia – solitamente addossate ai consumatori – sarà finanziata tramite il bilancio federale. In cifre, si tratterebbe di circa 5 miliardi di euro di fondi pubblici destinati a calmierare i costi di utilizzo delle grandi reti elettriche (Übertragungsnetze) nel 2026. L’esecutivo (CDU/CSU-SPD) intende così compensare gli aumenti attesi delle tariffe di rete dovuti sia agli investimenti nelle infrastrutture per le energie rinnovabili sia all’inflazione degli ultimi anni. Secondo la ministra delle Finanze ad interim (dopo le dimissioni di Lindner), questa misura una tantum potrebbe abbassare la bolletta elettrica finale di circa il 5-7% per utenti domestici e PMI nel 2026. Il provvedimento ha anche una valenza politica: segnala l’impegno del cancelliere Merz a mantenere le promesse di “Freno ai prezzi dell’energia” fatte durante la campagna elettorale. Non a caso, la CSU aveva spinto molto per questo sussidio, soprattutto a tutela delle imprese manifatturiere bavaresi energivore. D’altro canto, alcuni economisti criticano l’uso di fondi generali per coprire costi che altrimenti incentivano il risparmio energetico: “se lo Stato paga la rete, gli utenti non hanno più motivo di moderare i consumi”, avverte ad esempio il DIW di Berlino. La coalizione respinge le critiche definendo la misura temporanea e mirata: entro il 2027 si conta di riformare l’intero sistema di oneri di sistema elettrico, magari spostandoli sulla fiscalità generale in modo permanente. Intanto, però, il grid fee subsidy per il 2026 è stato accolto con favore dalle associazioni dei consumatori e dall’industria: entrambe erano preoccupate per il riaccendersi dell’inflazione energetica. In parallelo, riferisce la nota governativa, si sta valutando un intervento anche sulle accise dei carburanti se i prezzi dovessero tornare a salire in autunno – segno che il governo Merz-Bas, pur dovendo far quadrare i conti, è sensibile al tema del caro-vita e pronto a interventi emergenziali per scongiurare tensioni sociali.
6. Elezioni comunali in NRW: un test nazionale per CDU e SPD
NRW-Kommunalwahl: Wahllokale geöffnet – Süddeutsche Zeitung, 14 settembre 2025
Sintesi: Domenica 14 settembre si tengono in Nordreno-Vestfalia (NRW), il Land più popoloso della Germania, le elezioni comunali e distrettuali. Quasi 14 milioni di cittadini sono chiamati a votare sindaci, consigli municipali e amministrazioni di circondario, ma la portata politica va ben oltre il livello locale: come osserva la Süddeutsche Zeitung, questa consultazione è considerata da tutti i partiti “un importante termometro del clima politico nazionale”. In particolare, la SPD e la CDU monitorano con apprensione i risultati nelle grandi città e nelle ex aree industriali della Ruhr. Il Nordreno-Vestfalia è storicamente la “roccaforte rossa” socialdemocratica, ma negli ultimi anni la CDU ha fatto breccia e attualmente esprime il presidente di Regione. Per il cancelliere Merz (CDU) e il vicecancelliere Klingbeil (SPD) quindi il voto servirà a misurare il gradimento dell’operato della loro grande coalizione a Berlino a quasi un anno dal suo insediamento. Due scenari sono attentamente osservati: (1) se la SPD dovesse perdere ulteriori feudi urbani (come Dortmund o Duisburg) a vantaggio della CDU, ciò verrebbe letto come un giudizio negativo sull’azione del partito di Klingbeil in coalizione – indebolendone la leadership; (2) se invece la SPD tenesse o recuperasse consensi, soprattutto nelle “città del Ruhrpott” colpite dalla crisi economica, significherebbe che la base tradizionale non l’ha abbandonata del tutto. Anche l’AfD è sotto esame: tradizionalmente meno forte alle comunali, potrebbe però superare il 10% in molti consigli, capitalizzando il malcontento per l’aumento della disoccupazione. L’SZ riporta che la campagna elettorale locale è stata monopolizzata da temi nazionali: inflazione, sicurezza, politiche sugli immigrati. La CDU di Merz ha spinto molto sul tasto della sicurezza e del “decoro urbano”, mentre la SPD ha promesso investimenti comunali e difeso il Bürgergeld dagli attacchi, segno che lo scontro riflette quello berlinese. I seggi si sono aperti regolarmente alle 8 del mattino e chiuderanno alle 18; subito dopo sono attesi exit poll che i leader nazionali seguiranno in diretta. Non a caso entrambi i vice-cancellieri, Bas (SPD) e Söder (CSU), sono presenti in NRW per sostenere i candidati locali nei collegi cruciali. Un editorialista definisce queste elezioni “più di un voto amministrativo: quasi un midterm” per il governo Merz. L’affluenza sarà un altro indicatore chiave: alle scorse comunali del 2020 fu solo del 51%, segno di disillusione. Se oggi più elettori si recheranno alle urne – conclude la SZ – potrebbe voler dire che la posta in gioco percepita è alta e che i cittadini vogliono mandare un segnale chiaro a Berlino, in un senso o nell’altro.
7. Proteste all’IAA di Monaco: “meno SUV, più clima”
Automobilmesse: Hunderte protestieren auf Rädern und zu Fuß gegen IAA – Die Zeit, 13 settembre 2025
Sintesi: Mentre a Monaco di Baviera volge al termine la fiera internazionale dell’auto IAA 2025, centinaia di attivisti climatici hanno manifestato per chiedere una svolta radicale nella mobilità. Come riferisce la Zeit, circa 700 persone hanno sfilato in bicicletta per le vie del centro e altre 600 circa hanno poi dato vita a un corteo a piedi. Alla testa della “critical mass” di ciclisti campeggiava lo striscione “No more SUV” e gli organizzatori – tra cui il Bund Naturschutz (l’equivalente bavarese di Legambiente) e l’associazione VCD per una mobilità sostenibile – accusavano la fiera IAA di rappresentare “il futuro dell’auto fatto di più SUV, più cemento e più profitti sulle spalle di persone e natura”. La protesta si è svolta in modo pacifico e creativo: molti partecipanti indossavano costumi da animali per simboleggiare le specie minacciate dalle emissioni, e su un cartello spiccava la scritta “Oggi auto, domani carri armati”, a collegare ironicamente la critica all’industria automobilistica con quella alla crescente spesa militare della Germania. Infatti, tra gli slogan intonati non sono mancati riferimenti all’”Aufrüstung” (riarmo): segno che parte del movimento ecopacifista vede nel modello economico dominante – che include sia l’auto privata sia la produzione di armi – un sistema da cambiare integralmente. La polizia di Monaco ha schierato un dispositivo imponente (2.500 agenti per l’intera settimana della fiera) e ha riferito di alcuni piccoli episodi: un’anziana estranea al corteo ha fatto un saluto nazista ai manifestanti ed è stata denunciata; due incappucciati hanno acceso fumogeni rossi su un edificio lungo il percorso, anche su questo fatto sono scattate indagini. Per il resto, le autorità parlano di manifestazioni “svolte prevalentemente in modo pacifico”. Nei giorni precedenti c’erano state altre azioni di disturbo: giovedì 11 alcuni attivisti avevano bloccato per protesta l’autostrada A9 incollandosi al manto stradale, causando lunghe code. L’IAA 2025, che si tiene a Monaco ogni due anni, ha visto quest’anno una partecipazione in leggero calo e, secondo gli oppositori, ha fatto troppo greenwashing senza impegnarsi davvero per una mobilità sostenibile. Attacchi e ONG presenti chiedono meno investimenti in auto elettriche di grossa cilindrata e più trasporto pubblico, più treni notturni, più piste ciclabili. Dal canto loro, i vertici dell’industria (presenti alla fiera con tutti i nuovi modelli) replicano che la transizione elettrica è in corso e che l’auto rimarrà centrale anche in un futuro a zero emissioni. Ma le proteste all’IAA mostrano una crescente impazienza di parte della società civile, convinta che il tempo per evitare la catastrofe climatica stia scadendo e che serva una “vera rivoluzione” delle abitudini di mobilità – rivoluzione che, a loro dire, le case automobilistiche esitano ad abbracciare realmente.
Questioni economiche e finanziarie
1. Economia ferma, stime giù: niente ripresa nel 2025
Konjunkturprognosen: „Von selbsttragendem Aufschwung kann keine Rede sein“ – Handelsblatt, 10 settembre 2025
Sintesi: I principali istituti economici tedeschi hanno rivisto al ribasso le previsioni di crescita: per il 2025 non è atteso alcun boom di ripresa, anzi il PIL potrebbe crescere di appena lo 0,2-0,3% – praticamente stagnazione. “Non si può parlare di una ripresa auto-sostenuta”, avverte il rapporto congiunto citato dall’Handelsblatt, indicando che la domanda interna resta debole e l’export fatica a decollare. Dopo la recessione tecnica del 2023 e un 2024 piatto, gli economisti speravano in un rimbalzo più vigoroso favorito dal calo dell’inflazione; invece il caro denaro (dovuto ai rialzi BCE) e l’incertezza globale continuano a frenare investimenti e consumi. Vengono corretti molti indicatori: la produzione industriale per il 2025 è ora prevista quasi invariata, mentre inizialmente ci si attendeva +2%; le costruzioni, in crisi per l’aumento dei tassi, segneranno addirittura un altro anno di contrazione. La spinta delle esportazioni resta modesta perché la debolezza economica di Cina e Stati Uniti riduce gli ordini per le macchine utensili e l’automotive tedeschi. “La locomotiva Germania è spenta”, sintetizza un economista citato. Sul fronte politico ciò aumenta la pressione sul governo Merz: Confindustria (BDI) e Camere di Commercio (DIHK) invocano misure immediate pro-crescita – taglio di tasse sulle imprese, alleggerimento burocratico, accelerazione dei progetti infrastrutturali. Tuttavia, con i vincoli di bilancio stringenti, la coalizione nero-rossa è combattuta tra rigore e stimolo. Il dibattito è ben rappresentato dal Ministro delle Finanze ombra Jens Spahn (CDU), che su Handelsblatt ribadisce la priorità del contenimento del debito – “niente nuovi pacchetti miliardari come ai tempi dell’Ampel” – mentre dall’altro lato il Ministro dell’Economia Sigmar Gabriel (SPD) ha proposto un piano di investimenti pubblici verdi finanziato tramite KfW (banca pubblica) per aggirare la Schuldenbremse. Gli analisti del rapporto sottolineano che senza interventi il paese rischia un decennio perduto di crescita zero, anche perché la transizione ecologica richiede spese ingenti e la forza lavoro inizia a calare per motivi demografici. In conclusione, l’articolo evidenzia come il clima di sfiducia stia contagiando anche famiglie e imprese: gli indici di fiducia (IFO, GfK) sono ai minimi da anni, segno che prevalgono aspettative negative. Servirà – avverte l’Handelsblatt – un “colpo di reni” politico per invertire la rotta, altrimenti la Germania rischia di diventare il “fanalino di coda” dell’Europa per dinamica economica.
2. Allarme Ifo: più disoccupati e PIL fermo, l’industria resta in crisi
Wirtschaftskrise: Ifo senkt Konjunkturprognose – mehr Arbeitslose erwartet – Süddeutsche Zeitung, 11 settembre 2025
Sintesi: L’istituto Ifo di Monaco ha ulteriormente tagliato le stime di crescita e lanciato un monito sul mercato del lavoro. Nel suo aggiornamento di settembre, l’Ifo prevede per il 2025 una crescita economica quasi nulla, intorno allo 0,1% (in netto calo dal +0,7% stimato pochi mesi fa) e paventa un aumento del tasso di disoccupazione fino al 6,5-7%. Il direttore dell’Ifo, Clemens Fuest, ha dichiarato che “la maggiore economia europea resta intrappolata in una stagnazione protratta”: produzione industriale ed export non decollano, mentre la domanda interna risente ancora dell’inflazione passata e dei salari reali solo ora in lieve recupero. Particolarmente colpito è il settore manifatturiero, “ancora impantanato in una recessione”, a causa del caro energia degli ultimi anni e di un calo di ordinativi dall’estero. La SZ riporta che l’Ifo vede segnali negativi sul fronte occupazionale: “ci aspettiamo 150.000 disoccupati in più entro metà 2026 rispetto a oggi”, affermano gli esperti, spiegando che molte aziende stanno congelando le assunzioni o addirittura pianificando tagli di organico per ridurre i costi. Ad agosto la soglia psicologica dei 3 milioni di disoccupati iscritti è stata superata – è la prima volta dal 2015 – e benché una parte di questo aumento sia stagionale (fine dei contratti estivi, nuovi diplomati in cerca di lavoro), la tendenza annua mostra +153.000 disoccupati rispetto all’anno scorso. L’istituto IAB (che fa capo all’Agenzia Federale del Lavoro) conferma che “la debolezza congiunturale sta lasciando il segno sul mercato del lavoro”. L’unico dato positivo è che la disoccupazione destagionalizzata in realtà è leggermente calata in agosto rispetto a luglio (segnale che le aziende trattengono per ora la manodopera qualificata, data la scarsità di forza lavoro specializzata). Ma i ricercatori Ifo temono che, se la produzione non riparte entro la fine dell’anno, le imprese inizieranno a ridurre personale, specie nell’industria meccanica e dell’auto. Queste previsioni gettano un’ombra sulle ambiziose promesse del governo di aumentare l’occupazione qualificata con l’immigrazione: “assumere ingegneri dall’estero serve a poco se le aziende non hanno ordini e investimenti”, commenta un economista. Il governo Merz dal canto suo minimizza: la cancelliera ombra Bas ha dichiarato che “non siamo in crisi occupazionale, ma in trasformazione”, riferendosi alle opportunità di lavoro nel settore verde e digitale. Tuttavia il consenso su una cosa c’è: senza maggiore crescita, il rischio è che la Germania entri in uno scenario di “stagflazione strisciante” con bassa crescita e mercato del lavoro stagnante. L’Ifo, conclude la SZ, sollecita perciò politiche pro-investimenti immediate (tra cui anche un alleggerimento fiscale mirato sul lavoro) per scongiurare un ulteriore aumento dei senza lavoro nel 2026.
3. La disoccupazione supera quota 3 milioni: ai massimi da dieci anni
Zahl der Arbeitslosen steigt im August über drei Millionen – Frankfurter Allgemeine Zeitung, 31 agosto 2025
Sintesi: I dati ufficiali dell’Agenzia Federale del Lavoro sul mese di agosto 2025 segnano un punto di svolta preoccupante: il numero di disoccupati registrati in Germania ha superato i tre milioni, per la prima volta dal 2015. In agosto si contavano esattamente 3.025.000 persone senza lavoro, 46.000 in più rispetto a luglio e ben 153.000 in più su base annua. La FAZ sottolinea che agosto è tradizionalmente un mese sfavorevole (fine di contratti stagionali, molti giovani escono da scuola e iniziano a cercare impiego), ma il fatto che la soglia dei 3 milioni sia stata varcata ha un impatto psicologico e politico notevole. La disoccupazione giovanile in particolare è aumentata, in parte per via del maggiore afflusso di rifugiati entrati nelle statistiche del lavoro dopo i programmi di integrazione. La quota ufficiale dei disoccupati è passata dal 6,0% al 6,2% in un mese, ma considerando anche i sottoccupati e coloro in formazione finanziata dallo Stato, la “riserva di manodopera inattiva” è molto più ampia. Il giornale ricorda che solo due anni fa, a metà 2023, il numero di disoccupati oscillava intorno ai 2,5 milioni: l’incremento successivo è legato prima agli shock energetici e inflattivi e poi alla stagnazione economica. La regione più colpita rimane il bacino della Ruhr e l’est del Paese, dove la disoccupazione supera l’8-9%. I partiti di opposizione (AfD in testa) hanno immediatamente attaccato il governo, accusandolo di “aver riportato la Germania agli anni bui della disoccupazione di massa”. Il ministro del Lavoro Hubertus Heil (SPD) – che pure proviene dalla precedente coalizione – ha replicato che “non siamo agli anni 2000: oggi tre milioni di disoccupati coesistono con la carenza di personale qualificato”, sottolineando come vi siano comunque centinaia di migliaia di posti vacanti che l’economia tedesca non riesce a coprire per mancanza di specialisti (tecnici, informatici, sanitari). La FAZ a tal proposito nota che il fenomeno è inedito: disoccupazione in aumento e allo stesso tempo crescente mismatch sul mercato del lavoro. Ciò suggerisce problemi strutturali: molti disoccupati attuali provengono da settori in declino (es. manifattura tradizionale) e non possiedono le competenze richieste nei settori in crescita (tecnologie verdi, IT). Per questo il governo sta preparando un “Patto Competenze 2026” con sindacati e imprese, per riqualificare almeno 250.000 lavoratori nei prossimi due anni. Tuttavia, conclude il pezzo, nel breve termine la cifra dei 3 milioni di disoccupati rappresenta un campanello d’allarme socioeconomico: se la situazione non migliora e la gente percepisce insicurezza lavorativa, potrebbero acuirsi le tensioni sociali e il sostegno ai partiti populisti – un’evoluzione che la grande coalizione di Merz e Bas vuole a tutti i costi evitare.
4. Inflazione quasi domata: ad agosto +2,2%, minimo dal 2021
Inflationsrate bei +2,2 % – Statistisches Bundesamt erwartet weiter sinkende Teuerung – Destatis, 13 settembre 2025
Sintesi: Buone notizie sul fronte dei prezzi: secondo i dati preliminari diffusi dall’Ufficio Federale di Statistica (Destatis), l’inflazione annua in Germania ad agosto 2025 è stata del +2,2%, un valore che riporta la dinamica dei prezzi vicinissima all’obiettivo del 2% della BCE. Si tratta del tasso più basso registrato dal dicembre 2021, a conferma che la fiammata inflattiva degli scorsi due anni – innescata dai rincari energetici post-pandemia e dalla guerra in Ucraina – si sta spegnendo. Destatis segnala che l’inflazione di fondo (al netto di energia e alimentari) è ancora leggermente più alta, intorno al 2,8%, ma anch’essa in calo. In dettaglio, ad agosto si è avuta una leggera risalita dei prezzi dei carburanti rispetto a luglio, ma i costi alimentari hanno rallentato fortemente (frutta e verdura addirittura in deflazione su base annua grazie a un raccolto abbondante). I servizi mostrano rincari moderati, con gli affitti in aumento costante attorno al +2%. L’elemento chiave è stata la discesa dei prezzi dell’energia: ad agosto l’elettricità e il gas costavano in media appena l’1% in più rispetto all’anno precedente – un netto miglioramento rispetto ai picchi del +20-30% visti nel 2022. La riduzione dei prezzi all’ingrosso dell’energia (gas naturale tornato su valori pre-crisi) si sta finalmente riflettendo sulle bollette dei consumatori, complici anche gli interventi governativi come il freno al prezzo del gas introdotto l’anno scorso. Gli analisti di Destatis prevedono un ulteriore calo dell’inflazione nei prossimi mesi, tanto che nel quarto trimestre 2025 si potrebbe scendere sotto il 2% (tecnicamente, una riacquisita stabilità dei prezzi). Il ministro delle Finanze ad interim ha accolto i dati con sollievo: “L’incubo inflazione sta finendo, non allenteremo la guardia ma è un segnale di speranza per lavoratori e pensionati”. Infatti, grazie a ciò, i salari nominali che in autunno ricevono adeguamenti contrattuali generosi (+5-6% in molti settori) potranno finalmente tradursi in robusti aumenti del potere d’acquisto reale dei tedeschi. La notizia è positiva anche per i conti pubblici: minori indicizzazioni di spesa e maggiore spazio di manovra per la BCE, che potenzialmente potrà evitare nuovi rialzi dei tassi. Il Destatis nota peraltro un piccolo “effetto base” ad agosto: l’inflazione di un anno prima (agosto 2024) era eccezionalmente bassa per via di sconti temporanei, quindi il confronto y/y è un po’ falsato e la core inflation resta da monitorare. Resta il fatto che la Germania sembra uscita dall’emergenza inflazionistica molto prima di altri Paesi europei – un fattore che potrebbe sostenere la domanda interna proprio mentre l’economia ne ha più bisogno.
5. Merz: “Niente nuove tasse” – ma il buco di bilancio pesa
Steuererhöhungen: Das Machtwort des Kanzlers verpufft – Süddeutsche Zeitung, 9 settembre 2025
Sintesi: Il cancelliere Friedrich Merz ha ribadito pubblicamente che non vi saranno aumenti di imposte durante il suo mandato, nemmeno per fronteggiare il deficit record atteso nei bilanci futuri. In un’intervista televisiva a Maischberger, Merz ha escluso categoricamente l’introduzione di una patrimoniale o l’aumento delle aliquote sui redditi alti, appellandosi al contratto di coalizione CDU-SPD che prevedeva espressamente “nessun aumento fiscale”. Il giornale però osserva che il “Machtwort” del cancelliere – un dictum per rassicurare la base conservatrice e gli elettori del ceto medio – rischia di “perdere forza” di fronte alla realtà dei conti. Infatti, nel 2025 il governo ha dovuto ammettere l’esistenza di un “Buco” di oltre 30 miliardi € nel bilancio 2027 a causa delle minori entrate fiscali (economia stagnante) e delle maggiori spese per interessi e difesa. La SPD, per voce di Lars Klingbeil, ha già lasciato intendere che qualche forma di contributo dei più abbienti potrebbe essere necessaria, ad esempio un ritocco all’addizionale di solidarietà o la cancellazione di sussidi fiscali considerati regressivi (come la deduzione per i pendolari o l’IVA ridotta su gasolio e agricoltura). Merz però è stato inflessibile nel chiudere la porta: ha affermato che “il problema è la spesa, non le entrate” e che dunque la soluzione andrà cercata tagliando o rinviando alcuni progetti di spesa. La SZ nota che questa intransigenza ha lo scopo di mantenere la CDU compatta (alcuni nel partito temevano cedimenti alle richieste SPD di tassare i ricchi) e di evitare di regalare all’AfD l’argomento delle “nuove tasse del governo”. Tuttavia, “il tempo stringe e i numeri non tornano”: entro fine settembre il ministro delle Finanze dovrà presentare una manovra di aggiustamento pluriennale, e senza aumenti di entrate sarà inevitabile predisporre tagli dolorosi. Nell’articolo si citano retroscena secondo cui allo studio ci sarebbero rinvii negli investimenti ferroviari, riduzioni nei piani di digitalizzazione e un freno ai contributi per la cura dei bambini (Kita). Intanto, diversi economisti (anche conservatori) giudicano poco realistico risanare il bilancio solo dal lato della spesa: “già ora la Germania investe troppo poco, tirare ancora la cinghia può danneggiare la crescita”, ammonisce ad esempio l’economista Volker Wieland. Merz tuttavia appare convinto che una stretta finanziaria rigorosa – senza tassare ulteriormente cittadini e imprese – alla lunga restituirà fiducia al tessuto economico, stimolando investimenti privati. Il pezzo conclude con un interrogativo: il “no tax pledge” di Merz reggerà? Oppure, di fronte magari a un’ulteriore flessione delle entrate e alle pressioni SPD, il cancelliere sarà costretto a un dietrofront? Per ora la sua parola d’ordine è irremovibile, ma la tenuta effettiva dipenderà da quanto la situazione fiscale potrà essere gestita solo con spending review e non richiederà – come molti pronosticano – interventi anche sul lato entrate.
6. Industria dell’auto in vetrina a Monaco, ma l’ombra cinese incombe
IAA in München: So liefen die Demos der Gegner – und die Strategie dell’Autoindustrie – Süddeutsche Zeitung, 12 settembre 2025
Sintesi: Al salone IAA Mobility di Monaco, i giganti tedeschi dell’auto (VW, BMW, Mercedes) hanno presentato le loro ultime novità, cercando di rassicurare su due fronti: la transizione elettrica è in corso e la competitività sarà mantenuta. Audi, in particolare, ha svelato il concept “Concept C”, un prototipo di coupé elettrica sportiva che prefigura le linee di design future del marchio e – sorpresa per gli appassionati – strizza l’occhio a un ritorno dello storico modello TT in veste elettrica. La stampa specializzata parla di “TT-e” come possibile nome di un’auto sportiva a batteria che Audi potrebbe lanciare entro fine decennio, recuperando l’appeal del celebre modello dismesso nel 2023. La strategia dietro questo e altri annunci (come la nuova piattaforma unificata VW per vetture elettriche e l’anteprima del SUV elettrico di BMW destinato al mercato cinese) è dimostrare che la Germania dell’auto non ha perso il suo spirito innovativo di fronte all’avanzata delle case cinesi. Proprio queste ultime, alla IAA presenti in massa, hanno catturato l’attenzione con modelli EV a prezzi competitivi e tecnologie avanzate (batterie al sale, interfacce AI) che iniziano a penetrare nel mercato europeo. I manager tedeschi, pur in pubblico minimizzando (“la concorrenza ci stimola, non ci spaventa”), in privato ammettono di trovarsi di fronte a un cambio di paradigma: sul terreno dell’auto elettrica, i marchi cinesi BYD, Nio, Xpeng stanno diventando rilevanti anche in Europa e potrebbero erodere rapidamente quote se quelli tedeschi non accelerano. Nel frattempo, l’IAA 2025 ha mostrato anche il lato debole del settore: pochi modelli compatti economici in arrivo – segno che i produttori premium tedeschi faticano a rinunciare ai margini elevati dei SUV e delle berline di lusso. Questo potrebbe lasciare il segmento entry-level scoperto, consegnandolo ai competitor asiatici. L’articolo SZ sottolinea però che il governo tedesco sta correndo ai ripari: il ministro dell’Economia Habeck (Verdi), benché all’opposizione, ha invitato a lavorare a un “Patto per l’Auto 2030” coinvolgendo imprese, sindacati e regioni, per gestire la trasformazione con investimenti in ricerca (batterie, software), riconversione dei lavoratori e difesa commerciale (si discute di dazi anti-dumping contro auto elettriche cinesi sovvenzionate). In sintesi, la vetrina di Monaco ha evidenziato luci e ombre: i costruttori tedeschi mostrano muscoli tecnologici (concept avveniristici, piattaforme EV globali), ma dietro i riflettori si percepisce ansia per il futuro. La capacità di innovare mantenendo l’identità – come riportare in vita un’icona come la TT in chiave elettrica – sarà cruciale per tenere testa a concorrenti aggressivi e al contempo convincere l’opinione pubblica (critica come visto nelle proteste) che l’auto made in Germany può far parte di una mobilità sostenibile.
7. Maxi-profitti aziendali, ma la Borsa non vola: il paradosso del DAX
Warum sagenhaften Gewinnen der Konzerne kein Dax-Rekord folgt – Handelsblatt, 14 settembre 2025
Sintesi: Le grandi società tedesche quotate stanno registrando utili da record, eppure l’indice azionario DAX fatica a superare i massimi storici. L’Handelsblatt analizza questo “paradosso dei mercati”: nel primo semestre 2025 le società del DAX40 hanno segnato un aumento medio degli utili del +15%, con settori come energia e chimica in forte ripresa dopo la crisi. Nonostante ciò, il DAX non ha ancora rivisto i picchi raggiunti nel 2021. Perché? Gli esperti citati individuano vari fattori. Primo, la disconnessione tra economia reale e aspettative finanziarie: mentre i conti aziendali fotografano l’ultimo anno di forte domanda, gli investitori guardano avanti e vedono le nubi di recessione e tassi alti, dunque incorporano valutazioni più caute (multipli price/earnings compressi). Secondo, la composizione del DAX è cambiata: l’indice include oggi più aziende tecnologiche e di servizi la cui performance borsistica è stata debole di recente (es. Zalando, Hellofresh), mentre i giganti industriali in utile (Siemens, BASF) scontano ancora prezzi depressi da mesi di vendite. Terzo, molti utili record sono stati usati per ridurre debiti o distribuiti in dividendi straordinari, anziché alimentare piani di crescita futuri: ciò ha calmierato l’entusiasmo degli investitori istituzionali, che vedono poche storie di espansione da premiare. Alcuni gestori citano anche il rischio geopolitico: la dipendenza di molte società tedesche dal mercato cinese (vedi Volkswagen, BMW) e le tensioni USA-Cina tengono lontani capitali internazionali dal DAX per timore di shock esterni. In sintesi, spiega un analista di Deutsche Bank, “abbiamo utili eccellenti ma anche molta incertezza su quanto dureranno”. Ecco perché il DAX stenta: oggi vale circa 14.800 punti, ben al di sotto del record di 16.300 di due anni fa, nonostante i mega-profitti. Il giornale osserva che la situazione potrebbe cambiare se la BCE iniziasse a tagliare i tassi (rendendo più attraenti le azioni) o se arrivassero segnali di rilancio economico globale. Nel frattempo, consiglia prudenza: molti titoli sono sotto-valutati in prospettiva, ma potrebbe volerci tempo prima che il mercato se ne accorga. Una curiosità a margine: tra i pochi valori DAX in forte ascesa c’è Airbus (anche se quotata principalmente a Parigi), grazie al boom di ordinativi aeronautici – segno che i settori percepiti come sganciati dai problemi specifici tedeschi (energia cara, Cina) attirano investitori. In conclusione, l’Handelsblatt invita a “non farsi ingannare dagli utili record”: la Borsa ragiona sul futuro e finché all’orizzonte della Germania ci saranno stagnazione e rischi globali, difficilmente i record di profitti si tradurranno in record del DAX.