Rassegna della stampa tedesca #145
Quello che segue è il Monitoraggio della stampa tedesca, curato dalla redazione di Stroncature, su commissione della Fondazione Hanns Seidel Italia/Vaticano. Il monitoraggio ha cadenza settimanale ed è incentrato sui principali temi del dibattito politico, economico e sociale in Germania. Gli articoli sono classificati per temi.
Stroncature produce diversi monitoraggi con taglio tematico o geografico personalizzabili sulla base delle esigenza del committente.
Analisi e commenti
Dietro la polemica sul “decoro urbano” di Merz: questione sociale o pregiudizio?
Debatte um Kanzler-Aussagen: Hinter dem Stadtbild
taz – die tageszeitung – 25 ottobre 2025
Un controverso commento del Cancelliere Friedrich Merz sul “problema nel decoro urbano” ha scatenato un intenso dibattito in Germania. Merz aveva alluso alla presenza di giovani uomini poveri, spesso di origine migratoria, come a un elemento che degrada le città. L’analisi evidenzia che Merz e i suoi sostenitori presentano questo fenomeno come una mera constatazione visiva, ma in realtà proiettano pregiudizi: associano povertà, mascolinità e migrazione come se fosse naturale vederle unite per strada. L’autore sottolinea che i problemi delle città tedesche sono reali – criminalità, sporcizia, disagio sociale – ma le cause profonde risiedono in scelte politiche ed economiche, non in un presunto “colore” etnico del degrado. Politiche neoliberali e tagli al welfare hanno creato marginalità; la “visibilità” di migranti poveri è semmai conseguenza di esclusione sociale e precarietà, non la causa. Trasformare una questione sociale in un problema di decoro estetico serve a distogliere responsabilità dalla maggioranza e dalla politica. Invece di capri espiatori etnici, conclude l’analisi, servono investimenti: casa, lavoro dignitoso, inclusione. La vera sfida urbana non è “ripulire” le strade dalle minoranze, ma combattere disuguaglianze e povertà radicate.
“Kaputtgespart”: decenni di sottofinanziamento hanno indebolito la Bundeswehr
Unterfinanzierung der Bundeswehr: Kaputtgespart
DIE ZEIT – 29 ottobre 2025
La debolezza attuale delle forze armate tedesche non è affatto una sorpresa, ma il risultato di una “cura dimagrante” durata decenni. Un’approfondita analisi storica ricorda che dalla fine della Guerra Fredda in poi la Germania ha cercato di incassare i dividendi della pace, riducendo sistematicamente investimenti e organici nella Bundeswehr. La politica si era illusa che, in un’era di pace, la difesa del territorio nazionale non fosse più prioritaria. Si è così puntato quasi tutto su missioni internazionali limitate (peacekeeping, addestramento all’estero) a scapito della capacità di difesa convenzionale. Anche l’industria bellica nazionale ha sofferto: linee di produzione chiuse, progetti cancellati, know-how disperso. Benché negli ultimi anni il bilancio della difesa sia cresciuto, ciò non ha sanato i buchi: mancano equipaggiamenti moderni, personale qualificato e prontezza operativa. La svolta annunciata da Scholz con la “Zeitenwende” (cambio di paradigma sulla sicurezza) arriva tardi e richiede sincerità: occorre ricostruire la cultura della difesa, ammettere che senza investimenti robusti e costanti la Bundeswehr non può assolvere al suo compito fondamentale. La ri-militarizzazione non è mai auspicabile, osserva l’editoriale, ma ignorare la difesa ha un prezzo: la crisi ucraina ha “svegliato” la Germania bruscamente su quanto si fosse assopita la sua capacità di deterrenza.
La SPD e il caso “decoro urbano”: leadership in difficoltà nel contenere i suoi parlamentari
Streit ums „Stadtbild“: Hat die SPD-Spitze ihre Leute noch im Griff?
Der Tagesspiegel – 27 ottobre 2025
Le affermazioni di Merz sul “problema visivo” delle città tedesche, percepite come strizzatina d’occhio alla destra, hanno agitato anche le file socialdemocratiche. Questo approfondimento esamina come la SPD, ora junior partner di governo, stia gestendo il dissenso interno. Nei giorni successivi alla frase controversa di Merz, alcuni deputati SPD hanno partecipato a proteste pubbliche contro quelle parole, affiancandosi ai manifestanti indignati. Altri esponenti SPD hanno attaccato Merz frontalmente sui media, accusandolo di alimentare stereotipi razzisti. La dirigenza SPD – in primis la presidente e ministra del Lavoro Bärbel Bas e il capogruppo Miersch – ha cercato di contenere queste reazioni. Ufficialmente la SPD condanna le parole di Merz, giudicandole divisive e semplicistiche, ma allo stesso tempo la leadership teme di incrinare la tenuta della neonata coalizione di governo. Dietro le quinte, emergono tensioni generazionali e ideologiche nella SPD: l’ala giovane e quella di sinistra faticano ad accettare la linea più prudente imposta dai vertici, accusati di “abbassare la testa” per ragioni di coalizione. Diversi parlamentari socialdemocratici chiedono di rispondere a Merz con più fermezza sui temi dell’integrazione e delle politiche urbane, anche a costo di creare attrito con il Cancelliere. La domanda retorica “la SPD ha ancora in pugno i suoi?” suggerisce che la leadership SPD fatica a mantenere l’unità interna: deve bilanciare l’indignazione della base progressista con la disciplina di governo. La vicenda rivela dunque un partito in tensione, sospeso tra esigenza di distinguersi sui valori antirazzisti e realpolitik della Grande Coalizione.
Il populismo “light” di Merz non funziona sul web: l’AfD domina l’arena digitale
Populismus light des Kanzlers: Warum Merz’ „Klartext“ im digitalen Raum verhallt
Süddeutsche Zeitung – 29 ottobre 2025
Friedrich Merz ama definirsi un Klartext-Kanzler, un capo di governo che “parla chiaro”. Ma questa strategia comunicativa – una versione edulcorata del populismo – sta fallendo nell’era dei social media. Secondo questo commento, Merz ritiene che bastino toni più duri e slogan diretti per riconquistare gli elettori tentati dall’estrema destra. Negli ultimi mesi ha adottato un linguaggio più netto su criminalità, migranti e ordine pubblico, sperando di arginare l’ascesa dell’AfD. Tuttavia, nota l’analisi, non è la frase ad effetto più virile a vincere online, ma la rete di sostegno più potente. L’AfD si comporta come un movimento digitale, non una mera struttura di partito: dispone di un esercito di account social, influencer vicini, gruppi Telegram, che amplificano in modo virale i suoi messaggi, spesso facendo leva su disinformazione ed emotività. La coalizione di governo nero-rossa, per quanto cerchi di inseguire sul terreno retorico, resta invece intrappolata in una comunicazione istituzionale lenta e difensiva. Merz scopre ora che governare è ben più complesso che lanciare proclami dall’opposizione: come Cancelliere deve mediare e approfondire, il che mal si concilia con la semplificazione da social network. Il commentatore sottolinea che i partiti moderati in tutto il mondo stanno cercando di adottare “populismi a misura loro” per competere nell’arena digitale, ma con scarso successo. In Germania, l’AfD detta i temi e occupa i trend online con messaggi radicali e provocatori, mentre la risposta di Merz – un populismo annacquato e tardivo – suona fioca (verhallt) nel frastuono di internet. La conclusione è amara: senza una presenza digitale autenticamente coinvolgente e senza reti civiche attive, i partiti tradizionali non riusciranno a ribaltare la narrativa sui social con la sola “comunicazione muscolare” istituzionale.
“Compass Mitte”: fronda nella CDU contro la linea di Merz su migranti e AfD
Stadtbild-Debatte: Neue Gruppe in der CDU fordert „Kurskorrektur“ von Parteichef Merz
DIE ZEIT – 29 ottobre 2025
All’interno dell’Unione Cristiano-Democratica (CDU), partito di governo guidato dal Cancelliere Merz, sta sorgendo un movimento di critica interna. Un gruppo di membri di diversa provenienza ha fondato la piattaforma “Compass Mitte” (“Bussola di Centro”) per chiedere una correzione di rotta rispetto alla linea merziana su immigrazione e rapporti con l’AfD. Secondo questo gruppo, Merz ha spostato troppo a destra il baricentro del partito: viene rimproverato di strizzare l’occhio alla retorica dell’AfD (ad esempio con la suddetta polemica sul “decoro urbano”) invece di tracciare una netta linea di demarcazione. I promotori – deputati federali, amministratori locali e figure dei due tradizionali campi CDU (liberale e sociale-cristiano) – invocano una “Verachtung zivilisiert” dell’AfD, ossia un’ostilità ferma ma espressa con civiltà. Nella loro dichiarazione d’esordio, chiedono tolleranza zero verso qualsiasi collaborazione politica con l’AfD, fino a proporre provocatoriamente il bando legale del partito estremista. Inoltre, criticano il corso migratorio restrittivo di Merz, ritenendo che rincorrere l’AfD sul terreno dell’inasprimento non farà che legittimarla. Compass Mitte auspica che la CDU torni a essere una Volkspartei di centro moderato, capace di abbracciare posizioni sia conservatrici sia progressiste senza inseguire l’estrema destra. Questo segnale di allarme interno riflette il malessere di una parte della base e dei quadri: la CDU di Merz, nel tentativo di arrestare l’emorragia di voti verso l’AfD, rischia di perdere la propria anima moderata e la fiducia degli elettori centristi. Con i consensi di governo in calo e l’AfD ancora forte nei sondaggi, la fronda Compass Mitte avverte che è ora di ritrovare il “Wertekompass” – la bussola dei valori – originario del partito e di riallacciare il dialogo con la società civile democratica, invece di spostarsi ulteriormente a destra.
Sei mesi di governo Merz-Klingbeil: la “coalizione di scopo” mostra crepe precoci
Schwarz-Rote Koalition: Merz und Klingbeil führen eine Koalition, die im Inneren brüchig ist
Süddeutsche Zeitung – 30 ottobre 2025
Nata dalle ceneri dell’esecutivo “semaforo”, la Grande Coalizione CDU/CSU-SPD guidata da Merz con Vicecancelliere Lars Klingbeil aveva promesso stabilità e pragmatismo. A soli sei mesi dal suo insediamento, però, i segnali di logoramento interno sono già evidenti. Questo editoriale traccia un bilancio critico: il governo nero-rosso si era posto l’obiettivo di “far funzionare la Germania” e soprattutto di fermare l’avanzata dell’AfD offrendo soluzioni concrete ai problemi dei cittadini. Tuttavia, finora gli elettori hanno visto soprattutto litigi e stallo. Le altissime aspettative – talora alimentate dagli stessi leader – sono andate deluse: il “autunno delle riforme” promesso da Merz non si è materializzato, anzi si parla di “mesi del malcontento” nero-rosso. Su vari dossier (dalla riforma del welfare alle politiche migratorie, fino alla difesa) la coalizione appare divisa lungo linee di faglia: da un lato la CDU/CSU spinge per misure più dure o liberali, dall’altro la SPD fatica a far digerire alla propria base i compromessi al ribasso. L’articolo paragona questa situazione a quella della precedente coalizione “semaforo” (SPD-Verdi-FDP): in appena mezzo anno, Merz e Klingbeil sono arrivati al livello di frizioni che Scholz con FDP e Verdi ha incontrato dopo un anno e mezzo. Un paragone impietoso, che fa emergere come la Grande Coalizione – pur numericamente solida – sia una “Zweckgemeinschaft” (alleanza di convenienza) senz’anima unificante. L’unico campo in cui il commentatore concede un punto a favore rispetto al governo precedente è la minore rissosità pubblica: CDU e SPD, avendo esperienza di governi comuni passati, cercano almeno di non lavare i panni sporchi in pubblico troppo spesso. Ma ciò non basta a cancellare l’impressione di fondo: questo esecutivo, nato anche per arginare i populisti, non sta riuscendo a imprimere una direzione chiara al paese, e anzi molti cittadini già scommettono su una sua durata breve. Se la coalizione non ritrova coesione e visione, avverte SZ, rischia di alimentare ulteriore disillusione e – ironia della sorte – di favorire proprio l’estremismo che voleva sconfiggere.
Riarmo tedesco e terre rare: la Cina è l’elefante nella stanza
Berlin hat die Rechnung ohne China gemacht
Frankfurter Allgemeine Zeitung – 26 ottobre 2025
La Germania ambisce a ricostruire una capacità militare di prim’ordine in Europa, come dichiarato da Merz nel solco della “Zeitenwende”. Ma un’analisi sulla FAZ avverte che questo piano potrebbe scontrarsi con una dura realtà geopolitica: la dipendenza industriale dalla Cina. Molti sistemi d’arma moderni – dai missili ai radar, fino alle auto elettriche militari – richiedono terre rare e materiali strategici. La Cina, negli ultimi vent’anni, ha acquisito una posizione dominante nell’estrazione e raffinazione di questi elementi (come il litio, il cobalto, le terre rare proprie). L’editoriale nota che Pechino controlla a monte le filiere essenziali per l’industria della difesa occidentale. Berlino “ha fatto i conti senza l’oste”: può anche stanziare 100 miliardi extra e lanciare commesse militari, ma se la Cina decidesse di limitare l’export di materiali critici, l’intero riarmo tedesco rischierebbe di incepparsi. Il commento cita l’esempio dei semiconduttori e delle batterie: la Germania vorrebbe produzioni proprie, ma è in ritardo e tuttora dipende dall’import cinese o asiatico per componenti fondamentali. Inoltre, la Cina potrebbe indirettamente ostacolare la Zeitenwende tedesca favorendo la Russia – ad esempio aumentandone gli acquisti di energia – o premendo diplomaticamente sull’Europa contro un riarmo che considera ostile. La conclusione è che la “sfida sistemica” di fronte a Berlino non è solo riordinare la Bundeswehr, ma ridurre rapidamente la propria vulnerabilità economica verso Pechin. Senza un’autonomia strategica sulle forniture cruciali, la potenza militare tedesca rischia di restare un gigante dai piedi d’argilla, vulnerabile ai ricatti commerciali cinesi. L’illusione di poter riarmare ignorando questo fatto è, secondo l’autore, l’ennesima sottovalutazione (die Rechnung ohne den Wirt gemacht) da parte di una classe politica che ha già tardato a capire la portata delle sfide globali attuali.
2. Politica estera e sicurezza
Olaf Scholz loda Trump per la tregua a Gaza e attacca Putin: “Quello di Mosca è imperialismo puro”
„Das ist blanker Imperialismus“: Scholz lobt Trump für Gaza-Waffenstillstand – und kritisiert Putin scharf
Der Tagesspiegel – 20 ottobre 2025
In un’intervista rilasciata a pochi mesi dalla fine del suo mandato, l’ex cancelliere Olaf Scholz ha espresso opinioni sorprendenti sulla scena internazionale attuale. Scholz ha anzitutto riconosciuto un merito a Donald Trump: il Presidente USA (tornato in carica nel 2025) è stato artefice di un cessate-il-fuoco nel conflitto di Gaza, definito da Scholz “un importante passo umanitario”. È insolito per un politico socialdemocratico tedesco lodare Trump, ma Scholz ha argomentato che ogni iniziativa di pace va apprezzata, a prescindere da chi la compie. Nello stesso intervento, però, l’ex cancelliere ha riservato parole durissime a Vladimir Putin, definendo la guerra russa in Ucraina “blanker Imperialismus” – puro imperialismo. Scholz ha criticato Putin per l’aggressione non provocata a uno stato sovrano e per le mire neo-imperiali sul territorio ucraino, segnalando che la Germania deve mantenere il sostegno a Kiev e la pressione su Mosca. L’ex leader SPD ha poi toccato anche il dibattito interno tedesco sulla difesa: secondo lui, il fatto stesso che si torni a parlare di reintrodurre una qualche forma di servizio obbligatorio (tema sensibile in Germania) è indice di quanto la sicurezza internazionale sia deteriorata. In sintesi, Scholz – da ex capo del governo – invita la Germania a riconoscere i cambiamenti geopolitici: collaborare anche con interlocutori non convenzionali (come l’America di Trump) per stabilizzare crisi pericolose come quella mediorientale, ma al contempo non cedere alle aggressioni imperialiste di potenze autoritarie come la Russia.
Turchia, scintille tra Merz ed Erdoğan sul conflitto in Medio Oriente
Türkeibesuch: Merz und Erdogan geraten über den Gazakrieg in offenen Streit
DIE ZEIT – 30 ottobre 2025
Il primo viaggio ufficiale all’estero del Cancelliere Friedrich Merz si è svolto in Turchia e non è stato privo di tensioni. Durante la conferenza stampa ad Ankara, Merz e il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan hanno avuto un vivace scambio polemico a proposito della guerra a Gaza. Erdoğan ha accusato Israele di condurre “un genocidio” contro i palestinesi a Gaza, denunciando che la popolazione civile sarebbe deliberatamente affamata e sottoposta a sofferenze indicibili. Merz ha replicato in modo fermo che la responsabilità primaria è di Hamas: secondo il Cancelliere, se i miliziani islamisti rilasciassero subito tutti gli ostaggi israeliani e deponessero le armi, il conflitto potrebbe finire rapidamente. Il battibecco ha messo in luce la profonda divergenza di vedute: la Turchia di Erdoğan adotta una retorica durissima verso Israele – definendo le sue azioni “genocide” – mentre la Germania, pur auspicando la protezione dei civili, difende il diritto di Israele a combattere Hamas. Merz, infatti, non ha accolto la narrazione turca, sottolineando piuttosto i crimini di Hamas (attacchi terroristici e presa di ostaggi). I due leader hanno cercato di riportare il dialogo su binari costruttivi parlando anche di altri temi (cooperazione economica, migranti, adesione della Turchia alla NATO), ma lo scontro verbale su Gaza è quello che ha fatto notizia. Esso riflette la posizione sempre più filo-palestinese della Turchia in questa crisi e la difficoltà della Germania – alleata sia di Israele sia della Turchia – di mantenere un equilibrio diplomatico. Nonostante l’atmosfera tesa, Merz ha dichiarato che la Turchia resta un partner strategico e che Berlino intende rafforzare la “partnership strategica” con Ankara su sicurezza regionale, controllo dei flussi migratori e cooperazione industriale (inclusa quella nel settore della difesa). La visita, insomma, conferma l’importanza del dialogo con Erdoğan, ma anche le profonde frizioni che permangono su questioni di politica estera tra Berlino e Ankara.
La Bundeswehr si espande nell’Artico: nuova base militare tedesca in Islanda
Deutsche U-Boot-Jäger für die Arktis: Bundeswehr verstärkt militärische Präsenz auf Island
Der Tagesspiegel – 20 ottobre 2025
La Germania sta estendendo il raggio delle sue operazioni militari nel nord dell’Europa per fronteggiare la crescente attività russa nell’Artico. Durante una visita ufficiale in Islanda, il Ministro della Difesa Boris Pistorius ha annunciato un accordo strategico con le autorità islandesi: la Bundeswehr otterrà l’accesso a una base navale sull’isola nordica. In particolare, la marina tedesca schiererà pattugliatori “cacciatori di sottomarini” nelle acque islandesi, punto nevralgico dell’Atlantico del Nord. Pistorius ha spiegato che la mossa è motivata dall’intensificarsi delle attività della “flotta ombra” russa nell’Artico. Negli ultimi anni, Mosca ha riattivato basi e movimenti navali nella regione, sfruttando anche lo scioglimento dei ghiacci per ampliare le rotte percorribili. Islanda, priva di forze armate proprie, è un membro NATO di importanza strategica: offre un posizionamento ideale per monitorare la GIUK Gap (lo stretto tra Groenlandia, Islanda e Regno Unito attraverso cui passano i sommergibili russi dall’Artico verso l’Atlantico). Con questa partnership, la Germania colma parzialmente il vuoto lasciato dal ritiro statunitense di qualche anno fa dalla base di Keflavík e assume un ruolo più assertivo nella sicurezza del fianco nord dell’Alleanza. Gli analisti notano che è un cambiamento significativo: tradizionalmente restia a basi oltremare, la Bundeswehr ora proietta presenza al di fuori del territorio nazionale per proteggere linee marittime e comunicazioni transatlantiche. Pistorius ha sottolineato che l’obiettivo non è provocare la Russia, ma prevenire sorprese e garantire la libertà di navigazione nell’Atlantico settentrionale. L’accordo include anche esercitazioni congiunte e scambio di intelligence. L’Islanda, da parte sua, accoglie il supporto tedesco di buon grado dato che negli ultimi mesi si sono moltiplicate segnalazioni di droni e sommergibili non identificati nelle sue acque. Questa iniziativa, in sintesi, rientra nella Zeitenwende della politica di sicurezza tedesca: Berlino si assume maggiori responsabilità NATO e tutela attivamente interessi di sicurezza comuni nelle regioni chiave, compreso l’Artico.
Mosca mira agli estremi in Germania: l’allarme del capo dell’intelligence interna
„Links wie rechts“: Verfassungsschutzchef bescheinigt Russland gezielte Einflussnahme auf politische Ränder
Der Tagesspiegel – 27 ottobre 2025
Il presidente dell’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (BfV, intelligence interna) Sinan Selen ha rilasciato un monito preoccupante: la Russia starebbe tentando attivamente di radicalizzare i margini dello spettro politico tedesco. In dichiarazioni riportate dal Tagesspiegel, Selen spiega che i servizi russi conducono una campagna di influenza “sia a sinistra che a destra” (“links wie rechts”) mirata a creare un clima di sfiducia e destabilizzazione in Germania. Le modalità includono propaganda online, disinformazione e possibili contatti occulti con organizzazioni estremiste. L’obiettivo strategico di Mosca sarebbe alimentare polarizzazione interna, fomentando ad esempio sentimenti anti-governativi nei movimenti tanto dell’ultradestra quanto dell’estrema sinistra, sebbene con narrative diverse. Il capo dell’intelligence cita come esempio il tema delle sanzioni e del caro-energia: media e troll russi diffondono al contempo messaggi nei circuiti di destra (presentando il governo tedesco come “servile” verso l’Ucraina a danno del popolo tedesco) e nei circuiti di sinistra (dipingendo l’Occidente come guerrafondaio NATO che affama i lavoratori). Questa strategia bifronte mira a creare una “stimmung” – un clima pubblico – di sfiducia nelle istituzioni democratiche, preparando così il terreno a idee autocratiche e filorusse più appetibili. Selen avverte che tali interferenze, se non contrastate, potrebbero consolidare e radicalizzare i movimenti estremisti interni, alcuni dei quali – specialmente nell’area dell’ultradestra – già guardano con favore al modello autoritario di Putin. L’articolo sottolinea la necessità di un duplice intervento: da un lato, potenziare le difese cibernetiche e l’azione di contro-propaganda per smascherare le fake news orchestrate dall’estero; dall’altro, rafforzare la coesione sociale interna, così che le frange vulnerabili alla propaganda (per es. comunità russofone o ambienti no-vax e complottisti) non diventino terreno fertile. Le autorità tedesche ribadiscono di prendere molto sul serio queste rivelazioni: la “guerra ibrida” russa non si combatte solo sul fronte est (Ucraina), ma anche nel cuore delle democrazie occidentali, e la Germania – per il suo peso in Europa – è un bersaglio privilegiato.
Berlino rifornirà l’Ucraina di altri carri Gepard per la difesa aerea
Deutschland liefert der Ukraine sieben weitere Gepard-Panzer (der Spiegel)
Der Spiegel – 25 ottobre 2025
La Germania continua a sostenere militarmente l’Ucraina contro l’aggressione russa, in particolare sul fronte della difesa antiaerea. Secondo un’inchiesta dello Spiegel, ripresa anche da Reuters, il governo tedesco è pronto a consegnare a Kiev altri sette carri antiaerei Gepard oltre ai trenta già forniti nei mesi precedenti. Si tratta di semoventi cingolati dotati di cannoni antiaerei da 35mm, molto efficaci nel colpire droni, elicotteri e velivoli a bassa quota. Questi sette Gepard aggiuntivi provengono da veicoli inizialmente destinati alla demolizione, che la Bundeswehr ha recuperato e revisionato per l’uso operativo. La consegna è prevista entro la primavera 2026. La notizia evidenzia come Berlino, pur avendo dismesso da anni parte della propria difesa contraerea, stia riattivando materiali inattivi per aiutare urgentemente gli ucraini. I Gepard forniti finora si sono rivelati preziosi per difendere infrastrutture critiche ucraine dagli attacchi con droni e missili da crociera russi, abbattendo numerosi bersagli in avvicinamento. Con l’arrivo dell’inverno e la probabile intensificazione dei raid russi sulla rete elettrica ucraina, questi sistemi aggiuntivi dovrebbero contribuire a proteggere centrali e città. Il sostegno militare tedesco all’Ucraina, partito in sordina all’inizio della guerra, è dunque proseguito e si è ampliato: oltre ai carri Gepard, la Germania ha inviato carri armati Leopard 2, obici semoventi, missili antiaerei a corto raggio e notevoli quantità di munizioni. Rimane aperta la questione delle forniture future: Kiev insiste nel chiedere anche missili a lungo raggio Taurus e caccia Eurofighter, su cui però il governo Merz mantiene finora una linea di cautela. La decisione sui Gepard – relativamente non controversi – mostra comunque che Berlino è disposta a sacrificare parte delle proprie riserve e potenzialità difensive (visto che questi sistemi erano stati radiati dall’esercito tedesco) in favore del rafforzamento immediato della difesa ucraina.
“Offensiva di sicurezza” entro Natale: i Verdi incalzano il governo su spionaggio e cyberattacchi
Grüne fordern „Sicherheitsoffensive“ noch vor Weihnachten
Der Tagesspiegel – 27 ottobre 2025
I capigruppo del partito Verde al Bundestag, ora all’opposizione, hanno lanciato un appello al governo affinché acceleri le misure di sicurezza nazionale di fronte alle crescenti minacce ibride. In una dichiarazione congiunta diffusa alla stampa, Konstantin von Notz e Irene Mihalic (deputati Verdi esperti di politiche di sicurezza) riconoscono che il Cancelliere Merz e il Ministro dell’Interno Alexander Dobrindt hanno di recente iniziato ad “indirizzare correttamente” il problema dei sabotaggi, dello spionaggio e degli attacchi cibernetici contro la Germania. Tuttavia, secondo i Verdi, le azioni del governo restano troppo lente e timide: non basta annunciare un futuro Consiglio di Sicurezza Nazionale (organismo che Merz intende creare nel 2026) e limitarsi a enunciazioni di principio. Serve invece una vera e propria “offensiva di sicurezza” messa in campo subito, “entro Natale”, per colmare le vulnerabilità del paese. Tra le misure auspicate figurano: il potenziamento urgente della sicurezza informatica di infrastrutture critiche (reti elettriche, telecomunicazioni, ospedali), l’aumento delle risorse e del personale per il contrasto allo spionaggio industriale e politico (Selen, capo dell’intelligence interna, ha appena parlato di interferenze russe mirate, ricordano i Verdi) e un più stretto coordinamento europeo nella difesa contro minacce ibride e disinformazione. Von Notz e Mihalic sottolineano che l’istituzione del Consiglio di Sicurezza Nazionale, per quanto positiva, non può essere vista come panacea né può attendere metà 2026 per diventare operativa. “Ogni giorno perso è un giorno in cui attori ostili sfruttano i nostri punti deboli”, affermano, alludendo a recenti episodi come il sabotaggio alla rete ferroviaria tedesca e attacchi hacker a ministeri. I Verdi – che nella passata coalizione avevano il Ministero degli Esteri – si propongono così come voce critica ma costruttiva: spingono il governo Merz-SPD a non indugiare oltre e a passare dalle parole ai fatti sul fronte della sicurezza interna di fronte a minacce globali. La loro presa di posizione alimenta il dibattito parlamentare: anche altri partiti di opposizione, come i liberali dell’FDP, chiedono misure più incisive subito. Il governo ha replicato di avere già in cantiere un pacchetto di norme anti-spionaggio e contro i possibili sabotaggi cibernetici russi e cinesi, assicurando che la difesa del tessuto democratico ed economico della Germania è una priorità condivisa.
“Ci siamo illusi su Putin per troppo tempo”: come la politica tedesca ha aperto gli occhi sulla Russia
Wie Berlin auf Moskau schaute: Erst in der Katastrophe begann das Umdenken
Der Tagesspiegel – 20 ottobre 2025
Questo approfondimento è una “lezione di storia” sull’evoluzione dello sguardo tedesco verso la Russia di Vladimir Putin, basato su una nuova ricerca di Katja Gloger e Georg Mascolo. Per anni – ben prima dell’invasione dell’Ucraina nel 2022 – Berlino ha coltivato illusioni su Mosca, ignorando segnali di crescente aggressività. Politici di entrambi gli schieramenti hanno preferito credere nella Wandel durch Handel (cambiare la Russia attraverso i rapporti commerciali) e in un partenariato strategico, minimizzando le derive autoritarie di Putin e le sue ambizioni neo-imperiali. L’articolo ricostruisce errori e ingenuità: dal proseguire ostinatamente con il gasdotto Nord Stream 2 nonostante l’annessione russa della Crimea nel 2014, al limitarsi a deboli proteste diplomatiche di fronte agli hackeraggi e avvelenamenti imputati ai servizi russi sul suolo europeo. Solo di fronte alla “catastrofe” dell’attacco russo su vasta scala all’Ucraina nel febbraio 2022 la classe dirigente tedesca ha iniziato un vero ripensamento, definito Umdenken. Il Tagesspiegel evidenzia come in quel momento sia caduto il velo: la Realpolitik accomodante ha lasciato spazio a un giudizio più netto – Putin viene ora riconosciuto come un aggressore revisionista da contenere, non più come un partner. Tuttavia, questo Umdenken è arrivato “tragicamente tardi”: le dipendenze economiche ed energetiche accumulate (si pensi al 55% di gas dalla Russia fino al 2021) hanno condizionato la risposta di Berlino, inizialmente titubante nel supporto armato all’Ucraina. Gli autori della ricerca parlano di un “auto-accecamento colpevole” della politica tedesca, che ha preferito per decenni abbellirsi (schönreden) un’immagine della Russia aderente ai propri desideri, piuttosto che confrontarsi con la realtà scomoda. Ora che il Leviatano russo ha mostrato i denti, la Germania si trova a rivedere in fretta la propria dottrina di sicurezza – la famosa Zeitenwende. L’articolo conclude che comprendere a fondo gli errori del passato è essenziale per non ripeterli: la lezione è che l’auspicato avvicinamento democratico della Russia non può essere indotto solo coi commerci o la pazienza, e che una postura difensiva più vigorosa da parte tedesca ed europea andava adottata prima. Questa presa di coscienza, seppur tardiva, sta ora rimodellando la politica estera di Berlino in senso più prudente e realistico verso Mosca, con implicazioni profonde per il futuro ordine di sicurezza europeo.
Industria della difesa e questioni militari
Riforma del servizio militare: Merz sprona la coalizione a un accordo rapido
„Verabredet, dieses Problem zu lösen“: Merz mahnt Koalition… zu schneller Einigung beim Wehrdienst
Der Tagesspiegel – 20 ottobre 2025
Il dibattito sul futuro del servizio militare – sospeso dal 2011 – è esploso come uno dei primi grandi temi per la coalizione CDU-SPD. Il Cancelliere Friedrich Merz ha espresso pubblicamente frustrazione per lo stallo interno al governo sulla questione, “rammentando” ai partner di aver concordato di risolvere il problema rapidamente. In particolare Merz, leader della CDU, vuole introdurre una qualche forma di “obbligo di leva light”: non un ritorno alla leva di massa di una volta, ma un servizio militare o civile obbligatorio limitato a pochi mesi per i giovani, al fine di ricostituire una riserva strategica e rafforzare il sentimento civico. La proposta però ha incontrato resistenze nel partner di governo SPD, e lo stesso Ministro della Difesa Boris Pistorius (SPD) ha sollevato obiezioni tecniche e costituzionali. Dopo un colloquio telefonico diretto con Pistorius, Merz ha dichiarato irritato alla stampa che “il continuo rinvio è inaccettabile” e ha intimato una soluzione entro pochi giorni. Dietro le quinte, la CDU spinge per almeno una “Musterung” (visita di leva) obbligatoria a 18 anni come segnale deterrente verso potenziali aggressori e per orientare i giovani al servizio, mentre la SPD teme rigurgiti militaristi e preferirebbe incentivi al volontariato. Merz, infastidito, ha ricordato che il contratto di coalizione prevede di decidere sulla questione entro l’autunno. Ha quindi forzato la mano: un gruppo di lavoro interministeriale elaborerà entro pochi giorni una proposta di compromesso. L’uscita pubblica del Cancelliere segnala sia la volontà politica di riattivare la difesa territoriale (anche alla luce della guerra in Ucraina) sia le tensioni latenti nella Grande Coalizione su temi di principio. Alla fine di ottobre, fonti governative indicano che si profila un compromesso: servizio civile obbligatorio di 6 mesi con possibilità di scelta volontaria del servizio armato, accompagnato da incentivi per i volontari nelle Forze Armate. Merz vuole chiudere rapidamente l’accordo, consapevole che indugiare potrebbe aggravare le tensioni con la SPD e confondere l’opinione pubblica su un tema – la sicurezza nazionale – che considera urgente e centrale per la sua agenda di governo.
Il sindaco di Berlino contro la leva obbligatoria: “La Bundeswehr resti una forza professionale”
„Habe Kaffeekochen und Skatspielen gelernt“: Berlins Regierender Bürgermeister ist gegen die Wehrpflicht
Der Tagesspiegel – 20 ottobre 2025
All’interno dello stesso campo conservatore non mancano voci critiche sull’ipotesi di reintrodurre la coscrizione obbligatoria. Kai Wegner, esponente della CDU e sindaco-governatore di Berlino, ha dichiarato chiaramente la sua opposizione al ritorno della leva. In un’intervista – significativamente intitolata alla frase ironica “Ho imparato solo a fare il caffè e giocare a scopa” (riferita alla propria esperienza di servizio di leva) – Wegner sostiene che la leva obbligatoria generalizzata è anacronistica e poco utile. Secondo il sindaco, la Bundeswehr odierna deve puntare su soldati altamente motivati e specializzati, non su contingenti di reclute di breve servizio poco addestrate. Wegner ricorda scherzosamente che, durante il suo servizio militare giovanile, ha passato molto tempo in attività di basso profilo e routine (da qui la battuta sul fare caffè e giocare a carte), insinuando che una leva di massa produce spesso impieghi poco produttivi e soldati demotivati. La sua posizione lo pone in contrasto con la direzione nazionale del suo partito: mentre Merz e altri leader CDU stanno valutando forme di obbligatorietà, Wegner – riflettendo anche la mentalità urbana berlinese più liberal – afferma che “la difesa dev’essere svolta da professionisti volontari”, ben retribuiti e ben addestrati. Egli teme inoltre che costringere tutti i giovani a qualche mese di servizio possa creare malcontento sociale e costi elevati senza un reale beneficio militare: piuttosto che “obbligare tutti a imparare a letto come si fa il letto d’ospedale”, suggerisce di incentivare il volontariato (civile o militare) con vantaggi concreti, come crediti formativi o lavorativi. Questa presa di posizione segnala una spaccatura all’interno della CDU stessa sul tema della leva: figure come Wegner, amministratore di una grande città, hanno sensibilità diverse rispetto ai politici federali sulla questione della sicurezza. Riflette anche una dinamica centro-periferia: Berlino, città cosmopolita con minore tradizione militare, è scettica su un ritorno della naja, mentre in altre regioni più conservatrici l’idea riscuote consensi. Il dibattito quindi non vede contrapposti solo i partiti di governo, ma anche diverse anime nei conservatori, aggiungendo complessità alla decisione che la Grande Coalizione dovrà prendere a breve sulla riforma del servizio militare.
Debutto da record in Borsa per TKMS, il campione tedesco della cantieristica militare
Rüstungsindustrie: Marineschiffbauer TKMS legt fulminanten Börsenstart hin
Der Tagesspiegel – 20 ottobre 2025
Esordio col botto per Thyssenkrupp Marine Systems (TKMS) alla Borsa di Francoforte. La divisione cantieristica militare di Thyssenkrupp, scorporata dalla casa madre e quotata come società autonoma, ha registrato un aumento a due cifre del valore delle azioni nel primo giorno di contrattazioni. L’IPO (offerta pubblica iniziale) di TKMS era molto attesa: l’azienda è uno dei leader europei nella costruzione di sottomarini, fregate e navi da guerra e la sua quotazione fa parte del riassetto di Thyssenkrupp per focalizzarsi sul core business siderurgico. Secondo gli analisti, il brillante debutto riflette sia le forti prospettive di mercato del settore difesa navale sia l’interesse strategico del governo tedesco a sostenere un campione nazionale. TKMS ha in portafoglio contratti importanti: sta costruendo sottomarini avanzati per la Norvegia e la Germania (progetto U212CD), ha ordini di fregate dalla Marina tedesca e altre commesse internazionali. L’afflusso di capitali dalla Borsa rafforzerà la capacità di TKMS di investire in innovazione tecnologica, ad esempio nella propulsione silenziosa agli idruri di litio per sottomarini e in sistemi navali autonomi. Il Tagesspiegel sottolinea che la quotazione è parte della strategia di Berlino di consolidare la propria industria bellica: avere un costruttore navale militare robusto e indipendente è considerato cruciale in tempi di riarmo. Nei piani, lo Stato potrebbe entrare nel capitale TKMS tramite la banca pubblica KfW o incentivi, ma per ora il mercato privato ha mostrato fiducia. Durante il primo giorno, il titolo TKMS è salito di oltre il 15%, chiudendo ben al di sopra del prezzo di collocamento. La dirigenza dell’azienda ha espresso soddisfazione, delineando piani di crescita sia organica sia tramite possibili acquisizioni di realtà minori europee per creare un polo navale continentale. Anche i sindacati hanno accolto positivamente l’operazione, poiché i proventi rafforzano la stabilità occupazionale dei 7.000 addetti TKMS sparsi tra Kiel, Amburgo e altre sedi. In definitiva, il successo dell’IPO TKMS indica un clima nuovo attorno all’industria della difesa tedesca: da settore visto con diffidenza in passato, a pilastro strategico su cui investitori e istituzioni puntano per il futuro.
Attacchi hacker e spionaggio: cresce l’allarme per la vulnerabilità cibernetica della Bundeswehr
So gefährlich können Cyberattacken für die Bundeswehr werden
DIE ZEIT – 21 ottobre 2025
Un rapporto riservato trapelato alla stampa (e analizzato in questo articolo) delinea uno scenario preoccupante: la Bundeswehr è esposta a gravi rischi sul fronte cibernetico, specialmente a causa delle attività di spionaggio e sabotaggio condotte da attori statuali come la Russia. L’analisi, curata dall’esperto di sicurezza Dr. Hauke Friederichs, evidenzia come i sistemi d’arma digitalizzati e le reti informatiche militari tedesche possano essere presi di mira con effetti potenzialmente paralizzanti. Un esempio citato è l’uso massiccio di malware e attacchi ransomware per infiltrarsi nelle comunicazioni delle forze armate: i servizi segreti russi (come l’GRU) hanno sviluppato toolkit avanzati per colpire satelliti, GPS, droni e perfino l’equipaggiamento personale dei soldati (smartphone e dispositivi). Friederichs spiega che la “guerra ibrida” non risparmia la sfera militare: già in Ucraina, prima di azioni cinetiche, i russi hanno spesso mandato in tilt le centrali di comando con cyberattacchi, e lo stesso potrebbe accadere in Germania in caso di escalation. Inoltre, i dati rubati tramite hacking possono essere usati per ricattare personale militare o individuare punti deboli nelle basi. Il rapporto rivela che i servizi occidentali hanno sventato tentativi di hackeraggio russo al sistema logistico dell’esercito tedesco, che avrebbero potuto bloccare la movimentazione di truppe e mezzi. Particolare preoccupazione desta la collaborazione tra gruppi hacker criminali e intelligence nemiche: organizzazioni come Sandworm o Fancy Bear, legate a Mosca, potrebbero agire tramite attacchi “deniable” (mascherati da criminalità comune) per poi consegnare le informazioni al Cremlino. L’articolo sottolinea che la Germania sta sì investendo nella Cybertruppe (le unità informatiche della Bundeswehr), ma che c’è un ritardo da colmare: servono più specialisti, server più sicuri, simulazioni di attacco su larga scala. Una fonte anonima nel Ministero della Difesa afferma: “Abbiamo i carri armati e i caccia, ma dobbiamo assicurarci che al momento del bisogno si accendano e ricevano ordini – oggi il nemico può disattivarli con un clic”. In conclusione, la vulnerabilità cibernetica viene equiparata a una “porta sul retro” lasciata aperta nell’apparato difensivo: anche l’esercito più moderno è inefficace se i suoi circuiti digitali sono compromessi. La sicurezza informatica della Bundeswehr diventa quindi priorità assoluta, e su questo fronte – nota amaramente Friederichs – non esistono blindature al 100%, ma la resilienza può e deve essere aumentata rapidamente.
Arma laser anti-drone: la Germania sviluppa un sistema operativo dal 2029
Laserwaffe gegen Drohnen: System soll 2029 einsatzfähig sein
DIE ZEIT – 28 ottobre 2025
Nel contesto di un rapido avanzamento tecnologico militare, la Germania sta investendo in armamenti d’avanguardia per proteggere le sue truppe da nuove minacce aeree. Un breve comunicato riferisce che un prototipo di arma laser anti-drone finanziato dal Ministero della Difesa tedesco ha superato i primi test e potrebbe diventare operativo entro il 2029. Il sistema, sviluppato da un consorzio guidato da Rheinmetall e dall’azienda franco-germanica MBDA, è pensato per neutralizzare droni ostili e altri piccoli bersagli aerei attraverso un raggio laser ad alta energia, senza ricorrere a munizioni cinetiche. Nelle prove condotte in un poligono del Bundeswehr in Bassa Sassonia, il laser – montato su una piattaforma navale – ha abbattuto con successo UAV bersaglio a varie altitudini e perforato a distanza la carena di un motoscafo, dimostrando versatilità. Il progetto rientra nei programmi NATO di difesa a corto raggio (C-UAS): la proliferazione di droni armati, anche di piccole dimensioni, ha mostrato in conflitti recenti (Ucraina, Medio Oriente) la necessità di sistemi di contrasto rapidi e a basso costo per colpo. Un cannone laser infatti, una volta sviluppato, può ingaggiare bersagli multipli con un costo marginale quasi nullo per ogni tiro (solo consumo elettrico), al contrario dei missili o proiettili tradizionali molto più costosi. Gli esperti militari avvertono però che restano sfide aperte: mantenere il raggio stabile su un bersaglio manovrante abbastanza a lungo da distruggerlo; operare in condizioni atmosferiche avverse (nebbia, pioggia intensa) che disperdono l’energia del laser; assicurare la sicurezza per gli operatori e le infrastrutture amiche vicine. Nonostante ciò, Berlino appare decisa a premere sull’acceleratore: il 2029 come data di dispiegamento significa tempi serratissimi di sviluppo. Se riuscirà, la Germania sarebbe tra i primi paesi NATO a schierare un laser d’arma operativo, segnando un passo innovativo. Fonti del Ministero indicano possibili impieghi iniziali su navi da guerra (per difesa ravvicinata contro droni e piccole imbarcazioni) e poi su veicoli terrestri e installazioni fisse. Il progetto, in collaborazione con la Francia, ha anche una valenza politica: rafforza la cooperazione industriale europea nel settore difesa e punta a ridurre la dipendenza da tecnologie statunitensi o israeliane analoghe. In sintesi, la “guerra delle Star” – col laser come protagonista – sta entrando in una fase concreta nei piani tedeschi: entro pochi anni i soldati potrebbero avere un nuovo “scudo invisibile” contro le minacce aeree minori.
La Baviera stende il tappeto rosso all’industria bellica: agevolazioni e fondi per attirare investimenti
Rüstungsgipfel: Bayern rollt der Rüstungsindustrie den roten Teppich aus
DIE ZEIT – 21 ottobre 2025
Monaco di Baviera – La Baviera, uno dei Länder economicamente più forti della Germania, vuole diventare anche un polo di eccellenza dell’industria della difesa. Durante un “Vertice sull’Industria degli Armamenti” tenutosi a Monaco, il governatore bavarese Markus Söder e il suo esecutivo hanno annunciato una serie di misure per rendere il Land attraente alle aziende del settore bellico. Söder ha letteralmente dichiarato di voler “stendere il tappeto rosso” ai produttori di armamenti, offrendo condizioni favorevoli per investimenti e insediamenti produttivi. Tra le iniziative illustrate: procedure autorizzative più rapide per l’apertura o l’ampliamento di stabilimenti (riducendo la burocrazia regionale al minimo), incentivi fiscali sui nuovi investimenti in ricerca e sviluppo militare, nonché la creazione di zone industriali dedicate con infrastrutture logistiche ad hoc e vicine a poli di formazione tecnico-scientifica. La Baviera già ospita importanti attori della difesa (come Airbus Defence and Space a Ottobrunn, MBDA a Schrobenhausen, e Krauss-Maffei Wegmann a Monaco) e intende consolidare questa posizione. Sullo sfondo c’è la competizione interregionale per aggiudicarsi la ricaduta dei maggiori programmi di riarmo tedeschi: con il fondo speciale da 100 miliardi varato post-2022, saranno commissionati jet, sistemi terra-aria, blindati e tecnologie avanzate. Avere sedi produttive nel proprio Land significa posti di lavoro qualificati e gettito. L’articolo nota anche una dimensione politica: Söder, leader della CSU (ala bavarese della CDU), vuole presentarsi come campione dell’innovazione e della sicurezza e le mosse pro-industria bellica strizzano l’occhio tanto agli elettori conservatori quanto ai sindacati locali (ben disposti verso investimenti che creano occupazione). Tuttavia, questa spinta non è priva di critiche: gruppi pacifisti e l’opposizione Verde in Baviera denunciano il rischio di “corsa agli armamenti” locale e di eccessiva commistione pubblico-privato nel settore difesa, chiedendo almeno criteri etici (ad esempio sul divieto di esportare in paesi autoritari). La giunta bavarese replica che rafforzare l’industria militare nazionale è nell’interesse della sicurezza e della sovranità europea, e assicura che ogni progetto seguirà le leggi federali sull’export e la trasparenza. Il “Rüstungsgipfel” di Monaco diventerà probabilmente un appuntamento annuale: la Baviera vuole chiaramente il suo posto in prima fila nella Zeitenwende economico-militare tedesca.
Stop alla riconversione delle caserme: la Bundeswehr ha di nuovo bisogno di spazio
Konversionsstopp für Kasernen: Es geht um Pistorius’ Tafelsilber
Frankfurter Allgemeine Zeitung – 28 ottobre 2025
In linea con l’espansione degli stanziamenti per la difesa, il governo tedesco ha preso una decisione dal forte impatto territoriale: bloccare i piani di riconversione di numerose basi militari dismesse per destinarle nuovamente all’uso della Bundeswehr. Negli ultimi trent’anni, centinaia di caserme e poligoni chiusi erano stati o programmati per essere convertiti a usi civili – parchi tecnologici, quartieri residenziali, centri logistici. Questo processo di Konversion è stato visto a lungo come parte del “dividendo di pace” post-Guerra Fredda, restituendo terreni alle comunità locali per lo sviluppo. Ora, però, la tendenza si inverte: con il previsto aumento degli effettivi dell’esercito e l’arrivo di nuovi equipaggiamenti, la Bundeswehr necessita di spazi addestrativi e logistici aggiuntivi. Il Ministro della Difesa Pistorius ha definito le ex caserme “il nostro tesoro di famiglia” (Tafelsilber) da non svendere: servono poligoni per esercitare manovre su larga scala, magazzini per munizioni e mezzi, infrastrutture per ospitare reparti riallestiti. La FAZ sottolinea che la decisione è dolorosa per molti comuni: rappresenta un brusco colpo per le città medio-piccole che contavano sulla riconversione di quelle aree per la costruzione di case, parchi o zone industriali leggere. Ad esempio, a Gütersloh o Bielefeld in Vestfalia, i progetti per nuovi quartieri residenziali su ex terreni militari dovranno essere rivisti, lasciando in forse la creazione di migliaia di abitazioni pianificate in una fase di acuto bisogno abitativo. I sindaci e governatori interessati – tra cui il ministro-presidente del Saarland, Anke Rehlinger, citata in un altro articolo – hanno espresso irritazione e preoccupazione per questo dietrofront. Alcuni parlano di mancanza di concertazione da parte di Berlino e chiedono almeno compensazioni finanziarie per i mancati sviluppi urbanistici. Dal canto suo, il governo risponde che la sicurezza nazionale impone sacrifici e che “i sogni di un’era di pace perpetua sono purtroppo tramontati”. Verrà creato un tavolo Difesa-Regioni per individuare quali strutture conservare e quali eventualmente riconvertire ancora, ma la linea generale è tracciata: priorità all’uso militare. Questa svolta simbolicamente segna la fine definitiva dell’era post-1989 in Germania: le caserme, un tempo chiuse perché ritenute superflue, tornano a essere asset strategici da valorizzare per rafforzare la difesa del paese nel nuovo contesto internazionale.
“Nessuno vuole tornare alla vecchia leva”: l’idea di un anno di servizio universale secondo i Verdi
„Keiner will eine Rückkehr zu einer altbackenen Wehrpflicht“
Frankfurter Allgemeine Zeitung – 21 ottobre 2025
Mentre si discute di obblighi di leva e servizi militari, spunta una proposta alternativa dall’opposizione ecologista. Niklas Wagener, deputato dei Verdi esperto di difesa, afferma in un’intervista che ripristinare la vecchia leva obbligatoria sarebbe un errore e soprattutto non incontrerebbe il favore dei giovani d’oggi. “Nessuno vuole tornare a una leva antiquata”, dichiara Wagener, invocando invece un modello moderno di “anno di servizio obbligatorio alla società”, aperto sia a ragazzi che ragazze e con più opzioni. L’idea verde è introdurre per i neo-diciottenni un anno di servizio con scelta multipla: i giovani potrebbero optare per un servizio militare nelle Forze Armate oppure per un servizio civile/sociale (in ospedali, case di riposo, protezione civile, tutela ambientale) in base alle proprie inclinazioni. Così si otterrebbe un duplice risultato: contribuire alla patria in senso lato (non solo militare) e far “maturare” uomini e donne attraverso un’esperienza formativa di impegno pubblico. Wagener sottolinea che questa formula di Pflichtjahr dovrebbe “costare, e giustamente”: va infatti previsto uno stipendio dignitoso per i partecipanti e investimenti per organizzare i posti di servizio, ma tali costi sono da considerarsi investimenti nei cittadini. Il ragionamento è che un anno obbligatorio, se ben strutturato, può colmare lacune di personale (si pensi alla cronica mancanza di infermieri o di volontari nei vigili del fuoco) e insieme favorire coesione sociale mescolando giovani di provenienze diverse in un progetto comune. L’intervista mette anche in luce come i Verdi intendano smarcarsi dall’immagine anti-militarista tout court: Wagener, pur contrario alla leva tradizionale, riconosce la necessità di rafforzare la riserva e la preparazione dei giovani, soprattutto alla luce delle nuove minacce. Con un Gesellschaftsjahr (anno di società) obbligatorio, si creerebbe un bacino di persone che – dopo aver provato la vita militare – potrebbero magari scegliere di arruolarsi stabilmente, oppure che – avendo svolto servizio civile – avrebbero comunque appreso discipline utili per la resilienza del paese. La posizione verde appare come un compromesso innovativo: no a forzare tutti in uniforme (misura che sarebbe “altbacken”, antiquata), sì a richiamare tutti a contribuire alla comunità in modi flessibili. L’idea riceve una certa attenzione nel dibattito pubblico, anche perché sfida sia la CDU (orientata a reintrodurre obblighi militari) sia chi vorrebbe non toccare nulla. Non mancano però scetticismi su fattibilità e costi. Wagener replica che la difesa moderna è globale: medici, pompieri e cooperanti ben formati sono preziosi quanto i soldati, e investire un anno nella gioventù del paese significa investire nel suo futuro in senso ampio.
Politica interna e questioni sociali
La SPD sventa un nuovo scontro di coalizione sul welfare
Grundsicherung: Wie die SPD-Führung einen neuen Koalitionsstreit abwenden will
Süddeutsche Zeitung – 28 ottobre 2025
Nella Grande Coalizione guidata da Merz, uno dei fronti più delicati riguarda la riforma del “Bürgergeld” – il reddito di cittadinanza introdotto dal precedente governo. A fine ottobre, la leadership socialdemocratica è dovuta intervenire per placare una rivolta interna ed evitare che la questione degenerasse in crisi di governo. In particolare, settori della base SPD stavano organizzando una raccolta firme e un possibile referendum interno contro l’accordo di coalizione che prevede un inasprimento dei requisiti del Bürgergeld. Il compromesso raggiunto tra SPD e Unione a inizio mese – su spinta della CDU – introduce infatti maggiore severità verso i disoccupati: riduzione degli assegni per chi non accetta offerte di lavoro e controlli più rigidi (una “stretta” che interessa circa un milione di beneficiari). Molti militanti SPD, soprattutto dell’ala sinistra, giudicano queste misure un tradimento dei principi di giustizia sociale del partito. Per prevenire un aperto conflitto con i partner di governo, la segreteria SPD ha mobilitato figure autorevoli come la vicepresidente del gruppo parlamentare Dagmar Schmidt. In interviste ai media, Schmidt ha riconosciuto il “malessere” diffuso nella base per la retorica attorno ai beneficiari del welfare – spesso stigmatizzati collettivamente durante il dibattito pubblico. Ha definito “non orientata ai fatti” la narrazione che dipinge interi gruppi di percettori come fannulloni, ammettendo che queste generalizzazioni “urtano” molti socialdemocratici impegnati sul territorio. Tuttavia, Schmidt e altri dirigenti hanno difeso l’accordo sostanziale, sostenendo che gli aggiustamenti concordati con la CDU non snaturano il Bürgergeld: l’impianto base di sostegno rimane, viene solo introdotto maggior rigore per stimolare al lavoro attivo chi può. La strategia della leadership SPD è stata dunque duplice: mostrare comprensione verso le critiche di merito (promettendo impegno per un linguaggio più rispettoso e misure di accompagnamento, ad esempio maggiori programmi di formazione per disoccupati) ma al contempo serrare i ranghi dietro all’intesa di coalizione, per non mettere in dubbio la parola data in sede governativa. L’operazione ha avuto successo parziale: la minaccia di un referendum interno è rientrata e i ministri SPD hanno salvato la faccia in pubblico. Ciò non toglie che il malcontento interno resti e la vicenda evidenzia la tensione insita nel ruolo SPD: deve conciliare identità sociale e realpolitik di governo. Gli osservatori notano che la SPD sta cercando di evitare una riedizione del trauma dell’Agenda 2010 (le riforme Hartz che spaccarono il partito nei primi anni 2000): la base viene coinvolta e ascoltata per quanto possibile, ma al contempo la ragion di Stato impone disciplina. Sarà un equilibrio da mantenere con cura per tutta la legislatura.
“Vertice sul decoro urbano”: iniziativa SPD dopo le frasi di Merz sulle città
SPD-Abgeordnete schlagen „Stadtbild“-Gipfel vor
Süddeutsche Zeitung (Liveblog Bundespolitik) – 27 ottobre 2025
Le controverse dichiarazioni del Cancelliere Merz sulle presunte “condizioni intollerabili” dell’aspetto delle città tedesche a causa di immigrati e delinquenti hanno spinto alcuni esponenti socialdemocratici a una proposta concreta: organizzare un “Vertice sul Stadtbild”, ovvero un tavolo nazionale sul decoro urbano e la sicurezza nelle città. Un gruppo di deputati SPD – tra cui figure di spicco della sinistra del partito – ha invitato Merz a sedersi con i sindaci delle grandi città, le associazioni dei comuni e i capigruppo parlamentari per discutere seriamente delle problematiche urbane dietro lo slogan. L’idea è di affrontare i nodi reali (quartieri degradati, criminalità giovanile, mancanza di integrazione) in modo costruttivo e partecipato, invece di lanciare proclami generici. In un comunicato, i promotori sottolineano che “la percezione del decoro urbano” non va strumentalizzata: va invece analizzata con dati e approcci multidisciplinari (urbanistica, politiche sociali, sicurezza, integrazione). Propongono dunque che governo federale e città lavorino insieme su interventi mirati: ad esempio, maggiori investimenti in illuminazione e pulizia nelle zone degradate, potenziamento di mediatori culturali e poliziotti di quartiere dove vi sono tensioni con comunità di migranti, progetti di recupero urbanistico di aree abbandonate. La CDU inizialmente ha accolto la proposta freddamente: la segretaria generale dell’Unione, Christina Stumpp, ha dichiarato che “non serve l’ennesima conferenza” e che i problemi sono già noti, insinuando che l’SPD cerchi di buttare la questione in commissione per sminuire l’impatto delle parole di Merz. Dietro le quinte, però, i ministri competenti (Interno e Lavoro) hanno mostrato apertura, sapendo che ignorare totalmente l’offerta SPD apparirebbe arroganza. Al momento, Merz non ha aderito all’idea di un “Gipfel” specifico, ma ha fatto sapere di essere disponibile a confronti con i sindaci nell’ambito di incontri già previsti sul piano nazionale di sicurezza urbana. Gli osservatori leggono la mossa SPD come abile: sposta l’attenzione dal terreno retorico (sfavorevole alla sinistra) a quello pragmatico. Se Merz rifiuta il vertice, può essere accusato di voler solo polemizzare e non risolvere; se accetta, l’SPD può dettare l’agenda concreta delle misure. In entrambi i casi, i socialdemocratici riconquistano parte dell’iniziativa su un tema – la sicurezza cittadina – dove di recente erano sulla difensiva. Il dibattito rimane aperto, ma quel che è certo è che la “Stadtbild-Debatte” innescata dal Cancelliere avrà strascichi anche nei prossimi mesi, e l’SPD intende evitare che sia solo la narrazione conservatrice a prevalere, portandola invece su un binario di politiche attive per le città.
La CDU dichiara guerra all’AfD: “Li annienteremo con i fatti e i contenuti”
Kampfansage der CDU: „Wir werden die AfD argumentativ plattmachen“
Der Tagesspiegel – 20 ottobre 2025
All’indomani delle elezioni federali, l’Unione Cristiano-Democratica (CDU) ha ufficializzato quale sarà il suo principale avversario politico nella nuova legislatura: la Alternativ für Deutschland (AfD), partito di estrema destra ora rafforzato nel Bundestag. In una riunione della dirigenza CDU, il Cancelliere Merz e i vertici hanno concordato una strategia di confronto frontale con l’AfD, definita testualmente “il nemico principale da battere”. “Wir werden die AfD argumentativ plattmachen” – “annienteremo l’AfD sul piano degli argomenti” – ha promesso un portavoce della CDU citato dal Tagesspiegel. Il piano delineato prevede di smontare sistematicamente le tesi e le proposte dell’AfD su ogni tema: dalla migrazione all’energia, dall’economia alla politica estera, evidenziandone l’infondatezza o l’estremismo. Ad esempio, sulla crisi energetica, la CDU confuterà le ricette semplificatorie dell’AfD (come togliere le sanzioni alla Russia) mostrando che metterebbero in pericolo la sicurezza nazionale e gli impegni con gli alleati; in materia di migrazione, contrapporrà a slogan come “chiusura totale delle frontiere” un mix di fermezza e pragmatismo, rivendicando di poter gestire i flussi senza violare diritti e trattati. Merz ha inoltre insistito sulla necessità per il suo partito di presentarsi unito e disciplinato, senza le ambiguità del passato: ha riconosciuto che errori come aperture locali della CDU verso l’AfD (ad esempio in Turingia nel 2020) hanno confuso gli elettori, e promesso tolleranza zero verso ogni collaborazione a livello regionale o comunale con la destra radicale. La linea è una sola: Brandmauer, muro di fuoco, contro l’AfD ovunque. Allo stesso tempo, Merz vuole evitare che la CDU venga percepita solo come partito di governo: nonostante sia al potere, cerca di mantenere un profilo combattivo quasi “da opposizione” verso l’AfD. Ciò comporta anche uno stile comunicativo più aggressivo: conferenze stampa dedicate a replicare ai leader AfD, presenza massiccia di esponenti CDU nei talk show in cui smascherare le fake news populiste, e un “rapid response team” social per rispondere in tempo reale alla propaganda online dell’ultradestra. La base del partito sembra apprezzare questa chiarezza: i militanti erano preoccupati dei successi elettorali AfD soprattutto nell’est del paese, e chiedevano una linea dura. Va detto che la “svolta Merz” non è priva di rischi: concentrarsi ossessivamente sull’AfD potrebbe far apparire la CDU poco propositiva su altri fronti e legittimare l’AfD come unico vero rivale. Ma per ora la leadership ritiene prioritario lanciare un messaggio forte: sotto Merz, l’Unione intende riconquistare gli elettori tentati dall’estrema destra opponendo loro un muro di valori costituzionali e soluzioni realistiche, smontandone populismi e provocazioni con i fatti. Resta da vedere se questa “guerra degli argomenti” basterà a invertire la tendenza, ma segnala comunque un nuovo approccio rispetto al passato più ondivago.
Sondaggio: la maggioranza degli elettori condivide le affermazioni di Merz sul “decoro urbano”
Politbarometer zu Migration: Klare Mehrheit stimmt Merz’ „Stadtbild“-Aussagen zu
Der Tagesspiegel – 26 ottobre 2025
Un sondaggio Politbarometer della ZDF ha rivelato un dato sorprendente nel dibattito pubblico tedesco: oltre la metà degli intervistati (circa il 55%) si è detta d’accordo con la controversa affermazione del Cancelliere Merz secondo cui in alcune città tedesche vi sono “problemi di decoro urbano” legati alla presenza di certe categorie di persone. Solo una minoranza (intorno al 35%) disapprova le parole di Merz, mentre il resto non prende posizione netta. Il Tagesspiegel, nel riportare questi risultati, sottolinea che 49% dei cittadini è oggi insoddisfatto del Cancelliere e il 52% valuta negativamente l’operato complessivo del governo. Ciononostante, sul tema specifico della sicurezza percepita e del decoro nelle città, l’opinione pubblica appare schierata dalla parte di Merz. Questo suggerisce che il messaggio semplificato lanciato dal leader CDU – per quanto criticato da molti media e politici progressisti come retorica populista – tocca corde sensibili nell’elettorato. Analizzando i dati, emerge una spaccatura socio-geografica: l’accordo con Merz è molto alto nei piccoli centri e nelle zone dell’est (dove AfD e CDU sono forti), mentre è più basso nelle grandi città dell’ovest, ma comunque significativo anche lì. Inoltre, il sondaggio chiedeva se i cittadini ritengono peggiorata la situazione della sicurezza urbana: una larga maggioranza percepisce un peggioramento negli ultimi anni, citando più sporcizia, microcriminalità e “presenza visibile di gruppi problematici” in luoghi pubblici. Questo sentimento, nota il quotidiano, può spiegare perché l’uscita di Merz abbia trovato orecchie ricettive. Gli esperti avvertono però che le percezioni non sempre coincidono con la realtà: le statistiche della criminalità in molte città sono stabili o in lieve calo, e fenomeni come il degrado sono concentrati in alcune aree specifiche. Resta il fatto politico: Merz è riuscito a impostare l’agenda e costringere gli avversari a reagire. SPD, Verdi e sinistra, infatti, si sono affannati a criticare le parole del Cancelliere (definite divisive e razziste), ma il sondaggio suggerisce che gran parte dell’opinione pubblica non le ha percepite così e anzi le condivide. Ciò rappresenta un campanello d’allarme per il centro-sinistra: ignorare o minimizzare le paure relative alla sicurezza urbana potrebbe alienare ancor più una fascia di elettorato popolare. Il Tagesspiegel conclude che questa vicenda mette in luce una sfida comunicativa: come affrontare seriamente temi di sicurezza e integrazione senza cedere ai cliché. Per ora, tuttavia, in termini di consenso immediato, la “strategia del Klartext” di Merz sembra aver pagato.
Provocazione AfD a Bad Dürkheim: richiesta (bocciata) di cittadinanza onoraria per Donald Trump
Wegen Kallstadter Wurzeln: AfD beantragt Ehrenbürgerwürde für Donald Trump in Bad Dürkheim
Der Tagesspiegel – 20 ottobre 2025
L’AfD continua a far parlare di sé non solo per i risultati elettorali ma anche per trovate provocatorie a livello locale. A Bad Dürkheim, cittadina del Palatinato, il gruppo consiliare dell’AfD ha presentato una mozione surreale: concedere la cittadinanza onoraria a Donald Trump, Presidente degli Stati Uniti, motivandola con le radici familiari di quest’ultimo nella zona. Il nonno di Trump infatti, Friedrich Trump, emigrò a fine ’800 proprio da Kallstadt, un paese nelle vicinanze di Bad Dürkheim. Secondo l’AfD locale, onorare Trump sarebbe un “tributo a un discendente della nostra terra che ha raggiunto il successo mondiale”. La proposta ha immediatamente incontrato ferma opposizione trasversale: il sindaco (della CDU) l’ha definita “fuori luogo e imbarazzante”, i consiglieri di SPD, Verdi e FDP hanno annunciato voto contrario, e perfino i colleghi della CDU hanno espresso sdegno. Numerosi cittadini si sono mobilitati in protesta preventiva, ritenendo Trump indegno di tale onorificenza per via del suo stile divisivo e antidemocratico. La mozione AfD è stata dunque sonoramente bocciata nel consiglio comunale, con solo i pochissimi esponenti dello stesso partito a favore. Bad Dürkheim non onorerà Trump, insomma. Dietro questo teatrino, tuttavia, si intravede la strategia mediatica dell’AfD: sfruttare provocazioni esagerate per ottenere visibilità e polarizzare il dibattito locale. Gli altri partiti hanno accusato l’AfD di voler “importare” in Germania le guerre culturali americane: i populisti, celebrando Trump, strizzano l’occhio alla loro base sovranista e costringono gli avversari a esprimersi su temi identitari anziché sulle questioni amministrative concrete. Vale la pena notare che Kallstadt, il paese d’origine dei Trump, aveva già rifiutato negli anni scorsi iniziative celebrative analoghe. Nel commentare l’episodio, la stampa locale sottolinea come la maggioranza silenziosa della cittadinanza non abbia alcuna intenzione di associare l’immagine della propria comunità a quella dell’ex presidente USA controverso. “Non siamo un parco a tema per fan di Trump”, ha chiosato un consigliere. L’esito di Bad Dürkheim, con l’isolamento dell’AfD sul voto, dimostra che – almeno a livello locale – gli altri partiti sanno ancora fare fronte comune repentinamente contro le provocazioni dell’estrema destra. Resta però l’elemento di spettacolarizzazione: la notizia ha conquistato titoli nazionali, regalando all’AfD esattamente quella ribalta che cercava, sebbene a costo zero per le politiche reali.
Clan criminale lascia la Germania (pagato) per andare in Siria: controversa soluzione a Stoccarda
Kriminelle Großfamilie reist freiwillig nach Syrien aus
Der Tagesspiegel – 20 ottobre 2025
Un caso singolare di gestione della criminalità clanica sta facendo discutere la Germania. A Stoccarda, un’estesa famiglia di origine medio-orientale – oltre 30 membri tra parenti stretti e allargati – con alle spalle più di 160 reati registrati è volontariamente emigrata in Siria, dopo aver ricevuto un incentivo finanziario dalle autorità. Il Tagesspiegel riferisce che la partenza del clan (il cui nome non è indicato per ragioni legali) è il risultato di un accordo tacito: in cambio della loro definitiva uscita dal paese, gli adulti della famiglia hanno ottenuto un sostegno monetario per il “rimpatrio” e la cancellazione di alcune pendenze minori. Tre membri chiave del clan – ritenuti i capi e responsabili di reati gravi – rimangono in carcere in Germania e non beneficeranno dell’accordo. Tutti gli altri, invece, hanno accettato di lasciare spontaneamente il territorio tedesco, imbarcandosi su un volo per Istanbul e poi per Damasco. Si tratta di una misura non ufficiale di “Encouraged Voluntary Departure”, già talvolta applicata con richiedenti asilo respinti, ma qui rivolta a una famiglia criminale radicata da decenni. La vicenda ha sollevato reazioni contrastanti: da un lato, molti residenti e politici locali esprimono sollievo per l’uscita di scena di un clan che per anni ha seminato insicurezza (tra spaccio di droga, estorsioni e risse) nei quartieri di Stoccarda. Dall’altro, esponenti dell’opposizione e attivisti per i diritti criticano il principio di “pagare i criminali perché se ne vadano”, temendo sia un pericoloso precedente. “Lo Stato di diritto dovrebbe perseguire i reati, non comprarne la cessazione”, ha commentato un parlamentare liberale, alludendo anche al rischio che altri clan possano usare la violenza per negoziare exit strategy remunerative. Le autorità difendono la scelta come male minore pragmatico: i tentativi di integrazione falliti, le condanne brevi a carico dei singoli membri non hanno scalfito il nucleo criminale del clan; la deportazione forzata di tutti sarebbe stata giuridicamente impossibile, dunque “si è colta l’occasione di farli andare via di loro volontà”. La Siria, peraltro, non è un paese con cui la Germania intrattiene rimpatri, ma qui essendo una partenza volontaria, la questione si è risolta con l’intermediazione di un’associazione culturale siriana. Si ignora il destino che attende la famiglia in Siria – alcuni ipotizzano abbiano contatti e proprietà lì. Il caso mette in luce la difficoltà nel contrastare le strutture familiari criminali: oltre la repressione, spesso inefficace sul lungo periodo, le autorità stanno esplorando vie creative (dall’“uscita incentivata” al sequestro dei beni e all’affidamento educativo dei minori). La storia di Stoccarda resta eccezionale, ma indica che la Germania è disposta anche a soluzioni atipiche e discusse pur di smantellare i clan malavitosi che sfidano lo Stato sul suo territorio.
Olimpiadi 2036: la Baviera sogna i Giochi e Söder diventa “doppia minaccia” politica per Berlino
Olympia-Kämpfer Markus Söder: Doppelt gefährlich für Berlin?
Der Tagesspiegel – 27 ottobre 2025
Il recente clamoroso successo di Monaco di Baviera nel referendum per la candidatura alle Olimpiadi 2036 – con oltre il 60% di voti favorevoli – ha proiettato il governatore Markus Söder in una posizione di forza e di visibilità nazionale che inquieta la scena politica berlinese. Questo articolo analizza perché Söder, leader della CSU e da tempo possibile aspirante cancelliere, ora appare “doppelt gefährlich” (doppamente pericoloso) per gli equilibri di potere a Berlino. Primo, il fattore olimpico: la scelta di puntare sui Giochi del 2036 (anno simbolico, centenario delle Olimpiadi naziste di Berlino 1936) è audace. Söder si è fatto paladino di una “riedizione democratica” delle Olimpiadi in Germania: Monaco e la Baviera come luogo di riconciliazione storica e festa dello sport, contrapposta all’ombra dei Giochi del ’36 strumentalizzati dal regime hitleriano. Questa narrativa ha affascinato l’opinione pubblica e isolato gli oppositori (i Verdi locali, inizialmente scettici, hanno dovuto adeguarsi al consenso popolare). Ora Söder brandisce il successo del referendum come prova di leadership visionaria: è riuscito dove Berlino (bocciata due volte dai propri cittadini su Olimpiadi 2024 e 2032) ha fallito. Ciò, simbolicamente, mette in ombra la capitale e fornisce a Söder una piattaforma internazionale nei prossimi anni se la candidatura progredirà. Secondo, il fattore politico-personale: Söder capitalizza questo trionfo per consolidare la propria immagine di uomo forte del centrodestra. Nell’Unione, Merz è Cancelliere ma la sua popolarità vacilla; Söder invece governa la Baviera con largo consenso ed ora si accredita come ambasciatore degli interessi tedeschi (nell’organizzazione olimpica e più in generale). Non è sfuggito a nessuno che esponenti CDU di peso, non bavare si, abbiano speso elogi per l’iniziativa di Söder – segno che qualcuno potrebbe vederlo come alternativa futura a Merz in caso di difficoltà di quest’ultimo. L’articolo sottolinea come di solito i successi locali non impensieriscono Berlino, ma in questo caso sì: l’Olimpiade è un progetto di tale portata (investimenti, diplomazia, immagine paese) che il suo regista – Söder appunto – ne ricaverebbe un’enorme legittimazione politica nazionale. Già ora, il governo federale ha dovuto assicurare appoggio economico alla candidatura, aprendo un canale di trattativa con Monaco. Ciò dà a Söder un potere negoziale: ad esempio, potrebbe ottenere più fondi federali per infrastrutture bavaresi in cambio del successo olimpico, risultando vincitore due volte. “Doppelt gefährlich” per Berlino significa proprio questo: Söder potrebbe oscurare il governo nazionale sia sul piano simbolico (orgoglio e visione) sia su quello concreto (risorse e consenso), diventando in prospettiva un contendente temibile. A scanso di equivoci, l’editoriale ricorda che manca ancora l’assegnazione ufficiale dei Giochi (Monaco dovrà battere concorrenti come Doha e Johannesburg) e che un decennio è lungo; ma intanto il vento in poppa è tutto per Markus Söder, l’uomo che ha riportato entusiasmo in Germania per un sogno sportivo e – forse – per una certa idea di guida politica energica e pragmatica, in contrappunto alla leadership più grigia percepita a Berlino.
Questioni economiche e finanziarie
L’economia tedesca ristagna: crescita zero nel terzo trimestre 2025
Deutsche Wirtschaft stagniert im dritten Quartal
DIE ZEIT – 30 ottobre 2025
La locomotiva d’Europa continua a viaggiare al rallentatore. I dati preliminari del terzo trimestre 2025 indicano che il PIL tedesco è rimasto invariato (0,0% di crescita) rispetto al trimestre precedente. Dopo un leggero calo in primavera (-0,1% rivisto) e questa stagnazione estiva, la Germania rischia di chiudere l’anno con un misero +0,2% circa di crescita complessiva secondo le stime governative. L’Ufficio Statistico Federale attribuisce la persistente fiacchezza a vari fattori: export deboli e domanda globale incerta, soprattutto a causa del rallentamento cinese e dei dazi USA su alcuni prodotti chiave (macchine utensili, auto); consumi interni ancora frenati dall’inflazione (seppure in calo), con le famiglie tedesche che spendono con cautela a causa dei prezzi elevati di generi alimentari e servizi. Un segnale incoraggiante viene dagli investimenti industriali, in lieve aumento: molte aziende hanno approfittato dei generosi crediti d’imposta del governo (il cosiddetto “Wachstumsbooster”) per rinnovare macchinari e veicoli. Ma questo non è bastato a compensare la flessione dell’export e del settore costruzioni. Anzi, il comparto edile rimane in crisi: il numero di nuove costruzioni abitative è crollato rispetto all’anno scorso, complice l’aumento dei costi dei materiali e i tassi d’interesse più alti. Proprio l’aumento dei tassi BCE nei trimestri scorsi ha reso più onerosi i mutui e ridotto la liquidità per investimenti, e sebbene la Banca Centrale Europea abbia ora interrotto i rialzi (lasciando il tasso sui depositi al 2,0%), per la Germania l’effetto restrittivo si fa sentire con qualche mese di ritardo. Sul lato del mercato del lavoro, la disoccupazione ha tenuto sorprendentemente bene: a ottobre i senza lavoro sono calati di 44 mila unità, attestandosi a 2,91 milioni (tasso intorno al 6.2%). Ciò indica una certa resilienza: le aziende – soprattutto manifatturiere – stanno trattenendo la manodopera qualificata nonostante il rallentamento, temendo di non ritrovarla quando l’economia ripartirà. Il governo Merz-Klingbeil ha reagito ai dati con un mix di realismo e ottimismo cauto. La nuova ministra dell’Economia Katherina Reiche (CDU) ha ammesso che “la congiuntura rimane difficilissima, la più lunga crisi dal dopoguerra per durata”, ma ha invitato a guardare ai segnali positivi: l’inflazione è in discesa costante (2,3% a ottobre, minimo da due anni), gli ordinativi industriali hanno ripreso a salire a fine trimestre e i partner europei mostrano dinamiche migliori che potrebbero trainare l’export (nel terzo trimestre l’Eurozona è cresciuta dello 0,2%, con Spagna e Portogallo sorprendentemente bene). Reiche ha poi elencato le misure in campo: dal “Bauturbo” per rilanciare l’edilizia all’accelerazione degli investimenti pubblici in digitale e transizione ecologica, fino alle nuove norme per facilitare l’immigrazione qualificata (viste come cruciali per colmare carenze di manodopera). Gli economisti restano divisi: alcuni credono che la Germania eviterà di un soffio una nuova recessione tecnica, rivedendo una modesta crescita nel 2026 grazie alla spinta del maxi-piano di investimenti governativi (il “Fiskalpaket” da 50 mld, che però è in parte droga temporanea); altri temono che senza riforme strutturali – riduzione della burocrazia, taglio del cuneo fiscale, investimenti privati – il paese rimarrà su “gambe instabili” e vulnerabile agli shock esterni. In sintesi, la fotografia di fine 2025 mostra un’economia tedesca ferma al palo, che intravede luce in fondo al tunnel ma non ne è ancora uscita, e costringe governo e imprese a un mix di pazienza e interventismo per ritrovare il sentiero della crescita.
Aumenta il salario minimo: il governo approva rialzi scaglionati fino al 2027
Kabinett beschließt schrittweise Erhöhung des Mindestlohns
Der Tagesspiegel – 27 ottobre 2025
L’esecutivo federale ha dato il via libera a un’importante misura sul fronte del lavoro e dei redditi bassi: il graduale aumento del salario minimo legale nei prossimi due anni. In dettaglio, il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto che prevede un primo rialzo del Mindestlohn dagli attuali 12 euro lordi l’ora a 12,41 € a partire da gennaio 2026, e successivamente a 12,82 € dall’inizio del 2027. L’incremento, circa +3,4% annuo, è basato sulla raccomandazione della Mindestlohnkommission (la commissione paritetica composta da sindacati, datori di lavoro ed esperti) che ha calcolato gli adeguamenti tenendo conto dell’inflazione recente e dell’andamento generale dei salari. È la prima volta che il nuovo governo nero-rosso interviene su questo tema, dopo che l’ultimo esecutivo “semaforo” aveva alzato eccezionalmente il minimo a 12 € nel 2022. La decisione conferma che i futuri ritocchi tornano alla prassi consueta: moderati e su proposta tecnica della commissione. Per circa 5 milioni di lavoratori a bassa paga interessati – prevalentemente nei servizi, pulizie, logistica e ristorazione – ciò si tradurrà in qualche decina di euro in più al mese. Le associazioni dei sindacati (DGB) hanno accolto positivamente il segnale, ma lo giudicano insufficiente: con l’inflazione cumulatasi negli ultimi due anni, i 12,82 € del 2027 potrebbero equivalere in potere d’acquisto a meno dei 12 € del 2022. Auspicano dunque che la commissione preveda ulteriori recuperi qualora l’inflazione restasse sopra il 2%. Di segno opposto i commenti delle associazioni imprenditoriali minori: artigiani e PMI di settori come la gastronomia temono che nuovi aumenti dei salari minimi possano comprimere i margini in un momento già difficile (bollette energetiche alte, consumi fiacchi). Il ministro del Lavoro Hubertus Heil (SPD), portando la delibera in Consiglio dei ministri, ha però rassicurato: “un salario minimo equo non danneggia l’occupazione, anzi la sostiene aumentando il potere d’acquisto”. Heil ha ricordato che l’esperienza fatta dal 2015 (anno di introduzione del Mindestlohn) a oggi mostra come l’occupazione in Germania sia cresciuta nonostante i vari incrementi del minimo, sfatando i timori catastrofici che alcuni avevano paventato. La legge ora passerà al vaglio del Bundestag ma l’approvazione formale è scontata avendo la coalizione la maggioranza. Va segnalato infine che l’accordo di coalizione CDU-SPD prevede espressamente che dopo il 2027 il salario minimo tornerà ad essere adeguato con cadenza biennale solo su indicazione della commissione, senza interventi politici: ciò per istituzionalizzare la pace sociale sul tema ed evitare che diventi oggetto di campagne elettorali. Con questo passaggio, il governo spera di dare un sollievo ai redditi più bassi colpiti dal caro-vita, pur mantenendo il dialogo con le parti sociali in un momento in cui la Germania punta a evitare una spirale salari-prezzi e al contempo prevenire tensioni sindacali.
“Bau-Turbo”: varato il piano-lampo per rilanciare l’edilizia abitativa in crisi
Gesetz zur Beschleunigung des Wohnungsbaus und zur Wohnraumsicherung (Bau-Turbo) tritt in Kraft
Bundesgesetzblatt / vhw.de – 30 ottobre 2025
Con una mossa bipartisan rara, il Parlamento federale ha approvato e fatto entrare in vigore entro fine ottobre un pacchetto emergenziale per fronteggiare la grave crisi dell’edilizia abitativa. Il cosiddetto “Bau-Turbo” – denominazione colloquiale del Gesetz zur Beschleunigung des Wohnungsbaus und zur Wohnraumsicherung – contiene una serie di misure volte a snellire e incentivare la costruzione di nuove case. In primo luogo, viene introdotta una semplificazione delle normative urbanistiche: per i prossimi cinque anni, i Länder potranno derogare a certe prescrizioni minori (altezze, posti auto, distanze) per facilitare la realizzazione di alloggi, soprattutto nelle aree urbane con forte fabbisogno. Si accorciano inoltre i tempi delle procedure autorizzative: ad esempio, i comuni potranno approvare piani di lottizzazione in via semplificata entro 6 mesi, e i ricorsi amministrativi contro nuovi progetti immobiliari avranno un iter accelerato. Sul fronte finanziario, il Bau-Turbo stanzia circa 5 miliardi di euro aggiuntivi per l’edilizia popolare: sussidi diretti a costruttori e cooperative che avviano entro il 2026 la costruzione di alloggi sociali a canone calmierato. Contestualmente, per favorire i ceti medi, vengono alzati i tetti di detrazione fiscale sugli interessi dei mutui per la prima casa acquistata entro il 2028, e la KfW (banca pubblica) offrirà mutui agevolati a tasso ridotto per giovani coppie. Infine, il provvedimento contiene norme per la Wohnraumsicherung (salvaguardia dell’abitazione esistente): facilitazioni temporanee per convertire spazi commerciali sfitti in residenze, e fondi ai comuni per acquistare e ristrutturare immobili abbandonati da destinare a edilizia pubblica. Il governo giustifica la necessità di questo intervento straordinario con numeri preoccupanti: nel 2025 sono stati completati solo 210.000 nuovi appartamenti, a fronte di un fabbisogno stimato di almeno 350.000 all’anno per colmare il deficit accumulato. Molti cantieri sono fermi per il fallimento di imprese edili strette tra costi elevati e commesse calanti. “Dobbiamo riaccendere i motori del settore edile, ne va della coesione sociale”, ha dichiarato la ministra dell’Edilizia Klara Geywitz (SPD). Il Bau-Turbo nasce infatti da una concertazione allargata: maggioranza e opposizione (FDP e Verdi) l’hanno sostenuto, così come associazioni di categoria e sindacati, consapevoli che la crisi abitativa – affitti alle stelle nelle città, carenza di case popolari – è una delle prime preoccupazioni per i cittadini. Certo, non mancano perplessità: alcuni ambientalisti temono che velocizzare le costruzioni porti a sacrifici nella qualità ecologica dei nuovi quartieri, e chiedono vigilanza su standard energetici e consumo di suolo. Ma nel complesso, il Bau-Turbo viene visto come segnale importante di reazione rapida: l’efficacia si misurerà presto, già dai primi bandi di contributo e dall’eventuale sblocco di progetti rimasti in cassetto. L’obiettivo dichiarato di Merz e Klingbeil è ambizioso: “Costruire 400.000 nuove abitazioni entro il 2027”. Se il turbo funzionerà, la Germania potrebbe alleviare la pressione su affitti e prezzi che in questi anni ha messo in difficoltà famiglie e lavoratori in molte città.
Vertice auto: il governo apre a una maggiore flessibilità sul bando ai motori termici dal 2035
Autogipfel: Merz will Verbrenner-Aus aufweichen
Handelsblatt – 9 ottobre 2025 (rilanciato in podcast e stampa)
Al termine di un teso incontro – l’ennesimo Autogipfel, vertice tra governo e industria automotive – il Cancelliere Merz ha annunciato un aggiustamento della strategia tedesca sul phase-out dei motori a combustione interna. La Germania, che formalmente ha aderito al target UE di stop alla vendita di nuove auto a benzina e diesel dal 2035, chiederà in sede europea maggiori margini di flessibilità. “Non ci deve essere un taglio netto nel 2035” ha dichiarato Merz, “la transizione deve essere gestibile per la nostra industria e i nostri lavoratori”. In concreto, il governo nero-rosso intende sostenere a Bruxelles l’introduzione di eccezioni oltre il 2035 per veicoli alimentati con e-fuels (carburanti sintetici) e una eventuale revisione a metà percorso se il mercato elettrico non sarà maturo. Questa posizione rappresenta un allentamento rispetto alla linea dura precedente e rispecchia le pressioni dei colossi automobilistici tedeschi (Volkswagen, BMW, Mercedes) che al vertice hanno snocciolato cifre preoccupanti: le vendite di auto nuove in alcuni segmenti sono crollate fino al 50-60% nell’ultimo anno, soprattutto quelle di modelli convenzionali di media cilindrata, a causa dell’incertezza normativa e del rincaro dei costi (i motori termici richiedono investimenti per rispettare le normative Euro 7, scoraggiati se poi dovrebbero finire nel 2035). Anche le auto elettriche, pur in crescita, non stanno compensando: gli incentivi statali ridotti e l’inflazione hanno frenato gli acquisti di EV, con magazzini pieni per alcuni produttori. Di fronte a questo scenario, Merz – sostenuto dal vicecancelliere SPD Lars Klingbeil – ha convenuto sulla necessità di dare un segnale al settore: il 2035 non sarà un muro invalicabile, ma una meta su cui eventualmente modulare. L’industria ha accolto con favore: il presidente dell’associazione VDA ha parlato di “ritrovata collaborazione del governo” e sottolineato che la transizione ecologica deve tenere conto della “realtà industriale”. Naturalmente, la notizia ha allarmato gli ambientalisti: il partito dei Verdi e le ONG hanno accusato Merz di cedere alle lobby e indebolire l’impegno climatico. Va detto che la posizione tedesca non è isolata: anche l’Italia e alcuni paesi dell’Est chiedevano margini sugli e-fuel. Ad ogni modo, il compromesso emerso dall’Autogipfel include anche altri punti: un pacchetto di sostegno all’industria automotive da 2 miliardi, con crediti agevolati per la riconversione degli impianti e per la filiera batterie, e un piano per installare entro il 2028 almeno 15.000 colonnine di ricarica ultraveloci aggiuntive in tutta la Germania, per superare una delle barriere principali all’adozione di massa dell’auto elettrica. In parallelo, viene ridiscussa la fiscalità sui carburanti: la componente “clima” della tassa CO2 potrebbe essere ridotta temporaneamente per calmierare i prezzi alla pompa, su richiesta soprattutto dell’ala SPD preoccupata per l’effetto sui ceti medi. La SPD stessa però ha dovuto accettare lo slittamento della proposta di limite di velocità in autostrada: non se ne farà nulla almeno fino al 2027, come chiesto dalla CSU di Söder. Nel complesso, l’Autogipfel ha mostrato una politica industriale più accomodante: l’obiettivo di Merz è evitare che la Germania – cuore mondiale dell’automotive – paghi un prezzo economico e occupazionale troppo alto nella corsa all’auto elettrica, modulando la transizione su tempi realistici senza abbandonare gli obiettivi climatici, ma interpretandoli con pragmatismo made in Germany.
Entrate fiscali in crescita: +6,8% a settembre, trainano IVA e tasse sul lavoro
Steuereinnahmen sind im September um fast sieben Prozent gestiegen
DIE ZEIT – 25 ottobre 2025 (fonte: Ministero delle Finanze)
Una buona notizia per i conti pubblici: nei primi nove mesi del 2025 il gettito fiscale complessivo di Stato federale e Länder è aumentato di quasi il 7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In particolare, a settembre si è registrato un balzo del +6,9% delle entrate tributarie, un dato superiore alle attese del Ministero delle Finanze. A trainare sono state l’IVA e le imposte sul reddito da lavoro. L’imposta sul valore aggiunto ha reso molto di più grazie alla combinazione di prezzi ancora elevati e consumi resilienti in certi settori: nonostante il rallentamento generale, le vendite al dettaglio di prodotti alimentari e beni di prima necessità, che scontano l’IVA al 7% o 19%, sono rimaste solide in valore, gonfiando il gettito. Anche l’IVA sui servizi (ristorazione, tempo libero) è aumentata con il ritorno dei clienti dopo la pandemia, nonostante i rincari. Parallelamente, il gettito dell’imposta sui salari (Lohnsteuer) è cresciuto grazie al mercato del lavoro robusto e agli aumenti salariali nominali siglati in diversi contratti collettivi: se pure i salari reali restano un po’ sotto l’inflazione, l’incremento nominale (mediamente +5% in vari settori nel 2025) ha portato più tasse versate dai datori di lavoro allo Stato. Anche l’imposta sulle società (Körperschaftsteuer) ha dato segnali positivi, riflettendo utili aziendali migliori del previsto in alcuni comparti (energie rinnovabili, farmaceutico, difesa), sebbene altri settori come auto e chimica abbiano visto cali di profitti e quindi di imposte. Complessivamente, da gennaio a settembre, Bund e Länder hanno incassato circa 626 miliardi di euro in tasse. Questo afflusso aiuta il Ministro delle Finanze, l’indipendente Joachim Nagel sostenuto dalla CDU, a mantenere gli impegni di bilancio: il vincolo costituzionale del debito (Schuldenbremse) è formalmente tornato in vigore dopo la parentesi Covid, e avere entrate robuste facilita il rispetto dei parametri senza tagli draconiani. Nagel ha dichiarato che il deficit 2025 sarà probabilmente inferiore alle stime iniziali, pur invitando alla prudenza: parte del maggior gettito è dovuta all’inflazione (che gonfia basi imponibili nominali) e quindi non necessariamente indica un boom economico reale. Inoltre, alcuni fattori eccezionali (come la cosiddetta “inflation fiscale”, dove i contribuenti pagano aliquote più alte su redditi solo nominalmente cresciuti) potrebbero richiedere correzioni: la SPD ha già chiesto di adeguare gli scaglioni IRPEF all’inflazione per evitare che i lavoratori perdano potere d’acquisto netto. Intanto però, grazie alle casse più floride, il governo sta valutando sgravi mirati: ad esempio, riduzioni contributive per i redditi bassi e medio-bassi, e un possibile incremento della soglia di esenzione dell’imposta sulla solidarietà (Solidaritätszuschlag). Gli economisti avvertono di non eccedere con la redistribuzione: la Germania deve destinare risorse significative agli investimenti per la transizione ecologica e digitale, e per il fondo speciale difesa. Con entrate in crescita, c’è un margine di manovra inatteso: la sfida sarà usarlo per sostenere la crescita potenziale senza riaccendere l’inflazione. Intanto, i Länder beneficeranno subito di circa 12 miliardi extra rispetto al budget, che molti intendono usare per colmare buchi nei bilanci sanitari ed educativi. Il trend fiscale 2025 dunque offre un insperato respiro alle finanze pubbliche tedesche dopo anni difficili, segnalando che l’economia, pur stagnante in termini reali, resta solida nella capacità contributiva.
G7: no a un embargo totale sul GNL russo – “agiamo secondo il nostro interesse nazionale”
(G7-Staat lehnt LNG-Stopp aus Russland ab – „handeln im nationalen Interesse“)
Frankfurter Rundschau / Welt.de – 24 ottobre 2025
I paesi del G7, Germania in testa, hanno deciso di non aderire alla proposta di bloccare completamente le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) dalla Russia, nonostante le pressioni di alcune ONG e di Kiev. In una dichiarazione comune trapelata alla stampa tedesca, i governi di Germania, Italia, Francia, Giappone, Canada, Regno Unito e Stati Uniti affermano di “agire nel proprio interesse nazionale” sul dossier energetico. Per la Germania, ciò significa mantenere aperta la possibilità di acquistare carichi spot di GNL russo sul mercato globale, pur ridotti. Dall’inizio della guerra in Ucraina, Berlino ha drasticamente tagliato la dipendenza dal gas russo – passando dall’oltre 50% pre-2022 a quasi zero sulle forniture via pipeline – e ha diversificato con forniture di GNL da USA, Qatar e Norvegia. Tuttavia, piccole quantità di GNL russo continuano ad arrivare indirettamente (ad esempio tramite traders che scaricano a Rotterdam e poi rigirano in rete). Alcuni sostenevano andasse dato un segnale etico interrompendo anche questo flusso residuo, ma il G7 – su impulso principalmente di Italia e Germania – ha valutato che un divieto formale rischierebbe di far aumentare i prezzi globali del gas, danneggiando le proprie economie. “Non possiamo tagliare fuori ogni fonte di energia russa dall’oggi al domani senza conseguenze”, ha ammesso il ministro dell’Economia tedesco Reiche a margine di un incontro a Bruxelles. Inoltre, c’è la preoccupazione che un bando spingerebbe la Russia a dirottare ancor più i volumi verso Cina e India a prezzi scontati, lasciando l’Europa con meno offerta sul mercato spot. La Germania nel 2023-25 ha inaugurato terminali GNL propri sul Mare del Nord e Baltico, ma l’utilizzo è ancora al di sotto del pieno regime e una parte del gas liquido disponibile globalmente proviene proprio dalla Russia (impianti di Yamal). Aderendo al no all’embargo, Berlino mostra pragmatismo: la sicurezza energetica interna resta prioritaria. Ciò non significa riprendere i contratti a lungo termine con Gazprom (politicamente impossibili ora), ma semplicemente non precludersi acquisti occasionali se servisse. Le reazioni a tale posizione non si sono fatte attendere: l’Ucraina esprime “rammarico” e sostiene che ogni euro alla Russia finanzia la guerra; le associazioni ecologiste tedesche criticano l’ipocrisia di proclamare l’uscita dai fossili russi ma poi tenerne una porta aperta; d’altro canto, l’industria pesante (chimica, vetro) tira un sospiro di sollievo, temendo razionamenti se l’inverno fosse rigido e l’offerta di gas limitata. Il governo Merz assicura comunque che l’impegno a liberarsi dall’energia russa resta intatto, ricordando la fine totale del carbone russo e quasi del petrolio russo in Germania, ma rivendica anche la flessibilità necessaria in tempi di crisi: se un ondata di gelo colpisse e servisse gas aggiuntivo, non si escluderà a priori di comprarlo dovunque disponibile per tutelare cittadini e imprese. “Agire nel nostro interesse nazionale” in questo contesto significa, conclude FR, che la realpolitik energetica prevale sulle considerazioni etiche, almeno finché l’Europa non sarà completamente indipendente sul fronte approvvigionamenti.
Adidas corre veloce: vendite record e utili in crescita spingono il gigante dello sportswear
Adidas erwirtschaftet Umsatzrekord und hebt Gewinnprognose an
Manager Magazin / Handelsblatt – 25 ottobre 2025
Nel panorama economico non certo brillante della Germania, spicca la performance di Adidas, lo storico marchio di articoli sportivi. La società con sede a Herzogenaurach (Franconia) ha annunciato di aver realizzato ricavi da record nei primi nove mesi del 2025, spingendosi a ritoccare al rialzo le stime di profitto per l’intero anno. In cifre: il fatturato ha raggiunto quota 19,5 miliardi di euro da gennaio a settembre, in crescita di circa l’8% sullo stesso periodo 2024 – il livello più alto mai toccato nella storia dell’azienda su 9 mesi. Il terzo trimestre in particolare ha visto un boom di vendite trainato dall’Europa e dall’America del Nord. Due i fattori chiave: il successo della nuova linea di scarpe da running ecosostenibili Ultraboost Green (realizzate in materiale riciclato) che hanno conquistato fette di mercato tra i consumatori attenti all’ambiente, e l’effetto traino del Mondiale di calcio femminile 2025 vinto dalla Germania, per cui Adidas – sponsor tecnico della nazionale – ha venduto milioni di maglie e merchandising. Inoltre, la fine delle restrizioni pandemiche globali ha riaperto a pieno i negozi fisici e Adidas ha beneficiato di campagne pubblicitarie mirate con celebrity e atleti di spicco (tra cui una collaborazione virale con una popstar per una linea di sneakers). Sul fronte utili, il margine operativo è migliorato grazie a prezzi medi di vendita più alti e ad efficaci programmi di riduzione costi lanciati dal CEO Kasper Rørsted prima della sua uscita. Il nuovo CEO, Bjørn Gulden (ex Puma), insediato a inizio anno, ha potuto quindi annunciare con soddisfazione che l’utile netto 2025 supererà le attese: la previsione viene alzata a circa 1,4 miliardi di euro, rispetto all’1,2 stimato in precedenza. Questo aumento di guidance ha fatto balzare il titolo Adidas in Borsa di un +5% nella giornata dell’annuncio. L’azienda prevede un’ulteriore spinta nell’ultimo trimestre, tradizionalmente forte per via delle vendite natalizie, complice anche il lancio di una collezione retrò anni ’90 che sta creando hype sui social. Malgrado le notizie positive, Adidas resta cauta su alcune sfide: il mercato cinese è tornato a crescere ma con intensità minore del passato, e la concorrenza (Nike su tutte) è agguerrita con forti sconti su certi articoli. Inoltre, i costi delle materie prime e della logistica sono ancora alti, erodendo parzialmente i margini. Tuttavia, la combinazione di innovazione di prodotto, marketing azzeccato e attenzione ai trend (sostenibilità, nostalgia) ha permesso ad Adidas di battere la crisi dei consumi che ha penalizzato altri settori. Questa storia di successo mostra che persino in un contesto economico difficile ci sono campioni tedeschi capaci di adattarsi e prosperare: come commenta Manager Magazin, “Adi Dassler [fondatore di Adidas] sarebbe orgoglioso nel vedere le sue tre strisce volare alto anche in tempi incerti”.


