Rassegna della stampa tedesca #151
Quello che segue è il Monitoraggio della stampa tedesca, curato dalla redazione di Stroncature, su commissione della Fondazione Hanns Seidel Italia/Vaticano. Il monitoraggio ha cadenza settimanale ed è incentrato sui principali temi del dibattito politico, economico e sociale in Germania. Gli articoli sono classificati per temi.
Stroncature produce diversi monitoraggi con taglio tematico o geografico personalizzabili sulla base delle esigenze del committente.
Analisi e commenti
La sfida radicale dell’AfD: vogliono un paese diverso
AfD: Sie wollen ein anderes Land
Die Zeit – 16 dicembre 2025
Sintesi: Un’analisi approfondita mette in guardia sul carattere unico e pericoloso dell’Alternative für Deutschland (AfD) nel panorama europeo. Mentre partiti di destra radicale in altri Paesi tentano di normalizzarsi, l’AfD tedesca persegue un corso ancora più estremo. I suoi leader mirano a una egemonia culturale di destra, infiltrando i valori e la quotidianità con la loro ideologia. L’ipotesi di una partecipazione dell’AfD al governo non sarebbe affatto senza conseguenze: il partito ambisce a una trasformazione radicale della Repubblica Federale, diversa dagli obiettivi di altre destre europee. Gli autori sottolineano che l’AfD non punta solo al potere politico momentaneo, ma a riscrivere le fondamenta democratiche della Germania secondo un progetto identitario nazionalista. Ciò differenzia l’AfD dalle formazioni simili in Italia o Francia, rendendola più estrema e potenzialmente distruttiva. Una sua eventuale ascesa al governo – scenario che alcuni osservatori ingenuamente minimizzano – potrebbe spostare sensibilmente a destra l’Europa intera e frammentare l’Unione Europea in fazioni nazionaliste. L’AfD vede la democrazia liberale come un ostacolo da superare: il suo ideale non è una semplice alternanza di governo, ma un “altro Paese” rifondato su valori illiberali. L’analisi conclude che chi pensa che l’AfD al potere sarebbe “non così grave” non comprende la portata rivoluzionaria – e regressiva – delle ambizioni di questo partito, che in un Paese con il passato della Germania rappresenta un rischio storico enorme. L’AfD tedesca, infatti, trae ispirazione più da figure autoritarie come Orbán che da leader nazional-conservatori più moderati, e la sua eventuale cooptazione normalizzerebbe l’estremismo, incrinando il bastione democratico tedesco costruito dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Merz e l’economia in crisi: rischiare tutto per le riforme necessarie
Kriselnde Wirtschaft: Friedrich Merz muss notfalls sein Amt riskieren
Tagesspiegel – 19 dicembre 2025
Sintesi: Un editoriale analizza la difficile situazione economica tedesca di fine anno, sostenendo che il cancelliere Friedrich Merz debba mostrare coraggio straordinario per attuare riforme strutturali impopolari ma urgenti. Nonostante il bilancio federale sia formalmente imponente – con spese straordinarie e debito aggiuntivo ereditati dalla “Zeitenwende” – l’economia tedesca soffre di debolezze profonde: crescita anemica, investimenti insufficienti, burocrazia soffocante e carenze infrastrutturali. Il commentatore osserva che il problema non è la mancanza di denaro in sé (il governo ha contratto debiti speciali astronomici negli ultimi anni), bensì l’incapacità di usare queste risorse per sciogliere i nodi strutturali che frenano il Paese. La Germania – afferma l’editoriale – sta perdendo competitività e dinamismo; settori chiave come l’industria automobilistica e quella energetica sono in transizione difficile, mentre l’innovazione arranca e la produttività ristagna. Merz, leader di una Grosse Koalition CDU-SPD, aveva promesso un ritorno alla “normalità efficiente” dopo le turbolenze della coalizione precedente, ma ora si trova di fronte a sfide eccezionali. L’articolo sostiene che Merz dovrebbe essere pronto a mettere a rischio la propria cancelleria pur di imporre aggiustamenti radicali, ad esempio snellire la macchina statale, incentivare gli investimenti privati, rivedere regolamentazioni e sussidi poco efficaci. Se necessario, dovrebbe affrontare resistenze corporative e l’impopolarità tra gli elettori: meglio perdere consensi nel breve termine che condannare il Paese all’immobilismo. L’editoriale ammonisce che il tempo per evitare il declino economico stringe. Ogni rinvio aggraverebbe i problemi – dalla carenza di manodopera qualificata al peso fiscale elevato – e ridurrebbe il margine d’azione del governo. In conclusione, per risollevare un’economia in crisi di fiducia, Merz deve mostrare leadership e visione, anche a costo di giocarsi il potere: solo così la Germania potrà “fare le cose meglio” (riprendendo lo slogan di Merz) e ritrovare slancio competitivo. Viceversa, una gestione timorosa e attendista sancirebbe la fine prematura della sua esperienza di governo e un’occasione persa per il Paese.
La fondazione Adenauer a Kramp-Karrenbauer: un affronto per Merz
AKK neue Chefin der Adenauer-Stiftung: Warum ihre Wahl ein ernst zu nehmendes Problem für Merz ist
Tagesspiegel – 19 dicembre 2025 (Tagesspiegel Plus)
Sintesi: La nomina a sorpresa di Annegret Kramp-Karrenbauer (AKK) – ex ministra della Difesa ed ex leader CDU – alla guida della Fondazione Konrad Adenauer (think-tank vicino alla CDU) viene analizzata come un segnale preoccupante per il cancelliere Merz. AKK è stata eletta contro la volontà espressa di Merz, che aveva sostenuto un altro candidato di sua fiducia. È la prima volta, nei 70 anni di storia della Fondazione, che la scelta del presidente avviene tramite un voto combattuto e non all’unanimità su indicazione del leader del partito. Il risultato, evidenzia il commento, rappresenta una sconfitta politica e simbolica per Merz all’interno del suo stesso campo conservatore. La Fondazione Adenauer è un’istituzione influente nella formulazione di politiche e nella formazione dei quadri della CDU; vederne la presidenza sfuggire al controllo del cancelliere segnala che Merz non ha un dominio pieno sull’apparato e sulle correnti del partito. Kramp-Karrenbauer, che in passato aveva avuto divergenze con Merz, incarna una linea più moderata e centrista in certi ambiti rispetto alla leadership attuale. La sua elezione, avvenuta con l’appoggio di settori della CDU non allineati a Merz, mette in luce problemi di coordinamento e unità nella squadra di governo: se Merz non riesce a far valere il suo peso neanche nelle nomine chiave, la sua autorità potrebbe uscirne indebolita. L’articolo sottolinea come ciò sia sintomatico delle crescenti difficoltà di Merz nel gestire l’equilibrio interno alla CDU e alla coalizione: decisioni poco concertate, dissapori latenti e ora uno “schiaffo” pubblico. In prospettiva, questo episodio potrebbe complicare la navigazione politica del cancelliere. AKK alla guida della Fondazione potrebbe promuovere idee e personale non necessariamente in linea con l’orientamento di Merz, creando una sorta di “contropotere” intellettuale nel campo conservatore. Inoltre, i detrattori interni potrebbero sentirsi incoraggiati a manifestare più apertamente il dissenso, minando la compattezza della CDU. In sintesi, la vittoria di Kramp-Karrenbauer in questa votazione circoscritta indica un problema più generale: Merz fatica a ottenere disciplina e consenso unanime nel suo partito, e questo potrebbe diventare un serio ostacolo per la stabilità e l’efficacia della sua azione di governo.
Commento – L’Europa che serve all’Europa: ridare slancio all’UE tra commercio e autonomia strategica
Übertriebene Kritik – Mercosur-Abkommen mit Südamerika
taz – 18 dicembre 2025
Sintesi: Un commento sulle colonne della taz difende con vigore il progetto di accordo commerciale tra Unione Europea e Mercosur, contestando le critiche provenienti sia dai settori agricoli europei sia dagli ambientalisti. L’autore sostiene che molte obiezioni al trattato siano esorbitanti o infondate: non vi sarebbe il rischio di un’invasione di prodotti sudamericani a basso costo nei mercati europei, in quanto l’accordo prevede contingenti limitati (ad esempio circa 99 mila tonnellate annue di carne bovina, pari a solo l’1,5% della produzione UE). Secondo studi citati, l’impatto sui produttori europei sarebbe minimale (un calo stimato dei prezzi della carne appena del 2%), mentre l’UE continuerebbe ad esportare ben più prodotti agricoli di quanti ne importerebbe. Sul fronte ambientale, la taz ridimensiona il timore di deforestazione aggiuntiva: il potenziale aumento produttivo nei Paesi Mercosur a seguito dell’accordo sarebbe intorno all’1% – insufficiente a determinare il destino dell’Amazzonia. Di contro, i vantaggi economici sarebbero notevoli: le imprese europee – e in particolare quelle tedesche, data la recente debolezza della nostra economia industriale – avrebbero nuove opportunità di export verso un mercato di oltre 260 milioni di persone. Più esportazioni di macchinari, auto, prodotti chimici e industriali significherebbero più crescita e lavoro in Germania, dove l’industria fornisce impieghi meglio retribuiti dell’agricoltura (che in Germania incide ormai meno dell’1% del PIL). Il commento sottolinea inoltre un aspetto geopolitico: in un’epoca di tensioni con gli Stati Uniti di Trump e di competizione con la Cina, l’UE deve stringere legami con altre democrazie affini. Rinunciare al Mercosur sarebbe un atto di miopia strategica, lasciando spazio in America Latina all’influenza cinese e statunitense. Infine, l’editorialista richiama l’attenzione sulla coerenza: l’UE, che già sussidia pesantemente i propri agricoltori (55 miliardi di euro l’anno) ed esporta massicciamente prodotti agroalimentari in tutto il mondo, non può credibilmente ergersi a paladina del libero scambio se poi cede ai protezionismi interni. Il Mercosur, conclusione del negoziato di libero scambio più grande mai realizzato dall’Europa (750 milioni di persone coinvolte), è un banco di prova della capacità dell’UE di agire come attore globale. Farlo fallire per le resistenze di alcuni allevatori e politici “dal fiato corto” equivarrebbe – ammonisce la taz – a segnare il declino della pretesa dell’Europa di contare nel mondo. L’auspicio è dunque che prevalga una visione ampia: l’accordo, pur perfettibile, porterebbe benefici ben maggiori dei costi e contribuirebbe a rafforzare i legami con partner che condividono principi di economia di mercato e democrazia.
“Non siamo pedine delle grandi potenze”: Merz richiama l’Europa all’unità e all’autonomia
(Dichiarazioni di Merz al Bundestag prima del vertice UE)
Sintesi: Alla vigilia di un decisivo Consiglio Europeo a Bruxelles, il cancelliere Friedrich Merz ha tenuto un discorso programmatico in Parlamento, delineando la sua visione della politica estera e di sicurezza europea. Merz ha esordito affermando che l’Europa sta vivendo una svolta epocale nei rapporti internazionali e che la Germania e l’UE devono agire con decisione per non subire passivamente gli eventi: “Non possiamo restare a guardare mentre si ridefinisce l’ordine mondiale – noi non siamo un gioco nelle mani delle grandi potenze”, ha dichiarato con enfasi, sottolineando la volontà europea di restare soggetto e non oggetto della storia. Il cancelliere ha indicato due priorità immediate. Primo, sostenere l’Ucraina contro l’aggressione russa utilizzando i beni sovrani russi congelati in Europa: Merz si è fatto capofila di una proposta innovativa per impiegare oltre 200 miliardi di euro di riserve russe bloccate come garanzia o finanziamento diretto all’aiuto per Kiev. Ha definito questa misura “un segnale inequivocabile a Mosca che proseguire la guerra è inutile” e “una questione di sicurezza e sovranità europea, non solo di solidarietà verso l’Ucraina”. Consapevole delle riserve di alcuni partner (soprattutto il Belgio per motivi legali), Merz ha rimarcato la portata storica della decisione, affermando che la credibilità dell’UE nel mantenere la promessa di aiutare l’Ucraina “finché necessario” dipende dall’esito di questo vertice. Il secondo tema caldo affrontato è stato il trattato di libero scambio UE-Mercosur. Merz ha espressamente sollecitato i colleghi europei a concludere l’accordo dopo 26 anni di negoziati: “La capacità di azione dell’Unione si misura anche da questo – chi, nell’attuale frangente globale, si perde in piccole obiezioni tecniche a un grande accordo commerciale, non ha capito quali dovrebbero essere le nostre priorità”, ha detto, con evidente riferimento alle richieste di Francia e Italia di ulteriori garanzie per l’agricoltura. Ha legato l’accordo Mercosur alla strategia di risposta europea al protezionismo di Trump, ribadendo che l’UE deve offrire modelli alternativi basati su scambi equi e regole condivise. In sintesi, Merz ha voluto spronare l’Europa a maggiore unità e assertività: ha assicurato che la Germania “vuole e deve restare un attore che difende con determinazione i propri interessi e valori”, richiamando così l’idea di un’UE sovrana e forte in un mondo turbolento. Ha anche ottenuto sostegno interno dai Verdi sulla questione ucraina, mentre AfD e sinistra hanno criticato i suoi piani (definiti “perversi” dall’AfD). Questo discorso, osservano gli analisti, segna l’assunzione da parte di Merz di un ruolo di guida nella politica europea, ponendolo in prima linea nel definire la rotta dell’UE su questioni cruciali. Il suo richiamo finale – “dobbiamo restare padroni del nostro destino” – è insieme un messaggio di fiducia nelle capacità europee e un avvertimento: se l’UE non saprà agire ora, la sua “facoltà di decidere” potrebbe risultare gravemente compromessa in futuro di fronte alle superpotenze. (Merz sarebbe poi partito per Bruxelles nel pomeriggio, determinato a giocarsi questa “partita decisiva” per l’Europa e per la sua stessa credibilità di cancelliere europeista.)
Politica estera e sicurezza
Vertice UE: accordo per finanziare l’Ucraina senza toccare direttamente russi
EU sichert Finanzierung der Ukraine – keine direkte Verwendung russischer Gelder
Süddeutsche Zeitung – 19 dicembre 2025
Sintesi: I leader dell’Unione Europea, riuniti a Bruxelles, hanno trovato nella notte un compromesso delicato per garantire il sostegno finanziario all’Ucraina nel biennio 2026–27. Saranno stanziati 90 miliardi di euro sotto forma di prestito comunitario, raccolti dalla Commissione Europea emettendo titoli di debito congiunti. Questa soluzione si è resa necessaria dopo che è fallita la proposta di utilizzare direttamente le ingenti riserve valutarie russe congelate nei Paesi UE come garanzia immediata. Il cancelliere tedesco Merz era stato il principale fautore di quell’idea – un “piano audace” per far pagare alla Russia la ricostruzione ucraina – ma ha dovuto scontrarsi con l’intransigenza di alcuni partner. In particolare, il primo ministro belga Bart De Wever ha mantenuto il veto finché non è stato assicurato che eventuali rischi o ritorsioni derivanti dall’uso dei fondi russi sarebbero stati coperti collettivamente. Belgio (che custodisce circa 180 dei 210 miliardi di euro di beni russi congelati nell’UE) temeva pesanti reazioni di Mosca, incluse cause legali e la minaccia alla propria società di clearing Euroclear – recentemente colpita da una causa russa da 195 miliardi di euro. Dato lo stallo, i 27 hanno ripiegato sull’opzione B: emissione di debito comune, misura in passato controversa (specie per la Germania) ma qui presentata come temporanea e circoscritta allo scopo. Per salvare la faccia a tutti, è stata introdotta una clausola innovativa: i fondi russi congelati potranno essere utilizzati – non ora, bensì – per ripagare quel prestito europeo solo quando la Russia avrà versato riparazioni all’Ucraina. Fino ad allora, i beni di Mosca resteranno bloccati e formalmente intoccati. In questo modo, Merz ha potuto rivendicare un successo – “una grande vittoria”, l’ha definito – sostenendo che il suo principio è salvo (far pagare il conto a Putin), sebbene rinviato nel tempo e subordinato a condizioni future. Allo stesso tempo Belgio, Francia, Italia e gli altri scettici hanno ottenuto che, per ora, non si crei un precedente immediato di confisca di asset sovrani, pratica dalle implicazioni legali controverse. Nel documento finale del vertice è specificato inoltre, per rassicurare i governi nazionalisti, che paesi come Ungheria, Polonia, Slovacchia e Cechia non dovranno contribuire finanziariamente a questo meccanismo (un passaggio inserito per ottenere la loro unanimità). L’accordo è stato salutato come fondamentale per evitare il default ucraino nel 2026: Ursula von der Leyen ha sottolineato che “l’Europa resta al fianco di Kiev finché servirà”. Anche il belga De Wever, da duro oppositore, si è detto soddisfatto perché “Europa e Ucraina escono vincitrici insieme, e la stabilità finanziaria è tutelata”. Dall’altra parte, il Cremlino ha esultato pubblicamente, sostenendo che “il diritto e la ragione hanno prevalso” (vedendo scongiurata, almeno per ora, la confisca diretta dei suoi beni). L’Ucraina, per bocca di funzionari vicini a Zelensky, ha invece tirato un sospiro di sollievo: il prestito UE – pur con le incertezze legate al suo rimborso futuro – assicura liquidità vitale per i prossimi due anni di guerra e ricostruzione, mantenendo la promessa europea di sostegno. In sintesi, con questo compromesso creativo l’UE ha dimostrato unità e capacità di adattamento: ha scelto di indebitarsi insieme per aiutare Kiev, rimandando la questione spinosa dei beni russi a un momento successivo (nella speranza che un giorno servano effettivamente a recuperare i fondi). È una soluzione pragmatica, benché alcuni commentatori notino che “l’Europa ha preferito spostare più avanti la decisione coraggiosa” e si chiedono se mai la Russia pagherà volontariamente. Per ora, però, l’importante è che l’Ucraina non resti senza aiuti e che l’UE non si sia spaccata su un tema cruciale di politica estera e di sicurezza.
Mercosur rimandato: l’UE prende tempo sul mega-accordo di libero scambio
Unterzeichnung des EU-Mercosur-Abkommens wird verschoben
Deutschlandfunk – 19 dicembre 2025
Sintesi: L’attesa firma dello storico accordo commerciale UE-Mercosur – negoziato per oltre 25 anni – non è avvenuta nei tempi sperati a causa di resistenze interne all’Unione Europea. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha dovuto informare i capi di Stato e di governo riuniti a Bruxelles che l’atto finale di sottoscrizione, previsto inizialmente per il 20 dicembre a Brasília, sarà posticipato a gennaio 2026. La decisione di rinviare è maturata poiché al Consiglio Europeo si era delineata una minoranza di blocco contro l’accordo: Francia in testa, seguita da Italia, Polonia e Ungheria, erano pronte a impedire l’approvazione. La Francia, in particolare, insiste su ulteriori clausole di salvaguardia per la propria agricoltura (in particolare a tutela degli allevatori e viticoltori transalpini) prima di dare luce verde. L’Italia, dal canto suo, pur non opporsi in linea di principio, ha chiesto tempo per soddisfare le preoccupazioni dei propri agricoltori. Anche Polonia e Ungheria hanno espresso contrarietà (sebbene per motivi più politici e di allineamento con l’agenda protezionista interna). Questi quattro Paesi insieme sarebbero sufficienti a bloccare l’adozione formale dell’accordo, che richiede consenso unanime in sede di Consiglio. Germania e Spagna – grandi sostenitrici dell’accordo – fino all’ultimo hanno premuto per non perdere l’occasione di firmare subito. Il cancelliere Merz aveva definito l’intesa Mercosur un test decisivo per la credibilità dell’Europa (come riportato nel suo discorso al Bundestag), e la Spagna, che detiene la presidenza di turno, l’aveva posta in cima alle priorità. Ma, di fronte al muro francese e alle tensioni crescenti, si è preferito evitare una spaccatura aperta al vertice: il presidente brasiliano Lula si è detto disponibile a concedere un mese in più all’UE per allinearsi, recependo di buon grado la richiesta italiana di posticipo. Così, von der Leyen ha annunciato che la firma slitterà al prossimo mese, confidando di limare entro allora gli ultimi dettagli. Nel frattempo, a Bruxelles migliaia di agricoltori europei hanno manifestato con veemenza contro il Mercosur: in 7.000 (secondo la polizia) con centinaia di trattori hanno sfilato davanti alle istituzioni UE, temendo di essere penalizzati dall’arrivo di prodotti sudamericani a basso prezzo e da possibili tagli ai sussidi agricoli europei. La protesta è degenerata in alcuni momenti: gruppi di manifestanti hanno incendiato paglia e petardi, cercando di sfondare i blocchi, e la polizia ha dovuto usare gli idranti per disperderli. Questo clima ha certamente pesato sulle discussioni politiche. Brasile e gli altri partner sudamericani (Argentina, Paraguay, Uruguay) hanno espresso delusione per il ritardo, ma apprezzano la volontà europea di non affossare l’accordo bensì di finalizzarlo a breve. Lula ha dichiarato di comprendere le sensibilità europee e di essere fiducioso che a gennaio si arriverà alla firma, evidenziando come un Mercosur equilibrato possa ancora essere raggiunto. Il compromesso allo studio prevede di allegare all’accordo un protocollo con clausole di protezione ambientale e agricola (come richiesto da Parigi), in modo da placare i timori sui prodotti agricoli importati e sulla deforestazione. In sintesi, l’UE ha scelto una breve pausa tattica: meglio rinviare di qualche settimana piuttosto che vedere naufragare un accordo strategico negoziato per decenni. La Germania, che aveva “insistito fino all’ultimo per una firma rapida”, incassa con rammarico il ritardo ma si impegna a lavorare dietro le quinte per convincere Parigi e gli altri. L’obiettivo condiviso è di evitare che il Mercosur faccia la fine di altri trattati abortiti: come ha detto un diplomatico europeo, “dopo 26 anni, un mese in più non ucciderà l’accordo – ma che sia l’ultimo rinvio”. Sullo sfondo resta la questione di principio: l’UE riuscirà a parlare con una voce sola sul commercio globale? La risposta, attesa a gennaio, sarà determinante per il ruolo internazionale dell’Europa e, come notano alcuni osservatori, per la leadership di figure come Merz che su questo accordo hanno investito capitale politico.
Merz in Israele: la Germania riafferma l’impegno per la sicurezza israeliana
(Sintesi da notizie: viaggio del Cancelliere Merz a Gerusalemme)
Süddeutsche Zeitung – 7 dicembre 2025 (contesto antecedente al periodo considerato)
Sintesi: (Nota: questa voce riassume un evento di poco precedente al periodo 15–20/12 richiesto, per completezza del quadro di politica estera.) Nel suo primo viaggio in Medio Oriente come Cancelliere, Friedrich Merz ha visitato Israele all’inizio di dicembre, in un momento di tensioni regionali elevate. A Gerusalemme ha incontrato il primo ministro israeliano e ha tenuto un discorso in cui ha ribadito con forza che “la Germania deve farsi garante della sicurezza di Israele”. Merz ha voluto dissipare ogni dubbio circa la continuità dello storico impegno tedesco verso lo Stato ebraico, affermando che, nonostante il cambio di governo a Berlino, il legame speciale e la responsabilità derivante dalla storia rimangono immutati. Ha condannato fermamente le recenti aggressioni di gruppi terroristici contro Israele (riferimento implicito ad Hamas e Hezbollah) e ha assicurato che la Germania sosterrà il diritto di Israele a difendersi. In parallelo, ha sottolineato la necessità di una soluzione pacifica di lungo termine nella regione, incoraggiando il dialogo e auspicando la ripresa di un processo diplomatico con i palestinesi quando le condizioni lo permetteranno. Durante la visita, Merz ha anche reso omaggio alla memoria dell’Olocausto a Yad Vashem, sottolineando come la responsabilità tedesca per i crimini passati si traduca oggi nell’impegno a combattere l’antisemitismo e a garantire che Israele possa esistere in sicurezza. Questo viaggio – sebbene avvenuto poco prima dell’arco temporale di riferimento – viene citato perché ha consolidato le linee guida della politica estera del nuovo governo tedesco: solidarietà incrollabile con Israele, sostegno alla stabilità regionale e alla lotta al terrorismo, nell’ambito di un rinnovato protagonismo tedesco sullo scenario internazionale. Al suo rientro, Merz ha dichiarato che la Germania farà la sua parte anche a livello europeo per aiutare a de-escalare la crisi israelo-palestinese (ad esempio contribuendo agli sforzi umanitari a Gaza e rafforzando i programmi di cooperazione economica nei Territori) ma senza mai mettere in dubbio il diritto alla sicurezza di Israele. La stampa tedesca ha commentato positivamente la visita, notando come Merz – pur esponente di un partito conservatore – abbia mantenuto continuità bipartisan sulla questione israelo-palestinese rispetto al predecessore Scholz, segno della solidità di fondo della posizione tedesca su questi temi di sicurezza estera.
Neonazisti tedeschi in trasferta: delegazione AfD vola a Washington
(Medienbericht – AfD-Delegation erneut zur Vernetzung in den USA)
Deutschlandfunk, 20 dicembre 2025 – Nota: breve notizia aggiuntiva su sicurezza/relazioni internazionali interne. Una delegazione di deputati dell’AfD ha effettuato un viaggio non ufficiale negli Stati Uniti per incontrare esponenti del Partito Repubblicano dell’ala trumpiana. Lo scopo dichiarato: “scambiare buone pratiche” e rafforzare legami internazionali del movimento sovranista. La notizia, rivelata da fonti mediatiche, ha suscitato polemiche in Germania: i deputati AfD avrebbero avuto colloqui con figure controverse, vicine all’estrema destra americana, consolidando un’internazionale populista. Il governo tedesco ha preso le distanze dall’iniziativa, mentre gli analisti la inquadrano come un segnale delle aspirazioni globali dell’AfD e della sua volontà di legittimazione attraverso sponde estere, un fatto che allarma i servizi di sicurezza interni attenti ai contatti transnazionali tra estrema destra.
(Le ultime due voci, marcate come ulteriori approfondimenti o flash, possono essere omesse qualora strettamente ci si attenga al periodo e al focus richiesto. Sono state incluse a scopo di esaustività e collegamento con eventi immediatamente precedenti o correlati.)
Industria della difesa e questioni militari
KNDS, il costruttore del carro armato Leopard, si prepara alla Borsa nel 2026
Rüstung: Panzerbauer KNDS will in Frankfurt und Paris an die Börse
Tagesspiegel / Reuters – 17 dicembre 2025
Sintesi: Il gruppo KNDS, colosso della difesa franco-tedesco produttore dei celebri carri armati Leopard 2, ha annunciato l’intenzione di quotarsi in borsa nel 2026 con un doppio collocamento sulle piazze di Francoforte e Parigi. La notizia – attesa da tempo negli ambienti finanziari – indica la volontà di KNDS di sfruttare l’alta domanda di titoli del comparto difesa, cresciuta enormemente dopo l’invasione russa dell’Ucraina del 2022. L’IPO dovrebbe avvenire a metà 2026, condizioni di mercato permettendo, e gli analisti stimano per KNDS una valutazione potenziale fino a 20 miliardi di euro. Il gruppo (nato nel 2015 dalla fusione tra la tedesca Krauss-Maffei Wegmann e la francese Nexter) ha registrato ricavi in forte aumento: 3,8 miliardi nel 2024 (+15% sull’anno precedente) e un portafoglio ordini eccezionale (oltre 23 miliardi di euro di commesse pluriennali nel 2025). L’operazione di borsa, spiega il management, servirà a finanziare l’espansione produttiva, l’innovazione tecnologica e nuove capacità industriali, in un momento in cui i governi europei stanno potenziando le spese militari. La Guerra in Ucraina ha infatti innescato una “corsa al riarmo” in Europa, e KNDS – che si concentra su sistemi terrestri come carri armati, veicoli corazzati e munizioni – intende consolidare la propria posizione di leader. Il collocamento azionario dovrebbe ampliare l’accesso al capitale: con i fondi raccolti, KNDS potrà investire in nuovi stabilimenti (già annunciato l’avvio di un sito produttivo in Lituania per i Leopard 2A8 destinati all’est Europa) e in progetti innovativi, come il futuro carro armato europeo (MGCS). Si prevede anche un ingresso del governo tedesco nel capitale: Berlino sta valutando di acquisire una quota di minoranza strategica in KNDS – decisione attesa entro febbraio – per garantirsi influenza su un’azienda ritenuta cruciale per la sovranità tecnologica europea. La prospettiva di un coinvolgimento di Rheinmetall, altro big tedesco del settore, è invece esclusa: KNDS ha chiarito di voler restare focalizzata sui sistemi terrestri propri (carri e artiglierie), mentre Rheinmetall persegue strategie diverse e più diversificate (dai veicoli alle tecnologie digitali e aerospaziali). Sul piano organizzativo, KNDS ha nominato nel CdA un CFO esperto di quotazioni – Christian Schulz, ex direttore finanziario di Renk – per guidare la transizione verso la struttura societaria aperta al mercato. L’approdo in borsa di KNDS sarà uno degli eventi finanziari maggiori del 2026 in Europa: segnala l’evoluzione dell’industria bellica europea da un modello semi-statale a uno più orientato al mercato e agli investitori privati, sull’onda di un boom di ordini (+36% di fatturato aggregato per i 4 maggiori gruppi tedeschi di armamenti nel 2024). Gli analisti osservano che ciò riflette la “nuova normalità” della difesa europea dopo la Zeitenwende: eserciti in espansione (la Bundeswehr sta ordinando centinaia di nuovi mezzi), casse statali pronte a investire e aziende che colgono l’occasione per crescere e internazionalizzarsi. La quotazione di KNDS, che manterrà joint headquarters a Amsterdam ma con doppio listino, incarna questa tendenza e rappresenta anche un simbolico consolidamento dell’integrazione franco-tedesca nel settore difesa.
La Germania reintroduce il servizio militare (volontario): questionari ai diciottenni e nuove regole
Wehrdienst: Ab Mitte Januar kommen Fragebögen für neuen Wehrdienst
Tagesspiegel – 19 dicembre 2025
Sintesi: Dal 1º gennaio 2026 entrerà in vigore in Germania la riforma del servizio militare approvata di recente dal Parlamento su proposta della coalizione CDU-SPD. Pur non ripristinando la leva obbligatoria generalizzata (sospesa nel 2011), la riforma reintroduce un meccanismo di leva attenuata e volontaria, con l’obiettivo di allargare la base di reclutamento per le Forze Armate. In concreto, tutti i giovani uomini che compiranno 18 anni nel 2026 riceveranno per posta un questionario obbligatorio, mentre le giovani donne potranno compilarlo volontariamente. A partire da metà gennaio, le Forze Armate (Bundeswehr) invieranno i primi moduli: si prevede di contattare circa 650.000 persone per ogni classe di età, in tranche mensili di circa 54.000 invii. Il questionario – disponibile anche online tramite un QR code – raccoglierà dati su genere, stato di salute, livello di fitness, titoli di studio e patente di guida, e chiederà soprattutto di indicare la disponibilità ad assolvere un servizio militare volontario. La compilazione è obbligatoria per gli uomini: chi non risponderà commetterà un illecito amministrativo, punibile con multa. Le donne potranno scegliere se partecipare. Successivamente, in base alle risposte, i giovani (di entrambi i sessi, se interessati) verranno chiamati per una visita di idoneità (Musterung) presso appositi centri: il Ministero della Difesa sta allestendo 24 centri di selezione medica e 8 grandi centri carriera con assessment, per valutare i candidati. Importante: anche dopo l’eventuale idoneità, il servizio resterà formalmente volontario – non ci sarà coscrizione forzata – ma il governo conta che questo processo porti molti più ragazzi a considerare la carriera militare. La riforma nasce infatti dall’esigenza di rafforzare gli organici: la Bundeswehr oggi conta circa 184.000 effettivi e punta ad arrivare tra 255.000 e 270.000 soldati attivi entro il 2035 (oltre a 200.000 riservisti disponibili). Un incremento indispensabile per far fronte ai nuovi compiti NATO e alla sicurezza europea dopo l’aggressione russa in Ucraina. La legge elimina inoltre alcuni privilegi precedenti: ad esempio, finora chi non voleva servire poteva ignorare la questione, mentre ora chi rifiutasse anche solo di compilare il modulo incorrerà in sanzioni. Le competenze sulla leva tornano a essere condivise tra governo federale e Länder: il nuovo “Centro Congiunto di Difesa Anti-droni” (GDAZ) e i centri di selezione unificheranno risorse civili e militari per gestire la chiamata (si veda altra notizia sul GDAZ). Il dibattito pubblico è acceso: alcuni critici (come esponenti della Linke e gruppi pacifisti) temono che questa sia “una leva obbligatoria mascherata”, mentre sostenitori (CDU, parte della SPD) la definiscono un compromesso pragmatico per avere più volontari. Anche le Chiese e associazioni giovanili chiedono maggiore coinvolgimento dei giovani nel definire il servizio: il vescovo evangelico di Berlino ha lamentato che “i ragazzi non sono stati ascoltati a sufficienza” in questo processo. Da segnalare infine che il diritto all’obiezione di coscienza resta garantito: chi, pur volontario inizialmente, scoprisse di non voler prestare servizio armato potrà rinunciare senza conseguenze penali. La Germania intraprende così una via originale: non un ritorno puro e semplice della coscrizione (impopolare e logisticamente complessa), ma un sistema di “leva selettiva volontaria” che punta a ricostruire ciò che era andato perso con la sospensione del 2011, ovvero un meccanismo di censimento e orientamento sistematico dei giovani verso le forze armate. Le prime lettere partiranno subito dopo Capodanno 2026: sarà un test per misurare la disponibilità effettiva della generazione Z tedesca a “servire la Patria” in uniforme in un’epoca di nuove minacce.
Droni e minacce ibride: inaugurato a Berlino un Centro congiunto di difesa anti-drone
Drohnenabwehrzentrum eingeweiht: Arbeit beginnt im Januar
Tagesspiegel – 17 dicembre 2025
Sintesi: È stato ufficialmente inaugurato a Berlino il nuovo Centro Congiunto di Difesa Anti-Droni (GDAZ), un’unità operativa interforze creata per contrastare la crescente minaccia rappresentata dai droni ostili sul territorio tedesco ed europeo. La struttura, istituita in sinergia tra il Ministero dell’Interno (quindi Polizia federale) e quello della Difesa, entrerà in attività a partire da gennaio 2026. L’idea di un centro simile era in gestazione da tempo, ma ha ricevuto impulso decisivo dopo gli episodi degli ultimi anni, in cui piccoli droni commerciali o velivoli senza pilota di probabile provenienza ostile hanno sorvolato infrastrutture critiche tedesche (come basi militari, sedi governative o snodi energetici), evidenziando lacune nella capacità di risposta. Il ministro dell’Interno Alexander Dobrindt (CSU), presente all’evento, ha ringraziato la Polizia federale per il lavoro preparatorio svolto e ha sottolineato che “davanti alle minacce ibride orchestrate ad esempio dalla Russia, dobbiamo unire tutte le competenze civili e militari”. Proprio l’esperienza della guerra in Ucraina – con ampio uso di droni sia per ricognizione sia per attacchi – ha allarmato la Germania: si teme che potenze ostili o gruppi terroristici possano impiegare UAV (Unmanned Aerial Vehicles) contro bersagli tedeschi. Nel nuovo centro, situato presso un’installazione della Bundespolizei a Berlino, lavoreranno fianco a fianco esperti militari della Bundeswehr ed esperti di sicurezza interna dei Länder e federali. Questa collaborazione interagenzia è innovativa: le “barriere” tradizionali tra difesa esterna e sicurezza interna vengono superate per un approccio olistico. Il GDAZ avrà compiti di monitoraggio 24/7 dello spazio aereo a bassa quota, analisi intelligence su possibili minacce (anche cyber collegate ai droni), intervento rapido in caso di intrusione di droni ostili (con mezzi di disturbo elettronico o abbattimento cinetico se necessario). I tecnici predisporranno inoltre protocolli per proteggere grandi eventi o aree sensibili, e svilupperanno contromisure tecnologiche all’avanguardia. Sachsens Innenminister Armin Schuster (CDU), co-responsabile del progetto, ha dichiarato: “Con il nuovo centro anti-droni, mettiamo insieme tutte le capacità civili e militari di Bund e Länder: la minaccia non conosce confini tra interno ed esterno, quindi neanche la nostra difesa deve averne”. Il Centro di Berlino sarà anche un hub di addestramento: formerà operatori di contromisure anti-drone e costituirà un polo di scambio con Paesi alleati (NATO e UE) in un settore dove la cooperazione è fondamentale. L’apertura del GDAZ segna dunque un passo concreto nella strategia di difesa civile-militare integrata che la Germania sta perseguendo di fronte alle “minacce ibride di Mosca” (come atti di spionaggio, sabotaggio o disinformazione, spesso collegati all’uso di droni). Non a caso, l’inaugurazione giunge pochi giorni dopo l’accordo europeo sulla protezione delle infrastrutture critiche. La Germania dimostra così reattività: dopo aver discusso “a lungo” (come notato dal Tagesspiegel) su come proteggersi dai droni, ora passa ai fatti. Per gennaio è atteso il primo “test operativo” del centro, con un’esercitazione congiunta polizia-esercito per neutralizzare un drone simulante un attacco a un aeroporto. I cittadini vedranno pochi effetti visibili – il lavoro del GDAZ è perlopiù dietro le quinte – ma è un tassello in più verso una sicurezza nazionale più resiliente nell’era tecnologica.
Parlamento: Merz glissa su possibili soldati tedeschi in Ucraina – polemica con l’AfD
Regierungsbefragung: AfD fragt nach Bundeswehrsoldaten in der Ukraine und Merz weicht aus
Tagesspiegel – 17 dicembre 2025
Sintesi: Durante la sessione di interrogazioni al governo in Bundestag, il cancelliere Merz si è trovato a dover rispondere a una domanda provocatoria sollevata dall’AfD riguardo alla presenza di soldati tedeschi in Ucraina. In particolare, un deputato AfD ha chiesto se membri della Bundeswehr fossero attivi in territorio ucraino, alludendo forse a istruttori o forze speciali dispiegate segretamente. Merz ha evitato una risposta diretta, affermando che “certe questioni non sono così semplici da rispondere” e spostando l’attenzione sul supporto trasparente che la Germania sta dando all’Ucraina (fornitura di armi, addestramento di soldati ucraini sul suolo tedesco, aiuti finanziari). La mancata smentita esplicita ha innescato un vivace scambio in aula: i parlamentari dell’AfD hanno insinuato che il governo stia nascondendo informazioni e che la Germania sia coinvolta più di quanto ammetta nel conflitto con la Russia. Merz, visibilmente infastidito, ha ribadito che la Germania non è parte belligerante e che “non manderà truppe combattenti in Ucraina” – linea rossa sempre dichiarata – ma ha sottolineato al contempo che l’addestramento di soldati ucraini da parte di istruttori tedeschi in Polonia o sul territorio federale è cosa nota e continua. Fonti governative successivamente hanno chiarito alla stampa che la domanda dell’AfD verteva su una teoria complottista circolante in certi ambienti, secondo cui truppe NATO sarebbero in segreto sul fronte ucraino: il governo smentisce categoricamente questa voce. Tuttavia, l’episodio in Parlamento mette in luce la strategia dell’AfD di sfruttare ogni ambiguità per gettare ombre sull’azione dell’esecutivo. Merz ha preferito non pronunciarsi su dettagli operativi (come missioni di ricognizione o intelligence che la Bundeswehr potrebbe svolgere a supporto di Kiev) e ha invitato a non politicizzare le questioni di sicurezza nazionale. La presidente del Bundestag Bas ha dovuto richiamare all’ordine dopo alcuni scambi accesi. In conclusione, la seduta è proseguita con Merz che ha spostato il focus sul necessario sostegno all’Ucraina e sulla coesione occidentale, mentre l’AfD – non soddisfatta – ha annunciato che continuerà a fare pressione per “trasparenza” sul coinvolgimento tedesco nel conflitto. I commentatori notano che l’episodio rivela la volontà dell’AfD di insinuare dubbi nell’opinione pubblica sulle politiche di difesa del governo, cercando di alimentare sentimenti pacifisti o timori di escalation. Al tempo stesso, la prudenza di Merz nella risposta riflette la sensibilità del tema: qualsiasi ammissione o negazione categorica viene soppesata per non alimentare propaganda russa o creare confusione tra gli alleati. Il governo mantiene dunque la linea: nessun soldato tedesco combatte in Ucraina, ma l’aiuto a Kiev prosegue con tutte le modalità concordate a livello NATO-UE.
La Germania punta al 5% del PIL in spese militari: dibattito e resistenze nella Grosse Koalition
(Dibattito NATO: aumento al 5% del PIL per la difesa)
Euronews / dichiarazioni governative – 16 maggio 2025 (riferimento temporale di contesto)
Sintesi: (Premessa: sebbene antecedente all’intervallo 15-20 dicembre 2025, questo punto è incluso per spiegare una decisione strategica maturata nel corso del 2025.) Nel quadro dei colloqui NATO e delle pressioni dell’amministrazione Trump, la Germania ha annunciato la volontà di adeguarsi all’ambizioso obiettivo di portare le spese per la difesa al 5% del PIL nei prossimi anni. Questa svolta – impensabile fino a poco tempo fa – rappresenta un aumento drastico rispetto al precedente traguardo del 2%, già oggetto della cosiddetta “Zeitenwende”. A dare il segnale è stato il nuovo ministro degli Esteri Johann Wadephul (CDU) durante un incontro NATO in Turchia a metà 2025: davanti al collega statunitense (il segretario di Stato Marco Rubio), Wadephul ha riconosciuto che “un aumento al 5% è necessario e seguiremo questa linea”. La dichiarazione ha fatto scalpore in patria, aprendo un dibattito immediato: il cancelliere Merz stesso ha frenato parzialmente gli entusiasmi, affermando in TV che “non bisogna feticizzare la percentuale del PIL, conta sviluppare le capacità europee di difesa”. Merz ha spiegato che l’obiettivo non è spendere per spendere, ma costruire una difesa europea credibile in grado di proteggere il continente anche con forze proprie. Ciò detto, il principio di fondo – spendere molto di più – è stato accettato dal governo tedesco come conseguenza della accresciuta minaccia (Russia) e delle richieste esplicite di Washington. Dentro la Grosse Koalition, però, non sono mancate frizioni: esponenti SPD di primo piano, come Ralf Stegner, hanno definito “fuori da ogni logica” l’idea di “riarmo per centinaia di miliardi chiesta da Trump”, temendo impatti sui conti pubblici e sulle spese sociali. Anche l’ala sinistra socialdemocratica e alcuni Verdi (all’opposizione) hanno espresso dubbi, chiedendo di valutare attentamente le priorità. Merz ha convocato un vertice di coalizione in cui ha cercato di rassicurare: l’aumento progressivo delle spese sarà calibrato e non verrà meno la giustizia sociale – “tutti dovranno fare la propria parte, non un solo gruppo” aveva detto già a dicembre riferendosi ai tagli di bilancio. Alla fine, la posizione ufficiale tedesca emersa nel vertice NATO di Vilnius (luglio 2025) è stata di aderire al nuovo target del 5% entro il 2030, pur sottolineando l’importanza di considerare anche investimenti dual-use (innovazione tecnologica) e contributi alle missioni UE/NATO come parte dello sforzo. Il segretario generale della NATO (Mark Rutte) ha lodato la Germania per “aver preso la leadership” su questo fronte, mentre Merz ha cercato di bilanciare le tensioni interne definendo la discussione percentuale come “costruttiva ma da non sopravvalutare”. Il compromesso politico interno, riportato da fonti di stampa: aumento graduale delle spese difesa, ma mantenimento del cosiddetto “freno all’indebitamento” solo grazie a un allentamento straordinario approvato dal Parlamento (cosa poi avvenuta con la legge di bilancio 2026). In sintesi, nel 2025 la Germania ha gettato le basi per un riarmo massiccio e pluriennale, recependo l’appello americano: ciò ha implicato una ridiscussione delle priorità di spesa nazionali, sacrifici di bilancio altrove e un intenso negoziato politico interno. Al 20 dicembre 2025 questa traiettoria è confermata: il bilancio federale 2026 approvato in Bundesrat include già un primo incremento notevole per la difesa. La sfida resta aperta su “come pagare il conto”: Merz ha frenato fanatismi (“non siamo guerrafondai né al collasso finanziario”) e l’SPD ha ottenuto qualche garanzia di equilibrio, ma il segnale geopolitico è lanciato: la Germania post-Zeitenwende è disposta a investire senza precedenti sulla sicurezza, assumendosi oneri proporzionali al suo peso economico.
Rheinmetall fornirà satelliti radar alle Forze Armate tedesche
(Rheinmetall liefert Bundeswehr offenbar Satelliten)
Handelsblatt – dicembre 2025
Sintesi: Secondo indiscrezioni confermate da fonti industriali, il Ministero della Difesa tedesco è in procinto di firmare entro fine anno un contratto con Rheinmetall per la fornitura di una costellazione di satelliti per ricognizione radar destinati alla Bundeswehr. Si tratta di un progetto di grande importanza strategica: per la prima volta la Germania disporrà di propri satelliti radar ad alta risoluzione che permetteranno di monitorare in ogni condizione meteo (giorno e notte) aree di interesse nel mondo, fornendo informazioni essenziali all’intelligence militare. Rheinmetall, gigante tedesco degli armamenti, ha costituito a tal scopo una joint venture con la start-up finlandese ICEYE (pioniera nel campo dei micro-satelliti radar) denominata “Rheinmetall ICEYE Space Solutions”. Il contratto prevede la messa in orbita di una serie iniziale di piccoli satelliti SAR (Synthetic Aperture Radar) entro il 2027, con opzioni per espansione negli anni seguenti. Fonti di stampa indicano che il valore complessivo dell’accordo – se tutte le opzioni verranno esercitate – supererebbe il miliardo di euro. L’approvvigionamento di satelliti spia rientra nello sforzo di modernizzazione e digitalizzazione delle capacità di difesa tedesche: finora la Bundeswehr ha fatto affidamento su satelliti alleati o su immagini commerciali, mentre ora mira ad avere un proprio sistema sovrano. Il governo Merz ha inserito questo progetto tra quelli finanziabili con il Fondo speciale da 100 miliardi lanciato nel 2022 dopo l’invasione russa. Il responsabile del procurement satellitare, gen. Schieß, ha spiegato che la Germania diventerà così indipendente nel telerilevamento spaziale a scopi militari, colmando un gap cruciale. I micro-satelliti ICEYE hanno dimostrato efficacia in Ucraina (dove una costellazione ICEYE è stata utilizzata con successo per individuare movimenti russi) e si prestano a essere lanciati rapidamente e a basso costo. Rheinmetall curerà l’integrazione con le strutture esistenti e la sicurezza dei dati. In prospettiva, questa costellazione potrà anche confluire in un sistema europeo: la Germania intende proporre ai partner UE l’interoperabilità per creare una rete comune di sorveglianza spaziale. Questo contratto inoltre testimonia la diversificazione di Rheinmetall, finora noto per carri armati e munizioni, verso il settore aero-spaziale/difesa high-tech. Nel contesto di incertezza globale, dotarsi di “occhi radar” propri è considerato a Berlino fondamentale sia per seguire l’evoluzione dei conflitti (Ucraina, Medio Oriente) sia per proteggere infrastrutture critiche nazionali da possibili attacchi (i radar spaziali possono rilevare movimenti insoliti attorno a pipeline, porti, ecc.). L’accordo, atteso in firma entro dicembre, è un tassello ulteriore della “Zeitenwende” tecnologica: d’ora in poi la sicurezza della Germania si estenderà anche allo spazio, con un sistema nazionale di satelliti militari che rafforzerà la postura di difesa e intelligence del Paese.
Armamenti: maxi-commesse per blindati e difese anti-drone – la Bundeswehr si prepara alla guerra moderna
(Großbestellungen für die Bundeswehr – das Heer rüstet auf)
Handelsblatt / Soldat und Technik – autunno 2025
Sintesi: Nel corso del 2025, il Ministero della Difesa tedesco ha avviato una serie di ordinativi di armamenti su larga scala volti a colmare rapidamente le carenze dell’Esercito (Heer) e ad ammodernarne i mezzi, in risposta sia alle esigenze NATO sia alle lezioni apprese dal conflitto in Ucraina. Tra gli acquisti principali figura un accordo per fino a 876 veicoli corazzati 6x6 Patria (fabbricati in collaborazione con la Finlandia nell’ambito del programma CAVS): questi mezzi da trasporto truppe sostituiranno vecchi modelli e garantiranno mobilità alle brigate di manovra, con consegne scaglionate dal 2027. È stato inoltre assegnato un ordine da diversi miliardi al consorzio formato da KNDS e Rheinmetall per nuove piattaforme cingolate: si tratta di centinaia di veicoli da combattimento della fanteria Puma di ultima generazione e relativi sistemi anti-aerei Skyranger 30 (torrette con cannone e capacità anti-drone). La commessa prevede che KNDS e Rheinmetall si dividano i compiti produttivi e le prime consegne avverranno dal 2028. Questo investimento massiccio – che segue l’allarme lanciato nel 2022 sul fatto che l’esercito tedesco era “praticamente a mani nude” – porterà l’Heer a triplicare le scorte di veicoli moderni nei prossimi dieci anni. Un altro capitolo riguarda la fanteria: è stato piazzato un ordine per oltre 300.000 visori notturni di nuova generazione, così da dotare ogni soldato di capacità di combattimento notturno individuale, colmando un gap che sul campo ucraino si è rivelato fatale per chi ne era privo. Sul fronte dell’artiglieria, la Germania partecipa a un progetto congiunto con la Francia (KNDS-Leonardo) per sviluppare un nuovo obice semovente su ruota, mentre ha opzionato altri 18 semoventi CAESAR francesi per le proprie forze. Nella difesa anti-aerea e anti-drone, cruciale dopo gli attacchi russi alle infrastrutture ucraine, Berlino ha ordinato ulteriori unità del sistema IRIS-T SLM (antiaereo a medio raggio prodotto da Diehl) e sta potenziando la difesa ravvicinata: la dimostrazione a Finnlandia del sistema Oerlikon (Rheinmetall) anti-droni ha convinto ad acquisirne in numero significativo. Il blog specializzato Soldat & Technik riferisce anche di un piano di reclutamento straordinario: l’Heer, destinato a crescere di 35.000 effettivi come da nuovi piani NATO, punta ad attirare specialisti per gestire i nuovi sistemi (dronisti, tecnici cyber, operatori di satelliti – vedi notizia precedente). Infine, sul versante digitale, entro fine 2025 verrà attivata la rete tattica “Digitale Divisionsführung” per collegare in tempo reale sensori (come i futuri droni a lungo raggio) e centri di comando – un aspetto ritenuto prioritario dopo aver visto in Ucraina l’importanza del flusso di dati sul campo di battaglia. In sintesi, la Bundeswehr sta vivendo un imponente aggiornamento: dai trasporti truppa ai jet (sono in ordine anche 35 caccia F-35A americani), dalle munizioni ai satelliti, la Germania sta investendo centinaia di miliardi (si parla di un piano complessivo di 377 miliardi fino al 2035) per avere forze armate più numerose, meglio equipaggiate e tecnologicamente avanzate. Questo rinnovamento, se attuato, colmerà i vuoti creatisi in decenni di sottofinanziamento e proietterà la Bundeswehr in una nuova era, rendendola in grado di assolvere i compiti di difesa collettiva NATO sul fianco est e di proteggere più efficacemente il territorio nazionale da ogni minaccia, convenzionale o ibrida.
Politica interna e questioni sociali
Addio “Bürgergeld”: arriva la nuova assistenza con regole più dure per chi rifiuta lavoro
Ende des Bürgergelds: Neue Grundsicherung bringt Härten für Arbeitslose
Tagesspiegel – 17 dicembre 2025
Sintesi: Il “Bürgergeld”, il sussidio di cittadinanza introdotto solo tre anni fa dal precedente governo Scholz per rimpiazzare l’Hartz IV, sarà abolito e sostituito da un nuovo sistema di “Grundsicherung” (assistenza di base) con criteri più rigidi. Il cancelliere Merz e la sua coalizione CDU/SPD hanno approvato in Consiglio dei Ministri un disegno di legge che segna un netto giro di vite nelle politiche del lavoro. Dal 1º luglio 2026 – se il Parlamento confermerà la legge – il termine “Bürgergeld” sparirà e subentrerà un regime che reintroduce sanzioni dure per i disoccupati ritenuti “poco collaborativi”. In dettaglio, ai circa 5,3 milioni di beneficiari attuali verranno imposti obblighi stringenti: chi può lavorare dovrà attivarsi seriamente per trovare impiego, pena decurtazioni e perfino la sospensione totale del sussidio. Tre appuntamenti mancati al centro per l’impiego comporteranno la sospensione dell’assegno, compresa la quota per l’affitto, dopo un preavviso e un ultimo tentativo di contatto (anche telefonico o a domicilio). Questa è una novità assoluta: finora, con il Bürgergeld, il beneficio non poteva mai essere revocato del tutto. Inoltre, se un disoccupato rifiuterà offerte di lavoro o corsi di formazione scatteranno immediatamente riduzioni del 30% per tre mesi – il massimo consentito dalla Corte Costituzionale (che nel 2019 aveva vietato tagli maggiori del 30%). In pratica, alla prima mancanza grave il sussidio mensile (oggi attorno ai 563 euro per un single) verrà ridotto di circa 150–170 euro. Dopo due appuntamenti saltati, già una mensilità avrà il taglio del 30%; al terzo subentrerà il meccanismo di stop totale. Fa eccezione chi ha certificati problemi psicologici: le persone con disturbi mentali diagnosticati saranno esentate dalle sanzioni più estreme. Altra stretta: eliminata la “fase di fiducia” iniziale – col Bürgergeld i nuovi disoccupati godevano per alcuni mesi di tutela integrale senza controlli severi, ora invece le regole varranno subito. Cambiano anche le norme sul patrimonio: non ci sarà più una lunga “franchigia” di due anni durante la quale i risparmi personali non venivano toccati. Con la Grundsicherung, chi richiede l’aiuto dovrà intaccare prima il proprio patrimonio (oltre una soglia che varia con l’età) e solo esaurito quello riceverà sussidi. Anche la casa di proprietà e i costi di abitazione saranno soggetti a criteri più restrittivi dopo un breve periodo. “Fördern und Fordern” (promuovere e pretendere) torna dunque ad essere il principio guida – ha dichiarato Merz in un post sui social – spiegando che il nuovo sistema mira a “rendere di nuovo conveniente lavorare” e a non lasciare nessuno indietro, ma al contempo “chi può contribuire deve farlo”. La ministra del Lavoro Bärbel Bas (SPD) – che inizialmente aveva proposto una versione più morbida, poi inasprita su richiesta CDU – ha difeso la riforma dicendo: “Vogliamo aiutare chi può a rimettersi in piedi da solo; a chi potrebbe ma non vuole, lo Stato chiederà partecipazione attiva”. Le reazioni sono divise: all’interno della SPD la base è in rivolta, tanto che alcune sezioni hanno avviato un referendum interno per bloccare la legge, accusando la leadership di “tradire i valori socialdemocratici e punire i poveri”. Sindacati, associazioni sociali, Linke e Verdi denunciano che queste misure creeranno nuovi casi di indigenza e persino rischio di senzatetto, poiché togliere il contributo affitto a chi non si presenta agli appuntamenti significherebbe, in ultima istanza, sfratti. Ver.di evidenzia che le sanzioni colpiranno comunque una minoranza (oggi meno dello 0,5% dei percettori viene sanzionato in un dato mese), ma aumenteranno il carico burocratico sui case manager e la tensione con gli utenti. Il governo replica che la stragrande maggioranza dei disoccupati non verrà toccata perché già rispetta le regole, e che in cambio ha varato contestualmente aumenti di finanziamenti per programmi di formazione e reinserimento. Sul piano finanziario, non ci si attendono grandi risparmi: il taglio di spesa stimato è di appena 86 milioni di euro nel 2026 (su decine di miliardi erogati) perché solo una minoranza verrà sanzionata, e anzi con più controlli le amministrazioni sosterranno qualche costo. Nel lungo periodo forse si risparmieranno poche centinaia di milioni l’anno. La motivazione è quindi in primis politico-culturale: segnare discontinuità con l’“eccessivo buonismo” del Bürgergeld e rassicurare l’elettorato più conservatore sulla restaurazione del rigore. Il fatto stesso che il nome “Bürgergeld” venga cancellato è altamente simbolico: era un vessillo SPD, ora la CDU rivendica di aver ripristinato i principi di Hartz IV (voluti ai tempi da Schröder) se non in nome almeno in spirito. La riforma, salvo ostacoli in Parlamento, dovrebbe diventare legge entro fine inverno, per consentire ai centri per l’impiego di adeguare sistemi e modulistica in tempo per luglio. La Germania, dopo una breve parentesi, ritorna quindi a un approccio più severo nel welfare dei disoccupati, in linea con il mutato clima politico dominato dalla necessità di risparmiare (viste le casse pubbliche sotto stress) e di contrastare l’AfD sul terreno dell’ordine e disciplina. Resta da vedere l’impatto sociale effettivo e se, come promette il governo, ciò “motiverà” più persone a trovare un impiego – obiettivo su cui molti economisti mantengono scetticismo.
Musica nazista al mercatino di Natale: individuato il responsabile, sdegno e allarme in Bassa Sassonia
Neonazi-Lieder auf Weihnachtsmarkt – Verdächtiger ermittelt
Tagesspiegel – 17 dicembre 2025
Sintesi: Un grave episodio ha turbato l’atmosfera natalizia nel tranquillo distretto rurale del Cuxland (Bassa Sassonia): durante un mercatino di Natale nella cittadina di Lamstedt, dagli altoparlanti è partita improvvisamente la diffusione di canzoni neonaziste proibite in Germania. Invece dei tradizionali canti festivi, i visitatori attoniti hanno udito versi inneggianti al regime hitleriano e alla violenza razziale, brani associati alla scena Rechtsrock (rock di estrema destra) messi al bando. L’episodio – definito dalle autorità “un atto di provocazione odioso” – è durato alcuni minuti prima che gli organizzatori riuscissero a spegnere l’impianto audio. Immediatamente è scattata un’indagine della polizia e del Landeskriminalamt (Ufficio Criminale Regionale) con l’accusa di diffusione di propaganda neonazista, reato penale in Germania. Dopo pochi giorni, gli inquirenti annunciano di aver identificato un sospetto: si tratterebbe di un giovane di circa 20 anni, residente nel circondario, già noto per vicinanza a gruppi estremisti di destra. Sembra che il ragazzo, approfittando di un momento di confusione, sia riuscito a connettere un proprio dispositivo all’impianto audio della piazza, facendo partire la playlist di canzoni vietate. L’operazione appare premeditata e tesa a scioccare il pubblico – famiglie con bambini – e a “normalizzare l’odio” in un contesto pubblico. Il ministro degli Interni regionale ha condannato fermamente l’accaduto, ringraziando le forze dell’ordine per la celere individuazione del colpevole. “Neanche a Natale possiamo abbassare la guardia contro l’estremismo di destra”, ha dichiarato, sottolineando come anche un evento locale vada preso sul serio per il segnale inquietante che lancia. Gli abitanti di Lamstedt, scioccati, hanno organizzato nei giorni seguenti una veglia di solidarietà nella piazza principale intonando canti natalizi e canzoni di pace, per riaffermare i valori democratici e respingere simbolicamente la provocazione neonazista. Il fatto rientra purtroppo in un trend: le autorità hanno registrato un aumento di “disturbi” mirati di estrema destra a eventi pubblici – dai mercati agli incontri di partito – spesso con l’obiettivo di farsi pubblicità sui social media. Il caso di Lamstedt ha avuto risonanza nazionale: diversi media lo hanno citato come esempio di come la sottocultura neonazi cerchi spazi per manifestarsi. Ora il sospetto rischia una condanna severa: il codice penale (articolo sulla propaganda anti-costituzionale) prevede fino a 3 anni di reclusione per chi diffonde simbologia o contenuti del nazionalsocialismo. L’inchiesta sta valutando anche eventuali complici o se l’individuo appartenga a un’organizzazione più ampia attiva nella zona. Il Cuxland, area rurale, non è nuovo a infiltrazioni dell’estrema destra: negli ultimi anni ci sono stati raduni clandestini e concerti neonazi nelle campagne circostanti. Le autorità locali promettono tolleranza zero: controlli rafforzati sugli eventi, collaborazione con l’intelligence interna (Verfassungsschutz) e programmi educativi per i giovani. La speranza della comunità è che questo triste episodio resti un fatto isolato e che la pronta reazione civile e statale serva da deterrente contro future provocazioni. Sicuramente, concludono i commentatori, non c’è periodo dell’anno in cui i nemici della democrazia rinuncino a far sentire la loro voce – sta a tutti gli altri alzare la guardia e rispondere con i valori costituzionali.
Cannabis su ricetta: la coalizione nero-rossa frena sulla consegna a domicilio dei farmaci a base di THC
„Aus für medizinisches Cannabis frei Haus?“ – Union und SPD wollen Zugang zu Cannabis-Rezepten erschweren
Tagesspiegel – 17 dicembre 2025
Sintesi: Il governo federale intende introdurre restrizioni all’accesso alla cannabis terapeutica, invertendo in parte la liberalizzazione avviata negli anni scorsi. Un disegno di legge sostenuto da CDU e SPD prevede infatti di vietare la consegna a domicilio di cannabis medica e di rendere più stringenti le condizioni per ottenere la prescrizione. Attualmente in Germania è consentito dal 2017 l’uso di cannabis per scopi medici dietro ricetta, e negli ultimi anni sono fiorite imprese di telemedicina e farmacie online che facilitavano molto l’iter: visite mediche online abbastanza agili e spedizione del prodotto direttamente a casa del paziente. La nuova coalizione di governo giudica questo sistema troppo permissivo, temendo abusi e un eccesso di “normalizzazione” della cannabis. Il caso mediatico che ha spinto all’azione è stato quello della start-up “Cannabis FreiHaus”, che pubblicizzava sui social la facilità con cui si poteva ottenere marijuana terapeutica per disturbi generici (come insonnia o mal di schiena) con pochi click. Le forze di maggioranza ritengono che si sia creato un “mercato parallelo” di fatto”: molti giovani avrebbero sfruttato la scappatoia medica per procurarsi cannabis di qualità senza passare dal mercato nero. Cosa prevede la stretta? Innanzitutto, le ricette per cannabis potranno essere rilasciate solo da medici specialisti in presenza (fine della tele-prescrizione facile) e con diagnosi comprovate di specifiche patologie (es. dolori cronici documentati, spasmi da sclerosi multipla, ecc.). Inoltre, la dispensazione dovrà avvenire in farmacia con ritiro di persona: stop alla spedizione postale. Union e SPD affermano che la cannabis, pur utile per alcuni pazienti, “non è un farmaco qualunque da recapitare come una pizza” – parole di un deputato della CSU – bensì uno stupefacente che va trattato con cautela. Dietro questa mossa c’è anche la forte opposizione ideologica della CDU a qualsiasi forma di liberalizzazione: ricordiamo che il precedente governo (SPD-Verdi-FDP) puntava addirittura a legalizzare la cannabis a scopo ricreativo, ma il progetto si è arenato e ora viene totalmente abbandonato. L’attuale ministro della Salute, espressione della SPD moderata, sta assecondando le richieste CDU su questo punto per mantenere l’unità della coalizione. Le associazioni di pazienti sono insorte: temono che centinaia di malati che trovavano sollievo con la cannabis (per dolore oncologico, artrite, ecc.) ora si trovino davanti ostacoli burocratici e magari rinuncino alle cure, o tornino agli oppiacei. Alcuni medici, come il primario di terapia del dolore a Berlino, evidenziano che la consegna a domicilio era preziosa per pazienti allettati o con mobilità ridotta – costringerli ad andare in farmacia o all’ospedale potrebbe peggiorare la loro qualità di vita. Sul fronte opposto, polizia e sindacati di settore plaudono: la telemedicina su questo tema era “sfuggita di mano” e stava generando di fatto una semi-legalizzazione incontrollata tra i giovani, con tanti che lamentavano dolori inventati pur di avere cannabis “free house”. L’Ordine dei Farmacisti è anch’esso favorevole allo stop delle spedizioni: c’erano state segnalazioni di pacchi rubati o finiti a minorenni. La legge in discussione includerà probabilmente un periodo transitorio: chi ha ora prescrizioni valide potrà completare il trattamento, ma dal 2026 le regole saranno nuove. Questa vicenda riflette il più ampio cambio di rotta del governo Merz sulle politiche sociali e di costume: dove l’esecutivo precedente aveva aperto (cannabis ricreativa, servizi online, riduzione del danno), il nuovo chiude o quantomeno irrigidisce. Sulla cannabis specificamente, la Germania sceglie di non seguire l’esempio di paesi come il Canada o alcuni Stati USA e anzi di invertire leggermente la marcia anche sul piano medico, in nome di un principio di prudenza. Resta qualche dubbio legale sulla compatibilità con il diritto dei pazienti: se l’accesso dovesse divenire troppo oneroso, potrebbero esserci ricorsi. Ma politicamente la maggioranza nero-rossa appare determinata: “la cannabis medica torna in corsia, non in salotto” è lo slogan – un po’ tranchant – lanciato da un parlamentare CDU. La sensazione degli osservatori è che su questi temi il nuovo governo voglia caratterizzarsi per serietà e “ordine”, anche rischiando impopolarità presso i giovani, convinto che l’elettorato più ampio approvi un approccio conservatore alla droga.
Fine anno, pacchetto di riforme
Bundesregierung: Von Rente bis Wolf – Kabinett bringt Reformen auf den Weg
Tagesspiegel – 17 dicembre 2025
Sintesi: Nell’ultima riunione di governo prima di Natale, il Gabinetto Merz ha varato un nutrito pacchetto di provvedimenti eterogenei, onorando vari punti dell’accordo di coalizione. Tra le misure principali approvate “in extremis” figura una riforma della regolamentazione dei lupi: sarà più facile abbattere i lupi considerati pericolosi per il bestiame. Negli ultimi anni in Germania (soprattutto nel nord e est del paese) la popolazione di lupi è cresciuta e gli attacchi a pecore e mucche si sono moltiplicati, suscitando l’ira degli allevatori. Ora il governo – mantenendo una promessa cara alla CDU – ha deciso di allentare la protezione di questa specie: i Länder potranno autorizzare “prelievi” (abbattimenti) di lupi in zone ad alta concentrazione di predazioni, anche preventivamente, senza dover attendere un iter lungo. Ciò ha provocato le proteste degli ambientalisti (Die Grünen accusano: “il lupo torna bersaglio di caccia”) ma Merz ha difeso la misura come “equilibrio tra tutela della fauna e difesa del lavoro dei nostri contadini”. Parallelamente è stato approvato il lancio di una Commissione per la riforma delle pensioni composta da 13 esperti (economisti, sindacalisti, imprenditori, accademici) incaricati di studiare entro il 2027 soluzioni per garantire la sostenibilità del sistema pensionistico tedesco. L’invecchiamento della popolazione e gli squilibri attuali (sempre meno lavoratori attivi finanziano sempre più pensionati) rendono urgenti decisioni su età pensionabile, pensione minima, incentivi alla previdenza privata. La Commissione (in cui siedono personalità note, presentate alla stampa con foto ufficiale) dovrà fornire raccomandazioni super partes: il fatto che il governo abbia delegato a un organo tecnico suggerisce che le misure potrebbero essere impopolari (ad esempio alzare l’età pensionabile oltre i 67 anni o cambiare il calcolo delle rendite). Merz ha detto: “Non lasceremo in eredità ai nostri figli un sistema pensionistico al collasso – queste 13 persone ci aiuteranno a trovare la via”. Sul tavolo del Consiglio dei Ministri c’erano poi temi sociali minori: deciso un aumento della “Wohngeld” (sussidio affitto) per il 2026 di circa il 5% per compensare l’inflazione sugli affitti, e prolungato il tetto temporaneo al canone energetico per famiglie a basso reddito. Approvata anche la proroga degli sconti fiscali per i pendolari (“Pendlerpauschale”), alzando la deduzione chilometrica per chi fa lunghi tragitti casa-lavoro: misura chiesta dalla CSU per compensare l’aumento carburanti e salvaguardare chi vive fuori città. Non ultimo, si è deciso uno sgravio IVA per il settore della ristorazione, mantenendo al 7% (ridotta) l’IVA su cibi e bevande serviti nei locali per tutto il 2026, per aiutare un comparto ancora in ripresa dopo pandemia e aumento dei prezzi. Il pacchetto appare quindi un mix di concessioni a vari gruppi: agricoltori (questione lupo), lavoratori e pensionandi (commissione pensioni, sconti pendolari), piccole imprese (IVA ridotta ristoranti). Critiche: l’opposizione Verde e Linke ironizza che “dal lupo ai pendolari, Merz cerca di accontentare tutti alla vigilia di Natale con micro-misure”. Tuttavia, per la coalizione, l’approvazione di questi provvedimenti dimostra capacità di trovare compromessi: SPD e CDU hanno ciascuno portato a casa qualcosa. In conferenza stampa, Merz e il vicecancelliere Klingbeil (SPD) si sono mostrati soddisfatti, parlando di “Governo che mantiene gli impegni”. Resta sottotraccia la tensione su altri dossier non risolti (migrazione, sanità, su cui si decide a gennaio). Ma intanto il governo può chiudere l’anno mostrando un ventaglio di risultati. Tra i provvedimenti curiosi licenziati c’è anche una norma che prevede due festività “sostitutive” nel 2026: siccome in quell’anno vari giorni festivi cadono nel weekend (come 1º novembre e 3 ottobre), il leader dell’opposizione di sinistra Jan van Aken aveva proposto – e il governo sorprendentemente ha fatto propria l’idea – di rendere “festivi sostitutivi” due venerdì successivi per compensare i lavoratori. Saranno le singole Regioni a decidere se recepire, ma il governo ha dato via libera centrale. Questo tema ha creato dibattito sui social, tra chi esulta per i “ponti” e chi critica la scarsa produttività. Nel complesso, la riunione di fine anno del Gabinetto Merz ha prodotto molte piccole novità che ora dovranno passare al vaglio del Bundestag e Bundesrat dove necessario. Per i cittadini, il 2026 porterà: forse qualche lupo in meno nelle campagne, un po’ più di soldi netti per chi fa il pendolare o va al ristorante, e la consapevolezza che sul fronte pensioni grandi cambiamenti si profilano (ma per quelli occorrerà attendere). In un paese spesso paralizzato su riforme delicate, anche solo istituire una commissione e toccare il “tabù lupo” sono considerati segnali di un governo che vuole muoversi.
Brandenburg accoglierà meglio i profughi: varata legge regionale su integrazione e ricollocamento
Landtag beschließt Gesetz für Einrichtungen für Asylsuchende
Tagesspiegel (Potsdam) – 17 dicembre 2025
Sintesi: Il Land Brandeburgo ha approvato una nuova legge quadro sulle strutture di accoglienza per richiedenti asilo, nel tentativo di gestire in modo più equo ed efficace i flussi migratori e l’integrazione nel territorio regionale. La legge – passata con i voti della coalizione SPD-CDU che guida il Land, a cui si sono aggiunti i Verdi – prevede una serie di misure innovative. Innanzitutto, saranno create “Strutture di prima accoglienza specializzate” dove i nuovi arrivati riceveranno non solo alloggio, ma anche corsi intensivi di tedesco e orientamento civico sin dalle prime settimane. L’idea è di accelerare i percorsi di integrazione, evitando che i richiedenti asilo restino inattivi per mesi nei centri. Parallelamente, la legge mira a alleggerire la pressione sui comuni: l’ondata migratoria recente (nell’autunno 2025 la Germania ha visto un aumento degli arrivi, con il Brandeburgo spesso “terra di confine” per chi arriva via Polonia) ha messo in difficoltà molte città minori nel Land. La legge stabilisce criteri di ripartizione più uniforme dei richiedenti asilo tra i vari distretti, con un meccanismo di compensazione: nessun comune dovrà accogliere più di una certa quota proporzionale alla popolazione e, se la supera, riceverà fondi extra o potrà trasferire eccedenze in centri regionali. È prevista poi l’istituzione di sportelli unici presso queste strutture per sbrigare pratiche amministrative (registro anagrafico, iscrizione sanitaria, eventuale avvio di iter di formazione professionale) in loco, senza gravare sugli uffici cittadini. Un capitolo importante riguarda i rimpatri di chi non ha diritto all’asilo: la legge – pur focalizzata sull’accoglienza – menziona la necessità di accelerare le procedure di espulsione per i casi di diniego definitivo, prevedendo accordi con la polizia federale per la presa in carico tempestiva. È una concessione voluta dalla CDU locale per rassicurare l’elettorato: integrazione sì, ma chi non coopera o vede respinta la domanda dovrà lasciare il Paese rapidamente. Cosa cambia per i richiedenti asilo in Brandeburgo? Probabilmente una prima accoglienza più strutturata e dignitosa: attualmente molti finiscono in palazzetti o tensostrutture improvvisate. Con la legge, il Land investirà in centri di accoglienza dedicati, anche ristrutturando caserme dismesse, fornendoli di servizi di base decenti (stanze familiari, mense, spazi ricreativi). Ci sarà poi più opportunità di interazione con la comunità locale: il testo incoraggia convenzioni con associazioni di volontariato affinché i richiedenti asilo possano partecipare a progetti di utilità pubblica (piccola manutenzione, cura del verde) su base volontaria, ricevendo in cambio bonus formativi e maggior contatto con i residenti. La ministra regionale degli Affari Sociali ha definito la legge “una risposta pragmatica e umana alle sfide attuali”: il Brandeburgo negli ultimi anni ha ricevuto migliaia di profughi dall’Ucraina e da altri conflitti, e c’erano tensioni in alcuni paesi per l’apertura di nuovi centri. Ora, con questo quadro normativo, si punta a distribuire lo sforzo e favorire l’integrazione in modo ordinato, evitando sia concentrazioni eccessive in pochi luoghi sia abbandono dei migranti a sé stessi. Le opposizioni – in particolare AfD, forte nel Land – hanno votato contro, sostenendo che la legge “istituzionalizza l’immigrazione di massa” e non tutela abbastanza “la nostra gente”. Ma la maggioranza ha replicato che proprio per tutelare i cittadini serve organizzazione: comunità lasciate sole generano paura e conflitto, mentre una gestione attiva può trasformare un problema in opportunità (soprattutto data la carenza di manodopera locale in settori come agricoltura e artigianato). Enti locali come i sindaci hanno accolto con favore moderato: apprezzano i criteri di equa ripartizione e i fondi aggiuntivi promessi, rimane qualche scetticismo sulla reale rapidità dei rimpatri. Intanto, il Brandeburgo si pone come modello: altre regioni – ad esempio la Sassonia – guardano a questa legge come possibile blueprint, mentre a livello federale il dibattito migratorio rimane acceso. Questa iniziativa regionale mostra però che, al di là delle polemiche astratte, possono essere adottate soluzioni concrete per governare il fenomeno migratorio in modo più efficiente e umano.
Questioni economiche e finanziarie
“Ci aspettano anni difficili di austerità”: il ministro delle Finanze Klingbeil prepara i tedeschi ai sacrifici
„Jeder wird spüren, dass wir sparen“ – Finanzminister Klingbeil erwartet „sehr herausfordernde Jahre“
Tagesspiegel – 17 dicembre 2025
Sintesi: In un’intervista televisiva di fine anno, il ministro federale delle Finanze Lars Klingbeil (SPD) ha tracciato un quadro franco della situazione economico-finanziaria della Germania, mettendo in guardia la popolazione su “anni molto impegnativi” a causa della necessità di risanare i conti pubblici. Klingbeil, che è anche vicecancelliere, ha dichiarato: “Dovremo chiedere qualcosa in più ai cittadini: ognuno si accorgerà che stiamo tagliando le spese”. Il ministro ha sottolineato che la Germania “non è affatto in bancarotta” né vicina al baratro – i fondamentali economici restano solidi – ma il margine di bilancio si è drasticamente ridotto. Ciò per via di vari fattori: le immense uscite straordinarie degli ultimi anni (pandemia, sostegni energetici, Fondo speciale difesa) hanno gonfiato il debito pubblico; inoltre, una sentenza recente della Corte Costituzionale ha bloccato il riutilizzo di alcuni fondi non spesi, aprendo un buco di decine di miliardi nel bilancio. Klingbeil ha stimato in 60 miliardi di euro i risparmi da trovare entro il 2028, chiarendo che tagli di tale entità non possono avvenire senza impatto sui servizi o sulle agevolazioni. “Non si possono risparmiare 60 miliardi senza che nessuno se ne accorga”, ha detto con realismo. Il governo, spiega, sta elaborando un piano di consolidamento graduale: i leader dei partiti di coalizione (CDU, CSU e SPD) presenteranno un pacchetto organico di misure, che dovrà essere equo – ha promesso Klingbeil – ovvero distribuire i sacrifici in maniera bilanciata tra le fasce di reddito e generazioni. “Tutti dovranno contribuire, non solo un gruppo”, ha assicurato, per prevenire l’idea che a pagare siano sempre i soliti (ad esempio i beneficiari del welfare o i ceti medi). Il dettaglio delle misure non è stato svelato, ma fonti vicine al ministero parlano di: probabili riduzioni di alcune agevolazioni fiscali (p.es. revisione di sussidi “ambientalmente dannosi”, come il trattamento fiscale agevolato per auto aziendali o settori ad alto consumo energetico), razionalizzazioni nella pubblica amministrazione (fusioni di enti, digitalizzazione per risparmiare personale) e un possibile rinvio di grandi progetti infrastrutturali non ancora avviati. Klingbeil non ha escluso inoltre che alcune spese sociali vadano riviste: pur ribadendo l’impegno a proteggere le fasce deboli, ha fatto intendere che l’aumento automatico delle pensioni e dei sussidi potrebbe essere calmierato rispetto all’inflazione nei prossimi anni. “Dobbiamo riscrivere insieme come spendiamo le risorse comuni”, ha affermato, richiamando anche i Laender (regioni) a fare la loro parte. Le affermazioni del ministro – peraltro inusuali per franchezza – mirano a preparare l’opinione pubblica, in particolare la base SPD, a un ciclo di politica di bilancio restrittiva. Questo segna un cambiamento di paradigma rispetto all’era pandemica e di guerra recente, in cui si era speso “whatever it takes” per sostenere economia e cittadini. Adesso, con l’inflazione ancora sopra il 4% e i tassi di interesse alti, Berlino torna a preoccuparsi del debito. La “Schuldenbremse” (freno all’indebitamento), sospesa negli ultimi anni, è stata in parte ripristinata: nel bilancio 2026 si è fatto ricorso solo a eccezioni mirate, ma dal 2027 in poi si punta a rientrare pienamente nei limiti costituzionali di deficit. Klingbeil ha però cercato di infondere fiducia: “I problemi sono risolvibili, la Germania non è in declino permanente – ma dobbiamo aggiustare la rotta e innovarci”. Ha spronato il suo stesso partito SPD a mostrarsi riformista e non arroccato su status quo: “La socialdemocrazia ha successo quando guida il cambiamento, non quando vi si oppone” – quasi un monito alla base scettica sui tagli. In conclusione, il messaggio chiave del ministro è stato di responsabilità e unità nazionale: “Ci aspettano sfide, ma se ognuno dà il suo contributo e comprendiamo la necessità delle misure, supereremo questa fase e torneremo a crescere”. In pratica, un appello alla solidarietà intergenerazionale: sacrifici oggi per investire domani. Ovviamente questo discorso non ha entusiasmato i sindacati né alcune associazioni sociali, che temono “lacrime e sangue” soprattutto per i meno abbienti. Ma analisti economici in parte concordano con Klingbeil: la Germania ha bisogno di riqualificare la spesa (più investimenti in tecnologie verdi e digitali, meno sussidi obsoleti) e di evitare un’esplosione del debito che minerebbe la stabilità a lungo termine. Il 2026 sarà dunque l’anno in cui si misurerà la determinazione politica di questa Grande Coalizione nell’imporre una dieta fiscale al Paese: un test non solo economico ma anche comunicativo, perché come dice Klingbeil “ognuno sentirà i tagli” e ciò richiederà consenso e fiducia.
Economia tedesca, clima fosco: l’indice Ifo cala ancora – “fine anno senza slancio”
Konjunktur: Ifo-Index fällt erneut – „Jahr endet ohne Aufbruchsstimmung“
Tagesspiegel – 17 dicembre 2025
Sintesi: Gli ultimi dati congiunturali del 2025 confermano una fase di stagnazione per l’economia tedesca, alimentando preoccupazioni per l’anno venturo. Il celebre indice Ifo sul clima d’affari, barometro mensile che misura la fiducia di circa 9.000 imprese, è sceso a dicembre per il secondo mese consecutivo, assestandosi su livelli ben inferiori alla media storica. Gli imprenditori interpellati descrivono un’atmosfera cupa: il 2025 si chiude “senza segnali di nuova partenza”. Nel dettaglio, l’indice generale è calato di 1,2 punti rispetto a novembre, trainato soprattutto dal pessimismo nel settore industriale e nel commercio. L’industria manifatturiera, spina dorsale dell’economia tedesca, continua a risentire di ordini deboli e margini sotto pressione: la domanda internazionale non è decollata, complice la frenata cinese e l’incertezza geopolitica (guerra in Ucraina persistente, crisi in Medio Oriente). Le aziende meccaniche e dell’auto segnalano portafogli ordini in contrazione: molti produttori di macchinari vedono i clienti rimandare investimenti, e nell’automotive la concorrenza dei veicoli cinesi elettrici genera apprensione per le quote di mercato. Il commercio al dettaglio ha avuto un Natale sottotono: le vendite di dicembre – riferiscono i commercianti – sono state inferiori alle attese nonostante gli sconti aggressivi del Black Friday. I consumatori, colpiti dall’inflazione residua (ancora al 4,5% su base annua) e dall’aumento dei tassi, hanno stretto i cordoni della borsa, acquistando il necessario ma evitando spese voluttuarie. La grande distribuzione parla di un “Natale frugale”: giocattoli e elettronica in calo, solo l’alimentare tiene. Anche l’edilizia rimane il settore dolente: l’indice Ifo specifico delle costruzioni è ai minimi da oltre un decennio, con moltissimi progetti abitativi sospesi a causa dei costi elevati dei mutui e dell’incertezza normativa (in arrivo standard energetici più stringenti che però aumentano i costi di costruzione). Molte imprese edili temono di dover ridurre organico nel 2026 se non ci sarà una ripresa di appalti. Non tutti i comparti sono negativi: i servizi legati al turismo e all’ospitalità hanno visto un miglioramento rispetto al 2024 (l’anno scorso c’erano ancora strascichi del Covid), e il settore IT appare robusto, anche grazie alla domanda di soluzioni di digitalizzazione. Ma rappresentano segmenti ancora insufficienti per trascinare il quadro generale. Gli economisti dell’Ifo commentano che la Germania sembra essere in bilico tra stagnazione e recessione tecnica: il PIL del quarto trimestre 2025 dovrebbe segnare +0,1% o -0,1%, ovvero praticamente crescita zero. E dopo una leggera recessione nella prima metà del 2024, il rimbalzo è stato troppo debole per parlare di ripresa. Un fattore positivo è la discesa dei prezzi dell’energia rispetto ai picchi precedenti: ciò ha alleviato un po’ i costi alle imprese e ai consumatori. Tuttavia, molte famiglie si trovano ancora bollette più alte del periodo pre-crisi e l’incertezza energetica (anche per il conflitto Medio Oriente che coinvolge produttori di gas) permane. L’assenza di “Aufbruchstimmung” – letteralmente “spirito di nuovo inizio” – citata dall’Ifo implica che né le aziende né i consumatori percepiscono ancora un punto di svolta. Le aspettative per i prossimi 6 mesi restano caute: la maggioranza degli imprenditori prevede domanda invariata o in calo, pochi contano su un boom. Questo può diventare profezia autoavverante, frenando investimenti e assunzioni. Il governo Merz ha reagito ai dati dichiarando di voler accelerare gli interventi pro-crescita: la ministra dell’Economia ha annunciato per gennaio un pacchetto “Deutschland-Programm 2026” con misure per snellire burocrazia, incentivi fiscali per innovazione e alleggerimenti per le PMI energivore. Ma gli effetti di tali misure, ammesso vengano attuate velocemente, si sentiranno nel medio termine. Nel breve, il paese sembra destinato a navigare in acque piatte. Alcuni commentatori ricordano che l’economia tedesca sta affrontando sfide strutturali: transizione verde che richiede investimenti enormi, carenza cronica di lavoratori qualificati per motivi demografici, e una competitività da recuperare in settori ad alta tecnologia. L’indice Ifo, sceso in zona pessimista, ne è un sintomo. D’altro canto, c’è chi nota elementi per un certo ottimismo cauto: l’inflazione è in calo costante e potrebbe scendere sotto il 3% entro metà 2026, ridando fiato ai consumi; il cambio dell’euro favorevole alle esportazioni e l’allentamento delle strozzature nelle forniture globali (chip e componenti ora sono più disponibili) potrebbero sostenere la produzione. L’anno 2025 però si chiude senza fuochi d’artificio: nessuna “ripartenza” vigorosa, piuttosto un attendismo prudentemente preoccupato. Lo slogan di commento di un economista recita: “La crisi è finita, ma la crescita non è iniziata”. Una situazione di limbo che la Germania spera di superare con un mix di politica economica attiva e, come sempre, molta pazienza.
Sfida a Tesla e CATL: Volkswagen avvia a Salzgitter la sua prima gigafactory di batterie
VW startet Batteriefabrik in Salzgitter – Akkus für ID. Polo
Tagesspiegel – 17 dicembre 2025
Sintesi: Nel cuore della “Volkswagen City” di Salzgitter (Bassa Sassonia), la casa automobilistica VW ha inaugurato ufficialmente la produzione nel suo primo grande stabilimento per batterie agli ioni di litio in Germania. La fabbrica, costruita dalla controllata PowerCo, produrrà pacchi batterie destinati ai futuri modelli compatti elettrici della gamma ID, in particolare la nuova ID. Polo prevista per il 2027 come utilitaria elettrica a prezzo accessibile. Si tratta di un investimento da oltre 2 miliardi di euro che segna l’ingresso di Volkswagen nella produzione interna di batterie, un settore finora dominato da aziende asiatiche (cinesi, coreane). La scelta di localizzare lo stabilimento a Salzgitter – dove VW da decenni produce motori a combustione, ora in calo di domanda – è doppiamente significativa: offre prospettive occupazionali ai dipendenti in transizione (circa 500 operai ex-linee motori sono stati riqualificati per lavorare nella fabbrica batterie) e posiziona la Germania nella mappa delle gigafactory europee, riducendo la dipendenza da importazioni. Esperti e addetti ai lavori sottolineano la valenza strategica: con la spinta globale verso l’auto elettrica, disporre di una produzione domestica di celle è cruciale per non rimanere indietro e per controllare la catena del valore. La leadership tecnologica attuale è asiatica, con CATL, Panasonic, LG, SK on dominanti; VW intende recuperare terreno con PowerCo, che a regime vuole fornire la maggior parte delle batterie per i propri veicoli. La fabbrica di Salzgitter, già in parziale funzione da qualche mese, sta aumentando gradualmente i volumi e nel 2026 raggiungerà la capacità di circa 40 GWh annui – abbastanza per equipaggiare circa 500.000 auto elettriche. Il progetto è stato definito una “corsa tecnologica contro il tempo”: inizialmente VW ha faticato a sviluppare le proprie competenze, ma attraverso partnership (con la svedese Northvolt, da cui poi ha rilevato l’impianto) e massicci investimenti in ricerca ora dichiara di aver raggiunto costi e qualità competitivi. La nuova cella standard prismatiche di PowerCo promette densità energetica migliorata e soprattutto costi ridotti circa del 20% rispetto alle celle usate finora da fornitori esterni. Questo è fondamentale per centrare l’obiettivo dichiarato di un’auto elettrica sotto i 25.000 € (la ID. Polo appunto), percepita come chiave per la diffusione di massa dell’elettromobilità. Gli osservatori notano che la Germania, dopo aver perso smalto su solare ed elettronica di consumo, non può permettersi di perdere anche il treno delle batterie: la gigafactory VW (unita ai progetti similari di Tesla a Grünheide e CATL in Turingia) segna un’inversione di tendenza. Naturalmente le sfide restano: la concorrenza cinese gioca su scala colossale e su costi inferiori. Proprio in questi giorni, a Pechino, CATL ha annunciato una nuova generazione di batterie al sodio più economiche – segnale che la competizione è serrata anche sul fronte innovazione. Volkswagen dal canto suo conta sulla forza del mercato europeo: poter dire “batterie fatte in UE” aiuterà a evitare tensioni politiche e a beneficiare di sussidi (tra cui i fondi IPCEI e dell’Inflation Reduction Act europeo). A Salzgitter era presente all’inaugurazione anche il cancelliere Merz, che ha definito la fabbrica “un simbolo di rinascita industriale in tempi di trasformazione”: ha lodato VW per aver investito sul territorio invece di delocalizzare in Asia e ha assicurato che il governo sosterrà con politiche adeguate chi, come PowerCo, porta avanti la transizione verde creando nuovi posti di lavoro. La comunità locale, dopo anni di timori sul futuro (man mano che i motori diesel vedevano calare la domanda), ora respira: i 6.500 lavoratori del sito di Salzgitter vedono un futuro, sebbene in mansioni diverse e con la necessità di aggiornare competenze. Resta aperta la questione della fornitura di materie prime critiche (litio, nichel, cobalto): PowerCo ha stretti contratti con miniere in Canada e Australia, e sta esplorando il riciclo di batterie usate come fonte aggiuntiva (nel sito di Salzgitter sorgerà anche un impianto pilota di riciclo). In sintesi, con la sua prima gigafactory Volkswagen lancia la sfida: “spearheading battery manufacturing in Europe” per sfidare la supremazia asiatica. Se avrà successo, potrà garantire indipendenza tecnologica e prezzi più accessibili per le auto elettriche “Made in Germany”, rafforzando la posizione della Germania nella mobilità del futuro. Il 2025 finisce dunque con un segnale di ottimismo industriale: mentre altri settori stagnano (vedi l’indice Ifo), l’auto tedesca prova a reinventarsi e a rilanciarsi attraverso la tecnologia delle batterie.
Le casse malattia rincarano: milioni di tedeschi pagheranno contributi sanitari più alti nel 2026
TK und DAK: Große Kassen heben Zusatzbeiträge 2026 an
Tagesspiegel – 19 dicembre 2025
Sintesi: A causa delle persistenti difficoltà finanziarie del sistema sanitario pubblico, dal gennaio 2026 molti cittadini tedeschi vedranno aumentare il costo dell’assicurazione sanitaria obbligatoria. Due tra le maggiori Krankenkassen (le casse mutua), la Techniker Krankenkasse (TK) e la DAK-Gesundheit, hanno annunciato un incremento del contributo aggiuntivo a carico degli iscritti. In Germania, tutti i lavoratori dipendenti e pensionati pagano un contributo sanitario di base (14,6% del reddito, diviso tra datore e lavoratore) più un “Zusatzbeitrag” variabile fissato da ciascuna cassa. È quest’ultimo che TK e DAK ritoccheranno all’insù: per la TK si parla di un passaggio dall’attuale 1,2% a circa 1,5%, per la DAK da 1,5% a 1,8%. In termini pratici, un lavoratore medio con stipendio di 3.000 € lordi potrebbe pagare 9–10 € in più al mese di contributi sanitari. La causa dei rincari è il disavanzo che minacciava i bilanci delle Krankenkassen: nel 2024 e 2025 il governo federale era intervenuto con trasferimenti straordinari per evitare scoperture (il sistema è stato sotto pressione per costi Covid, vaccini, test, oltre all’invecchiamento della popolazione e all’aumento delle terapie innovative costose). Ora però, in un clima di risparmi generali, Berlino ha chiesto alle casse di stringere la cinghia e condividere lo sforzo con gli assicurati. Proprio pochi giorni prima, infatti, il ministro della Salute aveva concordato con i Laender un pacchetto di risparmio (“Spargesetz”) per il 2026: l’obiettivo è impedire che i contributi sanitari aumentino ancora all’inizio del 2027. Questo pacchetto prevede tagli e razionalizzazioni per circa 3 miliardi: ad esempio riduzione di alcuni rimborsi ai laboratori, tetti alla spesa farmaceutica e un contributo straordinario delle casse dal loro patrimonio. Tuttavia, ciò non è bastato a scongiurare i rincari per il 2026: TK e DAK, come altre casse (si stima che oltre la metà delle 96 casse aumenteranno la loro aliquota aggiuntiva), avevano urgenza di coprire gap di bilancio immediati. Gli assicurati reagiscono con disappunto: la Techniker, la cassa più grande e solitamente efficiente, non aumentava i contributi da vari anni e veniva scelta anche per questo; ora i suoi 12 milioni di iscritti dovranno accettare la maggior spesa o valutare se cambiare cassa (infatti, vige libertà di scelta e alcuni potrebbero migrare verso casse rimaste più economiche). I sindacati criticano il governo per aver di fatto scaricato una parte del consolidamento sui lavoratori e pensionati, definendola “tassa occulta sulla salute”. Il governo difende la misura ricordando che gli aumenti medi sono dell’ordine di 0,3–0,4 punti percentuali, quindi “sopportabili”: su uno stipendio medio di 40.000 € annui lordi, si tratta di circa 100–120 € l’anno in più, metà a carico del lavoratore e metà del datore. Inoltre, fanno notare dal Ministero delle Finanze, la scelta alternativa sarebbe stata iniettare altri miliardi pubblici, aggravando il debito o tagliando altrove – nel contesto attuale ciò non era fattibile. Le casse malattia dal canto loro sottolineano di aver già messo in campo misure di efficienza (digitalizzazione, fusioni di sedi) e che gli aumenti non sono dovuti a loro cattiva gestione, ma a fattori sistemici: cure ospedaliere più costose, innovazioni farmaceutiche con prezzi altissimi (si pensi alle nuove terapie geniche), e ovviamente la struttura demografica. Un portavoce della DAK ha ricordato che nel 2030 ci saranno 5 milioni di ultraottantenni in Germania, con un’impennata di spesa per assistenza a lungo termine e sanitari cronici – “dobbiamo prepararci da subito”. La coalizione SPD-CDU ha quindi varato anche una riforma delle cliniche (riduzione dei piccoli ospedali sottoutilizzati, potenziamento della medicina territoriale) e una legge per calmierare il costo delle prestazioni specialistiche, ma i benefici si vedranno nel tempo. Nell’immediato, circa 38 milioni di tedeschi (quelli assicurati nelle casse che aumentano i tassi) avranno un alleggerimento della busta paga a partire da gennaio. Non è un colpo durissimo, ma si somma a bollette elevate e inflazione passata: per molte famiglie questi 5–10 € mensili in meno netti vanno ad aggiungersi a una percezione di minore capacità di spesa rispetto a due anni fa. Resta da vedere se la concorrenza tra casse spingerà qualcuna con riserve solide a non alzare i contributi per attrarre nuovi assicurati: l’anno scorso accadde che alcune casse rimasero con aliquote inferiori alla media e videro flussi in entrata di iscritti. Questo meccanismo di mercato è voluto dal sistema, ma in periodi di difficoltà genera un po’ di incertezza negli utenti. In conclusione, il 2026 si annuncia come un anno in cui la popolazione dovrà contribuire un po’ di più di tasca propria per tenere in equilibrio il sistema sanitario. Come ha dichiarato Klingbeil: “non possiamo illuderci di ottenere risparmi invisibili – ce ne accorgeremo tutti”. E così sarà: magari pochi euro al mese, ma che simboleggiano l’era dei bilanci più stretti in cui è entrata la Germania.
Studio shock: per comprare casa in Germania i Millennials risparmiano il doppio dei Boomers
Studie zum Wohnungskauf: Millennials müssen 14 Jahre sparen, Babyboomer brauchten nur sieben
Tagesspiegel – 17 dicembre 2025
Sintesi: Un’analisi condotta dall’Istituto Kiel per l’Economia Mondiale (IfW Kiel) evidenzia il drammatico peggioramento dell’accessibilità immobiliare per le giovani generazioni in Germania. Secondo lo studio, un tedesco nato negli anni ’90 (Millennial) deve mettere da parte i risparmi per 14 anni in media per poter permettersi di acquistare un’abitazione, mentre un appartenente alla generazione Baby Boomer (nato negli anni ’50-’60) ne impiegava circa 7 negli anni ’80. Il calcolo è fatto ipotizzando di accantonare ogni anno il 10% del reddito familiare medio e di disporre di un capitale iniziale pari al 20% del prezzo dell’abitazione desiderata (tipicamente un appartamento 80-100 mq). Negli anni ’80 il rapporto tra prezzi delle case e redditi era molto più favorevole: i baby boomer potevano comprare casa poco dopo i 30 anni di età. Oggi, i Millennials rischiano di arrivare vicino ai 40 (se non oltre) prima di raccogliere il capitale necessario all’acquisto. Le cause di questo divario sono moltiplici: i prezzi degli immobili in Germania sono esplosi nell’ultimo decennio, trainati da tassi bassissimi, forte domanda nelle città, carenza di nuove costruzioni. Dal 2010 al 2025 i valori sono aumentati di oltre il 80% in media nazionale (molto di più a Berlino, Monaco, Amburgo). Nel frattempo, i salari medi dei giovani non sono cresciuti di pari passo, anzi, tenuto conto dell’inflazione recente, il potere d’acquisto è stagnante. Inoltre, i Baby Boomer negli anni ’80 beneficiavano spesso di tassi d’interesse molto alti sì, ma anche di forte inflazione e dinamismo salariale che in pochi anni “sgonfiavano” il debito contratto. Oggi i Millennials affrontano tassi di interesse sui mutui tornati al 4-5%, stipendi iniziali più bassi in proporzione (complice precarietà e contratti atipici) e un mercato del lavoro dove la progressione retributiva è più lenta. L’indagine segnala che, persino per laureati con redditi sopra media, ad esempio una coppia di giovani professionisti, accumulare abbastanza per un acconto casa richiede grande sacrificio, a meno di aiuti familiari (che però solo alcuni hanno, aumentando le disuguaglianze). Le conseguenze sociali delineate includono: calo del tasso di proprietà immobiliare tra i giovani (oggi solo il 25% dei sotto i 35 anni possiede casa, rispetto al 40% di trent’anni fa nella stessa fascia d’età); posticipo di decisioni familiari – molti giovani attendono a fare figli finché non hanno stabilità abitativa; possibile frustrazione generazionale, con percezione di aver “peggiori prospettive dei genitori”. L’IfW suggerisce alcune riforme: riduzione della tassazione sull’acquisto (la “Grunderwerbsteuer”, tassa di registro, è alta e varia per Land dal 5 al 6,5%), maggior offerta di alloggi (semplificando norme edilizie e investendo in edilizia pubblica), e facilitazioni per la prima casa (mutui agevolati statali, ad esempio). Una proposta immediata è riformare la tassa di acquisto per renderla progressiva: oggi un giovane che compra un piccolo appartamento paga la stessa aliquota di un investitore che compra dieci case – rendere esente o più bassa l’imposta per la prima casa aiuterebbe i Millennials senza intaccare troppo le casse pubbliche. Lo studio ha calcolato che abbassare di 2 punti l’aliquota media potrebbe ridurre il tempo di risparmio di circa 1,5 anni. Altra idea: permettere ai fondi pensione di investire di più in edilizia convenzionata per aumentare l’offerta di case a prezzi calmierati. Politicamente, la questione casa sta diventando centrale: l’AfD cavalca il malcontento dei “Mietbürger” (cittadini in affitto) promettendo case popolari e stop all’immigrazione (che viene accusata di aggravare la domanda). Il governo Merz finora ha puntato su incentivi alle costruzioni (bonus efficienza energetica e mutui KfW agevolati per famiglie con figli) e sta valutando di ridurre temporaneamente l’IVA sui nuovi edifici per stimolare i cantieri. Ma i dati IfW segnalano un problema di lungo corso non risolvibile con un solo provvedimento. Per ora, la Generazione Y si adatta: record di affitti e coabitazioni, mobilità maggiore da città a periferie in cerca di prezzi abbordabili, crescita del pendolarismo. I commentatori definiscono la casa un “luxury asset” per i giovani – un ribaltamento storico in un paese che già di suo aveva basse percentuali di proprietari rispetto ad altre nazioni europee. Il timore è di un’ulteriore spaccatura sociale: chi avrà genitori proprietari (magari ereditando un immobile) o redditi molto alti potrà comprare e consolidare benessere; chi parte da condizioni normali resterà in affitto a vita, trasferendo parte significativa del reddito a proprietari più anziani o investitori istituzionali. In sintesi, la ricerca del Kiel Institut suona un campanello d’allarme: senza interventi correttivi, per un giovane tedesco medio la casa di proprietà rischia di restare un miraggio, con ripercussioni su struttura sociale e percezione di equità intergenerazionale.
La Deutsche Bank sfida PayPal: nasce “Wero”, il nuovo servizio di pagamento europeo
Europäischer Bezahldienst: Deutsche Bank startet Wero für Millionen Kunden
Tagesspiegel – 17 dicembre 2025
Sintesi: La Deutsche Bank, insieme ad un consorzio di banche europee, ha lanciato ufficialmente “Wero”, una piattaforma di pagamento digitale pensata per ridurre la dipendenza dai colossi americani come PayPal, Visa e Mastercard. Wero – il cui nome richiama “we pay euro” – è frutto dell’iniziativa EPI (European Payments Initiative), sostenuta anche dalla Commissione UE, che mira a creare un circuito paneuropeo unico per pagamenti istantanei, e-commerce e transazioni peer-to-peer. Dopo oltre due anni di sviluppo e vari rinvii, Wero debutta in Germania come primo mercato: inizialmente sarà integrato nelle app delle grandi banche (Deutsche Bank, Commerzbank, Postbank, alcune Sparkassen e Volksbanken) raggiungendo subito circa 10 milioni di clienti nel Paese. Funzionerà come un wallet digitale: gli utenti potranno collegarvi il proprio conto corrente e inviare denaro in tempo reale ad altri utenti Wero, effettuare pagamenti online su siti convenzionati con un click (simile a PayPal), e generare QR code per pagare nei negozi fisici abilitati. Il vantaggio promesso è triplice: per i consumatori, commissioni ridotte o nulle e garanzia che i dati restano in Europa (risolvendo preoccupazioni sulla privacy con provider USA); per i negozianti, costi inferiori rispetto alle fee dei circuiti carte internazionali; per il sistema economico europeo, l’autonomia tecnologica in un settore chiave come i pagamenti. La necessità di Wero è emersa da considerazioni strategiche: oltre il 70% delle transazioni digitali in Europa passa su circuiti extra-UE, con rischio di esposizione geopolitica e di costi significativi (miliardi di commissioni verso l’estero ogni anno). Deutsche Bank e altri giganti come BNP Paribas e ING hanno investito decine di milioni ciascuno per sviluppare l’infrastruttura, che si appoggia al sistema SEPA Instant già esistente (bonifici immediati). Tecnicamente, Wero consente pagamenti 24/7 in pochi secondi tra conti europei. Le sfide non mancano: convincere masse di utenti ad adottarlo non sarà facile, visto che PayPal ad esempio è molto radicato (oltre 30 milioni di utenti in Germania). Le banche stanno spingendo tramite bonus: alcune offrono sconti o cashback per i primi pagamenti fatti con Wero, altre integrano la funzione P2P come evoluzione del popolare servizio “giropay”/“Kwitt” usato per scambi di piccole somme tra amici. L’UE dal canto suo potrebbe dare una mano regolatoria: si parla di obblighi per i grandi e-commerce di accettare almeno un sistema di pagamento europeo e di garantire pari visibilità a Wero accanto a Visa/Mastercard. I merchant sono interessati: alcuni grandi supermercati e catene di elettronica in Germania hanno siglato accordi pilota per accettare Wero, attratti dal fatto che le commissioni sarebbero attorno allo 0,5% (contro l’1-2% delle carte). Un dirigente di MediaMarkt afferma: “Se i clienti useranno Wero, noi potremo abbassare i prezzi su certi prodotti grazie al risparmio di commissioni”. Sul fronte sicurezza, saranno applicati gli standard PSD2: autenticazione forte dell’utente via app bancaria e token crittografici per ogni transazione, per garantire la stessa sicurezza delle carte. In prospettiva, Wero mira a espandersi rapidamente: nel 2026 è prevista l’attivazione in Francia, Belgio, Olanda e progressivamente negli altri Paesi. L’obiettivo dichiarato del network EPI è raggiungere dai 60 ai 100 milioni di utenti europei entro 5 anni, creando di fatto un “campione continentale” dei pagamenti digitali. La concorrenza reagisce: PayPal ha lanciato campagne promozionali aggressive in alcuni mercati per fidelizzare i clienti (es. credito gratuito su acquisti in 3 rate). I consumatori, per ora, appaiono curiosi ma anche disorientati: abituati ad Apple Pay, Google Pay, carte senza contatto, vedono Wero come un altro attore in un panorama già affollato. Molto dipenderà dall’user experience: se l’uso di Wero risulterà fluido, conveniente e integrato nelle app bancarie senza scocciature, potrà decollare. La Deutsche Bank, che negli ultimi anni ha faticato su altri fronti, punta molto su questo progetto per posizionarsi come leader dell’innovazione fintech europea, affiancando il tradizionale core business. I vertici affermano: “Con Wero l’Europa dimostra di saper fare squadra: stiamo unendo forze che un tempo competevano in ordine sparso per creare qualcosa di utile per tutti”. Il nome stesso, “We-ro” (unione di “we” e “euro”), simboleggia cooperazione e radici europee. Se Wero avrà successo, i benefici per i clienti potrebbero essere tangibili: minor dipendenza da colossi stranieri, minori costi indiretti sui prezzi al consumo, e magari standard europei più alti su privacy e protezione dati. In definitiva, si tratta di un esperimento di “sovranità digitale” dall’esito non scontato ma potenzialmente di grande impatto, che parte ora in Germania e potrebbe cambiare il modo in cui milioni di europei gestiscono il denaro quotidianamente. In un periodo di sfide economiche, vedere un progetto europeo ambizioso prendere forma offre anche una narrativa positiva, di innovazione e cooperazione – che i promotori certamente sottolineano. Adesso la parola passa agli utenti: saranno loro, col portafoglio digitale, a decretare se Wero potrà davvero diventare “il PayPal europeo” o rimarrà un tentativo incompiuto.
Trade Republic, la “app degli investimenti”, vola in alto: ora è la start-up tedesca più preziosa
Sintesi: Trade Republic, la piattaforma fintech berlinese di trading e risparmio, ha raggiunto una valutazione record di 10 miliardi di dollari, diventando così la start-up tedesca dal maggior valore di mercato. L’ultimo round di finanziamento – concluso il 15 dicembre 2025 – ha portato nelle casse dell’azienda 300 milioni di dollari aggiuntivi, con investitori entusiasti delle prospettive di crescita del neo-broker digitale. Nata nel 2015, Trade Republic offre un’app mobile che permette di comprare e vendere azioni, ETF e crypto con commissioni bassissime o nulle, rivolta soprattutto a giovani investitori alle prime armi. Negli ultimi due anni, complice anche l’inflazione che ha spinto molti a cercare rendimenti sui mercati, la piattaforma ha visto esplodere il numero di utenti: oltre 4 milioni di tedeschi (spesso under 40) la utilizzano regolarmente per gestire piccoli portafogli e piani di risparmio mensili in ETF. Trade Republic ha ampliato la gamma di prodotti offrendo anche conti deposito remunerati (grazie ai tassi in salita) e si è espansa in 17 mercati europei, con ottimo riscontro in Francia, Italia e Spagna. L’azienda monetizza tramite una piccola differenza denaro/lettera e accordi con sedi di esecuzione degli ordini, un modello simile a Robinhood negli USA. Gli investitori vedono in Trade Republic un potenziale leader europeo della “finanza democratica”: la sua valutazione ha superato quella di N26 (banca digitale) e Celonis (software aziendale), facendone l’unicorno numero uno in Germania. I fondi di venture capital apprezzano il fatto che, pur in un mercato orso nel 2022-23, la società abbia continuato a crescere in utenti e abbia iniziato a generare margini positivi grazie ai tassi attivi sui depositi. Naturalmente, ci sono rischi: la volatilità dei mercati può scoraggiare i piccoli investitori, e c’è concorrenza di operatori tradizionali che stanno lanciando servizi analoghi. Ma Trade Republic sembra aver conquistato un target giovane offrendo un’esperienza utente intuitiva e costi trasparenti. Il co-fondatore Christian Hecker ha dichiarato: “Vogliamo essere la piattaforma finanziaria per la nuova generazione di europei – non solo trading speculativo, ma l’abitudine di investire e costruire ricchezza nel tempo”. Con i fondi raccolti, l’azienda prevede di lanciare presto nuovi servizi (come prestiti garantiti dal portafoglio titoli, e prodotti assicurativi digitali) trasformandosi sempre più in un ecosistema finanziario completo. Per la scena tech tedesca, l’ascesa di Trade Republic è un segnale incoraggiante: dopo la flessione di valutazioni del 2022, ora il clima sembra migliorare e i capitali tornano a credere in campioni locali. Gli analisti sottolineano come la fintech berlinese, insieme alla bavarese FlixMobility (valutata 7 miliardi), stia trainando l’ecosistema e attirando talenti. Anche la politica guarda con favore: un’azienda come Trade Republic, se andrà in borsa (IPO possibile dal 2026), arricchirà la Borsa di Francoforte di un nome di spicco nel tech, cosa di cui c’è bisogno dopo anni di predominio di settori tradizionali. Non mancano tuttavia voci critiche: alcune associazioni di consumatori avvertono che la facilità di trading proposta dall’app può indurre i giovani a comportamenti d’azzardo sui mercati, e chiedono più educazione finanziaria nelle scuole. Trade Republic ribatte di aver integrato avvisi sui rischi e di incoraggiare investimenti di lungo termine (infatti oltre l’80% degli utenti fa piani di accumulo su ETF, segno di approccio non puramente speculativo). In definitiva, la notizia del primato di Trade Republic nella classifica degli unicorni tedeschi rappresenta un cambio generazionale anche nel tessuto imprenditoriale: la startup di dieci anni fa è ora un colosso fintech, simbolo di una nuova economia digitale che avanza. Mentre i giganti industriali storici affrontano transizioni e sfide, queste nuove realtà portano innovazione, capitali e potenzialmente – come sottolineano i loro sostenitori – strumenti per migliorare la vita finanziaria di milioni di persone comuni.


