Risparmio e debito pubblico: il rapporto costituzionale tra accantonamento privato e finanza statale
Il presente articolo è tratto dal saggio scientifico Il risparmio a fondamento del sistema economico e sociale: la tutela della Costituzione e gli scenari di evoluzione della professoressa Camilla Buzzacchi, direttrice del Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali e Diritto per l’Economia (Di.SEA.DE) e dell’Osservatorio DI.PAB dell’Università di Milano-Bicocca, pubblicato nel 2025 sulla rivista Dialoghi di Diritto dell’Economia (fascicolo 1/2025, pp. 285–302). La rielaborazione, curata da Stroncature nell’ambito della partnership per la Terza Missione con il Di.SEA.DE, ha lo scopo di rendere accessibile a un pubblico più ampio un tema di grande rilievo costituzionale ed economico: il ruolo del risparmio nella Costituzione italiana e nella tenuta del sistema economico e sociale del Paese. L’iniziativa si inserisce nel programma di Stroncature dedicato alla valorizzazione della ricerca universitaria attraverso attività di divulgazione culturale, che comprendono la pubblicazione di articoli, la produzione di contenuti multimediali e l’organizzazione di momenti di confronto aperti alla cittadinanza.
Il rapporto tra risparmio privato e debito pubblico rappresenta un nodo centrale del funzionamento dell’economia contemporanea e, nello stesso tempo, un tema che la Costituzione italiana ha voluto affrontare con grande chiarezza. Da un lato, infatti, vi è l’accantonamento delle famiglie e dei singoli individui, cioè quella parte del reddito che non viene consumata e che diventa risorsa per il futuro. Dall’altro, vi è lo Stato che, per finanziare le proprie politiche e mantenere i servizi pubblici, ricorre anche all’emissione di titoli di debito. Quando i cittadini scelgono di investire i propri risparmi in questi strumenti, si crea un legame diretto tra scelte private e finanza pubblica. Questo legame non è un fatto neutro, ma viene riconosciuto e protetto dalla Costituzione attraverso l’articolo 47, che stabilisce come la Repubblica incoraggi e tuteli il risparmio in tutte le sue forme. La norma, benché essenziale nella formulazione, ha conseguenze di grande portata: pone il risparmio come un bene che appartiene non solo al singolo, ma anche alla collettività, e che per questo deve essere garantito e indirizzato verso obiettivi compatibili con l’interesse generale.
Il risparmio, in questo contesto, non si limita a essere uno strumento di prudenza familiare o di protezione individuale contro le incertezze. Diventa anche un canale attraverso cui lo Stato reperisce risorse indispensabili per finanziare le proprie attività senza ricorrere esclusivamente al prelievo fiscale. I titoli di Stato, sottoscritti dai risparmiatori, trasformano infatti l’accantonamento privato in credito pubblico. Questo meccanismo fa sì che il denaro risparmiato non rimanga inerte, ma diventi parte di un circuito più ampio, in grado di sostenere l’intera macchina statale. L’acquisto di titoli pubblici da parte delle famiglie contribuisce alla stabilità finanziaria, garantisce liquidità e rafforza il rapporto fiduciario tra cittadini e istituzioni. È per questo che il risparmio viene considerato non solo un diritto individuale, ma anche una risorsa di rilevanza costituzionale, la cui tutela si intreccia con la tenuta complessiva del sistema economico.
Il risparmiatore che acquista un titolo pubblico assume a tutti gli effetti la posizione di creditore dello Stato. Questo significa che, oltre a fornire risorse, egli acquisisce un diritto al rimborso e alla corresponsione degli interessi pattuiti. Si tratta di un rapporto che non può essere ridotto a un semplice scambio economico, perché coinvolge il principio di fiducia che regge le istituzioni democratiche. Quando un cittadino destina i propri risparmi a un titolo di Stato, affida una parte del proprio futuro alla capacità dello Stato di onorare gli impegni assunti. Per questa ragione, la Costituzione considera la tutela del risparmio come un compito centrale della Repubblica: non basta proteggere i cittadini da truffe o irregolarità, ma occorre garantire che la gestione della finanza pubblica sia tale da non mettere mai a rischio il diritto del risparmiatore. In altre parole, la posizione del cittadino-creditore rappresenta un limite e un vincolo per l’azione statale, che deve sempre restare affidabile e sostenibile.
La fiscalità, in questo quadro, svolge un ruolo fondamentale, perché condiziona direttamente la capacità delle famiglie di risparmiare e quindi di finanziare il debito pubblico. Un prelievo fiscale troppo gravoso riduce lo spazio per l’accantonamento, limitando la possibilità dei cittadini di investire in titoli di Stato. Al contrario, una politica tributaria calibrata può favorire il risparmio e, di conseguenza, l’afflusso di capitali verso il debito sovrano. La Costituzione, con l’articolo 53, stabilisce il principio di capacità contributiva, che deve essere interpretato anche alla luce del diritto a risparmiare. Se l’imposizione fiscale ostacola eccessivamente l’accantonamento, viene compromesso il funzionamento di quel circolo virtuoso che permette allo Stato di finanziare le proprie politiche senza squilibri. In questa prospettiva, la politica fiscale non è solo uno strumento per reperire risorse immediate, ma anche un mezzo per garantire che la tutela costituzionale del risparmio si traduca in una realtà effettiva per tutti i cittadini.
L’assetto normativo è stato profondamente modificato dalla riforma del 2012, che ha introdotto nella Costituzione il principio del pareggio di bilancio. Con questo cambiamento, l’indebitamento dello Stato è stato limitato a circostanze eccezionali, come le fasi di crisi economica o gli eventi straordinari. Ciò ha reso più stringente il legame tra risparmio e debito pubblico, perché ha ridotto lo spazio per un ricorso generalizzato al debito e ha imposto un’attenzione costante alla sostenibilità delle scelte finanziarie. L’articolo 81, così riformato, si collega direttamente all’articolo 47: proteggere il risparmio significa garantire che i titoli pubblici mantengano il loro valore e che i cittadini possano continuare a investirvi con fiducia. In questo quadro, la responsabilità dello Stato non è solo quella di rispettare gli impegni contrattuali, ma anche quella di mantenere l’equilibrio finanziario necessario a tutelare la stabilità dell’intero sistema.
Non mancano tuttavia tensioni e rischi. Da un lato, i risparmiatori chiedono una remunerazione adeguata per il capitale investito, dall’altro lo Stato deve contenere la spesa per interessi, che può diventare insostenibile se il debito cresce troppo. Questa dialettica mette in evidenza una possibile contraddizione tra interesse privato e interesse pubblico, che la Costituzione cerca di comporre attraverso il richiamo alla tutela e all’incoraggiamento del risparmio. La Repubblica è chiamata a garantire che i cittadini abbiano motivi per continuare a risparmiare e a investire nei titoli pubblici, ma anche che questo non comporti un eccessivo onere per la collettività. La sfida è trovare un equilibrio che preservi la fiducia senza compromettere la sostenibilità del bilancio. In questo senso, la disciplina del risparmio e del debito pubblico diventa uno dei luoghi in cui si manifesta in modo più evidente la necessità di conciliare libertà individuale e responsabilità collettiva.
Il risparmio, infine, svolge una funzione che va oltre il piano strettamente finanziario: contribuisce a rafforzare la coesione sociale e a stabilire un ponte tra le generazioni. Ogni volta che i cittadini acquistano titoli di Stato, non finanziano soltanto le spese correnti, ma partecipano alla costruzione di un futuro condiviso. Le risorse raccolte vengono infatti utilizzate per garantire servizi, infrastrutture e politiche che incidono sulla qualità della vita anche delle generazioni future. In questo senso, il risparmio diventa un veicolo di fiducia collettiva, una manifestazione concreta del legame tra presente e futuro. La Costituzione, con il suo richiamo al tempo lungo, mostra come la protezione del risparmio non riguardi solo l’interesse immediato dei singoli, ma rappresenti un impegno a garantire la continuità delle istituzioni e la stabilità economica in un orizzonte intergenerazionale. È su questo terreno che il rapporto tra risparmio e debito pubblico assume la sua piena dimensione costituzionale.