Sperimentazione clinica, assistenza sanitaria e Terza Missione: il ruolo delle università nella sanità pubblica
La partecipazione diretta delle università all’erogazione dell’assistenza sanitaria pubblica è radicata nel quadro normativo nazionale e costituisce uno dei principali ambiti attraverso cui si realizza la Terza Missione in sanità. Già la legislazione storica delineava modelli di integrazione tra facoltà di medicina e ospedali: la Legge 132/1968 introdusse lo strumento della convenzione tra università ed enti ospedalieri, e la riforma sanitaria del 1978 (L. 833/1978) confermò transitoriamente tali convenzioni come mezzo per coinvolgere le facoltà mediche nel raggiungimento degli obiettivi dei piani sanitari regionali. La legge 833/1978 individuava due modelli organizzativi del collegamento università–ospedale (il “modello misto” e il “policlinico a gestione diretta universitaria”), mentre il D.Lgs. 502/1992 all’art. 6 stabilì in via organica la necessità di protocolli d’intesa tra università e regioni per disciplinare le modalità della reciproca collaborazione, da attuarsi poi mediante specifici accordi tra università e aziende ospedaliere, unità sanitarie locali o istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.
Il modello attuale dei rapporti tra università e Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è stato razionalizzato dal D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, tuttora vigente, che ha riunificato le precedenti forme convenzionali nell’unico modello dell’Azienda Ospedaliero–Universitaria (AOU). Tale decreto legislativo definisce il quadro di integrazione strutturale fra attività assistenziale, didattica e di ricerca: le AOU sono strutture sanitarie che, pur facendo parte del SSN regionale, vedono una gestione congiunta tra Ateneo e Regione. In base al D.Lgs. 517/1999, ogni Regione deve stipulare con le Università presenti sul territorio appositi protocolli d’intesa per regolare i reciproci rapporti in ambito clinico-assistenziale, sulla base di linee guida nazionali. Un D.P.C.M. del 24 maggio 2001 ha infatti emanato le “Linee guida concernenti i protocolli d’intesa da stipulare tra Regioni ed Università per lo svolgimento delle attività assistenziali”, fornendo i criteri generali per garantire un’attuazione omogenea del D.Lgs. 517/1999. In virtù di tali intese, i Policlinici Universitari operano come AOU erogando prestazioni sanitarie nell’ambito dei servizi ospedalieri regionali, mentre le università mettono a disposizione il personale docente-medico e le competenze scientifiche. Questo assetto garantisce una integrazione stabile e bidirezionale: da un lato, le strutture accademiche contribuiscono al funzionamento del SSN; dall’altro, il sistema sanitario supporta la formazione dei medici e lo svolgimento della ricerca clinica in ambiente assistenziale.
Va evidenziato che il D.Lgs. 517/1999 ha previsto anche una partecipazione delle università alla programmazione sanitaria regionale, sancendo l’obbligo per le Regioni di acquisire il parere delle università nell’elaborazione dei Piani Sanitari Regionali. Ciò rafforza il coordinamento tra politiche universitarie e politiche sanitarie pubbliche, allineando gli obiettivi formativi e di ricerca medica con i bisogni di salute del territorio. In sintesi, attraverso lo strumento delle AOU, le università italiane assumono formalmente il ruolo di attori del sistema sanitario pubblico, contribuendo non solo con attività scientifiche, ma anche assicurando parte dell’assistenza clinica – in particolare quella di alta specialità e di riferimento – come parte integrante della loro Terza Missione.
Accanto alle AOU, un ulteriore snodo istituzionale che vede la collaborazione tra Università e SSN è rappresentato dagli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS). Gli IRCCS sono enti sanitari di eccellenza, dedicati sia all’assistenza sia alla ricerca traslazionale, vigilati dal Ministero della Salute. La normativa vigente – dal D.Lgs. 288/2003 fino al recente D.Lgs. 200/2022 di riordino della disciplina – prevede esplicitamente forme di coinvolgimento delle università nella governance degli IRCCS. Ad esempio, in caso di istituzione di un nuovo IRCCS in cui sia prevalente l’apporto di una Facoltà di Medicina, la legge dispone che nel Consiglio di Amministrazione dell’ente siedano anche componenti designati dall’Università accanto a quelli designati dal Ministero della Salute e dalla Regione. Questo meccanismo garantisce una presenza strutturale dell’accademia nella direzione strategica degli IRCCS, favorendo una stretta integrazione tra attività clinica e attività scientifica. Molti IRCCS pubblici, infatti, operano in convenzione con atenei per la formazione dei medici specialisti e la conduzione di progetti di ricerca condivisi. Tramite la partecipazione alla gestione di IRCCS, le università contribuiscono al progresso della ricerca biomedica nazionale e all’innovazione nei protocolli diagnostico-terapeutici, in linea con le priorità sia del MUR che del Ministero della Salute.
Sperimentazione clinica e ricerca biomedica come Terza Missione
Le attività di ricerca clinica – e in particolare la conduzione di sperimentazioni cliniche controllate – costituiscono una dimensione cruciale attraverso cui le università svolgono la Terza Missione nel campo della salute. L’ANVUR, nella propria tassonomia aggiornata delle attività di impatto sociale, include espressamente la sperimentazione clinica (comprensiva di trial clinici, studi su dispositivi medici, studi osservazionali non interventistici, raccolte in biobanche, ricerca farmacologica, ecc.) tra le azioni rilevanti nell’area “Scienze della vita e della salute”. Ciò riflette il fatto che gli atenei, attraverso i loro dipartimenti medico-scientifici e i policlinici universitari, partecipano attivamente a studi clinici sia nazionali sia internazionali, in collaborazione con le strutture del SSN e con enti pubblico-privati di ricerca.
La conduzione di sperimentazioni nell’ambito accademico porta un duplice beneficio pubblico: da un lato, permette di testare e validare nuove terapie, dispositivi e protocolli sanitari, accelerando il trasferimento delle innovazioni dalla ricerca di base al letto del paziente; dall’altro, offre ai pazienti l’accesso precoce a trattamenti sperimentali potenzialmente efficaci, migliorando la qualità delle cure erogate nel Servizio Sanitario. Tipicamente, le sperimentazioni cliniche accademiche si svolgono nei centri di ricerca e cura universitari (AOU o IRCCS convenzionati) sotto la supervisione dei Comitati Etici locali e, per gli studi sui farmaci, con l’autorizzazione dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) sotto il coordinamento del Ministero della Salute. Questo assicura che la dimensione regolatoria e di tutela dei pazienti sia rispettata, integrando però al contempo l’attività di ricerca nel contesto assistenziale reale. L’impegno delle università nella ricerca clinica è sostenuto anche da finanziamenti dedicati nell’ambito delle politiche sanitarie: ad esempio, il Ministero della Salute finanzia progetti di ricerca corrente negli IRCCS e ricerca finalizzata su base competitiva, spesso in sinergia con le linee di ricerca accademiche. Tali sinergie istituzionali concorrono agli obiettivi comuni di avanzamento scientifico e miglioramento dei livelli essenziali di assistenza, rendendo la sperimentazione clinica uno strumento cardine con cui l’università assolve alla propria funzione di promozione del progresso medico a beneficio della società.
Prevenzione, promozione della salute e altre iniziative sanitarie
Un ulteriore ambito in cui la Terza Missione universitaria si esplica nel settore sanitario è quello delle iniziative di prevenzione e promozione della salute pubblica. Le università, infatti, mettono a disposizione del territorio non solo cure e ricerca, ma anche competenze per educare e sensibilizzare la popolazione su temi di salute, in collaborazione con le istituzioni sanitarie. Nella classificazione ANVUR rientrano tra le attività rilevanti in questo campo: le campagne di prevenzione e di screening, le giornate informative su stili di vita sani, le iniziative di promozione ed educazione sanitaria rivolte ai cittadini (ad esempio nelle scuole), i programmi di empowerment dei pazienti (per una partecipazione più consapevole alle cure), lo sviluppo di approcci innovativi come la medicina di genere o la strategia One Health, e in generale tutte le attività di tutela della salute orientate al pubblico e non coperte da fini di lucro. Spesso queste iniziative si concretizzano in eventi organizzati dagli atenei in occasione di ricorrenze (es. Giornata mondiale contro il fumo, Giornata della prevenzione cardiovascolare), in ambulatori aperti o consultori universitari che offrono valutazioni gratuite, oppure nella partecipazione di docenti e medici universitari a campagne nazionali promosse dal Ministero della Salute o dalle Regioni. Pur trattandosi di attività collaterali rispetto a didattica e ricerca, esse rientrano a pieno titolo nella missione istituzionale di “impegno sociale” dell’università e sono oggetto di monitoraggio e rendicontazione.
Un’attenzione particolare è rivolta alle categorie fragili e ai bisogni di salute emergenti nella comunità. Molti atenei collaborano con il SSN per progetti rivolti a malattie rare, disabilità, assistenza agli anziani, salute mentale, supporto agli immigrati o alle persone in condizioni di povertà (ambiti anch’essi identificati da ANVUR tra le attività di impatto sociale). In questi contesti, l’università spesso funge da ponte tra il progresso scientifico e la pratica sul territorio: ad esempio, mediante centri di ricerca applicata che sviluppano programmi di telemedicina per pazienti lontani dai centri specialistici, oppure con studi epidemiologici e interventi sul campo in collaborazione con le ASL per migliorare l’accesso alle cure in determinate popolazioni.
Le università contribuiscono anche alla formazione continua dei professionisti sanitari, che rappresenta una forma di “terza missione educativa” strettamente connessa al miglioramento della qualità dell’assistenza. Attraverso corsi di Educazione Continua in Medicina (ECM), master di II livello, scuole di specializzazione e altri programmi di aggiornamento aperti a personale esterno, gli atenei diffondono le conoscenze più aggiornate nella pratica clinica quotidiana. Nella tassonomia ANVUR queste attività rientrano nell’apprendimento permanente, includendo espressamente l’educazione continua in Medicina tra le azioni di produzione di beni pubblici di natura educativa. In tal modo, l’università supporta il SSN non solo fornendo nuovi laureati, ma accompagnando la crescita professionale di chi già opera nella sanità, con ricadute positive sulla qualità complessiva del sistema.
Monitoraggio e valutazione delle attività di Terza Missione in sanità
L’ampio coinvolgimento delle università in progetti di sanità pubblica e ricerca clinica impone un attento monitoraggio di queste attività e dei loro risultati, sia a fini di miglioramento interno sia per accountability verso i finanziatori pubblici. A tal riguardo, negli ultimi anni sono stati sviluppati strumenti informativi dedicati. In particolare, il Consorzio interuniversitario CINECA – che gestisce le principali banche dati del sistema universitario nazionale – fornisce il supporto tecnico per la raccolta e organizzazione dei dati relativi alla Terza Missione. CINECA ha progettato e mantiene la piattaforma informatica attraverso cui le università compilano la Scheda Unica Annuale della Terza Missione (SUA-TM), un sistema centralizzato che consente di raccogliere in modo uniforme e standardizzato le informazioni sulle attività terza-missionali di tutti gli atenei. Grazie a questa infrastruttura, oggi è disponibile un patrimonio informativo ricco e dettagliato: la banca dati SUA-TM (e l’analogo modulo “Impatto Sociale” per gli enti di ricerca) offre un quadro costantemente aggiornato delle iniziative di Terza Missione di ciascun ateneo, rendendo possibili analisi comparative su scala nazionale. CINECA supporta gli uffici di ateneo nelle campagne annuali di rilevazione e assicura l’interoperabilità con banche dati esterne certificate (ad es. brevetti, spin-off, pubblicazioni), migliorando la qualità dei dati raccolti. I dati relativi alle attività nel settore sanitario – ad esempio numero e tipologia di trial clinici attivati, servizi clinici offerti alla comunità, eventi di prevenzione organizzati, partnership con enti sanitari – vengono dunque tracciati sistematicamente e resi disponibili sia al Ministero che ad ANVUR per le valutazioni di competenza.
Sul versante valutativo, l’ANVUR ha progressivamente affinato metodologie per misurare l’impatto sociale delle attività accademiche, incluse quelle sanitarie. Oltre agli indicatori quantitativi raccolti via SUA-TM, sono previsti approcci qualitativi: nell’ultima Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR 2015-2019), ad esempio, ogni ateneo ha presentato uno o più casi di studio di Terza Missione per evidenziare esperienze di particolare rilevanza sociale. Molti di questi case studies hanno riguardato proprio progetti in ambito biomedico e assistenziale (dall’innovazione terapeutica alla prevenzione sul territorio). Essi sono stati esaminati da esperti disciplinari nominati dall’ANVUR, che ne hanno valutato la significatività e i risultati ottenuti. Tali pratiche hanno permesso di mettere in luce esempi virtuosi e di stimolare gli atenei a un esame critico del proprio operato verso la società.
L’Assicurazione della Qualità interna di ateneo gioca anch’essa un ruolo chiave: come richiesto dal D.M. 1154/2021, ogni università deve dotarsi di strutture organizzative (Commissioni di Ateneo per la Terza Missione, Presidi della Qualità, Nuclei di Valutazione) incaricate di monitorare il progresso delle iniziative terza-missionali e verificarne l’allineamento con gli obiettivi strategici. Gli esiti di questo monitoraggio confluiscono in relazioni periodiche e sono sottoposti all’attenzione degli organi di governo accademici, affinché siano intraprese azioni di miglioramento continuo. Nel contempo, valutatori esterni incaricati dall’ANVUR verificano regolarmente, in sede di accreditamento periodico, l’effettiva implementazione delle politiche di Terza Missione negli atenei, inclusa la dimensione sanitaria. In questo modo, il sistema assicura che l’impegno delle università nella sanità pubblica sia documentato, misurato e incentivato: le attività di ricerca clinica, assistenza universitaria e prevenzione non restano iniziative isolate, ma divengono parte integrante della rendicontazione pubblica e della valutazione della performance istituzionale.
Convergenza con le politiche sanitarie nazionali
Il ruolo delle università come attori della sanità pubblica – attraverso sperimentazioni cliniche, gestione di ospedali universitari, campagne di prevenzione e altre iniziative – si inserisce a pieno titolo nel contesto delle politiche pubbliche italiane in materia di sanità e ricerca. Da un lato, la normativa universitaria (MUR) ha riconosciuto e strutturato tali funzioni terza-missionali, creando meccanismi per allinearle agli obiettivi strategici e per valutarne l’impatto. Dall’altro, la programmazione sanitaria nazionale e regionale (Ministero della Salute e assessorati regionali) considera sempre più le università come partner essenziali: sia nella definizione delle strategie di innovazione e ricerca in sanità, sia nell’erogazione di servizi altamente specialistici al cittadino. La presenza di docenti universitari nei tavoli di coordinamento (si pensi ai comitati tecnico-scientifici di molti programmi sanitari) e nei organi consultivi del Ministero della Salute, così come l’inclusione del parere universitario nei Piani Sanitari Regionali, testimoniano questa convergenza di intenti. Iniziative congiunte MUR-Ministero Salute, formalizzate anche tramite protocolli d’intesa, mirano a potenziare la rete degli IRCCS, la ricerca traslazionale e la formazione del personale sanitario, in coerenza con le missioni istituzionali di entrambi i dicasteri.
In conclusione, sperimentazione clinica, assistenza sanitaria e Terza Missione non sono ambiti separati, ma componenti di un unico disegno di politica della conoscenza e tutela della salute. Le università italiane, grazie a un quadro regolatorio favorevole e a solide partnership con le istituzioni sanitarie, operano come attori integrati che uniscono la produzione di sapere scientifico con la sua applicazione pratica per il bene pubblico. Questo modello virtuoso – per cui la cura del paziente, l’avanzamento della ricerca medica e l’impegno sociale procedono di pari passo – rappresenta una peculiarità e un punto di forza del sistema italiano, in linea con la visione di una sanità basata sull’innovazione e di una ricerca orientata ai bisogni della società. Le sfide future consisteranno nel consolidare e ampliare queste sinergie, assicurando che l’apporto accademico alla sanità pubblica continui a tradursi in miglioramenti tangibili della salute collettiva, misurabili e riconosciuti all’interno della Terza Missione.
Fonti: Ministero dell’Università e della Ricerca; Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR); Ministero della Salute; normativa vigente (L. 240/2010; D.Lgs. 19/2012; D.Lgs. 502/1992; D.Lgs. 517/1999; D.Lgs. 288/2003; D.Lgs. 200/2022; DM 47/2013; DM 987/2016; DM 6/2019; DM 989/2019; DM 1110/2019; DM 1154/2021; DM 289/2021).