di Marianella Sclavi1
Un ‘territorio zero-disoccupazione di lunga durata’ è una località nella quale ogni persona priva di lavoro da più di un anno e che vi abita da più di sei mesi ha il diritto a un posto di lavoro con contratto a tempo indeterminato, svolgendo mansioni e con orari a misura delle sue capacità ed esigenze. Per costituirlo, gli attori locali aderiscono al programma secondo tre assunti: 1. Non esistono persone non adatte ad un impiego; 2. Non c’è mancanza di lavoro: rimane scoperta una grande quantità di lavori utili e diversificati da svolgere; 3. Non c’è carenza di denaro: la disoccupazione permanente costa più della creazione dei posti di lavoro.
Questo studio sui ‘territori zero-disoccupazione di lunga durata’ (TZCLD) in Francia, è un autentico esempio di serendipity. Svolgevo una ricerca sui dispositivi di democrazia del dialogue citoyen ai quali l’amministrazione comunale di Nantes ricorre in modo sistematico. Nel corso della Convention Citoyen sur le Covid 19, intesa a coinvolgere la cittadinanza nelle decisioni relative all’emergenza e post-emergenza sanitaria, nella discussione su come far fronte alla disoccupazione giovanile e strutturale, è emersa questa sigla – TZCLD – relativa a un approccio già adottato altrove, ma mai sentita prima da chi scrive. Risultato: questa esperienza ha costituito il capitolo in un certo senso più originale e pertinente dell’intera ricerca, stante che il dialogue citoyen nasce negli anni ’80 come risposta al fallimento delle politiche di rigenerazione dei quartieri in crisi.
In Francia attualmente questa esperienza, frutto di una legge votata unanimemente dal parlamento nazionale nel 2016 è ufficalmente in atto in 58 territori e in preparazione in altri 80 che aspirano a realizzarla. E' una legge atipica sotto vari aspetti, come si vedrà, che ha il merito e il coraggio di mettere la questione dell'occupazione e del concreto diritto al lavoro al centro dei problemi della qualità della convivenza nei quartieri e territori in crisi.
Il primo dei due articoli ricostruisce il confluire di esperienze personali e collettive all’origine di questo dispositivo sperimentale e le principali caratteristiche dell’impianto istituzionale di radicale sussidiarietà che lo sostiene.
Il secondo articolo illustro tre specifiche esperienze molto diverse fra loro, innanzitutto per dimensioni dei comuni che le ospitano (rispettivamente: Pont-Château 10.000, Rezé 40.000 e Nantes 350.000 abitanti). Inoltre il primo caso diversamente dagli altri due, non fa parte della rosa dei 24 comuni costitutivi di Nantes Metropole. Ferme restando le coordinate generali del dispositivo sperimentale variano altresì: gli attori locali coinvolti, i finanziamenti supplementari a cui attingono, i tempi di sviluppo, i gestori del processo, i sistemi di coinvolgimento, sia dei disoccupati che dell’intera popolazione. Nel complesso, si tratta di un esempio molto preciso di un sistema di governance adatto ad una società complessa, coerente con la teoria ed epistemologia dei sistemi complessi, in cui le politiche che funzionano per la buona convivenza devono saper cogliere e valorizzare le risorse e porre riparo alle criticità di ogni situazione nella sua unicità.e nei suoi particolari modi di connettersi e rapportarsi dinamicamente al resto del mondo.
Di formazione sociologa, è scrittrice e studiosa di “Arte di Ascoltare e Gestione Creativa dei Conflitti”. Ha vissuto a New York dal 1984 al 1992, dove ha scritto due libri: “A una spanna da terra”, e “La Signora va nel Bronx”, nei quali ha sperimentato e proposto una narrazione etnografica guidata da “una metodologia umoristica”. Ha insegnato Etnografia Urbana al Politecnico di Milano dal 1993 al 2008. Ha operato come consulente in diversi processi partecipativi e situazioni conflittuali e ha scritto vari libri, fra i quali “Arte di Ascoltare e Mondi Possibili” (2000 e ed successive ) e “La scuola e l’arte di ascoltare.Gli ingredienti delle scuole felici” ( 2015, con Gabriella Giornelli ).