L'Unione Europea ha compiuto nel 2025 un passo storico nel campo della difesa lanciando il programma SAFE (Security Action for Europe), un fondo di €150 miliardi destinato a finanziare, tramite prestiti congiunti, il riarmo e la produzione di armamenti in Europa. Si tratta di un'iniziativa senza precedenti: per la prima volta le istituzioni UE emettono debito comune per sostenere l'acquisizione congiunta di capacità militari – dalle munizioni ai sistemi di difesa aerea – con l'obiettivo di rafforzare la base industriale e tecnologica della difesa europea (EDTIB) e colmare le lacune operative emerse con la guerra in Ucraina. Il contesto strategico è cruciale: l'aggressione russa all'Ucraina e l'incertezza sul futuro impegno degli Stati Uniti in Europa (soprattutto dopo il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca) hanno accelerato la presa di coscienza europea sulla necessità di una maggiore autonomia strategica. SAFE nasce dunque come risposta europea a una doppia sfida: deterrenza per le minacce immediate sul fronte orientale e ridurre la dipendenza militare-industriale da potenze extraeuropee, in primis gli Stati Uniti.
La cosa interessante è che il programma SAFE diventa una lente con cui leggere anche l’evoluzione della geografia politica europea e del modo in cui la globalizzazione sta cambiando: dal nuovo ruolo dell'asse franco-tedesco (con la Francia pilastro nucleare e la Germania perno convenzionale della deterrenza europea), ai modelli di cooperazione differenziata con altri partner UE ed esterni (ad es. il caso del Regno Unito); dalla logica selettiva degli accordi bilaterali e relative condizionalità per accedere a SAFE, fino al significato strategico della clausola del 65% di co-produzione europea – le macro aree globali si stanno chiudendo? Un nuovo incastellamento? – e alle implicazioni geopolitiche ed economiche di queste scelte per l’autonomia strategica dell’UE.