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Che la Cina abbia avuto negli anni un approccio più pragmatico e meno ideologico verso sistema internazionale rispetto alla Russia, qui lo si è detto varie volte. Si è sottolineato che Pechino difficilmente si sarebbe fatta imbrigliare in una alleanza di tipo aggressivo, come fece l’Italia con la Germania con il Patto d’acciaio, e che i cinesi sono consapevoli del fatto di essere stati i maggiori benefattori di quell’ordine liberale a matrice americana creato dopo la Seconda guerra mondiale.
Tanto è vero che mentre Putin al Financial Times dichiarava che il liberalismo era morto, Xi Jinping in più di una occasione (in particolare a Davos nel 2017) sembrava quasi volersi accreditare quale vero difensore di quell’ordine liberale che Trump stava terremotando. Il motivo è semplice, la Cina vive di esportazioni e la stabilità politica interna è basata sulla crescita economica.
Allora se c’è questo interesse convergente tra Stati Uniti e Cina, perché Pechino non si è ancora schierata dalla parte americana ed è intervenuta per fermare Putin? Le considerazioni da fare potrebbero essere due.
La prima, la fonte della legittimazione del partito comunista cinese potrebbe gravitare sempre meno sulla crescita economica e sempre più sul nazionalismo. Il altri termini se fino a Hu Jintao il partito era quell’agente che dava alla Cina una ricchezza che mai aveva avuto nella sua storia; con Xi Jinping il partito è quell’agente che pone fine al secolo delle umiliazioni (dalla sconfitta nella prima guerra dell’Oppio, alla nascita della Repubblica popolare) e riporta la Cina al vertice di quell’ordine sinocentrico su cui regnava prima dell’arrivo degli Europei.
La seconda, che si collega alla prima, è possibile che questo cambiamento, dalla ricchezza economica al nazionalismo politico, produca anche un cambiamento del mondo in cui la leadership di Xi Jinping guarda al sistema internazionale. Se la priorità non è più lo sviluppo economico, che farsene della globalizzazione? Se la priorità è ricreare un ordine sinocentrico, perché non cogliere l’occasione della guerra in Ucraina per rompere l’ordine internazionale e creare un sistema di blocchi regionali?
Come metteva in evidenza l’Economist qualche giorno fa, “la Cina guiderebbe l'Asia orientale, la Russia avrebbe il veto sulla sicurezza europea e l'America sarebbe costretta a tornare a casa”. C’è di più, è probabile che la Russia esca a pezzi dalla guerra, tanto da diventare un appendice di Pechino. A quel punto la Cina si potrebbe immaginare come la potenza dominante dell’intero blocco eurasiatico, con una Europa soggiogata politicamente e controllata economicamente.
Questa transizione dal pragmatismo economico al nazionalismo ideologico potrebbe essere stata accentuata dall’accentramento del potere in Cina dove Xi ha stravolto tutte le norme che Deg Xiaoping aveva cercato di istituzionalizzare (gestione collegiale della cosa pubblica, limite dei due mandati etc). Così facendo ha resto la struttura del poter cinese simile a quella russa.
Se così stanno le cose, allora emerge un fatto e cioè che la chiave di tutto questo progetto politico di distruzione dell’ordine liberale a matrice americana è il controllo dell’Europa, di qui i tentativi di manipolazione e di infiltrazione da parte russa e il corteggiamento cinese. Il fine è sempre lo stesso, rompere l’unità europea e staccare l’Europa dagli Stati Uniti.
La reazione di grande unità del fronte delle democrazie ha sicuramente spiazzato Xi Jinping e Putin, e come si diceva qualche giorno fa, è molto probabile che questo azzardo russo rappresenti il suicidio delle autocrazie. Eppure un’incognita c’è, e riguarda la tenuta del fronte europeo e la capacità di mantenere nel tempo l’unità dimostrata ed è possibile che i cinesi stiano scommettendo che si possa frantumare.
É possibile, cioè, che pensino che con il protrarsi della guerra le opinioni pubbliche si calmino, possano assuefarsi all’orrore ucraino e che quando le sanzioni inizieranno a mordere anche gli europei il dissenso sulla fermezza europea possa crescere. Sarà allora facile ritornare all’attacco e provare a incunearsi di nuovo per allargare l’Atlantico e disunire l’Unione europea.
Loro, le autocrazie, confidano che il vecchio spirito dell’appeasement non è morto e che un continente di bottegai è più disposto a rinunciare alla propria indipendenza che ai propri agi.
Qui si parla sempre di autocrazie che vogliono attentare al sistema democratico e liberale mentre io penso che la minaccia maggiore per l’ordine democratico e liberale occidentale venga dalla destra ultranazionalista trumpiana appoggiata dalla chiesa ultraconservatrice americana e dal movimento segregazionista che ha in mano l’industria bellica. E questo la Cina lo sa ed è preoccupata per le sue relazioni commerciali e finanziarie.
Scusate , ma credo che il dibattito sulle visioni delle Autocrazie ci allontani dal cercare di trovare Cercare / trovare soluzioni alle crisi in atto. E' innegabile che ciascun Gruppo, Nazione o simil persegue il proprio interesse economico e geoplitico, aldila dei sistemi di governo Il nostro leder Massimo (DRAGHI) ha forse ricevuto un mandato popolare ?
Anche noi perseguimo il ns. interesse,basterebbe capire qual'è . Non siamo anime belle. Non voglio fare l'anticapitalista-Globalista , ma è certo che ci preoccupiamo dell'aggressione in Ucraina, ma non in Yemen dove le potenze Sunnite associate con l'Arabia Saudità e conle armi americane in 7 anni di guerra hanno fatto 120.000,morti.
Il risultato delle ns. controreazioni sarà di saldare la Russia a Cina , India ed altre etc, ovvero 3Bln di Persone. Credo dovremmo studiare azioni migliori per noi e per gli altri !