Volendo andare alla sostanza, forse si può dire che il dibattito sulla questione dell’Ucraina si svolge secondo uno schema ben preciso, da una parte ci sono coloro che leggono le relazioni internazionali come una lotta tra grandi potenze per la conquista di zone di influenza, territori, stati cuscinetto e così via; e quanti vi vedono invece un sistema dove ogni stato è portatore di un uguale pacchetto di diritti incomprimibili, quali il diritto all’indipendenza, all’autodeterminazione, alla sacralità dei confini, al divieto di ingerenza negli affari interni.
Il primo sistema, quello di tipo egemonico, è costruito interno a rapporti diseguali, dove ci sono degli stati che hanno più diritti degli altri, perché più forti, e altri che ne hanno meno. Il che vuol dire che i sistemi di alleanze si formano solo attraverso la minaccia o la conquista dei primi sui secondi. La grande potenza regionale al centro e intorno una serie di stati vassalli legati da rapporti di tipo tributario rispetto all’egemone.
Qui è l’egemone che si espande e conquista gli altri stati, che in quanto più deboli non possono fare altro che abbassare la testa, nè ovviamente sono liberi di scegliere con chi allearsi. I casi dell’Ungheria del 1956 e della Cecoslovacchia del 1968 sono sufficienti come esempi. In una situazione del genere, che poi era quella della Dottrina Brežnev, o della sovranità limitata, su cui era costruito il Patto di Varsavia, c’è una che comanda e gli altri che obbediscono. Uno stato, nello specifico la Russia, aveva piena libertà di manovra mentre gli altri no.
Il secondo sistema, quello di tipo liberale, è costruito tra paesi che, al di là dei rapporti di forza politica, militare ed economica, si ritengono uguali dal punto di vista del diritto. Ciò vuol dire che i sistemi di alleanze che essi formano non sono retti da relazioni di tipo egemonico, ma attraverso norme di tipo pattizio alla cui formulazione tutti hanno partecipato. Il che vuol dire che a questi sistemi di alleanza sono i singoli stati che decidono liberamente di aggregarsi, accettando su base consensuale limitazioni alla propria sovranità.
Quindi, nel primo caso è l’egemone che si allarga con la forza, nel secondo caso sono gli stati liberi che aderiscono spontaneamente. La distinzione non è di poco conto dato che spiega perché i sistemi di tipo egemonico, quando la forza della potenza egemone si riduce, come nel caso dell’Unione Sovietica, si sciolgono come neve al sole. Senza più la minaccia della forza, gli stati un tempo vassalli fuggono il prima possibile e tentano di mettersi al riparto nel caso l’egemone dovesse risorgere. Al contrario i sistemi di tipo pattizio hanno il problema opposto e cioè stabilire delle procedure di accesso che non snaturino, le alleanze e i loro delicati meccanismi di governance consensuale, visto che hanno la fila fuori dalla porta.
Ora il punto è che se uno ha una visione delle relazioni internazionali come una arena dove le potenze egemoniche usano la forza e il ricatto per imporre la propria volontà a tutti, tenderà a leggere allo stesso modo anche i sistemi di alleanza di tipo pattizio. Per dirla diversamente, chi ha introiettato il punto di vista di Putin, ed è convinto che solo la forza conta nella politica internazionale, leggerà i rapporti che regolano le relazioni tra gli Stati all’interno della NATO come rapporti di vassallaggio, con gli Stati Uniti che ordinano e gli altri che si affrettano ad eseguire. Se uno ha un martello, tutto gli sembra un chiodo.
Ma le cose non funzionano così e pensare di applicare le regole che funzionano da un campo all’altro campo è come provare a trasformare una farfalla in un bruco. Pensare che le relazioni tra l’Italia e gli Stati Uniti siano paragonabili in qualche modo alle relazioni tra la Bielorussia e la Russia, come pure qualche commentatore sprovveduto ha fatto, è ridico.
Leggere le relazioni internazionali come scontro tra soli sistemi egemonici, infatti, oltre a essere una cosa particolarmente miope e rozza, è anche falsa. Per fare qualche esempio, in un sistema egemonico, gli stati vassalli sono tributari nei confronti dell’egemone, nel senso che versano tributi alla potenza dominante. Nella NATO sino a oggi è stato il contrario, con gli Stati Uniti che hanno dovuto mettere i soldi che gli altri non mettevano. La questione del burden sharing è uno dei temi di dibattito sempre presente in ogni conferenza transatlantica.
C’è di più, la governance della NATO è basata sulla regola del consenso unanime, il che significa che ciascuno dei suoi membri, a prescindere dalla propria forza economica, militare e politica può porre il veto. Per dire, la Grecia per anni ha bloccato l’ingresso della Macedonia del Nord; al vertice di Bucarest del 2008, come ha raccontato l’ambasciatore Stefanini a Stroncature, Francia e Germania si opposero all’ingresso dell’Ucraina.
Per concludere. Il punto qual è? È che per coloro che inforcano le lenti del modello egemonico il mondo è fatto solo di servi e padroni e chi pensa il contrario è o un povero ingenuo o un pericoloso mestatore. Così, nel fuoco della battaglia mediatica costoro si assegnano, senza che nessuno glielo abbia chiesto, un ruolo messianico: aprire gli occhi alle masse; e nel contempo salvifico: salvare le masse dai imbonitori e agenti nemici. Si percepiscono come i giusti in una società di corrotti e non si accorgono di essere solo i figli legittimi di Brežnev.
Spiace rilevare come il mondo reale sia una miscela inscindibile dei due paradigmi, cioè una situazione nella quale stati sovrani si relazionano in maniera asimmetrica data la presenza di significativi dislivelli di potere (non solo militare ma anche economico, scientifico e culturale). E se è vero che il rapporto tra USA e Italia non è minimamente comparabile con quello tra Russia e Bielorussia, è vero allo stesso modo che a pensare che gli USA non abbiano esercitato e non esercitino un'influenza più o meno significativa sulla politica estera italiana si finisce per fare la figura degli ingenui (ultimo chiaro esempio l'uscita dell'Italia dalla Via della seta cinese, decisione magari anche giusta, ma sicuramente fortemente 'sponsorizzata' dagli USA)
ottima analisi, si'. ma, il problema e' che la metà (forse abbondantemente più della metà) della popolazione mondiale vive in sistemi che non sono liberali e "aperti". che facciamo? come fare fronte alle pressioni e alla loro (attuale) egemonia?